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THE REVENGE_03

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di Benedetto Lombardo

Base Moto Guzzi V11 del 2001

Vero amore per tutte le macchine con le ruote, ma nessuna “capacità” tecnica/manuale per poterle modificare degnamente.

Per questo motivo due super appassionati di moto decidono di realizzare le loro idee insieme a professionisti ingegnosi, per poterle condividere, così, con altri appassionati.

La ricerca di Specialisti, rigorosamente con CNC proprio, per realizzare pezzi unici ed esclusivi, porta alla prima vera special: la Guzzi V11 denominata “The Revenge_03”, la cui costruzione è affidata alla brillante creatività di Danilo Biello (Customcreations  di Isernia).

Tutta la carrozzeria è in alluminio spazzolato, battuto a mano, realizzato con il modellamento delle lamiere sulla ruota inglese: il serbatoio, la sottosella e il codino che include luce di coda e frecce LED; il parafango anteriore.

Dal pieno di alluminio sono ricavati: tutto l’assieme del telaietto posteriore con le piastre di sostegno della sella e del codino e gli attacchi circolari al telaio principale; il supporto della sella e porta targa con staffa centrale, la staffa per contagiri (viene recuperato il Veglia originale)e tachimetro LCD, i serbatoi per le pompe freno; i comandi arretrati hanno il supporto circolare calettato sul telaio all’altezza del forcellone e sono regolabili; le piastre di sterzo inferiore e superiore con alloggiamento dello strumento digitale Motogadget; la cover alternatore accensione; le protezioni coperchi punterie; i fondelli per gli scarichi; il supporto parafango anteriore; le pulsantiere comandi elettrici; i collettori di aspirazione; le staffe faro anteriore; i supporti bobine e pompa carburante.

Sul serbatoio fa bella mostra una piccola opera d’arte:  la piastra che include il tappo del serbatoio e le spie, incastonate intorno al sensore magnetico di avviamento Motogadget.

La sella è in pelle con disegno delle cuciture romboidale ed i collettori di scarico e i terminali sono realizzati su disegno proprio.

La meccanica è stata elaborata dal grande specialista delle Guzzi: Bruno Scola.

Doppia accensione, bielle e albero motore, alleggeriti ed equilibrati; alberi a camme più sportivi e carburatori FCR da 41 mm. ottimizzano il bicilindrico da 1.064 cc. raffreddato ad aria e olio, per alimentare i Keihin si rivelano necessari due pompe carburante a bassa pressione. La forcella rovesciata è di derivazione MV Agusta; le pinze radiali e dischi flottanti sono Brembo; i cerchi da 17” montano slick Pirelli Diablo Superbike con il posteriore da 190/55.

Ed infine, sempre dal pieno di alluminio, sono ricavati i due fregi del logo Seven Motors sul serbatoio.

Seven Motors riunisce talenti ed eccellenze italiane e fa squadra, amalgamando qualità e design, passione e stile italiano.

Seven Motors
Passione a due ruote
Laboratorio di idee e progetti di design per realizzare Moto Special
esclusivamente con manifattura di alta qualità italiana.

Aquile in Ammollo – 1° Incontro d’Inverno

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Che bello andare in moto in quelle belle giornate di sole, con l’asfalto asciutto che invita a guidare spensieratamente. Magari fermandoci ogni tanto per una piacevole sosta all’ombra di un albero o per un birrino defaticante.
Ma anche la stagione fredda ha i suoi lati epici e positivi.
Il tepore nel giubotto e calzoni imbottiti mentre fuori, magari (o meglio, putroppo), piove o nevica. Se c’è il sole poi, è certo che le temperature tendano al polare, ma la nitidezza dei panorami e Il godimento di sentirsi eroi, veri motociclisti duri e puri che non hanno paura di niente, ci rende orgogliosi e lanciamo la sfida a tutti quelli che ci guardano prendendoci per matti.

In effetti, dopo un bel viaggetto bello fresco, quando ci si ferma, soprattutto se si è insieme ad altri intrepidi eroi come noi, come per magia ecco apparire fiaschette di amaro, grappa, punch, un liquore al caffé, brandy o fileferru. Insomma basta che ci sia dell’alcool non tanto per scaldarsi il corpo (per carità, siamo forgiati e temprati e ce ne infischiamo, noi, del freddo) più che altro per “recuperare” un pò di calore giustificandosi col classico “questi guanti da neve non funzionano… li ho presi a Lidl per 3 euro e cinquanta e ho tutte le dita gelate”, oppure, “Ho messo le calze pesanti, ma la prossima volta sotto metto anche quelli leggeri”… insomma ogni scusa è buona per “rianimare” almeno le estremità più sensibili al freddo.

Tuttavia, l’atmosfera piacevole dell’incontrarsi in condizioni avverse, ha quel sapore magico, quasi leggendario dei coraggiosi motociclisti che hanno portato a compimento un’impresa eroica e che, a questo punto, meriterebbero proprio il canonico “riposo del guerriero”.

Nella nostra immensa minchitudine, quindi, abbiamo pensato che non ci bastava più vederci solo in primavera o allo Uinterparti. La voglia di stare insieme è troppa per lasciar passare così tanto tempo e con…. le adeguate contromisure, anche l’inverno ha il suo perchè e, come diceva Mike Bongiorno, “fiato alle trombe Turchetti!” (se non ve lo ricordate è perché siete troppo giovani, quindi nel caso adottate il classico “sorridi e annuisci” e non rompete!) ed ecco allora il 1° INCONTRO D’INVERNO!

Così sabato 18 Febbraio a Viterbo passeremo una giornata da veri minchia, piove, nevica o tira vento saremo nella Tuscia, dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che i Guzzisti non hanno paura di niente. Un pranzo assieme, un girello in moto verso la Cimina e verso sera… “il riposo del guerriero” alle terme!
Un bel bagno caldo alle Terme dei Papi, che il sabato rimane aperto fino all’una di notte nella piscina illuminata, con tanto di spogliatoio e doccia finale per togliersi quel “profumo” di zolfo tanto caro a Dante dopo la passeggiata all’Inferno.

Quindi stavolta, oltre all’abbigliamento invernale, ai ricambi, al berretto di pile, portate il costume, le ciabatte e l’accappatoio!

Il pregiuatissimo programma:

Appuntamento a Viterbo alle 11.30 al bar XO (vicino all’albergo) in via Molini:

https://goo.gl/maps/ur2UUWsL9tR2

Per chi ci sarà a pranzo, andremo al ristorante Il Molino con un pranzo a prezzo fisso con un menù a base di piatti cucinati alla viterbese:

– Antipasto misto (affettati, bruschette e formaggio)
– Rigatoni alla pecorara (salsiccia, pomodoro piccante e pecorino)
– Arrosto misto ( agnello, pollo e maiale)
– Patate arrosto.
– acqua, vino e caffè.
– alka seltzer, malox, baci e abbracci

costo concordato a menù fisso 18 Euro a persona da pagare al ristorante (extra quota).

qui:

http://www.ristoranteilmolino.it/

https://goo.gl/maps/bVqwYc2tyaR2

Poi girello pomerdiano sulle strade attorno Viterbo con una guida d’eccezione: Giovanni Duranti, neo campione Italiano Endurance classice – 1000 cc con il Team Moretti (assieme a Roberto Freddi e Mauro Iosca).

Nel tardo pomeriggio prenderemo possesso delle rispettive stanze d’albergo al Balletti Palace Hotel – Via Trento, 100 – Viterbo

https://goo.gl/maps/agfUDSvZt2u
(notare che è una cinquantina di metri prima del bar XO dell’appuntamento mattutino)

…E finalmente la serata del “riposo del guerriero”! …cena e terme!.
Il desco serale ci vedrà impegnati direttamente al ristorante delle Terme dei Papi – Strada dei Bagni, 12 – Viterbo

https://goo.gl/maps/Xd6pbx251H62

La cena avverà nel salone di fronte alla piscina con ampia vetrata sull’acqua termale e con musica dal vivo.

Ecco il pregevuolissimo menù, una cosetta leggiuera concordato per i partecipanti pronti a buttarsi in acqua per digerire:

– Antipasto: Gran piatto con salumi e formaggi locali,
– Stuzzicherie calde dello chef e fagottino ripieno con ricotta e noci.
– Primo: Cavatelli al ragù di manzo nostrano e scaglie di pecorino.
– Acqua e Vino rosso cantine Leonardi 1 calice a pax
– Caffé

Ingesso in piscina: al momento dell’ingresso in piscina sarà indispensabile lasciare in cassa un deposito di € 2,00 a persona per il rilascio del badge magnetico (deposito che verrà restituito all’uscita).

Quota di partecipazione – cena, terme, albergo:

80 Euro – Soci AG
85 Euro – Non soci

Le iscrizioni sono chiuse!

2. Se non lo hai ancora fatto Compila il modulo di iscrizione al raduno

Dopo aver compilato il modulo di iscrizione, riceverai come conferma una email riepilogativa dei dati sull’indirizzo indicato in fase di registrazione.

3 – scaricate il modulo di scarico di responsabilità

da consegnare obbligatoriamente il primo giorno di raduno, debitamente compilato.

Ricordatevi di portare bottiglie di grappa, barilotti di genepy, fiaschette di amaro per ogni sosta…

Lo staff ben coperto ma col costume sotto.

Viaggio in Scandinavia – 3a parte

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Vi presentiamo la terza e ultima parte del viaggio in Scandinavia, di Giuseppe Guzzi detto “Naco”, compiuto tra giugno e luglio del 1928 e pubblicato, dall’allora settimanale Motociclismo, tra luglio-agosto del 1929

Si ringrazia Giulio “Nuradler per l’estenuante e proficua ricerca, presso mercatini e collezionisti, di questi pezzi di “antiquariato” Motociclistico.

Si ringrazia Motociclismo – Edisport Editoriale Srl per i riferimenti e il permesso alla pubblicazione

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AnimaGuzzista_Racconti_Viaggio in Scandinavia Giuseppe Guzzi_Motociclismo_3a_parte

Articoli precedenti  Parte 1a   Parte 2a

Viaggio in Scandinavia – 2a parte

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Vi presentiamo la seconda parte del viaggio in Scandinavia, di Giuseppe Guzzi detto “Naco”, compiuto tra giugno e luglio del 1928 e pubblicato dall’allora settimanale Motociclismo tra luglio-agosto del 1929

Si ringrazia Giulio “Nuradler per l’estenuante e proficua ricerca, presso mercatini e collezionisti, di questi pezzi di “antiquariato” Motociclistico.

Si ringrazia Motociclismo – Edisport Editoriale Srl per i riferimenti e il permesso alla pubblicazione

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AnimaGuzzista_Racconti_Viaggio in Scandinavia Giuseppe Guzzi_Motociclismo_2a_parte

Viaggio in Scandinavia – 1a parte

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Vi presentiamo la prima parte del viaggio in Scandinavia, di Giuseppe Guzzi detto “Naco”, compiuto tra giugno e luglio del 1928 e pubblicato, dall’allora settimanale Motociclismo, a luglio-agosto del 1929

Si ringrazia Giulio “Nuradler per l’estenuante e proficua ricerca, presso mercatini e collezionisti, di questi pezzi di “antiquariato” Motociclistico.

Si ringrazia Motociclismo – Edisport Editoriale Srl per i riferimenti e il permesso alla pubblicazione

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AnimaGuzzista_Racconti_Viaggio in Scandinavia Giuseppe Guzzi_Motociclismo_1a_parte

 

Quando ho vinto il titolo italiano

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Premiazione

di Giovanni Duranti

Impossibile da credere , Ancora oggi a distanza di tempo penso ancora a quel giorno, a quando ho portato con Roberto Freddi, Mauro Iosca e Andrea Montemaggiori al “muretto”,una Guzzi , e che Guzzi, davanti a tutti vincendo il Titolo Italiano endurance vitange categoria 1000

Ottobre, 2016 il 14 e 15 , un sabato e una domenica . La gara di quattro ore in notturna contro avversari importanti e blasonati nel circuito di Marco, il Sic. Siamo i primi in classifica, nonostante la Federazione abbia attribuito erroneamente dei punti alla scuderie “Officine Toscane 2” nella prova in notturna di Adria. Il tempo non è dei migliori, piove e fa freddo, la pista è bagnata e non è proprio il massimo per girare, ma ci siamo. Dopo le verifiche tecniche, i calcoli, le strategie e quant’altro siamo pronti per le qualifiche. Nelle gare di endurance, per chi non lo sa, il pilota può rimanere alla guida per un massimo di 45 minuti e un minimo di 25 minuti. Ogni pilota ha una fascia colorata per essere identificato e non può fare due turni di guida consecutivi. Nei rifornimenti di carburante la moto deve essere messa sul cavalletto, e spenta, mentre nei cambi di pilota no. Decidiamo di non cambiare le gomme “pista bagnata, meglio le vecchie”. C’è armonia in questo gruppo di persone, unite da una passione di altri tempi.

Sabato 14 ottobre

Qualifiche

Fa freddo, piove e la pista è scivolosa. Il primo a salire è il pilota con la fascia gialla, Roberto. Tutti sono prudenti i tempi rimangono alti , l’importante è restare in piedi non cadere. Andrea da canto suo è stoicamente al muretto a controllore i passaggi di Roberto. Nei box c’è agitazione, tutti controllano tutti. Sembra una gara del motomondiale. Tutto bene, Roberto rientra ai box al termine dei “suoi 25minuti” e rivolgendosi a Mauro “occhio alla Quercia è allagata, si scivola, vai tranquillo” .

Giovanni e Roberto

E’ la volta del pilota con la fascia rossa. Mauro Iosca

Con Andrea al muretto Mauro inizia a girare, sempre senza forzare, con la pioggia che ogni tanto compare e bagna ancora la pista. Tutto bene. Rientra, siamo tutti tranquilli, sereni e fiduciosi che la gara sarà buona e che forse la pista si asciughi, ma non sapevamo che non sarebbe andata proprio nel modo che ci aspettavamo.

Mauro in azione

Tocca a me, fascia blu.

Salgo su, accendo e la moto prende vita, giù la prima percorro la corsia di accelerazione e sono dentro. La pista è un disastro, bagnata scivolosa. Mi gioco subito un “paio di jolly” arrivando lungo alla “ Curva del Rio” con la moto a bandiera. La 377 ha un grande cuore, perdona la mia voglia di andare forte. Inizio a far scorrere la moto. Guidare sul bagnato è una questione di sensibilità, equilibrio e molto fattore “C”

Mi diverto, nonostante tutto. Concludo, tutto bene. In classifica siamo quarti, non male.

Domenica 15 ore 11.00

Ci siamo, ultimo turno di qualifiche. La mattina il sole compare e asciuga il circuito. Ottimo. Sicuramente miglioriamo. Possiamo far andare la Moto Guzzi 377 come è giusto che sia.

Roberto è il primo. E’ carico, andrà forte, sicuro.

Avvia il motore, semaforo verde, è in pista. Andrea preziosissimo al muretto controlla i giri di Roberto. Ma avviene qualcosa di imprevisto. Andrea corre all’interno del box “ha un problema, rientra”. Mauro ed io ci guardiamo, e senza parole aspettiamo Roberto.

“Il cambio, il cambio ha iniziato a far rumore, dobbiamo fermarci” La frase di Roberto non ci lascia speranza. Qualifiche finite, forse anche la gara, siamo fuori. Sono le 11.30 di mattina. La gara parte alle 18.00. Avevamo due possibilità. La prima andare a Macerata, in officina da Roberto, prendere il cambio. Due ore ad andare, due a tornare salvo imprevisti, più il tempo per togliere quello rotto. Eravamo fuori dai giochi. La seconda possibilità, forse la più plausibile, andare nel garage di Mauro, ad una quarantina di minuti dal circuito, smontare un cambio da una sua moto e tornare. Detto fatto. Avviso mia moglie, Maria Teresa, che con infinito amore e pazienza condivide questa mia passione e partiamo. Passiamo da Tavullia. Ci siamo. Siamo da Mauro e iniziamo a lavorare. Più o meno intorno alle una e spicci finiamo di smontare il cambio. Avviso Maria Teresa che partiamo e che arriveremo più o meno intorno alle due, è lei “vi faccio trovare un piatto di pasta “Grazie, dal cuore. Le donne, uniche e meravigliose.

Mauro si ricordava che il cambio era stato modificato, aveva una prima lunga.

Alle due siamo in autodromo. La pasta era già li che ci aspettava. Fumante. Ci diamo dentro. Un caffè e siamo al lavoro sulla 377. Sostituiamo anche la coppia conica. Alle 5 del pomeriggio la moto era rimontata. Un rapido giro del paddock, con Roberto alla guida, tutto bene. Siamo nei tempi. Informiamo la Direzione gara che il pilota in schieramento alla partenza è la fascia gialla, Roberto Freddi

Giovanni, Bruno e Roberto a Misano

18.00. E’ gara.

Piloti dall’altra parte e moto spenta di fronte. Partiamo dietro siamo in 22esima posizione, lontani dai primi, e la gara è infinita, 4 ore, ci sarà da soffrire. Al team Moretti servono pochi punti per vincere il titolo. Dobbiamo arrivare in fondo. La moto è completamente diversa, “è lunghissima” nei rapporti. La quinta riesco a farla salire di giri solo “al curvone” . Le prime due ore filano via lisce, tra cambi di pilota, rifornimenti e sorpassi vari siamo undicesimi . Bene. Termina il turno Roberto, salgo io. Le parole di Roberto sono un ulteriore prova che il fattore “C” è importante “Giovà, la frizione slitta, non forzare. Dobbiamo arrivare in fondo alla gara…. ” Porc…xxxx ecc.” quello che mi passa dentro è il delirio . Immaginate di guidare una moto in pista, e di cambiare le marce come se siete alla guida di un vetusto “tre assi carico “ , di andare senza far salire il motore di giri e cercare di fare velocità. Sembra impossibile. E poi ti vedi superare da equipaggi che normalmente doppi. Ti rode, da morire. Ma stringi i denti. L’intelligenza ha il sopravvento, per fortuna, sulla rabbia che ti sale da dentro. La moto tiene. E’ grande il suo cuore, non ci lascia, arriviamo in fondo. Bandiera a scacchi, è finita. Siamo sedicesimi e quinti nella nostra categoria. Prendiamo punti. Vinciamo il titolo. La vittoria di gara va ai fratelli Guareschi su Moto Guzzi Le Mans, ma il titolo italiano categoria 1000 è assegnato al Team Moretti di Macerata.

Alcune parole vanno aggiunte.

Ringraziare Roberto Freddi. La sua professionalità, la sua umiltà, la sua dedizione e infinta passione per la Moto Guzzi. Mauro Iosca che con la sua disponibilità, cuore e quant’altro, hanno permesso di terminare la gara al team Moretti, mia moglie Maria Teresa con la sua dolcezza mi ha sempre assecondato e incoraggiato, Andrea Montemaggiori che dal muretto e dal box ha guidato il team nei cambi e rifornimenti, Anna che con la sua forza interiore e chiarezza di spirito ha tenuto il morale alto di noi tutti, Adelio Frigerio e Paolo Gambarelli per il valido aiuto nel box durante i rifornimenti. Quelli che nel corso di tutte le gare ci hanno supportato, aiutato e quant’altro e che senza di loro non avremmo mai potuto raggiungere questo ambito traguardo. Grazie. E un ultimo ma non meno importante grazie per la simpatia e la affettuosa amicizia e passione che ci lega a Bruno Scola . Questa volta antagonista ma sempre disponibile con noi.

 

 

 

La mia prima volta

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Calma Tatuato, non è nulla di quello a cui tu subito hai pensato.
Quindi rimettiti le mutande e metti via il gel profumato al suo posto nel cassetto vicino a tutti gli accessori in pelle e latex.
No Vladimiro, non è neanche la mia prima uscita in moto con la griglia sul portapacchi e la carbonella nello zaino insieme alle salsicce e alla porchetta.

Di prime volte ce ne sono tante, si “quella li” a cui tutti avete subito pensato, sicuramente lascia un segno indelebile, poi c’è il primo giorno di scuola, di lavoro, la prima vacanza senza i genitori, la prima sigaretta, la prima sbronza, la prima volta a letto con Beppetitanium, e così si potrebbe continuare a lungo ripensando alla vita di un cinquantenne come me.

No, quella a cui io mi riferisco e alla quale avevo pensato da anni ( sognando) che un giorno sarebbe arrivata, era partecipare ad una gara motociclistica di qualsiasi tipo e genere.

Solo la mia testardaggine e passione mi ha permesso di realizzare questo mio forte desiderio, e grazie alla pazienza e tutto l’amore che una donna può avere per il suo compagno, (parlo di Monica mia moglie) e all’aiuto dell’amico Paolone Ferrari che da anni calca già le piste con ottimi risultati, (è il felice proprietario di due moto da pista una più bella dell’altra e molto raffinate tecnicamente, una LeMans I con il motore preparato dal compianto Valentini, e un LeMans 1000 con telaio Golinelli in alluminio e traliccio con motore portante, esemplare unico al mondo) il week-end del 18 -19 Giugno ad Adria concretizzerò il mio lavoro di preparazione e gestazione della moto che è durato lunghi mesi.

PARTECIPERO’ AL TROFEO VINTAGE GUZZI, se non a tutte le gare, almeno ad un paio, vedremo mi sono detto.

Per tante ragioni non mi serviva una moto preparatissima, con grande dispendio di euro ed energie, anche perchè sapevo mi sarebbe piaciuto, però meglio andare per gradi.
L’ unica cosa che fortunatamente non mi manca è la moto, ne ho un paio che si potrebbero prestare senza grossi stravolgimenti.
Chi oramai mi conosce sà che io pongo molta attenzione all’estetcica e alla funzionalità delle mie moto e quindi anche questa non sarebbe stata da meno.
Per i pistolatori di motori, scendiamo un pò nei particolari, anche se le cose sono le stesse che sentiamo già da anni:
doppia accensione
alleggerimento volano
cascata di ingranaggi
pistoni LeMans 1000
abbassamento testate
valvole maggiorate
Dell’Orto 36 con cornetti in alluminio e asportazione pompa di ripresa
Equilibratura e alleggerimento albero motore e bielle
coppa maggiorata
radiatore olio motore
marmitte libere
acceleratore rapido Tommaselli
pompanti e molle forcella
ammortizzatori con interasse 370mm
forcellone lungo del t5
pedane alzate e arretrate fatte in casa
pompa freno posteriore del V35
cerchi t5 con gomme Continental ContiRaceAttack CR 110 all’anteriore e 130 al posteriore.

Ci sarebbe voluto anche un bel cambio a denti dritti e una nuova forcella almeno da 40mm, ma accontentiamoci.
non sò nemmeno se riuscirò a governare la bestia, facciamo un passo alla volta.

Riuscire ad essere pronto per Vallelunga non se ne parla e poi la trasferta sarebbe stata lunga, e il lavoro in ogni caso in quel momento non me lo permetteva.
A Varano invece non mancherò per nulla al mondo.
La moto è nuova e sconosciuta alla FMI, quindi vanno fatti tutti i documenti, che come mi avevano detto, si possono fare anche sul posto al circuito insieme alle verifiche tecniche, ma ahimè a Varano questa possibilità non c’è e il tempo materiale per preparare tutto e spedire rimanendo nei tempi nemmeno.
Ma por……..
E un altra occasione è sfumata.
Ok concentriamoci su Adria che manca un mese, caschi il mondo stavolta nulla potrà farmi perdere questo appuntamento.

Intanto a Modena il week-end dell’ 11 e 12 giugno all’autodromo di Marzaglia c’è il Memorial Walter Villa, e l’opportunità di girare anche con le moto storiche.
Cavolo, una sessione di prove la settimana prima della gara di Adria è una goduria, riuscirei a saggiare la bontà del progetto moto e verificare la necessità di qualche eventuale piccolo aggiustamento.

Per la livrea della moto ho deciso di attingere naturalmente da MammaGuzzi, visto che ero in possesso di un bellissimo serbatoio WBO in alluminio da endurance mi sono detto, rievochiamo i colori della mitica 8V.

animaguzzista_eventi-gare_la_mia_prima_volta_0012Modena, domenica 12 Giugno, ore 5,30. Sono già sveglio, il furgone è carico dalla sera prima. controllo e ricontrollo il materiale tecnico obbligatorio, ma c’è gia tutto ne sono sicuro, la benzina 100 ottani c’è, la moto è ben legata, i cancelli aprono alle 7,30 e fuori piove a dirotto.
Andiamo lo stesso, se smette e esce il sole in pochi minuti la pista asciuga.
Arrivo piazzo il furgone, vado a pagare 3 turni di prove, nel frattempo ha smesso di piovere, ottimo il mio primo turno è fra due ore, intanto giro per il paddock a curiosare.

Tante belle moto, nell’aria è tutto un rombare di motori, odore di miscela, di gomma, rumore di compressori, chiavi e attrezzi gettati a terra in ogni dove, cavolo mi sento a casa.

La mattinata passa tra un acquazzone e l’altro e di girare proprio non se ne parla, e allora cosa di meglio per impegnare il tempo di una bella mangiata con gli amici a parlare delle nostre belle, di tempi, di pieghe, di traiettorie e io cerco di fare mio ogni consiglio e segreto che viene spifferato tra un bicchiere di lambrusco e l’altro.

Mentre ci riempivamo le pance con le fiorentine fuori è uscito il sole, cazzo dai che ci siamo.
Giusto il tempo di arrivare e infilarci nelle nostre seconde pelli, togliere le termocoperte che tocca a noi, non ho nemmeno il tempo di emozionarmi a dovere che mi ritrovo catapultato in fila all’ingresso pista, la moto sotto di me scalpita e borbotta con quei tromboncini casinari.

Via!

Ho la pista davanti libera e l’asfalto che scivola veloce sotto di me, non sò nemmeno cosa stò facendo, il mio corpo a memoria mi guida in mezzo alle prime curve, la moto mi fà capire che vuole correre, il suo urlo si fà forte e il mio respiro va in apnea per interminabili istanti.
Ho la sensazione per un attimo di non aver mai fatto nulla nella vita se non correre.

La mia moto è fantastica, si lascia guidare che è un piacere, come sapesse della mia inesperienza, scende nelle curve e piega come una pennellata, esce sicura e veloce, stabile………….ne sono sorpreso.
I giri si susseguono, e io prendo confidenza col tracciato, piuttosto tecnico, molte curve, alcune anche molto lente, un paio di curvoni veloci da fare in piena accelerazione, il corto rettilineo con una frenata non rabbiosa.
Dio bò che bello, come si dice qui dalle mie parti!!!!

animaguzzista_eventi-gare_la_mia_prima_volta_0017Ok qualche piccola modifica, induriamo un pò il posteriore e lo alziamo arrivando a 370mm, limiamo il cupolino nella parte inferiore e abbassiamo il parafango perchè nelle staccate violente arrivo a toccare.
Mi piace sentire la moto molto caricata sull’anteriore.
Sono pronto per domenica, tutto è a posto.

Devo essere ad Adria per fare i documenti della moto già al venerdi pomeriggio, non c’è problema, mi sono preso il sabato libero.
Alle 16,00 sono in strada per Adria, c’è già la coda a Bologna dei vacanzieri. Entro le 19 devo essere là.
Nonostante il traffico arrivo all’impianto verso le 18,00.
Cavolo che casino, moto in pista che provano, viavai di gente urlante ovunque, il piazzale è già pieno ma trovo un buco per poter parcheggiare il furgone.
L’impianto di Adria è pazzesco, grandissimo, degno di un autodromo da motomondiale. Riesco ad informarmi rompendo le palle a tutti quelli che incontro cosa devo fare, “devi ritirare la busta bianca” mi dicono, si ma dove. Intanto vedo che la fila per le verifiche tecniche è interminabile.
Riesco a trovare al primo piano l’uffico dove pago e mi rilascia la busta con i documenti di gara.
Ora non mi resta che scendere e scaricare la moto e mettermi in fila per fare i documenti e le verifiche pre gara, incrociamo le dita.
Mentre sono in fila cosa vedono le mie pupille, il buon Beppetitanium che passeggia a farsi un pò i cazzi degli altri, e io subito lo ingaggio, vista la sua provata e riconosciuta esperienza di pilota Vintage e di Endurance, a farmi da secondo e magari anche da ombrellina.
Dopo circa un’oretta e mezza è il mio turno, presento la mia licenza, qualche foto alla moto, un’occhiatina veloce alle dotazioni obbligatorie, e via la mia bella è abile!!!!!

Ok perfetto la parcheggio a fianco del furgone e vado in giro a cercare un pò di facce conosciute.
Incontro il presidente del Motoclub 2000 di Modena che ha un box e subito mi viene offerta la possibilità di mettere la moto a nanna con le loro, e io di certo non me lo faccio ripetere due volte.
Un saluto a Beppe e a tutto il suo box, poi trovo Alberto, Mattia e Antonio del Minchions Team, il Boretti con le sue due bellissime Guzzi, i due guzzisti di Modena Calveri e Caprari, il Sasselli e il Fantini e una miriade di bellissime e preparatissime moto.

Sono in paradiso.

Ceno con i ragazzi di Modena e vado a nanna presto perchè come al solito sono in piedi dalle 2 del mattino e comincio ad essere un pò stanchino, domani voglio essere in forma, alle 11,35 prima sessione di prove.

Mi sveglio presto, ma nell’aria si sente già qualche motore che si scalda, e tra la preparazione della moto, la vestizione e qualche consiglio da chiedere in giro arriva presto il mio turno.
Nel frattempo arrivano in visita al box Andrea e Piero, 2/3 dei Tatiani, mi fà enormemente piacere vederli. Osservo Piero che nel vedermi come comune mortale nell’imminenza di entrare in pista, ha fatto scattare in lui una mezza idea di provarci, e quando ci siamo salutati la scimmia si era già inpossessata di tutte e due le sue spalle.
Entro insieme a uno del motoclub che ha una honda 750 Four, mi incolonno dietro gli altri e uno alla volta si entra in pista.
Decido saggiamente di farmi sfilare un pò da tutti, così da aver modo di avere un pò di pista libera davanti a me, ho 20 minuti, che sembrano tanti, ma volano. Già al secondo giro comincio a tirare un pò, le gomme si sono scaldate a dovere, la pista con una moto come la mia non è entusiasmante, allunghi e altrettante staccate ma più che altro gira in senso antiorario (o a sinistra che dir si voglia) e io da quella parte ho sempre avuto una qualche difficoltà in più a buttare giù la moto. Le poche modifiche apportate alla ciclistica rispetto a Modena danno i suoi frutti, la moto è più precisa specialmente all’uscita delle curve, dove posso aprire il gas con decisione.
Al quarto giro provo ad allungare qualche staccata, niente di pericoloso, ma come mi aspettavo la forcella evidenzia tutti i suoi limiti nella guida esasperata, prendo qualche riferimento dalla pista e studio le traiettorie, chissà come stò andando.
Al sesto giro faccio la curva che porta sul rettilineo e con la coda dell’occhio vedo a destra un pilota che stà rotolando sul lato della pista e si ferma immobile, mi accuccio dietro il cupolino per fare il rettilineo e all’improvviso mi accorgo che di fianco a me la sua moto stà andando a grande velocità lungo il muretto dei box, molto spaventato mi butto sul lato sinistro della pista e accelero sfilando la moto che continua la sua folle corsa percorrendo tutto il rettilineo andando a centrare uno sfortunato motociclista che stava entrando in quel momento dalla pit lane.

Bandiera rossa………….cavolo stavo prendendo feeling col tracciato, ma il mio pensiero va subito al pilota che vedo ancora a terra coi soccorsi dopo il giro di rientro. (si saprà poi che se l’è cavata con un grande spavento e qualche ammaccatura).

Dopo circa un’oretta arrivano ai box con i tempi del primo turno di qualifiche, e con mia grande sorpresa ho il terzo tempo provvisorio.
Non ci posso credere, vabbeh quelli veloci avranno trovato traffico, (nella nostra categoria girano insieme 350-500-750-850-mille e oltre) il tracciato è corto e per di più non siamo riusciti a sfruttare tutti i venti minuti a disposizione.
Comunque io sono più che soddisfatto, cavolo è la mia prima uscita ufficiale e mi stò pure divertendo.
Il bello deve ancora venire, perchè comincia il via vai di gente che viene a vedere la moto, mi chiedono come è preparata, qualche critica tecnica che ho ascoltato di buon grado, da quanto corro e alla mia risposta vedo facce sbigottite. Mah gente strana quella della pista. Comunque questo mi inorgoglisce non poco.
Naturalmente scatta il messaggio selvaggio, contatto famiglia ed amici, per raccontare la mia prestazione prima che sbiadisca con la seconda sessione di prove delle 18,25.
Mi faccio anche un pisolino all’ombra di una pianta.
Al mio risveglio mangio qualcosa, sono già le 16 e mi arriva la telefonata di Paolone che sull’onda emotiva dei miei risultati mi comunica che parte da Modena per venire a vedere il suo allievo e non si vuole perdere la seconda sessione di prove.
Motivo in più per concentrarsi e fare un figurone mi dico.
Una visita al box di Beppe dove conosco Ancelotti (numero 74), l’ho seguito per poco più di un giro prima della bandiera rossa, pilota veloce nonostante i 60 anni abbondanti.
Arriva Paolone poco prima del mio ingresso in pista, mi controlla la moto, hai abbastanza benzina mi chiede?, boh rispondo io e che ci aveva pensato, la presione delle gomme è ok?, boh, le termocoperte perchè non le hai messe?, mi sono dimenticato.

Sono proprio una frana!!!

Due o tre consigli sul tracciato dove lui ha già gareggiato, finisco la vestizione e mi ributto dentro.
Lo sento già dal secondo giro, ho imparato un pò le traiettorie, dove iniziare le staccate, la percorrenza del curvone veloce dietro i box.
Ho un bel feeling con la moto, il motore girà che è una meraviglia, sopra i 6000 giri sento che spinge forte fino a quasi 7500 e ne ha ancora, mi spingo fino quasi gli 8000.
Riesco a fare due giri quasi da solo, con pista libera ma sento dietro un bel rombo pieno che si avvicina nei tratti veloci.
E’ Ancelotti che il rettilineo dopo mi passa agilmente e allora io mi accodo come mi aveva detto lui, per seguirlo nelle traiettorie.
Vederlo guidare da dietro sembra un gatto, agile e veloce a scappare via dalle curve. Eh ne ho da imparare, però mi rendo conto di essere uno staccatore, gli recupero molta strada, però mi manca poi il motore nelle ripartenze.
Finiti i 20 minuti, mi sono proprio divertito, comunque sia andata.

I risultati tardano un pò ad arrivare, mi vado a fare una bella doccia, la vita del paddock fà sprecare molte energie e le sudate sono abbondanti.
Ritorno rinfrancato e anche con una bella fame. I cucinieri vedo che sono già al lavoro, mi vado a vestire e sono pronto, fusilli pesto e gorgonzola, salsiccia e contorno. Io ho portato una bella torta gigante, sapevo che avrebbe fatto piacere, e una bella bottiglia del mio Nocino autoprodotto del 2009 per conciliare qualche bella chiacchiera da box delle corse.
Arriva Paolone con i tempi e la griglia di partenza:

animaguzzista_eventi-gare_la_mia_prima_volta_0015ANDREA ANKA ANCARANI terzo tempo, partenza in prima fila.

Sono sbigottito, tutti che si complimentano, pacche sulle spalle e anche da altre parti, io ho guidato e mi sentivo così bene sulla moto che non mi sembrava neanche di andare così veloce.
Sono proprio soddisfatto della mia motina e non gli ho trovato ancora un nome……………………………..mah ci penserò poi.
La serata prosegue con alcune decine di bottiglie di vino, il nocino è già finito da un pezzo, è arrivato il momento di andare a cercare un hotel, stasera voglio dormire in un letto vero, me lo merito cazzo!

Sveglia ore 8 e fuori piove come da previsioni, la gara è fissata alle 12,15.
Se smette almeno un oretta prima, con un raggio di sole e l’asfalto bello drenante si asciuga in un batter d’occhio.
Ho preso con me la tanica devo fare benzina, la motoretta consuma non poco a girare in pista, i dieci litri che avevo preso con me se ne sono già andati.

Mi telefona mio fratello che sarà a vedermi con mio nipote, al quale tre anni fà ho regalato una minimoto, adesso ha 10 anni ed è patito delle corse e non gli sembra vero di avere uno zio che fà una gara.
Arriva anche il mio amico Lino, il fine preparatore della mia moto, con un amico.
Che carico di responsabilità che ho. Pure gli spettatori

Ok ci siamo, come si dice, il momento della verità.
Giro per l’ingresso in pista.
Mi piazzo nella terza casella di partenza tutto a sinistra.
Il battito del mio cuore copre il rumore del motore.
3 minuti, 1 minuto, 30 secondi, secondo me saranno passati almeno dieci minuti, un’eternità.
Via, giro di ricognizione, qualche accelerata veloce, le curve le faccio un pò allegre, il tracciato sembra proprio asciutto, però i primi giri meglio andare con i piedi di piombo.
Ultima curva, e mentre mi accingo a percorrere il rettilineo per lo schieramento, un pensiero agghiacciante mi coglie e mi terrorizza.

Cazzo ma mi stò mettendo in griglia per la partenza e non ho mai provato a farne una!!!!!!!!!

Sono proprio un cazzone.

Forse riesco nell’intento di non pensarci, sono estraniato da tutto quello che ho intorno, e continuo a ripetere quello che mi è stato detto al briefing, bandiera verde, si accende il semaforo poi si spegne e via. Era così, boh, si penso di si.
Vabbeh la tengo un pò allegra con la frizione, non tiro troppo la prima e poi con la seconda arrivo fino alla prima curva.

SEMAFORO ROSSO

Si spegne, un casino assordante di motori che urlano tutto intorno, e io che sfrizionando impenno la moto e quasi cado perdendo il controllo dell’anteriore.
Che imbecille, dai su riprenditi, che intando nei duecento metri che mancano alla prima curva mi hanno già passato in sei.
Me la prendo a ridere per qualche secondo, poi mi butto in carena che devo lavorare un bel pò.
Un sorpasso nel tornantino di fronte ai box, è stato facile, un altro nella parte dietro ai box dove c’è una curva veloce e in fondo alla staccata passo, al Primo giro sono 7° ma vicino al gruppetto che mi precede.
Alla staccata del rettilineo d’arrivo passo un altra moto, al solito tornantino di fronte ai box passo Alberto e mi lancio all’inseguimento del gruppetto di testa che sembra si stia sgranando.
Al secondo giro sono 5°, dai non male le prove sono una cosa la gara è tutt’altro, non puoi avere il tuo ritmo e poi se vuoi andare più veloce devi passare.
A metà del terzo giro sono già sotto al gruppetto, cavolo come li ho raggiunti facilmente, noto che alla prima S recupero almeno venti metri, la percorro a velocità molto più sostenuta, solo che le moto che mi precedono hanno tutte più motore di me e alle ripartenze mi sfilano agevolmente.
Io monto pistoni da 88 gli altri da 94 e una anche da 95.
Devo riuscire a passare in fondo al rettilineo alla staccata prima della S dove comincia una parte mista, lì riesco a prendere un pò di vantaggio nella parte guidata, poi nel rettilineo si vedrà.
Tre giri ma niente da fare, quando mi affianco a Boretti dopo lui mi sfila, che nervoso, ho provato ad anticipare per aprire prima, niente ritardare la frenata, nemmeno.
Ormai siamo un pacchetto di quattro piloti in un paio di secondi.
Al sesto giro al solito tornantino di fronte al paddock mi affianco a Boretti, lui stringe e frena molto io allargo e lo passo all’esterno in curva, GRANDE por fuera come faceva Lorenzo ai bei tempi della 250.
Sono 4°
Qui Boretti non è veloce forse riesco a prendere un pò di margine, e Calveri è li a un tiro di schioppo.
Guadagno un sacco di terreno nel curvone veloce e alla seconda S gli sono incollato, alla staccata prima del rettilineo d’arrivo lo infilo all’interno.
Sono 3°
Però nella manovra di sorpasso vado un pò troppo sull’esterno e in accelerazione pesto il cordolo bianco che forse è ancora un pò umido e mi si intraversa la moto.
A metà del rettilineo mi passano tutti e due di motore.
Tutto da rifare.
Settimo giro, ci sono dei doppiati da passare, al solito tornantino, il mio punto forte, lo prendo stretto all’interno, siamo in 4-5, spalanco il gas ma uno è troppo vicino, chiudo un pò l’anteriore istintivamente e il posteriore mi parte scivolando.
Cazzo sono per terra, che scemo mi dico, vado per rialzare la moto aiutato dai commissari ma il cupolino è rotto e penzolante, mi dicono che non posso ripartire, cavolo almeno vedere la bandiera a scacchi.
Mi accuccio dietro le protezioni e vedo che c’è Sfratta che è li dal primo giro, è caduto anche lui andando ad urtare il guard rail.

Aspetto la bandiera a scacchi del fine gara, prendo la mia motina acciaccata e la spingo fino ai box, per fortuna niente di grave, il plexi del cupolino la pedana destra e il pedalino freno posteriore, una grattata sulla sella e una ammaccatura ben più grossa nell’orgoglio.
Tutti mi vengono incontro per confortarmi e complimentarsi con me per come stavo andando, in fondo è la tua prima volta, dicono.
Effettivamente dopo pochi minuti realizzo quello che ho fatto in questi tre giorni e quello che è successo rientra nelle dinamiche di questo bellissimo sport, poi il resto è esperienza da fare sul campo, un altro al posto mio avrebbe aspettato il momento giusto, o si sarebbe accontentato o avrebbe speronato il centauro a fianco.
Io però sono contento, e di una cosa sono sicuro, mi vedrete sempre più spesso con la tuta di pelle a fare il minchione (Alberto scusa la citazione) in pista.

Dimenticavo una cosa da poco, mentre sono indaffarato a sbaraccare e a caricare la moto sul furgone mi sento dire “bella stà moto, ma chi la guida, tu?” Mi giro e vedo davanti a me i fratelli Guareschi, che la sera prima avevano fatto l’endurance con una LeMans I dall’aspetto pressochè di serie piazzandosi terzi nella classifica generale a 40″ dal primo e primi di categoria.
Anche loro si complimentano con me, quattro chiacchiere, gli dico che la mia prima Guzzi, una GT850, me la sistemò il loro papà nel 1994. Una stretta di mano e io stò volando a mezz’aria, gongolandomi, come se non lo stessi già facendo abbastanza anche prima di questo riconoscimento “ufficiale”.

E’ bello sognare, ma cazzo vivere è tutta un’altra cosa!
Anka.

“VENGO ANCHE IO!?!??”…… “NO!”

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AnimaGuzzista_Badude_VengoAnchioNO_0020

Da un anno quasi esatto, la mia “scienziatina” studia a Grenoble, e tutte le volte che siamo andati a trovarla, attraversando il Frejus e girando intorno a quelle cime alte, dure e all’apparenza bellissime, mi sono chiesto come sarebbe stato farle con la Guzzona. E’ quindi nata pian pianino una idea, che mi sono tenuto per me fin che ho potuto, sulla quale ho dovuto studiare il planning più opportuno, perché DOVEVA realizzarsi. DOVEVA!

Quanto sto via? Due giorni sono pochi, ma più di tre mi faccio nemici….. ok, 3! … e quanta strada riesco a fare? …beh, considerato che fino a Cuneo è tutta noia, e tra andare e venire mi vanno via oltre 750 km, più di 1.200 non ne faccio, ma sarà un gran bel giro. L’obiettivo?…bòn, la Bonette è qui … qui l’Iseran, l’altro più alto … facile, sono poco più di 200….

Ottimo, in mezzo ci stanno un sacco di divagazioni sul tema.

mmmmm…aspetta….mi dirà che tre giorni in giro in moto costano troppo … Cosa c’è in riserva? No, non quella di casa (@@zXacc@xXZz!…). La MIA….ok, più che sufficienti.

Le Regole d’ingaggio sono semplici, e orientate alla massima sobrietà:

1) dormo in tenda, ma quella piccola, che è più leggera…(e purtroppo in due non ci si sta…),

2) mi porto tanti panini da casa, quelli maionese e cipolline (una meraviglia, consigliati. Soprattutto il secondo giorno, che la maionese ha inzuppato ben bene il pane da toast, buoni anche se poi scoreggi alla cipollina di continuo…),

3) fornellino per il thè alla mattina e biscotti secchi a colazione. Borraccia piena per bere. Acqua.

4) pranzi e cene: una scatoletta di tonno, una simmenthal, due buste di minestra disidratata, da fare calde….a posto. Ecco, magari alla sera, messa giù la moto, qualche capriccio me lo levo, ed una buona birra non me la toglie nessuno.
MA COSA VADO A FARE? Perché me lo chiederà…Beh, qui me la posso cavare bene, semplicemente con la banalissima verità: VADO IN MOTO! IN SELLA DALLE 8 DI MATTINA ALLE 8 DI SERA (se non di più) E NON VOGLIO FARE NIENT’ALTRO. E voglio fermarmi appena mi sembri che ne valga la pena, e fotografare, e guardare il panorama, e se piove, aspettare sotto l’acqua che smetta, con i guanti che si inzuppano, ed accorgermi che la Golden Tyre davanti e la Tourance dietro, sono perfette sull’asciutto ma tengono molto bene anche sul bagnato.

E poi voglio fare ginnastica al mattino, fuori dalla tenda, perché la notte passata sul modulo nuovo mi avrà sicuramente sfrantumato la schiena. E non voglio bere quasi nulla, di giorno, così se mi devo fermare è perché l’ho scelto io e non la mia prostata. E poi VOGLIO FARE DELLA STRADA. Quella che a vent’anni facevo a piedi, tenda in spalla, con gli Scouts, perché è sulla strada che parti, ma poi quello che succede dipende solo in minima parte da quello che hai deciso tu.

E quindi, per tutto questo, è chiaro che devo partire da solo: “MA COME, ALMENO ANDATE IN DUE…SE SUCCEDE QUALCOSA?” “E A CHI LO CHIEDO? … A LUGLIO SONO TUTTI IN FERIE! E POI LO SAI CHE MI PIACE ANDARE SOLO…”

Alla fine ce la faccio: serenamente, ma di una serenità poco convinta, ho l’Ok desiderato, anche se, ogni tanto, “MA IO, NON POSSO PROPRIO VENIRE?” “MA TU, SE VIENI IN MOTO, VUOI ANCHE VISITARE MUSEI, E LI’ NON CE NE SONO; LE CHIESE NON SONO NIENTE DI SPECIALE, E POI DEVO PRENDERE LA TENDA GRANDE, CON LA PALERIA PESANTE, E LA MOTO DIVENTA DIFFICILE DA GESTIRE…E SUI TORNANTI NON CE LA FACCIO…SONO ANCHE PERICOLOSI… (…’stardo…)”.

Negli ultimi 10 giorni controllo il meteo due volte al giorno, perché le previsioni sono affidabili solo nei due/tre giorni successivi, e faccio bene, perché nel week end scelto, sul sud della Francia, si scatenerà di tutto. Sposto in avanti la partenza, ed il VSD, diventa un SDL, e parto (23 luglio, ore 05.15) sapendo già che sabato prenderò acqua copiosamente, domenica gran parte della giornata sarà bella, e lunedì dovrebbe essere un trionfo. E sarà proprio così: complimenti a meteofrance.com!

Carpi-Alessandria-Cuneo (che palle…) – VINADIO! OOOOHHH: montagne, nuvole, acqua, la promessa di un bel girare. Attacco il primo panino alle cipolline, ancora un po’ “acerbo”, e poi la Lombarde: subito mi accolgono una serie di tornanti stretti e ravvicinati che ti fanno salire velocemente, e poi, man mano si sale, si alternano sprazzi di luce e cielo aperto, con fitti nuvoloni che coprono il panorama; l’asfalto è buono, solo umido, e l’andatura allegra. Faccio una curva e poco lontana, sul bordo della strada, vedo una signora ferma a fotografare, alla quale evidentemente copro il campo, perchè abbassa la macchina con un gesto di stizza. Però mi distrae, e vedo troppo tardi il cartello che indica la stretta svolta a sinistra, per salire in cima ed al confine.

Poco male. Mi fermo, le dico qualcosa per salutare (e sentirmi meno goffo), volto la moto, e su!

Mezz’oretta dopo, l’arrivo al confine è freddo, umido e non si vede niente: una foto per ricordo, una per fb, ma via di lì subito dopo, che entro sera dobbiamo fare la Bonette.

Non è nemmeno mezzogiorno ed ho un sacco di tempo, ma il clima so che non mi aiuterà. Isola 2000, Isola, la D-64, San Dalmazzo… strade che altri Guzzisti avranno fatto mille volte, ma questa è la MIA volta.

Nel primissimo pomeriggio inizio a salire verso la Bonette, e da questo versante il tempo non è infame. E’ brutto, ma non infame. Il problema è quello che si intravede dall’altra parte, più compatto e scuro. Il panorama rimane visibile, e l’altezza è, nonostante tutto, entusiasmante; vediamo quindi come va, ma per ora sono contento di essere qui.

Salendo purtroppo tutto peggiora: fitta nebbia, la strada si vede solo per 15/20 metri davanti, pioggia fine e fastidiosa, …. Un cartello: a sinistra” la Bonette”, a destra “Jausiers par Restefond”. Faccio ancora pochi metri, e poi mi fermo: tuoni a pochissima distanza mi consigliano di non proseguire. Tanto non si vede nulla. Scoprirò poi di trovarmi sotto la cima, quindi sarei arrivato, ma ancora tuoni vicini, molto vicini.

Fan’ c….o, mi metto in fretta una maglia in più sotto l’antiacqua, attacco le 4 frecce, e via indietro. E giù a Jausiers, per scoprire che l’altro versante della montagna è quello dove si sta sfogando il temporale: piove, e tanto. E rompe, e tanto… ma lo sapevo, quindi, pazienza. I prossimi giorni mi ripagheranno, spero abbondantemente.

Sotto l’acqua, arrivo a fondovalle, cerco un riparo e mi fermo sotto una pianta; riparto perché non ripara niente, e allora cerco il campeggio. Poco distante, poco costoso, come da Budget: perfetto! Camping Rioclar. Cessi pulitissimi, la prima volta che li ho usati (quella importante…), decisamente luridi le successive. Però era quello che mi aspettavo. Ha smesso di piovere e monto la tenda, e siccome sono stanco morto, devo decidere come mangiare e cosa fare per la serata: il tempo minaccia altra acqua, e poiché il campeggio è fuori dal paese, semplifico al massimo, cena e serata: faccio fuori la simmenthal ed un altro panino (ed il pane comincia ad essere come deve, ben imbibito* di maionese), mi faccio una doccia calda, mi infilo la tuta, apro il sacco a pelo e dopo qualche veloce messaggio a casa, io dormo. Ore 18.30. La birra domani.
La stanchezza mi è piombata addosso tutta in una volta, la contentezza della giornata è piena, la sicurezza di essere, per ora, all’asciutto è rasserenante ed il campeggio è silenzioso come non mi aspettavo, anche se pieno. Ma soprattutto ho fatto quello che volevo per tutto il giorno: ho guidato la mia Guzzona per strade sconosciute. E’ stata una bella giornata, ma ora Buonanotte!
La notte piove un bel po’, e la sento quando mi sveglio per voltare “gallone”*, ma a parte un chiacchiericcio attorno le 22,30, che mi sveglia, passo la notte scomodo, ma all’asciutto ed al caldo.

Ore 4, forse 4,30: sveglio, e trovo un cielo pieno di stelle. Ottimo, il meteo si aggiusta! Avendo quindi un sacco di tempo davanti faccio tutto quello che mi pare, e che mi serve, cercando di non fare rumore (di coglioni come me, non ce n’è tanti, in giro a quell’ora): ginnastica, colazione, bagno, tutto moooolto lentamente, che non devo correre da nessuna parte. E sarei pronto, ma aspetto il primo sole, per asciugare la tenda e vedere cosa mi aspetta, e poi non posso accendere la moto così presto, mi tirerebbero pietre.

AnimaGuzzista_Badude_VengoAnchioNO_0006
Lentamente, si illumina un cielo di un bellissimo azzurro, carico e profondo, ed il contrasto con il nero della sagoma degli alberi mi rende felice … Grande giornata si prospetta, e la linea di luce sul fianco della montagna, che scende pian piano fino al campeggio, finalmente tocca prima la tenda, e poi la moto.

Per farla breve alle 7 sono di nuovo in sella: ho dato la sveglia al campeggio, perché gli scarichi vuoti della Guzzona, se apro anche appena un pò, si sentono…

Freddo, ma ci sta. Dove devo andare? Stamattina vars, izoard, galibier…. ma la Bonette? … cavolo, è così presto……ho un sacco di tempo davanti, prima che faccia buio…. Vai Badu! Si torna alla Bonette. Con una mattina così, sarebbe da idioti perdersela.

Ritornato a Jausiers, via di nuovo su, a destra, verso Restefond, e faccio una delle cose che ha reso questo giro per me bellissimo: mattina presto, la luce è brillante, i colori intensi, dopo la pioggia delle ore precedenti, ed a parte un gregge che attraversa la strada (e per me vedere i cani pastore all’opera è sempre stato uno spettacolo) non mi rallenta nulla. Arrivo su veramente soddisfatto ed i panorami sono fantastici. Foto lungo la strada, alla stele in cima, e lunga pausa di ammirazione e filosofeggi interiori vari. Ho lasciato un po’ di amaro in bocca a chi ho lasciato a casa, che non se lo merita, per cui dovrò trovare il modo di farmi perdonare.


Mi godo quindi per una bella mezz’oretta il panorama, ed un altro panino, e poi scendendo faccio una sosta al rifugio, ancora chiuso (non sono nemmeno le 9), ma poco dopo arriva il gestore, dalla valle, mentre dall’alto si fermano due ragazzi in moto, che, scoprirò poco dopo, avevano campeggiato abusivamente in mezzo al bosco. Ci sentiamo reciprocamente parlare, e scoprendo di essere italiani, arriviamo presto a chiacchierare amabilmente, parlando (come tutti) delle nostre moto, dei nostri viaggi, e scherzando soprattutto su come abbiano fatto loro a passare la notte sulla montagna, in mezzo al bosco, con la bufera che picchiava forte. “MA SIAMO ABITUATI”, dice lei, e allora va bene così. Arriva il momento di andare, che devo fare un sacco di strada, e volendo pagare il mio caffè al gestore, mi accorgo di aver lasciato il portafogli nel bauletto della moto. Porco can, che testa … non voglio dirlo ai ragazzi, perché si offrirebbero di pagarmelo ed io farei la figura del “bambasot”*, ma non voglio nemmeno allontanarmi senza dire qualcosa al gestore, mi sentirebbero. Devo insomma farmi offrire il caffè, ma con stile, eccheccavolo: “RAGAZZI, IO DEVO ANDARE, MA POSSO OFFRIRVI IL CAFFE’?” “NO, FERMO, NOI SIAMO IN DUE E TE LO PAGHIAMO NOI!” “GRAZIE, SIETE MOLTO CORTESI (….’stardo, ancora…).

Parentesi: i ragazzi viaggiavano in sella alla nuova Africa Twin, ed avevano quella nera, bella moto ma anonima. Ma se io dovessi ancora comperare la moto nuova (la Guzzona ce l’ho da settembre 2014) te la faccio vedere io, la Guzzi, Mandello e tutta la Piaggio: Honda CRF 1000 Africa Twin ROSSA. E nient’altro, e fanculo ai giessisti (…così…. ad maiora….).

AnimaGuzzista_Badude_VengoAnchioNO_0009Il resto della giornata scorre, lunga lunga, ed io inanello una serie di passi bellissima, e mi godo la giornata come era un pezzo che non facevo, sempre più contento della mia scelta di viaggiare da solo, di aver comprato la Guzzona (anche con l’AT in giro…), di aver programmato un giro così, di stare lì e non altrove. Sull’Izoard, mentre mangio un’altro dei miei ormai maturi panini, mi aggancia un distinto signore piemontese, capelli bianchi, piccolino, dicendomi che è un Guzzista ed ha sempre guidato Guzzi, e mi chiede della mia Stelvio. Cosa posso avergli detto ?!!?….Lui è venuto su con una moto che avevo appena finito di fotografare, una Mash 250, stile cafè, tutto sommato carina, e mentre parliamo mi accorgo che io gli sto dando del tu, ma lui rimane insistentemente sul “Lei”. Non credo di avergli mancato di rispetto, ma se preferiva il Lei, avrei potuto essere più attento…


Scendendo dal Galibier, tempo dopo (siamo circa a metà pomeriggio), si avvera nuovamente la previsione di meteofrance: acqua. Ma così, per non perdere l’abitudine: un’oretta d’acqua, giusto per farti rimettere la tuta e romperti un po’ gli zebedei…


E da qui al campeggio del secondo giorno, solo una cosa merita menzione: il rombo degli scarichi della mia Moto Guzzi, Stelvio 1.200 8V, oltre i 5.000 giri. La D-1006, da S.Michelle dM a Termignon, dove ho dormito, è uno stradone largo, e nel tardo pomeriggio, di domenica, non c’era traffico. Curvoni veloci, lenti saliscendi, poche macchine, ed un limite di velocità accettabile (che comunque fuori dai paesi non credo di aver rispettato). Non sono tanti chilometri, ma sono comunque arrivato col pieno rombo del motore negli orecchi, perché quello del bicilindrico Guzzi, quando è caldo, cazzo se è un rombo…..inizia sotto le chiappe, poi ti sale lungo la schiena e se provi a far durare la goduria un po’ di più, e tiri ancora, ma lentamente, ti entra nel casco e tu stai lì, che hai solo un piccolissimo pezzo di cervello (insieme agli occhi) che controlla la strada, ma tutto il resto di te è dentro quella roba. “VACCA BOIA, CHE ROBA…CHE MOTO…CHE FIGATA!!!” Ogni sorpasso una goduria, ogni tirata un sorriso, per tirare quella successiva un pochetto di più, e godere un pochino di più.

CCheggiornata!

Esco dalla curvatura zero e, rientrato sul pianeta, arrivo al campeggio: Les Melezes. E’ piccolo ed accogliente, e una volta sistemato in una “cabine” (la tenda era fradicia ed appallottolata in una borsa), vestito di nuovo e pulito, col giubbotto con le toppe a sfoggio di chissà quale carriera motociclistica, scendo in paese, a meno di 300 metri, e cerco un locale…..in un paese deserto! Piccolo e deserto. Ma un bar, con una buona ambrata, lo trovo, e passo un’ora intera a ripercorrere la giornata, a pensare al giro di domani, a scrivere qualche c@xx@ta su fb, a godermi il fresco della sera ed il silenzio, quasi assoluto, del paese.


Davvero gran bella giornata. E la mia Guzzi gran moto. Ed allora ecco foto e post per il mio meccanico, che si merita qualcosina anche lui, … è anche simpatico…
Si, però non è possibile che io stia sempre così bene da solo. Devo avere qualcosa, un gene difettoso, o un carattere di m…da. Oddio, le Suore della colonia in montagna, da piccolo, erano str…e forte..…non sarà che….Vabbè, amen. Meglio il letto, visto che anche stasera la stanchezza si fa sentire.
Ma domani…domani le parole saranno inutili: una previsione meteo tradotta male, sulla porta del campeggio, mi convince a sfruttare appieno la mattina. Quindi sveglia prestissimo, e non erano ancora le 7 che uscivo dal cancello del camping rombando (c@xxii loro, io son venuto per andare in moto…). Mi aspetta l’Iseran, non la più alta, ma per me decisamente la più bella tra le cime di questi giorni, oltre che l’ultima: a quell’ora la strada era deserta, la luce ed i colori incredibili (forse solo perché stavo vivendo il mio sogno, cullato per un anno…), ma ero lì.

La vallata che porta a Bonneval sur Arc (bellissimo pesino tutto in pietra, da cartolina…) è lunga, piatta, e la strada che la taglia in due è dritta come un fuso. Le montagne le fanno da contorno e cornice, da entrambe le parti, ma è bellissima la parete a sinistra, resa rosa dal sole che sorge, che tinge dello stesso colore anche piccole nuvole di umidità ferme a mezza costa.

A Bonneval sA inizia la salita al passo, e qui incontro camminatori che parcheggiano le macchine per avviarsi sui loro sentieri, alcune marmotte mi tagliano la strada, e l’aria è talmente fresca che ……. “PUTANA MINGHINA VACA”*… 3 gradi??!?!?. Chissenefrega, resisto. Ma quell’oretta abbondante di strada, dal campeggio alla cima dell’Iseran, me la ricorderò per un pezzo. Me la sono cercata, costruita, immaginata e programmata. Mi son creato problemi per questo giro, ma adesso ci sono.

Arrivo in cima all’Iseran, e faccio come quella volta che, da ragazzo, vidi “Qualcuno volò sul nido del cuculo”: andai al cinema 2 volte, pagando entrambe il biglietto. Ho fatto e rifatto quel colle diverse volte, poi basta. Sono tornato a casa.


p.s.: rientrato da 1 mese, ho cercato di “compensare” lasciando la moto in garage per tutto questo tempo, ma non mi ha mai chiesto nulla del mio viaggio. Nulla. E quando vado io sul discorso, lo lascia cadere con una nonchalance fantastica: “non è interessante”, dice.

Oh, quando si offendono, lo fanno davvero…

*imbibito: [ ìmbibii ] – termine dal dialetto, “imbevuto”;

*gallone [ galòun ] – il “gallone” è il fianco, l’anca;

*bambasot [letterale, bambasot] – coglioncino smemorato ed approssimativo;

*putana minghina vaca [letterale…,] – antica imprecazione dialettale, ora sconosciuta ai più, “quella vacca della minghina che fa la puttana”

Badude

Manutenzione al monumento, Carlo Guzzi

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Mandello 15-17 Luglio 2016

Sono oramai quasi cinque anni che io e la mia signora (la Furia) siamo insieme, l’ho comprata proprio dopo l 90° della Guzzi dove ero andata con la mia piccola V50.
In questo quasi lustro uno dei miei piccoli sogni era di andare a Mandello con lei e fare la mitica foto davanti all’ancora più mitico portone rosso della Moto Guzzi. Ma vuoi per un motivo o per un’altro finora non c’eravamo ancora arrivate fino a quando ho letto sul forum della manutenzione al monumento a Carlo Guzzi, che sarebbe stata a luglio e durante la settimana con clou della foto di gruppo alla domenica.
Fatti due conti, e tastato in negozio la possibilità di avere almeno due giorni di ferie infrasettimanali, è cominciata la spasmodica attesa delle previsioni meteo. Che angoscia ‘sta cosa del meteo, un vero tormento! Nel frattempo, per distrarmi dall’attesa, mi controllo tutti gli alloggi della zona, listini prezzi, posizione, sbirciate su google maps per studiarmi Mandello centimetro per centimetro e prendendo appunti di quello che mi potrebbe interessare.
Decido di non dire a nessuno della mia intenzione e fare un arrivo a sorpresa, arrivando a scrivere che difficilmente avrei potuto partecipare a questa bella iniziativa. Ora i “manutentori” avrebbero alloggiato al “Verde” (eh, che fortuna trovare tutte le info nel forum! ) quindi quello era scartato a priori e poi mi sarebbe piaciuto stare più vicino al lago, più romantico no? Alla fine la scelta cade su un paio di B&B e a due giorni dalla fatidica data provo a prenotare: il primo (scelto perché dotato anche di riparo per la moto) è pieno fino a settembre, con il secondo invece sono fortunata visto che è libera una camera proprio la notte che mi interessa. Non ha riparo per la moto ma la signora del B&B mi dice che la potrò parcheggiare sotto casa.
Le previsioni meteo danno acqua il giorno prima ma poi bello, nel dubbio preparo lo zaino impermeabile e la tuta antipioggia a portata di mano.
Sono agitata, mi riguardo la strada più volte, svincoli, uscite autostrade e tutto con il satellite, ho anche il telepass nuovo nuovo da provare!
La mattina quando mi alzo sta piovendo ancora, me la prendo comoda e finisco di preparare le cose, chiudere la casa, ecc.. Finalmente smette, non debbo indossare la tuta per la pioggia meno male, si parte!
Primo ingresso in autostrada con il telepass a Venezia va bene, ottimo!
Noiosa si sa l’autostrada ma necessaria per certi tipi di spostamenti. Ci corriamo all’inizio un po’ tese (sì,sì anche la moto) ma man mano che i chilometri scorrono sotto le gomme ci lasciamo andare un po’: io guido più rilassata, lei si molla un po’ nel motore (poverina, non è nata certo per fare turismo e una sgroppatina a velocità costante ogni tanto le fa bene). Sono partita un po’ più tardi dell’orario che pensavo ma non intendo fermarmi a mangiare, voglio prima arrivare, non ho altro in mente che quel portone rosso con l’aquila ad ali spiegate stampigliata nel mezzo (che sia uno dei sintomi di quella strana malattia, aspetta, come si chiama….guzzite mi pare!).
Secondo passaggio con il telepass in uscita a Bergamo non va bene, chissà perché.
Da quando esco dall’autostrada entro in leggera fibrillazione, che aumenta man mano che mi avvicino. Guido con attenzione, non voglio beccarmi un autovelox né sbagliare strada. Ho controllato la strada con il satellite tante di quelle volte che è quasi come se l’avessi fatta, e i riferimenti che avevo memorizzato li trovo. Eccoci, uscita Abbadia Lariana, ho il cuore a mille, con occhi sgranati osservo tutto quello che vedo, è ora di pranzo e c’è poco traffico, guido piano, vedo il lago, oddio, il cartello in alto….c’è scritto “Mandello del Lario”, sono arrivata!!!!
Freno e prima foto ricordo con la scritta, mi guardo intorno (che forse qualcuno vedendomi penserà che sono matta?), passano delle moto e mi rendo conto che finora non ho visto neanche una Guzzi, ma che strano però. Via, via il portone è lì a due passi oramai, vedo il sottopasso, le mura della fabbrica e alla fine è lui, eccolo il mitico portone!
Scendo dalla moto e la sposto in posizione ideale per fare il nostro primo selfie! Che ricordo, che emozione! Com’era il titolo del film….tre metri sopra il cielo…..sì, sì io e lei felici insieme!
Una signora che aspetta l’autobus segue le mie mosse con aria perplessa ma come si fa a spiegare una malattia come la guzzite?
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Ok, ora posso andare in cerca del B&B “La coccinella” che si trova vicino al lago, in zona pedonale. Lo trovo subito e un cortese signore (il marito della signora che ha preso la mia prenotazione) mi accoglie e mi invita a parcheggiare la moto davanti alla vetrata del B&B e mi sposta i vasi con le piante per fare spazio. Entriamo e la mia stanza è proprio quella della vetrata, così posso controllarla quando ho voglia. La camera è bella, ampia, tenuta bene e con annesso un salottino e angolo cottura tutto per me, wow! Il signore mi racconta un po’ di storia della casa, mi fa notare le misure dei muri (uno interno è largo quasi quanto la porta!) e mi fa vedere tutto quello che c’è da sapere per la colazione e coperte. Mi lascia disfare il mio piccolo bagaglio e si ripresenta con una mappa di Mandello e gli orari della navigazione del lago che ha l’attracco lì vicino.


Ok, ora è il momento di fare la sorpresa ai “manutentori” ,arrivati il giorno prima, e che dovrebbero trovarsi già al lavoro al monumento.
Nessuno di loro mi conosce di persona ce la posso fare ad imbrogliarli, così mi vesto da “civile”, macchina fotografica al collo e mappa della città in mano, perfetto!
La strada per arrivare è facile, passo il passaggio a livello e noto subito le Guzzi parcheggiate a filo della zona pedonale del monumento, pochi passi e li vedo lì che armeggiano intorno al Carletto chiuso in una zona nastrata per il lavoro, riconosco (perché visti in diverse foto pubblicate sul forum) il presidente Vladimiro e Ticcio, un po’ più in là su una panchina altre persone che però non conosco. Non ho mai recitato e cerco di concentrarmi per apparire una turista qualsiasi che passa di lì per caso (ma che fatica trattenere il sogghigno da sotto i baffi!), mi avvicino con aria incuriosita e domando che stanno facendo, al che il presidente prontamente mi illustra in poche parole il loro lavoro, cerco di provocarli chiedendo se hanno il permesso per fare un simile lavoro ma non ottengo una grande soddisfazione, reagiranno con un fare ancora più burlesco, provo ad insistere ma Vladi mi si piazza davanti e mi fissa negli occhi e a quel punto non ce la faccio più e mi presento: buongiorno sior presidente, Apemaia!
In un attimo mi sento stringere in un forte abbraccio da Vladimiro mentre il Ticcio continua a chiedere: ma sei te davvero? In quel momento mi è stato chiaro l’amore cosmico che tanto viene nominato qui su AG!
Faccio così conoscenza con Scintilla, la Titti (compagna del presidente), MotoTopo e consorte, e Beppe.
Che bello poter unire ai nickname un volto, finalmente!
Dopo le dovute presentazioni, e qualche paraculata per la mia pessima recitazione, mi rendo conto che non ho ancora mangiato e dai tavolini del bar “l’Elefante Rosa” li guardo lavorare mentre tappo il buco allo stomaco. Un sogno realizzato essere lì a Mandello, con quelli di AG, con la mia signora, con una giornata di sole splendida….quasi non ci credo, wow!
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I manutentori mi mostrano i danni subiti dal monumento a causa della poca considerazione di alcuni ragazzini che lo usano come rampa di lancio per le bici, scheggiando così i bordi del muretto e anche un pezzo del libro, che però per fortuna è stato recuperato da un’anima gentile e consegnato in comune (così potrà essere rimesso al suo posto). Ma a ‘sti ragazzini non se po’ darce ‘na schiaritina d’idee?


Il resto del pomeriggio passa un po’ facendo foto, un po’ guardando, un po’ aiutando (data la mia esperienza lavorativa ho avuto l’onore di fare la manicure al Carletto!), conoscendo un membro dei Laghee e la loro nuova mascotte, assaporando la bella giornata. L’arrivo di Nello (fradicio per la pioggia presa) e di Scola portano ad un pausa con brindisi per celebrare il momento.


Non restano ancora molte ore di luce e si procede per la colorazione delle scritte a terra dove, dopo aver protetto intorno con della carta, il Ticcio procederà alla stesura del colore.


Ci si va quindi a preparare per la cena “al Verde” e visto che io non alloggio lì mi trovano un gentile passaggio per salire su.
La cena è squisita, il posto è davvero caratteristico e capisco perché viene scelto per il Winter party di AG.
Per il rientro la cameriera mi trova un passaggio da dei signori di un tavolo vicino, mi dice che me lo darà un certo sig. Todero, sì sì proprio quel Todero, il figlio del grande genio che tanto ha dato alla Moto Guzzi.

Anche se un po’ dispiaciuta per dover lasciare la compagnia un po’ prestino sono emozionata di poter parlare un po’ con il sig. Todero che insieme ad un amico mi accompagneranno fino al lago. Due passi di sera nella zona pedonale e qualche foto per cercare di fissare il momento che mi sto godendo prima di andare a nanna, anche se con tutte queste emozioni sarà difficile prendere sonno subito.


Alla mattina seguente sono pimpante come non mai e mi concedo di guardare un po’ di tv mentre faccio colazione (io a casa non ce l’ho), purtroppo vedo la bruttissima notizia dell’attentato in Francia che mi lascia shoccata.
Metto da parte i tristi pensieri per le povere vittime e raggiungo gli altri in piazza, trovandoli già al lavoro.


Mi aggiro per la piazza facendo degli scatti qui e là, osservando la vita del paese che gira intorno a quel monumento: le mamme con i bambini, le signore con la spesa, le amiche che si trovano al bar, i curiosi ed i soliti pensionati che sorvegliano il cantiere e i lavori. Tra di loro un signore in particolare ci affascina con i suoi ricordi e racconti di un passato motociclistico sconosciuto, almeno per me.

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In quel via vai di gente mi accorgo di un ragazzino che resta lì incantato a guardare e che quando debbo passare per il nastro mi fa la cortesia di alzarmelo per agevolarmi. Sembra solo, lo invito ad avvicinarsi, è curioso come giustamente si deve essere alla sua età, il Ticcio gli fa vedere che prepara il colore per ripassare il segno della moto incisa sul muretto, lui prende confidenza e ci racconta che sarà guzzista da grande, ne è veramente convinto (scopriamo poi che ha in famiglia uno zio ed il nonno che hanno lavorato in Guzzi). Il Ticcio gli chiede se vuole provare a colorare un po’, lui non si tira indietro e con la mano un po’ incerta si lancia a spruzzare sul disegno, prendendo via via più sicurezza fino a quando la madre non arriva a recuperarlo.
Il presidente a quel punto decide di regalare a questo futuro guzzista, speranza per la nostra grande passione, una maglietta di AG e sono sicura che per lui sarà uno dei suoi più bei ricordi.

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Nel frattempo altre anime si sono aggiunte al gruppo, così conosco Mek e Antocave e insieme controlliamo la verniciatura del serbatoio della Guzzi di Nello che d’ora in avanti potrà vantarsi di avere una parte della moto verniciata in quel di Mandello sotto l’ombra di Carlo Guzzi, mica bau bau micio micio!

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Arriva anche la pausa pranzo e sempre all’Elefante Rosa ci si concede un veloce ristoro, dove veniamo raggiunti dal grande Ettore Gambioli (artefice della scultura di Carlo Guzzi) così posso conoscere anche lui di persona. Lì ci avvicina una signora che vuole complimentarsi con Ettore per la statua, confessandoci che il marito era un grande motociclista e appassionato d’arte e che, dalla vicina farmacia che ha gestito fino a poco tempo prima, ha sempre rimirato l’opera donata da AG così è giusto fare una bella foto ricordo con lei.

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Il tempo passa e si avvicina la partenza di Scintilla che per prima lascia il gruppo, anche per lei una foto ricordo con il Carletto ci vuole!

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Anche per me si avvicina il momento del rientro. A malincuore vado a recuperare la moto e le mie cose che ho potuto lasciare al B&B anche se avevo liberato la stanza, mi vesto e li raggiungo di nuovo in piazza ma stavolta anche con la mia signora. Una ultima foto ricordo, un bacio al Carletto, un saluto a tutti, in ultima riesco a conoscere anche Carthago e poi via verso casa.
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Il ritorno, a parte il mancato funzionamento del telepass in entrambi i transiti, è senza intoppi e arriverò a casa nell’orario che mi ero prefissata.
Sono stati due giorni bellissimi, incredibili, se non ci fossero le foto quasi non ci crederei, penserei ad un sogno ma per fortuna invece l’ho vissuto.
Conoscere di persona alcuni di AG mi ha fato capire ancora di più quanto grande è questa passione che ci unisce, che bello sia sentirsi parte di un gruppo così. Spero di avere occasione di rivedere chi ho conosciuto e di conoscere ancora tante anime con le quali condividere l’amore cosmico guzzista!

Antonella Rossato

Disperato, erotico tour dei Pirenei

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Premessa

Un uomo diventa adulto il giorno in cui una ragazza gli dà del lei.
Ero un eterno adolescente succube di tette e culi che inseguivo libero guidato dagli ormoni sui prati come fossero farfalle.
Ogni generazione ha avuto le proprie donne ideali di riferimento: la Pampanini e la Mangano, la Lollobrigida e la Loren…la mia donna ideale aveva il viso di Gloria Guida, il culo della Cassini, le tette della Bellucci ed il “calore” di Moana…
Entrai in ascensore con la vicina di casa, una ragazza con gli short pari chiappa di ordinanza ed il solito toppino senza reggiseno (siori e siore sta su! magia!). Occhialoni da sole lei, rayban io. Sorrisetto antico e finto il mio, imparato a 12 anni da Tony Manero; atteggiamento autentico-annoiato lei. Tatuaggi tanti lei e pure piercing al naso, sulla lingua e all’ombelico. Io no. Nei venti secondi che ci tengono vicini cerco un argomento di conversazione e le parlo delle ferie e del viaggio che vorrei fare. E lei mi ascolta vagamente interessata. Sono lì che penso ai passi successivi immaginando sviluppi…le solite cose che immaginiamo sempre noi maschietti via…quando lei salutandomi mi fredda con un “Buona giornata Signor Nedo”.
– Ecco vuoi rovinarmi la giornata? Dammi del tu dai!
– E mi scusi ma non mi riesce!
Come non ti riesce? Che vuol dire?
…sì cara ragazza capisco che tuo padre ha pochi anni più di me, ma non sono poi tanti gli anni di differenza su…quanti saranno? Dieci, quindici…
– sono del ’92! -….macché…prendo il cellulare e calcolo la differenza di età…?? No dai…ricalcolo…!!!?!?!
Senza dubbio un limite di anni concretamente invalicabile. In quell’attimo ho capito che era finita…la mia vita.

No, non è corretto, lo sapevo bene che non era ancora finita, perché noi umani abbiamo risorse infinite e pure straordinarie capacità di adattamento (altrimenti non avremmo vinto la sfida col resto degli esseri viventi). Ma era comunque morto un pezzo importante di me in quel “lei”…lì se non sei proprio scemo ed hai un poco di dignità, capisci che è giunta l’ora di …diventare adulto.

E che fa l’uomo adulto? Come si relaziona con l’altro sesso? Bè ho osservato molti di voi di Anima Guzzista ed ho ascoltato molti discorsi “saggi” nelle lunghe serate semi alcoliche ai raduni quando il vino tira fuori dall’anima le Verità…vi ho visti sentenziare con quell’aria di superiorità sotto i baffi imbiancati…
– Sono altre le cose da apprezzare in una donna…
– Come altre? A me le donne sono sempre piaciute per questo questo e questo! Eh! E mi son sempre trovato bene! – ribattevo io.
– Sì ma vedi, non sono poi cose così importanti. Ciò che conta è avere accanto una persona bella dentro, con cui passi volentieri del tempo perché ti è affine, con la quale ci sia una bella sintonia e comunicazione…una donna intelligente insomma.
Ma si sa, la gente dà buoni consigli quando non può dare il cattivo esempio…

…allora ci ho pensato su, ci ho riflettuto un po’. Era indubbiamente arrivata l’ora di cercarla quella donna. Quella intelligente. Oddio in confronto a me anche una scimmia femmina è intelligente, dunque non avrei trovato difficoltà…
Ho cercato su internet le mete per il turismo sessuale intelligente ed ho scoperto che se Thailandia e Cuba sono le migliori mete per trovare le donne tutte tette e culi per adolescenti, le donne intelligenti pare si trovino in grandi quantità…sui Pirenei…

Il viaggio

E così in un giorno assolato del luglio 2016, caricata la moto di tante cose compreso costume da bagno, maschera e pinne, mi accingo ad affrontare il viaggio di trasferimento. Con me un caro amico di infanzia su moto innominabile. Nella mente il traguardo di giornata sarebbe Perpignan a oltre 800 km da casa mia. Tutto fila liscio in Italia dove troviamo poco traffico e voliamo veloci. Poi in Francia cominciano le mie personali peripezie coi caselli autostradali francesi.
Ho combattuto contro i caselli autostradali francesi ed i caselli hanno vinto.
Il fatto è che non ho carta di credito. Ho bancomat e carta di debito. Ma entrambe non funzionano sul suolo francese. Peraltro finisco rapidamente anche gli spiccioli ed i caselli hanno simboli per me sconosciuti e tutte scritte in francese nonostante la Costa Azzurra sia lì, così vicina all’Italia. Sbagliamo caselli avendo più o meno il 20% di indovinare quello giusto per le moto e che accetti pagamenti…in natura! Sì perché ad un certo punto ho pensato pure di pagare in quel modo. Per pranzo ci fermiamo ad un distributorino con annesso un piccolissimo prefabbricato con funzioni da autogrill. Lì due ragazzine da adolescenti (e quindi non mi riguardano più e non vi racconto quindi della quinta di Lucia e degli occhioni azzurri di Marja), mi sorridono e mi porgono il mio toast caldo all’esterno e congelato all’interno. Lo mangio intorno e butto il resto. Beviamo una cosa al volo e ripartiamo. Il sole picchia forte siamo oltre Marsiglia, anzi quasi a Montpellier mi pare. Ad un certo punto il mio amico segue le indicazioni su sfondo verde invece che quelle su sfondo blu. Ma in Francia le autostrade sono indicate in blu. Anche io sono convinto pienamente della scelta e ci ritroviamo a sperderci nella campagna francese alla ricerca di un distributore di benzina possibilmente aperto. Sono in riserva da un po’, ad occhio avrò un ventello di kilometri di autonomia ancora, ma di distributori manco l’ombra. Poi finalmente ne troviamo uno in un posto sperduto. Funziona solo con le carte, ma puntualmente rifiuta le mie. Noto che le pompe hanno le ragnatele. Il mio amico riesce a far funzionare la carta mettendo il codice, ma il distributore non si attiverà. In compenso al ritorno troverà nell’estratto conto una prenotazione di spesa di 128€, che a distanza di un mesetto verrà annullata d’ufficio. Lì vicino c’è un fabbricato industriale ed attaccato ad esso c’è un’abitazione con un orto ed un tipo di una certa età che aggiusta qualcosa. Mi avvicino alla recinzione e attiro la sua attenzione con quelle tre parole di francese che tutti conosciamo ma che non so scrivere correttamente (excusemuà, lejesonfer, rienvaplus, le cocsportif, jesuìcaterinedenev, jenoparlèfransè, silvuplè, l’addisiòn, endotruacatrsencsissetwitnefdis). Dopo di che, mischio italiano, inglese, spagnolo e francese ed il tipo in questione si allarga in un sorrisone e mi risponde in un italiano con inflessione siciliana facendo scattare subito una simpatia e quel calore di casa che in tre ore di Francia avevo già ampiamente perduto. Mi racconta che suo padre era di Noto in Sicilia e che era emigrato lì nella Camargue per lavorare in miniera e che lui lo scorso anno era stato giù a Noto…e così via con la nostalgia dell’Italia che affiorava negli occhi e nel cuore…quando ci si allontana da qualcosa si scopre quanto si ama, quando ci si avvicina si scopre quanto si odia. Ed in effetti l’odio e l’amore sono le facce di una stessa medaglia.
Ci indica un centro commerciale a qualche km da lì che ha una pompa di benzina funzionante.


Poi continuando per statale arriviamo a Beziers dove decidiamo di “fare festa” per il primo giorno. Il sole è sempre alto anche se sono le sette di sera. Troviamo un albergo in un posto periferico. E’ un albergo (di una catena) prefabbricato ad un piano, particolarmente brutto e frequentato solo da uomini di origine nordafricana. Il prezzo per una doppia senza servizi in camera sfiora il trentello a testa con colazione. Vabbè, siamo stanchi, accettiamo e ci sistemiamo. E qua è tutto un programma: la stanza è un loculo per due. Il cesso è praticamente un modulo di plastica nel quale si accende la luce quando entri ma se non ti siedi sulla tazza si rispegne quasi subito. Non esistono bidè o lavandini, c’è solo il modulo doccia anch’esso in plastica che spara un getto stile lager nazista caldo/freddo senza pietà. Non ci sono estrattori di aria o almeno non li vedo. Per chiudere l’argomento dell’albergo vi dirò che la mattina la colazione (al costo di 5€ cadauno) è a “buffet” (ahahahaha) nella stanzetta che fa da reception e consiste in:
dispenser di fiocchi d’avena e altra cosa simile;
dispenser di sostanza bianca probabilmente yogurt;
macchinetta del caffè che butta della brodaglia assortita varia;
gli immancabili succhi di frutta industriali multicolori;
e le classiche confetture di marmellata e burro preconfezionati.
Il giorno seguente, dopo la lauta colazione sopra descritta, riprendiamo il nostro cammino in autostrada per Perpignan. C’è un forte vento bastardo trasversale a raffiche che soffia dalle bocche di Carcassone ed entra nel Mediterraneo che ci fa andare di bolina per chilometri. Mi sporgo dalla moto come fossi su un fly-junior, manca solo il trapezio e darei volentieri anche una mano di terzaroli. In compenso a mente fresca capiamo qualcosa di più dei caselli autostradali francesi, ma all’uscita di Perpignan sono realmente sollevato e felice di non vederli per un po’. Eppoi, comincia finalmente il godimento. O almeno dovrebbe…

Pirenei

…Andorra…

Avevo un itinerario stampato con le tappe, ma l’ho lasciato sul tavolo di cucina. Ma comunque ricordo a grandi linee i nomi dei paesi e dei passi da fare. Quindi, con l’aiuto del navigatore del mio amico, ci mettiamo sulla D117 per Maury. La giornata è tiepida e c’è il sole, ma il vento ci tiene freschi. Arriviamo al paese di Saint Paul de Fenouillet e cerco e trovo le indicazioni per le Gourges de Galamus. Il luogo è fantastico con questa strada stretta sullo strapiombo scavata nella roccia. Ci sarebbe anche un eremo (L’Hermitage Saint Antoine) da visitare interno alla roccia stessa, ma romba il cielo e si avvicina minacciosissima una perturbazione. Letteralmente scappiamo ventre a terra sui nostri cavalli di acciaio (epico eh!) inseguiti da tuoni e saette e pezzi di ghiaccio. Siamo più veloci del vento che ci soffia alle spalle.


Tornati sulla strada principale proseguiamo in direzione ostinata e contraria alla ricerca del Col de Pailheres…ma il cielo è sempre più nero e le nubi ci corrono incontro. Si fa scuro. Mi fermo e propongo l’unica idea sensata che ho avuto in quei giorni: l’inversione del senso del giro. Quindi ritorniamo indietro a Perpignan e puntiamo Andorra. Inseguiti dalla pioggia.
Imbocchiamo la n-116 da Perpignan per Andorra che nella prima parte è una superstrada, poi inizia una bella strada che sale con asfalto buono lungo laghi e fiumi e rocce. Salendo però cala la temperatura e mi ritrovo ad indossare pure la tenuta da pioggia per il fresco. Va detto che sono equipaggiato con abbigliamento prettamente estivo ma in compenso ho maschera e pinne con me…entriamo dai Pirenei orientali nei Pirenei della Catalogna e le bandiere a strisce orizzontali giallo rosse si sprecano…sui terrazzi, appese agli edifici pubblici, sulle torri e sui ruderi. Passiamo il Col de Puymorens a 1915 metri e fa freschino. Il paesaggio circostante è il tipico da stazione sciistica invernale con colpo di coda estivo. Prima di Puigcerdà giriamo sulla n-20. Il cielo è scuro e saliamo per il Pas de la Casa 2405 metri dal quale scendiamo ad Andorra La Vella. Sto dando una lezione di guida in salita a due customisti britannici quando la mia bella si mette a fare qualche capriccio di troppo. Ci sono 4 gradi in cima al passo e già mi immagino a cercare un meccanico che capisca qualcosa di Guzzi e penso che in fondo potrei pure seppellirla qua e tornare in nave via Barcellona. Ma l’amore vince e la mia bella riprende a funzionare decentemente.
Più sotto c’è un bel sole ed il cielo si è completamente aperto e la luce è quella vivida del tardo pomeriggio che qua ad ovest dura a lungo ma siamo in una conca e ben presto farà scuro. Ci fermiamo in una frazione di A.LaVella in un albergo in centro. L’albergo è decente appena un po’ da rimodernare per le rifiniture e gli arredamenti, ma molto migliore del prefabbricato francese della sera prima. Ci danno una camerona enorme con bagno completo ed in muratura al quinto piano. C’è anche un bel terrazzo fiorito che dà sul Pas de la Casa. Un buon panorama. Al costo molto contenuto di 27 euro a testa compresa colazione che si rivelerà vera ed ottima colazione da albergo medio italiano. Al quinto piano non arriva la wi-fi, allora dopo un lungo bagno, scendo nella hall per tenere qualche contatto via internet. E mi siedo in una poltrona che dà sotto una scala. L’avessi mai fatto! C’è un gruppone di ragazzi e ragazze francesi in una sorta di gita o di “campo estivo” ed era tutto un via vai di ragazze semi vestite per “uomo adolescente” che mi hanno letteralmente schifato. Ufff che palle! Sto cercando la donna intelligente e mi ritrovo circondato da ragazzine dalle gambe lunghe e tornite e dai culi di marmo. No, così non va.

Usciamo a cena sul tardi pensando che gli orari fossero più spagnoli che francesi ed invece in giro c’è pochissima gente ed i locali recano scritto come orario di chiusura 22,30 o 23,00. Minchia. Mangiamo qualche crepes assortita bevendo un par di bottiglie di birra spagnola a testa e poi la splendida padrona del locale, una tipica donna molto intelligente e peraltro fisicamente uguale uguale a Maga Magò, ci butta fuori. Gironzoliamo un po’ in giro nel fresco della sera. C’è un bel centro sportivo con campi da tennis ed un curatissimo campo multiuso (calcio, rugby, calcetto…). Sotto c’è un piccolo capannello di persone intorno ad un ragazzo che firma autografi su magliette. Più in là un set fotografico di una nota marca sportiva. Andorra, essendo paradiso fiscale, è residenza di molti atleti dal calcio, al ciclismo, al tennis. Chissà chi era quel ragazzo. Camminiamo fino a tornare al nostro albergo, passando davanti ad un museo dell’auto purtroppo chiuso. Ad Andorra la benzina costa 0,9 euro al litro, non si pagano tasse ed ho visto tante belle auto di lusso… In albergo mi rimetto su internet in un’altra poltrona che dava di spalle alla famigerata scala…ma stava di fronte ad una porta che andava nel seminterrato. E nel seminterrato c’era la Spa o beauty farm dove una parte del gruppetto delle ragazzette francesi con qualche loro coetaneo, si era data appuntamento per un party clandestino ed era tutto un via vai di ragazzine in pigiamini o pantaloncini e magliettina tutte chiaramente in fuga dai propri letti. E sono affiorati ricordi dolci ed amari dei miei ventanni…ero in settimana bianca con amici…la sera mentre gli altri riuniti chiacchieravano e rollavano di nascosto in un salone, facevo finta di andare a letto e aspettavo Alessandra nel buio di camera mia. Poco dopo lei entrava di soppiatto ad accordare i nostri corpi in incontri clandestini interminabili…Ho pregato sette divinità differenti per trasformarmi in un brufoloso ventenne per scendere giù con loro. Come effetto ho ottenuto due rughe in più intorno agli occhi…per l’invidia!
Torno in camera e mi addormento con un modesto giramento di coglioni.

…Spagna…

Il giorno dopo, la colazione è degna di un campione a parte l’espresso alto cinque dita che la donna intelligente della reception mi prepara. Lei è carina ed affabile e per la prima volta riuscirà a far funzionare il mio bancomat. Pago il conto e via verso la Spagna.
Ed è una giornata fantastica: sole e fresco insieme. La strada è memorabile e non scende mai di quota. Asfalto quasi ottimo e tracciato veloce e divertente. Paesi spagnoli particolari e solari e paesaggio più selvaggio e più da far west. Spazi ampi e deserti, torrenti e laghi si alternano a grosse collinone. Morale alle stelle. Ci divertiamo ed attraversiamo luoghi particolari e più caratteristici.
Passiamo Gerri de la Sal e puntiamo Pont de Suert entrando nel Tunel de l’Argenteria. Rocce alte ai lati e rapaci in volo, mancano solo gli indiani in cima ai monti. Passiamo il Port de la Creu de Perves ed il col de L’Espina e ci fermiamo a pranzo in un locale “La Morera” a Castejon de Sos sulla route n-260. Il locale si auto definisce “sport tavern” (sono tutti luoghi di montagna dove si fa arrampicata, trekking, sci, motocislimo, ciclismo, rafting, parapendio etc etc…) ed ha attaccati al muro foto in bianco e nero e poster di antiche gare motociclistiche oltre a molte altre cose vintage. Tra queste un cartellone pubblicitario in legno con un orologio vero incastonato dentro che fa la reclame al mondiale di calcio 1966 con “commento italiano di Nando Martellini”. Chissà dove lo hanno trovato. La padrona di casa è una bella donna intelligente. Ed esperta. E simpatica. Ed aperta. E spagnola. E mora. E tatuata. E vissuta. Non ci capiamo molto a parole ma sono convinto che se mi fermassi qua forse…ingrasserei! Ordino nachos e mi porta un piattone enorme di roba pesantissima che manco Bud Spencer e Terence Hill insieme sarebbero riusciti a finire! Ma il suo locale lo fotografo e me lo segno. Andateci, tra l’altro sono posti incantevoli ed ho visto uscendo che è pure ostello, o cosa simile, a prezzi interessanti.
La giornata è magnifica e fresca. Ripartiamo e ci troviamo in un canyon a passare lungo un torrente con la strada scavata nella roccia. Poi continuando su strade davvero piacevoli e veloci, risaliamo su un lungo passo il Collado de Foradada in Aragona, dove c’è un non meglio identificato monumento strano fatto di lance che spuntano dalla terra. Allora c’erano gli indiani qua eh! Poi scendiamo lungo un lago e proseguiamo direzione Sabinanigo sotto il monte Perdido. Poi decidiamo che Jaca sarà la tappa della sera ed il punto più a ovest del nostro giro. In realtà discutiamo se proseguire fino al mare al golfo di Biscaglia che dista circa 130 km, ma le bizze della mia moto, i pressanti messaggi su whatsup di donne varie e le previsioni del tempo dei giorni successivi, ci fanno decidere di rispettare il programma iniziale e tornare indietro dal lato francese.


Jaca ci accoglie alle sette di sera nella luce più piena. E’ un paese molto vivace e popolato da turisti. Troviamo un buon albergo al prezzo di 54€ la doppia senza colazione ma con garage per le moto. Anche qua stanza enorme e bagno degno di un appartamento di buon livello. All’ora di cena ce ne andiamo a piedi per il paese che c’è ancora parecchia luce. Centro del paese vivo con negozi di vario tipo aperti fino a tarda notte. Ciudadela de Jaca- piccola fortezza con fossato di prato verde abitato da un cervo giovane o da daino o da animale simile che viene sotto la passerella ad attendere che i turisti gli gettino qualcosa da mangiare. Pratone esterno della Ciudadela (o Castillo de san Pedro) popolato da gruppetti di giovani sdraiati al sole chi con libri, chi con le cuffiette, chi impegnato in smantrugiamenti adolescenziali, in attesa che il sole cali. Giriamo alla ricerca di un locale dove mangiare ma è troppo presto per le loro abitudini. Si forma una banda musicale sotto il Comune. E’ una (azzardo io) marching band che rallegrerà le strade. Dopo un po’ scegliamo un ristorante in una zona periferica un po’ fuori dal centro turistico. E scegliamo bene. Per vari motivi: è frequentato da locali e si mangia caratteristico; si spende poco; c’è una cameriera fantastica (almeno per me). Da che parte cominciamo? Dalla paiella? Dall’insalata di pollo? Dalla birra? Dai 20 euro a cranio? No partirei e finirei con la cameriera. La ragazza ha gli occhi blu, carnagione chiara, capelli neri raccolti, viso angelico ma sguardo vivo. Ci sistema in un tavolo di passaggio…il suo passaggio! Ha un culo della madonna dentro i leggings neri e leggeri che risultano trasparenti. Con filo interdentale tra le chiappe. Uno di quei culi che Madre Natura ha disegnato nella esatta forma e dimensione da essere abbastanza grossi senza essere eccessivi, da essere tondi ma non tondissimi. Con quelle leggere imperfezioni che indicano una tendenza a straboccare ma che ancora non strabocca. La tipica forma di culo che la Natura ha disegnato, prima nel tuo cervello a mò di imprinting e poi nel corpo di lei perché tu abbia l’impellente necessità di un amplesso. Furba la Natura eh! A lei interessa solo perpetuare la vita, del resto non gliene fotte nulla. La ragazza mi passa su e giù sotto il naso. Mi si ferma accanto a prendere le ordinazioni. Ho fame. Potrei morire strozzato. Mi prendo tutti i rischi possibili. Rischio fino all’ultimo ma porto a termine la cena malgrado lei. Lei non è una donna intelligente o se lo fosse la cosa sarebbe del tutto secondaria (sempre per la Natura dico eh). Sua madre invece che sta in cucina, la guardo dalla porta di ingresso. Ogni tanto viene in sala. Ha polpaccioni importanti ed un seno maturo. Mi sorride quando passa. E’ indubbiamente intelligente. Ma io, preferendo la figlia, fuggo.


La banda cammina suonando nelle strade strette del borgo tra le braccia della piccola folla di turisti. Coppie di varia età siedono ai tavolini all’aperto dei locali con birre ed altri alcolici davanti a sé. Anche stasera ho qualcosa nel gozzo…pare un ovosodo che non va né su né giù…la cameriera mi ha sconfitto definitivamente nei miei buoni propositi?
Nel frattempo, noi non lo sappiamo, un’emerita testa di cazzo con un camion stende turisti su un lungomare famoso.

…Francia…

Ricarichiamo le moto e partiamo alla volta del Col du Somport. Fa freschino nonostante il sole ed il cielo azzurro. Abbiamo letto della tragedia di Nizza ed il ritorno in Francia porta con sé più di un velo di tristezza e penso che anche il mio racconto ne risentirà dato che è un po’ lo specchio delle sensazioni vissute. La strada che porta al Col du Somport è bella e lo spettacolo della natura straordinario con questi monti rocciosi con la neve in cima e questi torrenti frizzanti a lato della strada. Su in cima c’è quella che una volta era la dogana. Questi edifici semi abbandonati sono un retaggio di quando l’Europa non era unita, ma comunque mi mettono tristezza. Mi piacerebbe trovare su un comitato di accoglienza francese che mi desse il benvenuto in amicizia. Invece è tutto deserto e semi abbandonato. Si entra e si esce come se nulla fosse. Forse oggi sarebbe più logico trovarci la gendarmerie in stato di guerra. Scendiamo in Francia lungo una strada boscosa dove fa veramente freddo ed io non ho altro da mettere. Ma scendendo la temperatura sale. Siamo nei Pirenei Atlantici. I panorami sono più rigogliosi di verde e più mono-toni, somigliano molto alle parti basse delle nostre Alpi. Abbiamo in mente tutta una serie di passi francesi alcuni tipici del Tour de France. Il primo è il Col de Marie Blanque. E’ più un altipiano boscoso che un passo di montagna come peraltro molti altri che faremo. Si raggiunge per una strada stretta veramente secondaria che gira in mezzo alla natura e sale poco alla volta. Tanto verde intorno. Varie case di boscaioli con animali vari. Su c’è un immenso pratone dal quale partono vari sentieri da trekking per le cime lontane.

Sono posti da ciclisti più che da motociclisti. Poi proseguiamo a cercare il Col d’Aubisque. Siamo sempre nei Pirenei Atlantici. E qua si gode! Finalmente si sale tra spunzoni di roccia innevata e tornanti di montagna che io personalmente adoro. Sono agile come un giaguaro col mio California sui tornanti. Più agile di molti moto- turisti che a momenti si mettono a far manovra. (Come a dire che dipende dal pilota e non dalla moto -sorrisetto compiaciuto). Il Col d’Aubisque cui segue subito il Col du Soulor, è una sorpresa. A metà della salita all’altezza di un ristorante situato in cima ad uno strapiombo, c’è uno stormo(decine e decine) di rapaci in caccia che è uno spettacolo. Ci fermiamo a fare foto e video che purtroppo renderanno meno di un decimo di quanto abbiamo percepito coi nostri occhi umani. Eppure il mio amico ha un cellulare fotonico ultima generazione. Comunque mai vista una cosa del genere. Non sono un ornitologo, non so se erano aquile o falchi. So solo che era fantastico. Ripartiamo con ancora l’emozione nel cuore. Più su arriviamo al passo. Tre enormi biciclette colorate accolgono gli intrepidi che fanno l’impresa di salire in bici. C’è chi fa la foto sotto di esse appoggiandoci la propria bicicletta. C’è pure chi si arrampica sulla sella di quelle enormi. Lì capisco, che nonostante tutto, noi in moto lassù siamo il contorno, la tappezzeria dello scenario. Ma sono proprio contento di fare da spettatore.

La stessa sensazione proverò poco dopo sul mitico Tourmalet. Lungo la discesa arriviamo ad un paese e ci fermiamo in un locale con tavolini all’ombra lungo la strada. Comincia a fare caldo e gradualmente ripongo il vestiario nelle borse. Panino e bevuta analcolica e poi avanti ancora verso il Tourmalet. Siamo entrati negli Alti Pirenei nel Parco Nazionale des Pyrenees. A fondo valle scorre un fiume trasparente. I cartelli per i ciclisti raccontano che il passo è lungo 14 km per un dislivello di 1060 m con pendenza media del 7%. Di cartelli simili sono pieni tutti i Pirenei francesi. Lo spettacolo delle strade è meraviglioso. In cima al passo c’è un monumento al ciclista e varie targhe che ricordano imprese memorabili per gli appassionati. Il panorama è fantastico come sempre con gli spunzoni di roccia tutto intorno. Ci facciamo una lunga pausa. Compro due magliette souvenir per i nipotini che costano un occhio.
Poi scendiamo con l’idea di raggiungere Bagneres de Luchon di nuovo al confine con la Spagna. Per arrivarci passiamo dal Col d’Aspin e dal Col de Peyresourde dove entriamo in Alta Garonna.
A Bagneres de Luchon ci sono tante strutture ricettive. Ce ne sono anche parecchie in malora abbandonate. Doveva essere e lo è ancora in buona parte, un posto a forte vocazione turistica. Troviamo posto in un “castello” lungo il fiume Luchon. Ci sistemano in cima ad una torre. 79€ la doppia senza colazione. La stanza è bellissima. Il bagno è grande ma trascurato. Tubi a vista e mattonelle spezzate. Peraltro la doccia è un modulo di plastica posto stile cabina telefonica di lato scostato dal muro con dei tubi volanti. La scala per arrivare su in camera è in legno tutta sbilenca e tremolante. Nessun ascensore. Dubito che sia a norma! In città un albergo del genere chiuderebbe in tre giorni (almeno dalle mie parti). Comunque il posto è bello. La “maison”, o meglio la villa, ha un accesso davanti in ghiaia e di lato pratoni con tavolini e sdraio. Sul retro la dependance anch’essa locata. Scarico moto, sistemazione e doccia e poi subito a piedi in paese. C’è vita. Parecchi turisti. Gironzoliamo ma la gente è già a tavola. Che buffa cosa questa. In 50 km in linea d’aria cambiano gli orari della cena. Stavolta scegliamo un posto turistico e caschiamo bene lo stesso. Non ricordo cosa si mangia, mi pare costolette d’agnello. E’ un mega piatto unico che soddisfa il palato e lo stomaco. Poi un dolce troppo stile francese l’isola galleggiante (ile flottante), una meringona sguazzante in una bacinella di crema liquida. Comunque buono. Poi ci sediamo ai bordi di un alta aiuola nella piazza principale. Turismo familiare soprattutto. Alcune bambine ruzzolano sui loro skateboard. Un piccolo di massimo due anni seguito dal padre viene a discutere con noi di ciucci e pappe. L’aria è rilassata…nonostante tutto…


Si è fatta una certa ed abbiamo come sempre, x-centinaia di km sul groppone e 8/9 ore giornaliere nette di moto. Mentre rientriamo capitiamo davanti la maison du maire, insomma il Comune di Bagneres d.l. Hanno allestito tutto uno scenario per il Tour de France che ha fatto tappa qualche giorno prima in quel paese. Sul terrazzo del Comune ci sono 4 personaggi cartonati in bicicletta con le maglie tipiche dei leader delle classifiche de la Grande Boucle. Tutto intorno dei quadri appesi al palazzo, ricordano le precedenti volte che il Tour ha fatto tappa lì, con foto del vincitore dell’epoca. Un italiano solo nel 1910 un “certo” Bottecchia.

…ancora Spagna e di nuovo Francia…

La mattina dopo, caricate le moto, cerco di pagare il conto col bancomat, ma non ci riesco. Noto però che l’interlocutore francese medio non ha generalmente alcuna voglia di ammattire. In Spagna in un paio di distributori di benzina, avevano trovato il modo di farlo funzionare utilizzando un altro lettore di badge. Sono perplesso che in Francia non funzioni il circuito Pagobancomat-Maestro. In effetti di lì a poco (a pranzo), troverò l’unico francese (d’importazione peraltro) in un posto sperduto che riuscirà a farmi pagare col bancomat in Francia.
Usciamo dal cancello del castello e subito a sinistra c’è la strada che sale verso la Spagna dal Col du Portillon. E’ uno sconfinamento strategico al fine di rifornimento a costo minore e pure per fare una colazione decente in un bar di Bossost. Al confine con la Spagna troviamo a sorpresa la Guardia Municipal a controllare chi passa. Appena li vedo, sollevo la mia visiera nera e mi fanno cenno di passare. I luoghi sono fantastici e dopo aver rifornito e colazionato, due daini ci traversano la strada abbastanza improvvisamente e scompaiono nel lato opposto nella boscaglia. Puntiamo al Col de Mente e ci arriviamo presto. E’ poco più di un colle di boscaioli nel verde dove c’è una bella fontana di legno intarsiato. Riempio le mie borracce d’acqua fresca. Poi ci dirigiamo al Portet d’Aspet. E qua cominciamo a divertirci molto meno perché la strada che sarebbe pure bella come tracciato è piena zeppa di “gravillon”…brecciolino. Col de Portel e Col de la Crouzette sono strade strette dentro la boscaglia. Certamente piacevoli ma non propriamente motociclistiche. Però mentre salgo vedo davanti a me un animaletto curioso e mi fermo spegnendo il motore. E’ più grande di uno scoiattolo, con una lunga codona pelosa. E’ nero e bianco col musino un pochino schiacciato e due occhi grandi. E’ curioso. Quando mi sente e mi vede arrivare prima scappa, poi torna indietro sul ciglio della strada per vedere. Non faccio in tempo a fotografarlo. Sarà stata una puzzola? Boh. Però simpatica. Sgattaiola via nel verde ed io resto un pochino ad aspettare sperando che torni. Aveva altro da fare evidentemente. In lontananza le montagne alte innevate. Siamo nei Pyrenees Ariegeoises.

C’è una mega carta che descrive le montagne che si vedono davanti. Scopro che in buona sostanza dall’altra parte c’è già Andorra. Puntiamo al Col de Port proseguendo sulla D618 per arrivare a Tarascon sur Ariege. Pausa pranzo in un locale fuori Surba. E’ un bar di campagna parecchio alternativo, con dentro un palco e degli strumenti. Immagino che la sera suonino e facciano un bel casino. La solita mezza baguette con jambon e fromage. Siamo bassini ed il caldo è aumentato mentre il gravillon ha continuato a perseguitarci fino lì. Da Tarascon cerchiamo l’ultimo passo che abbiamo in mente nel nostro percorso: il col de Pailheres che era il primo della lista. Saliamo su una buona strada in un panorama aperto. I monti sono morbidi ed in cima al passo ci sono una mandria di cavalli bellissimi dalle lunghe code e criniere bionde, tozzi e palestrati mi ricordano i surfisti delle mie parti. Mi domando se anche loro si ossigenano e vanno a fare le ripetute in palestra… Peraltro il pelo marrone ambrato ricorda un po’ l’abbronzatura. Sono belli eppure buffi e si rotolano sull’erba. Ognuno ha un campanaccio al collo e si sente solo il loro suono. Dovrebbero essere cavalli bretoni o simili. Parcheggio la moto di lato e faccio foto. Ad un certo punto uno stallone si avvicina alla mia moto e lì per lì temo che me la ingroppi…ehi cavallo! Guarda che hai fior di giumente intorno (beato te!), lascia perdere quel pacco di metallo cellulitico della Guzzi. Lo stallone è curioso ma non è scemo. Prendiamo a scendere che non sappiamo ancora dove ci fermeremo. La strada per scendere è strana: parecchi tornanti per un crinale con poca pendenza. Comunque in uno di questi tornanti un’altra ampia famiglia di questi cavalli sta bivaccando tranquillamente riasfaltando con la merda la strada. Piego con cautela eh…


Siamo alla fine del giro tornati nella zona dei Pirenei orientali e si vede il mare all’orizzonte e ci fermiamo per decidere il da farsi. E’ metà pomeriggio e decidiamo di scendere a Perpignan e buttarci in autostrada e di andare finché ce n’è. Rifacciamo la strada D117 e a Perpignan ci buttiamo in autostrada direzione Narbona.

Parentesi Brassens

Lungo l’autostrada prima di Montpellier vedo un’indicazione che mi avvisa della presenza di un parchetto tematico dedicato a George Brassens nella successiva area di sosta. Faccio cenno al mio amico e ci fermiamo un po’ lì. Giro per il parco a fotografare la statua del cantautore francese ed i versi delle sue più famose canzoni stampate su fogli di blocco notes giganti.
Attenti al gorilla.

ritorno

Montpellier ci ospita per la notte. Altro albergo di plastica prefabbricato di altra catena francese al costo esoso (per il servizio offerto) di 65€ senza colazione. Cena di carne a ristorante della catena Buffalo Grill.
Mattino pronti via. Autostrada. Abbiamo imparato come fare e diventa tutto più facile. Le autostrade francesi sono belle. A tre corsie. I francesi guidano bene. La prima corsia più a destra è per chi va piano. Ma nessuno va veramente piano. Minimo fanno 90 km/h. La corsia di centro si usa per sorpassare, la terza corsia si usa per sorpassare nel caso ci siano due mezzi più lenti (tipo due camion) che si sorpassano. Inoltre nella terza corsia mai o quasi mai c’è qualcuno che va più dei 130 km/h. Esattamente l’opposto di quanto accade in Italia dove in genere ci sono due sole corsie ed in quella lenta trovi idioti a 60/70 all’ora e in quella di sorpasso teste di minchia sopra i 150 che ti fanno i fari anche se sei in sorpasso a 135. Però le autostrade francesi da un casello all’altro si trasformano in superstrade, circonvallazioni di città e si perdono le indicazioni su sfondo blu. E’ come se fossero dei fiumi che si intombano e poi riemergono qualche chilometro più in là. Non perdere mai la pazienza e la speranza è fondamentale. Basta proseguire dritto per la direzione principale e ricompaiono le indicazioni a sfondo blu dell’autostrada. Peraltro costano sensibilmente meno soprattutto per le moto: da Perpignan a Ventimiglia circa 30€. Da Ventimiglia a Livorno 48€. L’unico vantaggio è pagare tutto insieme invece che a rate.
Nella corsia in direzione opposta alla nostra c’è molto traffico e sembra intensificarsi mano a mano che ci avviciniamo a Nizza, come se la gente se ne andasse tutta via. All’ultimo casello della zona della Costa Azzurra, metto le monete ed il casello me le risputa. Chiamo la casellante che mi risponde “Cheschè vu combinè?” Io ormai sicuro ed esperto rispondo come mi viene “Nada de nada! It refuses my coins! (Fuck You)” After ten minutes…dopo un po’ arriva questa donna rotondetta dal viso obiettivamente simpatico e giulivo, con due polpaccioni rosei come prosciutti, certamente una donna intelligente con la quale potrei pure metter su famiglia… no famiglia no, una relazione in Costa Azzurra, una liason pornographique! chissà. Lei prende le mie monete e prova pure lei pensando che io sia completamente idiota. Ma il casello per fortuna gliele risputa. Allora gliele deposito in mano e me ne vado chiudendo definitivamente con i caselli francesi e con le donne intelligenti!

riepilogo

Dati da navigatore: 2.854 km per 44 ore di guida.
Rispetto al progetto originario non abbiamo fatto un paio di passi dal lato spagnolo che avrebbero dovuto portarci da Ripoll a Cap de Creus (ecco il motivo di costume, maschera etc…).
Il lato spagnolo motociclisticamente mi è parso più divertente e veloce. Ed anche più particolare come paesaggi. Il lato francese è più simile alle nostre Alpi ed è il paradiso vero del ciclista peraltro l’asfalto è mediamente peggiore e molti passi minori, col senno del poi, li avrei evitati. Senza dubbio sì, al Col d’Aubisque e sì al Tourmalet. Dovendo rifare un giro del genere, mi studierei un percorso a “stella” con base ad Andorra per sfruttare a pieno il costo della benzina a 0,9.
Di donne intelligenti i Pirenei sono pieni, anzi mi sono sembrate un po’ tutte molto intelligenti. Forse è dipeso dal non parlare la stessa lingua…capire non rende felici…
…il corpo trascina per mano la mente lungo il cammino che porta alla vecchiaia.

più o meno questo giro

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Nedo

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