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Quat-D

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di Iko

 

Chi non si è mai dilettato a pensare come modificare gli scarichi della propria Guzzi? Corti, a sigaro, a salame, aperti, due in uno, in titanio, in carbonio, ecc.
Quale migliore occasione quindi di una visita a chi gli scarichi della Guzzi li fa da una vita per togliersi qualche dubbio…
Il soggetto in questione si chiama Quat-D, un’azienda di Trino Vercellese che produce scarichi per le Guzzi (e non solo) da più di 15 anni. L’azienda è stata creata da Domenico Dotta e Danilo Demichelis, (infatti Quat-D non vuol dire altro che “quattro d” in piemontese, come le loro iniziali).

L’intervista, ma sarebbe meglio dire chiaccherata a ruota libera, è con Domenico.
Domenico è disponibile e pieno di sorprese: appassionato corridore in moto, ma che non gira su strada, appassionato di Guzzi al punto di sviluppare scarichi da corsa al fianco di Guareschi nel campionato Naked ma che non ne ha mai posseduta una. Insomma, una bella gatta da… intervistare.

 

D: Come nasce Quat-D? Quando avete iniziato a lavorare sui prodotti per la Guzzi?

R: Abbiamo iniziato praticamente subito: nell’84 siamo nati come squadra corse senza scopo di lucro. Abbiamo corso fino al ’99.
Ho fatto tutta l’epopea dei Supermono. Nell’85/86 correvo con una Bimota, La mia prima gara l’ho fatta nel ’79 con un’Honda Four, derivate serie. L’apice della mia carriera l’ho avuto all’inizio degli anni 90. Perchè nel ’90 sono arrivato sesto nell’italiano con una Husquarna, telaio Golinelli. Nel ’91 con i fratelli Vertemati ero semiufficiale Husaberg. Io ho fatto la moto e loro mi davano la meccanica. Fresca e rigenerata ad ogni gara. Nel ’92 sono stato ufficiale Mondial che correva col motore KTM. Dal ’93 in poi la categoria è finita nell’oblio.
Abbiamo iniziato a importare dei pezzi dall’estero, un po’ di tutto, anche una ventina di telai Harris dall’Inghilterra che venivano usati per allestire le motociclette da TT1 -il campionato si chiamava così all’epoca- poi abbiamo importato pezzi speciali dall’ americana Action 4, pistoni, piattelli, cambi, valvole, ecc.
Abbiamo poi importato, sempre dall’ Harris, qualche impianto di scarico e ci siamo detti: questi riusciamo a farli anche noi… Ed è nata così.
Da subito, tra le prime cose che abbiamo fatto, abbiamo fatto le Guzzi. Abbiamo delle foto dove nell’87 avevamo praticamente la gamma completa dei 2in1 per i Guzzi dell’epoca: Imola, Lario e tutta la serie LeMans, con l’uscita a sinistra perchè volevamo il cardano in bella vista a destra, e poi si stava molto più attillati con lo scarico a sinistra che a destra.

Erano così pesanti anche all’epoca gli scarichi originali Guzzi?

Sì, perchè erano dei tubi coassiali come PURTROPPO ho visto che continuano a fare: ho provato recentemente la Breva che mi è piaciuta -tantissimo- da guidare, è veramente bella. Ha il collettore anteriore con i tubi coassiali: questo sì ha il vantaggio di rimanere bello esteticamente però sono pesanti e soprattutto hanno un foro all’interno molto piccolo.

Che fa un po’ da tappo…

Fanno un po’ da tappo. Tra l’altro presto inizieremo lo sviluppo di uno scarico apposta per la Breva.
E’ un sistema un po’ obsoleto secondo il mio punto di vista.
Senza contare che col tempo uno magari non se ne accorge ma il tubo interno marcisce, deteriora, si staccano i pezzi e vanno ad otturare il silenziatore che potrebbe essere ancora buono. Queste sono le controindicazioni… E poi sono pesanti, pesanti! Perchè la matematica gli dà torto: hai 4 collettori invece di due.

Ma perchè nell’87 fare gli scarichi Guzzi? Cosa voleva dire?

Per uno che nell’87 ha fatto il 2 in 1 per il Guzzi 1000? Avere la passione, perchè tutti mi dicevano “guarda che commercialmente non sarà un gran affare” e invece le ho fatte.

Quante?

All’epoca, all’inizio, qualcosa si era fatto, ma poi la cosa aveva seguito l’andazzo del mercato della Guzzi: si era arenato miseramente subito. E le marmitte che facevamo noi ti assicuro che finivano tutte all’estero.

Con Guareschi come vi siete trovati?

Siamo in ottimi rapporti. Ci conosciamo da tempo immemorabile.

Come avete incominciato a collaborare per fare la moto da gara?

Ci ha telefonato e noi non ci credevamo… Pensa che mi ha telefonato lui. Siccome ho corso tanto, quando lui stava iniziando io stavo finendo e c’eravamo conosciuti in pista: avversari in gara.

Chi andava più forte? 😉

Subito Lui… (con sofferenza, NdR)

Subito…

Si… (soffre, NdR). Lui è arrivato a fare gare al mondiale, cioè… Ci sarà stato un motivo…

Molti pensano che senza di lui il V11 non avrebbe dato certe prestazioni.

Senz’altro loro hanno raggiunto un livello incredibile di sviluppo.

Si era interessata anche la Guzzi direttamente?

No, anzi… ho proprio una cosa da dire riguardo a questo: sono molto rammaricato di non avere ricevuto neanche una telefonata subito dopo l’ultimo campionato Naked. So che la Guzzi ha presentato un kit con coppia di scarico, eprom e pedaline corte dicendo che sono marmitte collaudate nel campionato naked: e allora noi cosa abbiamo fatto? Noi con Guareschi sì che le abbiamo testate per davvero girando in tempi incredibili!
Il mio grosso rammarico è di non avere ricevuto nemmeno una telefonata… Non è che volessi a tutti i costi fare le marmitte per la Guzzi, però una telefonata, almeno una presa di contatto, doveva esserci e poi contestarmi eventualmente tutto quello che volevano.

Ma loro da chi hanno avuto l’esperienza? Le loro marmitte sono identiche alle vostre?

No no, sono anche brutte e dozzinali, anche se questo non lo dovrei dire io che sono di parte.
Non all’altezza di come dovrebbe essere una marmitta kit “testata”.
Noi abbiamo seguito tutto il campionato e quelle marmitte lì forse le ho viste far provare una volta e basta, mentre noi abbiamo fatto tutto il campionato.

Quelli che stanno correndo adesso cosa usano?

Nemmeno Sotgiu che corre con la Ghezzi e Brian corre con quelle marmitte lì… Le ha di altri, non mie, ma non quelle. Ognuno poi corre con quello che vuole.
Sono usciti con queste marmitte dicendo di aver fatto chissà quali studi, chissà quali ricerche… Nessuno li obbligava a correre con le mie marmitte, però una telefonata per dire : “visto che voi le fate”…

Un’opinione…

Un’opinione, sì, la potevano chiedere, se poi non ci si mette d’accordo, ognuno per la sua strada. Il grosso rammarico lo hanno avuto anche i Guareschi: dopo essersi sbattuti tutto l’anno…

Insomma i rapporti con la Guzzi di adesso non sono il massimo… Però con l’assunzione di Ghezzi hanno dimostrato di essere abbastanza attenti a quello che succede all’esterno.

Bravi! Spero che porti frutti… Infatti la Ghezzi & Brian si è accorta di noi. Ci ha consultato.
Adesso siamo fornitori (da Dicembre, NdR) del primo equipaggiamento della Furia, loro sono i nostri rivenditori esclusivi in tutto il mondo.

E’ questo il motivo per cui siete aumentati di prezzo…

Noi abbiamo i nostri prezzi, logicamente i prezzi finali adesso li decide Ghezzi e Brian.

Tornando agli scarichi: gli originali Guzzi dicevamo che sono pesanti, hanno il doppio tubo che fa tappo…

Solo la serie piccola, Il tuo V11 per esempio non ha il doppio tubo.

Altri difetti che trovi negli scarichi originali? Nel V11 per esempio?

Non è uno scarico fatto male.. Prestazionalmente non va male… E’ solo molto pesante, anzi è anche gradevole da vedere. Mi fa strano che ce ne sia uno maledettamente più largo e uno stretto. Al limite potevano stare un po’ più staccati con quello di sinistra. A destra sei obbligato a stare largo per colpa del cardano. A sinistra no. E soprattutto ce n’è uno più alto e uno più basso. Su tutte quante…

Avete provato i vostri scarichi al banco?

Sì, ce li ha provati tutti Guareschi. Le curve le ha tutte lui: era abbastanza geloso di queste cose.
All’inizio siamo partiti subito col sogliola. Perchè volevamo fare qualcosa di diverso, di molto attillato, però poi lo abbiamo dovuto accantonare per problemi di regolamento. Avevamo pensato anche di fare la “furbata”: di fare due finti silenziatori, due cose finte che non passasse nenche l’aria… Poi avevamo abbastanza grane ed abbiamo sviluppato la Vittoreplica.
L’abbiamo sviluppata modficandola 6 o 7 volte fino ad arrivare al massimo delle prestazioni.

Su cosa avete lavorato per migliorare le prestazioni?

Abbiamo cercato di migliorare l’erogazione, l’accelerazione fuori dalle curve. Non è che non si riesca a trovare cavalli.

Quanto pesa un Vittoreplica?

70% in meno dell’impianto di serie. D’altronde è facile, basta usare il titanio…

Invece la sogliola?

La marmitta a sogliola non fa guadagnare nanche un cavallo, in alto. La rende fluidissima ai bassi, con tanta erogazione, tanta coppia. La marmitta sotto al motore, che si chiama ‘ExBox’, soprattutto dà, tolto il peso, grande maneggevolezza alla motocicletta perchè non hai masse sospese all’esterno che si oppongono alla variazione d’assetto.
I due pesi esterni creano un momento alla variazione di inclinazione della moto. Dinamicamente la cosa è poi ancora più accentuata. Senza quei due pesi laterali la moto diventa molto più agile. Proprio a pelle sembra che le hai levato molto di più di quello che hai effettivamente tolto.

La Vittoreplica lavora allo stesso modo?

No, la Vittoreplica guadagna su tutto l’arco. Raggiunto quell’obbiettivo ci siamo fermati. Andava bene così. Non cercavamo cavalleria. Chi vuole la moto con tanti cavalli si compre l’Hayabusa. Chi compra un Guzzi lo compra per altri motivi.

Ma su un impianto nato per le gare ci sarà un guadagno di potenza.

Sull’impianto completo da gara, secondo quello che diceva Vittoriano, c’era un guadagno di quasi il 5% su tutto l’arco. Ma attenzione: un 5% in più sul SUO motore che lui ha sempre sostenuto essere al limite “dentro” il regolamento. Un motore di serie, ma MOLTO ben preparato.
Adesso invece si lamentano perchè la Furia che sta correndo -a me non dispiace che la Furia vada forte- è in realtà un incrocio… E’ difficile fare una fiches su una moto “speciale”. Non hai riferimenti. Invece un V11 è un V11. Invece qui con la Furia l’hanno dichiarata loro la fiches, su una moto che già nasce “speciale”.
E’ una Furia con il manubrio basso, ha il doppio scarico laterale, quindi anche il regolamento… Sul V11 non ci hanno fatto mettere la sogliola, invece qui l’anno tolta per mettere due scarichi. Il regolamento dice che le marmitte devono rispecchiare la forma di serie, almeno nell’aspetto, invece qui non c’entra niente.

La gamma dei vostri prodotti Guzzi qual’è esattamente?

Per la Guzzi facciamo 3 prodotti: la coppia di terminali che si monta con l’impianto di serie. Poi facciamo la Vittoreplica che tiene i collettori originali (quella di Vittoriano li aveva rifatti più leggeri e senza scalino d’innesto) perchè sono validi anche se hanno una piccola strozzatura da 38/40 sotto la ghiera mentre fuori sono da 45. Diciamo che come collettori di serie non sono male e così risparmiamo anche sul costo. Ha l’incrocio sotto il motore per averlo molto lungo. Sono compensati davanti alla coppa. Anche noi l’avevamo fatto già tempo fa. Sono poi strozzati alla fine con un’ogiva che è stata studiata a lungo.
Alla fine poi si è visto il risultato: Guareschi l’anno scorso sul corto di Misano girava in 1’26” che è un tempo da fantascienza, perchè Cantalupo, che è uno che va a correre a Daytona con l’S4, girava 1’25” in prova. In gara ce l’aveva addosso. Faceva paura veramente.
Io c’ero a tutte le gare e gli davo l’assistenza.

Correre con un V11, però, è da romantici…

Bravo! E a noi la cosa piaceva. Tra l’altro siccome siamo in ottimi rapporti con la Marvic avevamo coinvolto anche loro per cercare di farci fornire, pagando, una coppia di cerchi in magnesio; perchè la ruota posteriore del tuo V11, il giorno che la smonterai, ti accorgerai di quanto pesa.

E la passione per la Guzzi?

(Sorride, NdR) Quando sono nato mio Padre aveva un Guzzino che aveva acquistato 6 mesi prima. Nelle orecchie, negli occhi e… nel cuore ho subito avuto la Guzzi. Il primo giro in moto l’ho fatto su quella, è quella che mi ha fatto “vibrare il pannolino”!
dimmi tu cos’è che ti fa fare le marmitte di Guareschi, prenderti l’impegno, di seguirlo tutte le gare, se non la passione. L’anno scorso non abbiamo nemmeno fatto i conti di quanto ci è costato…

Guzzi tue, ne hai possedute?

No, io ho sempre corso e… Cosa me ne facevo di una Guzzi?

Dicevo una Guzzi tua, personale, per muoverti…

No, non ho moto. Ho paura a girare per strada. L’unica moto che ho, che è “giapponese” (quasi dispiaciuto, NdR), la uso per girare solo ed esclusivamente in pista.
Sono nato in pista e se mi vedi andar per strada sembro un deficiente perchè ad ogni incrocio, strada, macchina mi inchiodo perchè ho il terrore che mi girino davanti.
Il mio braccio destro Paolo Foltran, che è quello che realizza il tutto, invece su strada mi passa. E’ un gran macinatore di chilometri sulla sua BMW.

Come vedi la Guzzi nel prossimo futuro?

Noi ci crediamo davvero nella Guzzi: è una delle poche che può crescere davvero e tanto, se poi con i nostri scarichi…

 

Moto Guzzi: Il grande impatto di un’azienda sul suo territorio

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Laura Raso tesi di laurea

Non credo capiti tanto spesso che una tesi di laurea sia dedicata alla nostra marca di motociclette del cuore… Laura Raso ci regala questo suo splendido testo molto ben fatto e piacevole, che aiuta a comprendere quanto la Moto Guzzi sia stata gloriosa non solo sui campi di gara e nei concessionari ma anche nel tessuto sociale del suo territorio. Grazie Laura e complimenti!!!

tesi_laurea Laura Raso

 

FRANCESCO JOVERNO

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Un contrappeso speciale per albero motore

di Paolo “Il Califfo” Odifreddi, con il contributo di Enrico “Iko” Panza

 

MI GIRA LA TESTA

Torino non è una città motociclisticamente molto attiva e, contrariamente a quanto avviene altrove, è davvero evento raro incontrare delle Moto Guzzi; se a ciò si aggiunge la tendenza tipicamente piemontese a non esporsi e render pubbliche più di tanto le proprie passioni, si potrebbe decisamente pensare che niente e nessuno abbia qualcosa di interessante da raccontare in merito alle nostre amate bicilindriche.
E invece no!
Ho avuto la possibilita di visitare l’atelier di Francesco Joverno: punto di riferimento per chi qui da noi voglia guidare una bicilindrica un po’, come dire, particolare…
Preso appuntamento con il vulcanico e, dobbiamo dire, ospitalissimo Francesco, giungiamo Io e Iko alla sei di sera presso l’officina di via Sapri. Mentre Francesco finisce una telefonata buttiamo l’occhio qua e là: una marea di Guzzi e Ducati, molte mezze smontate, pochissime rimaste come mamma le fece.
In un angolino, acquattata sul suo cavalletto da pista, Lei, l’oggetto del nostro interesse: la Guzzi BOT a teste rovesciate!
Già a vederla nel suo angolino una certa impressione la fa: è gialla, molto “ducatosa” (le sovrastrutture sono in parte di provenienza 916) e soprattutto… Piccolissima.
Finita la telefonata Francesco è ben contento di portar fuori la sua belva per poterla fotografare per bene. Non dobbiamo neanche insistere per fargli togliere la carena.
Non facciamo in tempo a iniziare la chiacchierata che Iko è già con la bava alla bocca… Si stende subito di fianco alla Guzzi con tanto di fotocamera: non la smetterà fino al calar del sole.
Ah, dimenticavo, per teste rovesciate intendo dire proprio “teste rovesciate”, insomma, sì, il due valvole di provenienza Lemans III ha i cilindri con i carburatori che guardano in avanti ed i collettori di scarico che escono verso dietro.
Data l’originalità della soluzione è evidente come la chiacchierata vada subito dritta al fulcro del “problema”…
Vi giriamo subito il sunto dell’intervista così facciamo prima!

 

D. Perché tanta passione per le Guzzi e perché la decisione di correre con questo tipo di moto?
R. Ho sempre avuto una passione speciale per le moto italiane: prima Ducati e Laverda e poi Guzzi, perché una volta i cilindri sporgenti mi hanno salvato le gambe e poi perché negli anni ’70 ho fatto molte corse con una V7sport, fino a quando un brutto incidente mi ha convinto a smettere (il nostro dichiara 47 fratture fra piccole e grandi NDR).
Dopo 6 anni di inattività mi trovai per caso a vedere una gara delle BOT alla pista piccola di Monza e vidi che le recentissime Ducati 2 valvole giravano in 59″-58″5; ricordandomi che con la vecchia V7 si girava in un minuto netto nacque la voglia di cimentarsi con una Guzzi in quel nugolo di Ducati, costruendo in proprio i pezzi per rendere competitiva la vecchia bicilindrica di Mandello.
All’inizio i risultati sono stati modesti e i problemi meccanici non sono mancati, così come quelli di budget, ma sono arrivati anche dei buoni risultati uniti alla soddisfazione di vedersi chiedere la moto da Vittorio Scatola, allorchè (siamo nel 1992) vide la sua GSX750RR passata sul dritto da una Guzzi durante delle libere.

D. Oggi che potenza avete raggiunto?
R. Partimmo dai meno di 70 cavalli effettivi del motore 850 per arrivare a leggere, con le ultime modifiche 115 cavalli alla ruota a circa 9000 giri; la moto pesa (joverno ha una pesa per moto in officina, abbiamo dovuto credergli NDR) 147 chili, ottenuti limando e rifacendo tutto il possibile ma proprio tutto, telaio, albero motore, campana frizione, forcellone, valvole eccetera.

 

D. Perché la scelta di “girare i cilindri”?
R. Alle volte le idee nascono per caso, un mio conoscente, guzzista ed appassionato di velivoli ultraleggeri mi commissionò l’installazione di un V2; per motivi di posizionamento della trasmissione rispetto all’elica si dovette montare il motore all’incontrario rispetto al senso di marcia.
Trasferendo questa soluzione su una moto da corsa si ottengono parecchi vantaggi: lo smontaggio del motore dal telaio è rapidissimo, riesco a cambiare la frizione in 15 minuti, i carburatori respirano benissimo e l’andamento che si può dare agli scarichi è estremamente semplice e redditizio; grazie anche al posizionamento degli scarichi ho potuto disegnare un telaio con due sole bretelle anteriori dalle quali si sfila con grande semplicità il motore, lasciando attaccato alla moto l’intero impianto di scarico.
Lo scarico molto più corto del normale, dotato di compensatore apposito,mi consente di “giocare” maggiormente sulle alzate delle cammes e sui condotti di aspirazione.


D. Quali sono i campionati in cui hai avuto maggiori soddisfazioni?
R. I campionati BOT -2V ’92 e ’95; nel ’95 con Laudati alla guida abbiamo fatto “vergognare” qualche ducatista, solo banali problemi di accensione ci hanno impedito all’ultima gara di vincere il campionato.

D. Ma questo motore così particolare ha avuto problemi di raffreddamento o rotture?
R. Problemi di raffreddamento no, rotture naturalmente sì, spesso abbiamo provato soluzioni estreme, aumentando ora la cilindrata ora la compressione.
Una configurazione del propulsore che sfiorava i 10.000 giri superando la velocità lineare di 25m/s ha subito una terribile rottura, proprio in prossimità di una gara per la quale avevamo ottenuto la pole.

Proseguendo la chiacchierata rientriamo in officina, Francesco tira fuori un dossier pieno di foto e ci fa vedere i report di parecchie gare degli anni ’90 in cui innegabilmente le sue Guzzi con e senza teste girate avevano lasciato al palo la totalità delle Ducati due valvole tenendosi dietro anche parecchie 851 e 888.
La “visita guidata” prosegue poi in una parte di officina dove ci sono i numerosi macchinari (torni, frese, mole ecc.) con cui vengono prodotti i componenti speciali che vengono utilizzati per svariati livelli di elaborazione sulle bicilindriche dei clienti.
Già che ci siamo portiamo il discorso sul presente e futuro della Moto Guzzi.

D. Cosa ne pensi della gestione di Moto Guzzi messa in atto da Aprilia?
R. Fin’ora non hanno avuto ancora il tempo per fare molto ma le poche cose viste sono nella direzione giusta ed anche la Breva mi sembra una moto che non potrà non avere un certo successo. È una fascia di cilindrata in cui da troppo tempo si era assenti; la Griso purtroppo non ho avuto la possibilità di vederla se non in foto per cui non posso dare un giudizio approfondito.
E’ un bene che ci sia di mezzo Ghezzi: lo conosco bene in quanto abbiamo anche preparato delle moto insieme una decina d’anni fa.
Certo, però, facessero un bicilindrico raffreddato ad acqua non sarebbe male!

D. E la V11?
R. Io ebbi occasione di provarla prima che entrasse in produzione e devo dire che la vecchia gestione progettò un telaio perfettibile: fortunatamente ora sono stati bravi a risolvere i problemi che c’erano

D. E’ molto che non corre in gare ufficiali?
R. Si, ma per l’anno prossimo dovrei aver completato la ristrutturazione aziendale che avevo in programma e penso di tornare in pista con un buon pilota.
D. Idee per il futuro?
R. Mah, avrei in testa di trasformare il motore della V11 in un bialbero con una cinghia unica che dà il moto alle pulegge e con 2 scarichi davanti e due dietro (!!!)

D. Ehm, francesco, non è che ce l’accendi (trepidiamo NdR)?
R. Si, volentieri!

Musica!

La banda del mosquito

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immagine-racconto

di Medardo Pedrini

 

Socchiuse leggermente le persiane, quel tanto che bastava per poterci vedere bene in faccia tutti quanti, poi fece due passi di lato considerando con attenzione il tempo e lo spazio, prese dalla tasca destra dei pantaloni un’esportazione senza filtro e l’accese con gesto lento guardandoci uno per uno negli occhi come a voler fare l’appello, una spirale di fumo gli uscì dalle labbra insieme a poche decise parole:
“E’ per stasera!”- un imperativo secco che non ammetteva replica.
Io lo guardavo dal basso in alto seduto a terra, aveva un anno più di me ed io, da lì a poco, avrei festeggiato il mio tredicesimo anniversario. Il suo nome era Gino ma da tutti era chiamato “Quattro tempi” perché c’aveva il Corsarino.
All’epoca i ragazzi della mia età si dividevano in tre fondamentali categorie, quelli che c’avevano la bici, quelli col motorino, e gli sfigati, coloro che agognavano l’una o l’altra cosa ma che ancora deambulavano con le scarpe da tennis e nulla più.
Tra coloro che possedevano il motorino si formavano altre due sottocategorie, quelli che possedevano il Corsarino a quattro tempi e tutti gli altri.
Infine tra quelli col Corsarino c’era l’elite, coloro che potevano vantare lo “ZZ”, esseri baciati dalla divina provvidenza e dei quali ognuno di noi si vantava di averne conosciuto almeno uno nella propria vita.
Gino c’aveva lo “ZT”, stava appena un gradino sotto al massimo livello raggiungibile, ma tutti lo trattavamo come se avesse il quarantotto più figo del mondo, in parte perché ciò corrispondeva al vero e in parte perché diversamente erano botte da orbi per tutti.
Io appartenevo alla categoria dei biciclettari, ma ogni tanto quando la sera mio padre rientrava più sbronzo del solito ed ero sicuro del suo rapido addormentarsi, gli sfilavo le chiavi dalla tasca dei pantaloni, scendevo in strada e gli fregavo il motorino, un ciclomotore con marce a manubrio, con il quale mi fiondavo nella notte a tutta manetta. Ma ciò succedeva raramente, e non perché non fosse sua consuetudine rincasare ebbro, ma perché la paura di essere scoperto il più delle volte prevaricava il mio desiderio di affrontare ai settanta all’ora la rotonda dello stadio, rotonda sulla quale ancor oggi restano i segni dei ginocchi dei più audaci di allora.
Al par mio, gli altri ragazzini lì radunati nello scantinato di Dario non possedevano nessun veicolo a motore.
Alla mia destra sedeva Luca, un ragazzo rubizzo soprannominato “Lucchetto”, e non per diminutivo, ma per la facilità con la quale riusciva a far saltare qualunque chiusura da catena col temperino, poi c’era Alfio, un ragazzino con una gamba di legno venuto dalla periferia. La casa dove era nato si trovava a pochi centinaia di metri da una piccola stazioncina dove tutti i giorni alle 12,45 in punto passava un trenino merci a velocità ridotta e il divertimento di alcuni ragazzi, al ritorno dalla scuola, era quello di rincorrerlo e salirci sopra al volo per poi ridiscendere dopo il ponte appena passato il fiume.
Alle 12,45, di un non precisato giorno dell’ottobre del 1959, Alfio partecipò a quel gioco per l’ultima volta.
Ciononostante il ragazzo dimostrava di non aver nulla da invidiare a tutti i suoi coetanei, almeno fisicamente, giocava anche a pallone ed era un ottimo portiere, un po’ impacciato nelle uscite sulle palle alte ma tra i pali era un fenomeno, era persino più bravo di me, che pure giocavo in porta ma a differenza sua con entrambe le gambe. Si narrava persino essere l’unico che una volta avesse parato un rigore a Rocco detto “Dinamite”, il centravanti della parrocchia di San Vincenzo, un energumeno di quattordici anni che già si radeva regolarmente da due e che in campo si riconosceva dai peli che, ricoprendogli i polpacci, gli scendevano sui calzettoni più lunghi delle stringhe delle scarpe, ma ciò forse fa più parte della leggenda che della realtà.
Poi, se ricordo bene, c’era Tonino il figlio del gelataio che godeva di grande considerazione fra tutti noi squattrinati che andavamo dal padre ad elemosinare un cono di crema e cioccolato da cinquanta lire, al costo di uno da trenta, promettendo in cambio particolari riguardi nei confronti dell’erede quando giocavamo allo schiaffo del soldato armati delle ciabatte della signora Pina.
Infine c’era Tommaso, il più giovane di tutti, frequentava per la seconda volta la prima media e voci di corridoio lo davano per spacciato anche per quell’anno. Il suo problema era la matematica, non c’era verso di convincerlo che se da un rubinetto escono quattro litri d’acqua al minuto per riempire una vasca da bagno contenente trentadue litri occorrono otto minuti, lui insisteva che la vasca da bagno in casa sua non c’era mai stata e non erano problemi suoi, inoltre lavarsi gli faceva proprio schifo e non vedeva perché dovesse rispondere ad una questione che non lo riguardava minimamente.
E proprio sul matematico perduto era concentrata l’attenzione di noi tutti, e quella di Quattro tempi in particolare, quella sera sarebbe stata la sua sera, la sera di Tommaso.
Cosa stava succedendo è presto detto.
Ognuno dei presenti aveva dovuto affrontare il battesimo delle due ruote a motore, l’iniziazione alla motocicletta, quella cosa rilucente e scoppiettante che era nei sogni di noi tutti ma che vedevamo ancora lontana, ancor più lontana dell’oggetto delle nostre masturbazioni notturne, quello con un po’ di pazienza e buona volontà, prima o poi sarebbe arrivato anche gratis, la moto invece bisognava comprarla e i soldi in quel momento erano una realtà dalla quale ci sentivamo del tutto avulsi da lì ai prossimi anni.
La difficoltà del battesimo a motore non consisteva tanto nel dar prova di abilità o particolare coraggio nel lanciarsi a pazza velocità nella notte, quanto nel reperire un motorino che ci desse la possibilità di mettere in atto quanto programmato. A parte Gino nessuno di noi possedeva tale veicolo e Quattro tempi si sarebbe autocrocefisso all’albero dei rusticani piuttosto che darci in mano il suo mezzo anche solo per un breve giretto.
Fortunatamente nella strada in cui abitavamo, a fianco della porta in cui fino a pochi anni prima la Betti metteva i servizi di procaci fanciulle a disposizione di tutti i maschi che avevano a cuore la buona salute della propria prostata, abitava Nello il pescivendolo.
Nello era un individuo sui settant’anni, alto fino all’insegna del barbiere e magro come la pertica che usavamo per andare a rubare le albicocche, un tizio apparentemente burbero, perennemente col toscano in bocca e che sputava a terra in ogni luogo, anche nel negozio del salumiere, ragione per la quale, dopo l’ennesimo scaracchio, una volta venne inseguito dal medesimo fino alla sua bottega e abbattuto con una mazzata di stoccafisso in piena fronte.
Fu una tragedia che percorse tutta la strada in pochi attimi.
-“Aristide ha ammazzato Nello.”- andavano riportando voci di cortile in cortile.
-“Che, si è accorto che gli scopava la moglie?- chiese accorato l’imbianchino dall’alto del trabattello.
-“Macché – rispose il fruttivendolo – pare che abbia scatarrato nel suo negozio, proprio in mezzo ai piedi della Maria.”-
-“Beh! E dove sta la novità? Non c’è un centimetro in zona che non sia stato annaffiato dal pescivendolo.”- rimandò il calzolaio affacciandosi alla finestrella della sua bottega.
-“Sarà, ma per me se non si è portato a letto la moglie si è sicuramente scopato la sorella.”- proferi una voce ignota dall’interno di un androne.
Ma Nello non era morto, bastò, per restituirlo a nuovi vitali entusiasmi, un buon bicchiere di Sangiovese portato prontamente da Ida, la corpulenta signora che si recava quotidianamente di casa in casa a somministrare iniezioni a coloro che ne necessitavano, il che capitava così frequentemente dalla scoperta dell’antibiotico, novella cura per ogni male, da non consentirle più, come lei stessa andava raccontando, di riconoscere coloro che le si ponevano con atteggiamento da faccia da culo in quanto ormai in vita sua aveva visto più culi che facce.
Nello possedeva un mosquito, non un trabiccolo attaccato ad una bicicletta vecchia maniera, ma uno di quelli d’ultima generazione, col serbatoio lungo tipo canna da bici da donna e il meccanismo propulsore posizionata alla base vicino ai pedali. Un gioiellino fine anni cinquanta che tutte le notti lasciava in strada chiuso con un lucchetto così timido che Luca poteva aprire anche per via telepatica.
Inoltre Nello possedeva un altro grande pregio, era l’unico in tutto il quartiere a tener testa a mio padre in quanto a sbronze, aveva un consumo etilico da far impallidire un alpino con il fegato all’ultimo stadio e il suo conto da Nando, l’oste del rione, era più lungo della messa in latino che il parroco ci costringeva a sorbire ogni domenica prima di consentirci l’utilizzo del campetto da calcio.
Tutti, ma dico proprio tutti, almeno una volta avevamo fatto un giretto sul mosquito di Nello.
Ci recavamo sotto casa sua verso le undici di sera e aspettavamo che rientrasse barcollando, poi, dopo una decina di minuti, sicuri che non si fosse neppure spogliato prima di cullarsi in intensi e mirabolanti sogni, aprivamo il lucchetto con la facilità con la quale scartavamo una caramella alla menta e davamo sfogo a tutti i nostri istinti di centauri in erba, salvo poi riportarlo diligentemente al suo posto e richiuderlo con ogni cura, anzi Luca dava pure un colpetto magico alla serratura, un suo segreto, diceva ,con il quale era certo che nessuno avrebbe potuto aprirlo senza l’apposita chiave, a parte lui stesso naturalmente, e questo non tanto perché ce ne fregasse qualcosa se glielo rubavano sul serio ma perché, se ciò fosse accaduto, non avremmo saputo più da chi altri noleggiare un motorino per le nostre scorribande.

-“Allora stasera alle undici al solito posto – terminò Gino spegnendo la cicca sotto il tacco – e chi non c’è non si faccia più vedere in giro per i prossimi sei mesi.”-
Tutti ci rigirammo a guardare Tommaso, aveva un’espressione inebetita, attendeva quel momento da tempo ed ora che era arrivato sentiva salirgli alla gola un groppo, le fantasie che si era fatto fino ad allora su quanto sarebbe successo da lì a poche ore stavano lasciando il posto ad un certo timore, muoveva lo sguardo in giro in cerca di conforto, di qualcuno che gli desse una pacca sulla spalla, ma noi, stronzi come dei veterani che già avevano avuto il battesimo del fuoco nei confronti dell’ultima recluta, lo lasciammo solo con i suoi pensieri e ci allontanammo in ordine sparso, solo Tonino si girò un attimo prima di uscire e gli sussurrò:
“E vedi di esserci altrimenti per te i gelati da domani costano cento lire.”

Alle undici eravamo tutti in postazione. Io arrivai per primo con dieci minuti di anticipo, mi piaceva molto annusare l’attesa dell’avventura ogni volta che se ne presentava l’occasione, poi arrivò Dario con la maglietta strappata sulla schiena.
“Cazzo, mia madre non voleva farmi uscire stasera, ho dovuto scivolar fuori dalla buca del cane.”-
Poi fu la volta di Tonino che ci raggiunse a lenti passi dando l’ultimo morso a un cono al pistacchio, quindi Gino che parcheggiò il Corsarino in un punto buio dove non si potesse distinguere facilmente e infine Tommaso.
Mancava solo Alfio, ma sapevamo che non sarebbe venuto, se c’era da scappare in fretta non ce l’avrebbe fatta, e sapevamo pure che l’avremmo perdonato, come d’altronde avevamo fatto altre volte nelle quali c’era da usare più le gambe che la testa.

“Bene eccoci qua, è rientrato?” –chiese Quattro tempi.
“Non ancora – risposi io – sono sul posto da una decina di minuti e non l’ho ancora visto, ma ormai è ora, di solito non tardano troppo a buttarlo fuori dall’osteria.”.
Fui profetico, di lì a qualche minuto si stagliò sulla luce del lampione una sagoma da vatusso col verme solitario.
Avanzava col solito incedere dinoccolato ma non pareva tanto brillo, anzi appariva stranamente saldo sulle gambe, neppure la mattina all’alba quando apriva la pescheria sembrava così franco nei gesti, non che noi a quell’ora fossimo già alzati per poterlo constatare, ma così ce la raccontavano.
Arrivò al portone di casa, si girò per un ultimo sputo, gettò il mozzicone di toscano ancora fumante e salì le scale.
Guardai gli altri -“Cazzo facciamo, rimandiamo?”-.
-“Mai – ribadì Gino – dovessimo aspettare tutta la notte che si addormenti.”-
E così facemmo, ci portammo sul lato della strada opposto alla sua finestra e naso all’aria attendemmo che spegnesse la luce.
Passò un tempo interminabile durante il quale Tommaso pareva l’unico soddisfatto della situazione, credo ancor oggi che in cuor suo sperasse che si facesse mattina senza che nulla potesse accadere. Ma così non fu. Ad un certo punto la stanza cadde nel buio, ci facemmo un segno d’intesa e attendemmo ancora un quarto d’ora prima di muoverci, quindici minuti durante i quali Tommaso andò a pisciare dietro la colonna per quattro volte.
A un cenno di Quattro tempi Luca si avviò verso il motorino, mi parve che neppure lo toccasse, forse schioccò solo le dita e il lucchetto si aprì, Dario che era lì accanto lo prese e lo portò fino a noi, Tommaso guardava salivando e deglutendo.
“Ecco, qua – gli disse uno di noi – è facile, parti pedalando, fai una ventina metri poi tiri questa leva e il motore parte, fai il giro dell’isolato a tutto gas e torni qua.”
Controllammo un’altra volta la finestra del primo piano prima di far salire il ragazzo sul sellino, era tutto in ordine, tutto a parte Tommaso che continuava a martoriarsi le mani facendo schioccare ripetutamente le nocche delle dita.
“Non ti cagherai mica sotto?” – lo investì Gino squadrandolo di brutto.
“Chi, io ?….. dà qua” – e così dicendo il nostro saltò in sella e iniziò, a pedalare.
Pedalò per una ventina di metri, poi altri venti, arrivò ad una cinquantina e si fermò, rigirò il motorino e ritornò sempre pedalando.
“Non parte” disse con un filo di voce.
“Macchè, non parte, sei tu che non sei capace, dà qua che ti faccio vedere io” – esclamò Dario prendendogli di mano il Mosquito. Poi prese a pedalare, fece i soliti cinquanta metri e ritornò ancora pedalando.
-“Cazzo, non vuole proprio saperne di partire”
“Mmmmh! – Quattro tempi si strofinò il naso – potrebbe essere la candela, fa un po’ vedere.” – iniziò ad armeggiare con la pipetta, tirò il cavo, guardò bene coll’accendino, poi sentenziò:
-“ Adesso è ok, vai Tommy.”
E Tommy andò, partì pedalando e tornò uguale a prima col fiato rotto in gola.
“Non c’è un cazzo da fare.”
A quel punto Tonino, che fino al momento era stato in disparte, aprì la bocca con fare saputo:
“Il cicchetto, non avete dato i cicchetto, invorniti.”
-“Già il cicchetto – Gino si abbassò e pigiò tre o quattro volte sulla pompetta della miscela –
Vai adesso ragazzo e non tornare prima di aver fatto il giro dell’isolato.”-
E Tommaso il giro dell’isolato lo fece, sempre pedalando però. Ritornò dopo una cinquina di minuti sudato come una fetta di pancetta dimenticata al sole di luglio e la lingua di fuori.
“Io non voglio più saperne un cazzo, andateci voi su questo cesso.”
Ci stringemmo tutti in cerchio attorno al veicolo e iniziammo a fissarlo come se si trattasse del povero estinto, dando ognuno, tra una grattata di capo e l’altra, una versione più o meno allucinata sulla ragione di quell’inspiegabile mancamento.
Eravamo tutti assorti a cercare di capire cosa non funzionasse in quel dannato motorino quando un globo catarroso dal peso specifico indefinito sfiorò la testa di Gino e andò a stamparsi sul selciato formando una pozzanghera di dieci centimetri di diametro.
Immediatamente alzammo lo sguardo alla finestra del primo piano alla quale trovammo affacciato Nello col toscano in bocca.
“La prossima volta, se me lo dite prima, vi faccio trovare anche una tanica di miscela, non lo vedete che è a secco, branco di chiavapecore deficienti?”-
Rimanemmo tutti basiti a guardarlo mentre incrociava le braccia, solo Tonino dopo qualche istante si riprese e balbettò:
“Facevamo mica niente Nello, l’abbiamo trovato così con il lucchetto aperto e ci stavamo chiedendo cosa fare perché non te lo rubassero.”
L’uscita ci parve geniale, continuavamo a guardare verso l’alto nella speranza che se la fosse bevuta, ma un altro sputazzo olimpionico che evitò il piede di Dario di un paio di centimetri ci fece immediatamente propendere per il contrario.
“Guardate che io bevo, ma non mi sono ancora bevuto il cervello. Pensate che non lo sappia che ogni tanto venite a prendere il Mosquito per fare un giretto? Se vi è andata bene fino ad ora è soltanto perché ve l’ho sempre lasciato fare. Ma adesso m’avete rotto le balle, mettetelo via prima che scenda e non toccatelo mai più, che vorrei anche andare a dormire.”
Non so chi di noi si sia sentito più merda in quel momento, di certo tutti stavamo con gli occhi bassi mentre appoggiavamo il motorino al muro. In parte ci sentivamo coglioni, ma la cosa peggiore era la consapevolezza di aver infranto due magie in un sol colpo, la soddisfazione di sentirci ganzi per le nostre furberie e la possibilità di renderci centauri nella notte, questo almeno fino a quando non avremmo posseduto un motorino nostro, il che era ancora lontano da venire.
Luca chiuse con cura il lucchetto.
“Ehi, Nello, gli ho dato il colpetto magico, così non te lo rubano.”
Un sonoro vaffanculo giunse dall’alto, poi l’ennesima massa mucosa si spiaccicò al suolo sollevando schizzi immani e la finestra si chiuse.
Ci allontanammo tutti sparpagliandoci nella notte, senza neppure salutarci, ognuno con il proprio orgoglio fra le gambe. Nessuno si voltò indietro.
Quella sera tornando a casa, forse per non pensare troppo all’eventualità che il pescivendolo potesse raccontare tutto ai nostri genitori, mi concentrai sul fatto che almeno Alfio si era risparmiato quella figura da coglioni che tutti avevamo praticato e che forse, chissà, manco gli avremmo raccontato per la vergogna. Questo mi sollevò in parte dal magone che mi portavo dentro.
E così fu, quando lo incontrammo non dicemmo nulla sull’accaduto, né lui mai ci domandò, forse bastavano le nostre facce a raccontare tutto.
Il vecchio Alfio, da lì a poco andò ad abitare in un altro quartiere e sparì dalle nostre attenzioni.
Per moltissimo tempo non l’ho più rivisto, ma spesso pensavo a lui e me lo immaginavo trai pali, in qualche campo di periferia, a sbattere la gamba di legno sull’erba.
Poi un giorno lontano l’ho incontrato per puro caso su un passo di montagna, con il casco in mano e la sua gamba dentro a una tuta di pelle.
Lui sì davvero con la motocicletta, una due ruote sportiva e grintosa appositamente preparata e omologata per la sua menomazione.
L’incontro durò poco, quel tanto che bastò per rendermi felice, poi lo vidi allontanarsi rombando.
Da allora sono passati quasi trent’anni e di lui non so più nulla, ma mi piace ricordarlo così mentre sparisce dietro ad una curva piegando fino a terra il ginocchio della sua protesi.

Aaaaaaragoooon!!

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endurance 2013 aragon
Testo di Alberto Sala
Foto di Cristina Cortinovis e Alberto Sala

PROLOGO
15 giorni alla partenza. Mi chiama Antonio. “c’è un problema, non ho passato la visita medica”. Da vero minchia, si agita quando gli misurano la pressione. Deve fare analisi approfondite. 
Una settimana dopo, non ha ancora il via libera: gli hanno montato il “walkman” che monitorizza 24 ore, l’endurance della pressione, ma si vede che ha riconosciuto il pastrugnatore incallito di motori: nessuna registrazione… tutto da rifare. 
5 giorni alla partenza. Il walkman stavolta registra ma non basta: quelli del centro sportivo sono ossessivi, vogliono altri esami. Prendiamo in considerazione l’ipotesi di non farcela in tempo e fare quindi la gara io e Mattia. 
Martedì, due giorni dalla partenza, finalmente abbiamo il nulla osta, tutto ok!!
1 giorno dalla partenza. Mi chiama Mattia. “Ho una riunione di lavoro fondamentale venerdì mattina, non posso partire”. Zio cantante, adesso che facciamo? Cerchiamo un volo aereo il venerdì sera, c’è solo il Bergamo Girona, fa niente, andremo a prenderlo a tutti i costi.
Giovedì mattina, Mattia mi chiama. Dobbiamo metterci d’accordo con l’orario, ci accompagnerà lui all’aeroporto. “Fanculo, vengo!” Grande Mattia!!

MOTORLAND ARAGON
Giovedì tardo pomeriggio, trafilati ma al completo, io Antonio Mattia e Cri ci ricongiungiamo all’autodromo con Luigi e Giorgio che hanno divorato i millecinquecento chilometri con moto e attrezzature sul groppone. Tutto già bello e che scaricato: Orfeo, Brigida e il Segolo (vedrete cos’è dalle foto… geniale!). 
”Motorland Aragon” suona come un parco di divertimenti, in un territorio vasto e assai poco densamente abitato, fatto di terreno arido e ondulato dipinto di tutte le varianti dell’ocra. Non c’è molto da ipotizzare come cose da fare, dopo l’agricoltura. Scelta intelligente quella di impiegare le risorse economiche della comunità europea per costruire un impianto comprendente un gran bel circuito di velocità più kart e quant’altro serva per accontentare tutti. Non solo perché qui il clima è ottimo, piove poco e la temperatura lo fa fruttare molti mesi l’anno, ma scopriremo anche che dalla metà del secolo scorso è territorio di competizioni: nell’appartamento dove alloggiamo fanno bella mostra di sé tante foto di gare d’auto su circuiti cittadini e non mancano neppure le moto. Nei garage degli abitanti non è difficile trovare auto d’epoca tenute religiosamente, così come all’autodromo oltre ad altre moto brillano un sacco di modanature cromate e splendidi esemplari di auto d’epoca preparate da competizione. Insomma, il circuito di Aragon non è una cattedrale nel deserto come all’apparenza appare. Tutt’altro. Lo si vedrà anche dalla grande professionalità del personale del circuito.
Ma torniamo a noi, perdiana. Tra la quarantina di bolidi astanti, ci siamo noi, Stella Pende, Mario e Pippo Santonast… ehm volevo dire: fanno parte dell’allegra brigata italiana the Licini Brothers con il combo Moto Europa, i vitelloni (Pane e Nutella) al completo compreso il grande Ruzza, i Taurus Globetrotters All Stars con la cartucciera a tre colpi (Sardi Zaccarelli Cantalupo, sembra la firma di un grande successo di Sanremo… intanto il successo c’è ed è quello del Bol d’Or), l’inedita coppia Wess & Dori Ghezzi (Poldo e Graziano, quest’ultimo finalmente tornato su una Guzzi che stava così sciupato sulle Bimota) e nos otros tri bigùl. Dal territorio italico provengono anche il team Segale e il team Officine Toscane. Tra le presenze d’oltralpe non potevano mancare Moto Bel, i due Segarra junior col box celebrativo del grande Manel senior (ne parleremo più avanti), il Phase One e un’altra trentina abbondante di bolidi piuttosto puzzoni e rumorosi, tra cui una spettacolare Gold Wing (premio simpatia sicuro!) e i sempre chiassosi R’N’R’ High School GG team.
Bene. Cominciamo ad inserire alcune frasi-chiave. “io lo so quello che devo fare, il problema è farlo” “il cambio va bene perché ci abbiamo messo le mani” “l’alternatore di scorta c’è” “ci vuole la 9/34!!”. Mettiamole intanto lì e veniamo al dunque.
9:30 del venerdì mattino, primo turno di prove libere. Esco Orfeo dal box e mi avvio al checkpoint Charlie in fondo alla pit-lane. Il commissario (anzi, la commissaria, pure gnocca) mi rimbalza. Manca un adesivo sulla carena e la fascia sul braccio. Azz… deluso dalla mancata conquista, giro il battello e mi avvio a spinta verso il nostro box, che è il numero 1, quindi esattamente dall’altra parte della pit-lane. Sono troppo distante per farmi sentire dai miei soci, quindi spero si accorgano che non sono affatto in pista… box 25, niente. Box 15, ancora niente, tutti col naso sul muretto… box 10, si accorgono e mi guardano. E, per quel mistero più insondabile di Fatima e Medjugorje messi insieme, non si muovono. Avete presente la scena, con le fronti come display dove leggere i pensieri (“ma, accipicchiolina, perchè sta tornando indietro?” “ma cosa sarà mai successo, perdindirindina?”) Ma POOORCAPUZZOLONADIQUELLAZOCCOLAAAA ALLORAAAAA?!? Finalmente Mattia mi viene incontro. 9:35 e sono già tutto sudato. Recuperiamo l’adesivo che pensavo servisse per il parcheggio dell’auto nel paddock (… first moment of the minchia) e la fascia gialla e finalmente la cortina gialla di commissari si apre, VIA!
Che spettacolo.
Prima curva a sinistra a 90 gradi dopo breve rettilineo di arrivo, poi gas con la moto che sbacchetta, su una marcia e dentro a gas aperto nella prima curva a destra in salita, da raccordare con la seconda tenendo (quasi) aperto, tanto la pista qui è larga, su su su e poi curva a sinistra veloce ma occhio che c’è subito da staccare per la seguente a sinistra che un po’ chiude, via di nuovo di gas due marce curvando larghi a destra e nuova staccata con l’asfalto chiaro che indica la traiettoria a destra, di nuovo gas fino allo scollino, staccata e giù in discesa dentro il lento cavatappi. Qui stretti e poi gas porcozzio che pelo sullo stomaco: curvone ampio a sinistra in accelerazione, bisogna riuscire a stare larghi accelerando per uscire giusti in piega veloce con un po’ di sobbalzi, su ancora due marce e poi… non si vede unamminchia, a parte un cartello con scritto 150. Ma bisogna tenere aperto alla cieca e staccare ai 100 (“io lo so cosa devo fare…” sic) e dentro secchi a sinistra sotto al muro, dove è appena volato Pedrosa col cavo USB staccato: la figata di queste curve (relativamente) lente è che quella dopo è sempre più larga, quindi si SPALANCA e dentro a manetta a destra tirando gli ottomila, frenafrenafrena e dentro nel destra-sinistra che immette sul lungo rettilineo.
Parentesi. Dovete sapere che ogni sabato mattina, attorno a mezzogiorno, nell’officina degli allegri chirurghi (Antonio e Giorgio) si perpetua la terapia settimanale a base di litanie sulle resistenze delle leghe metalliche, sacri rituali dell’elaborazione libera, liturgie dell’alleggerimento, cagadubbismo libero fino ai racconti mistici, come la Lunghezza del Rettifilo di Aragon. Man mano che ci si addentra nel mistero, il chilometraggio aumenta, sfiorando i sette chilometri (perdippiù in discesa!!) e sale il terrore del deflagrante Big Bang della Grande Caldaia a tutta manetta. “vabbeh, su Orfeo montiamo la 9/34 e su Brigida proviamo la 8/33”. “Pazzo!! Vuoi fare la fine del Columbia?!?” 
Insomma, quel rettilineo appariva come un Golem tenebroso, un buco nero che inghiotte ogni fascia e valvola, una strada lastricata del nichel-cromo fuso dei cilindri dritta per l’inferno.
Questo era il riverbero quel venerdì mattino, attorno alle 9 e quaranta, prima di quell’ultima svolta.
Groppo in gola e srotolo tutte le marce (almeno credo…), mi accuccio e man mano che passa asfalto, mi dico “beh, fin qui tutto bene”. Scopro che il problema non era il rettilineo, del tutto innoquo. Il difficile è dopo il rettilineo: infilarsi in quel megapiegone galattico di ritorno, stupendo raccordo al rettilineo d’arrivo ma anche un po’ bastardo, perchè chiude sul finale così che va preso largo anche questo, per evitare l’esondazione nella via di fuga. Mortacci… anche qui, che pelo!! 
Bellissimo. 
Insomma pista stupenda ma prima di cavarci un tempo dignitoso ne servono di turni… allora giù il crapone e vai di lima. Tra l’altro all’imbocco del rettilineo c’è a terra una fascia gialla. “chissà che sarà quel pirla che l’ha persa”. 
RIentro dopo l’esperienza lassativa del primo turno e Giorgio si avvicina. “Che fine ha fatto la fascia?!?” Here is the second Moment of the Minchia..
”cavoli, avevate ragione, serve la 9/34, stavo a settemila abbondante prima di staccare…” già. Solo che, in realtà, ero in quarta. Oro, argento e bronzo.
E’ sufficientemente chiaro che in sostanza non avevo capito una fungia di pinolo di niente? Poi la devono smettere di fare domande imbarazzanti. Io non sono mica lì per contare le marce, ecco.
Tocca a Mattia. Entra ed esce semisconvolto. Solo che non è semplicemente l’effetto della pista. Lo stress del periodo gli causa qualche lieve problemino, tipo vedere le tribune annodarsi, o percepire il Tatuato nudo in fondo al rettilineo. Neanche il tempo di ragionarci che è ora delle prove ufficiali. Suona la campana per Antonio, accendiamo Orfeo che fa uno strano rumore. Oh-oh. C’è qualcosa che non va dalle parti del motore. Scaldiamo immediatamente Brigida e via col muletto. A disposizione sul muretto c’è il canale a circuito chiuso che mostra oltre alla videata dei tempi anche il Pac-Man: il tracciato del circuito coi numerini che si rincorrono e si ingroppano. Veramente comodo! Ti segnala anche immediatamente se si ferma qualcuno ai box e anche lungo il circuito, figo! Difatti leggiamo “Number 12 stopped into the track”. Occazzo. Tempo pochi minuti e Anronio arriva sullo scooter col commissario. E’ rimasto senza freni alla staccata prima del cavatappi. Restiamo senza fiato. La via di fuga è asfaltata, poi c’è una striscia di ghiaia, infine il muro di gomme. Ha scalato tutte le marce, retro compresa, spento il motore gettato l’ancora e infine si è tuffato nella ghiaia riuscendo a fermarsi lì. Siamo di sasso, anzi di ghiaia. Vado a recuperare Brigida e sento a spinta che la ruota davanti non gira bene. Cuscinetto sbrindellato. Anzi, disintegrato! Ecco il perchè. La ruota non più ferma longitudinalmente ha allargato le pastiglie lasciandolo nellammerda. A fatica Giorgio elimina col flessibile quel che resta del cuscinetto fuso sul perno ruota, Antonio lava la tuta internamente e montiamo le gomme buone sui cerchi di scorta. Brigida è pronta per le prove notturne; intanto alla fine delle qualifiche ci troviamo 29° e un pilota in meno. Mattia non è a posto, non se la sente di rischiare la gara. Azz… nel mentre, la diagnosi sui rumori molesti di Orfeo è: boccola dell’alternatore sbrindellata. “Ce l’abbiamo l’alternatore di scorta?” “Sì, a casa”. Vabbeh tanto il problema è la boccola, non l’alternatore.
Intanto, a fianco, i vitelloni triturano il cambio. Com’era la frase? “il cambio va bene perché ci abbiamo messo le mani”…
Anche Wess & Dori non stanno messi proprio tanto bene, almeno così parrebbe girando al largo dell’esploso di moto steso nella loro parte di box. Problemi di fasce. Fasce e fasci sono spesso un problema. Lavorano un casino: esco a fare pipì e sono lì di brugole, prendo il caffè e vanno di dinamometrica, pranziamo e armeggiano di chiavi… c’est la gussi, baby. Oddio, pure i Globetrotter c’hanno i loro problemi col cambio e con hanno più la gussi. C’est l’endurance, baby.

BUIO
Ascolta, si fa sera. E’ ora del turno notturno. Uscendo al tramonto, godo di un certo vantaggio di memorizzazione, forse fondamentale perché in pratica col buio non si vede una fava. A parte qualche luce parassita (sostanzialmente in fondo al megarettilineo e ultimo curvone), per il resto non si riesce a vedere letteralmente il cordolo interno. Incominciano strane visioni: equipaggi allo sbando al largo di Tannhauser, gente che ti passa per poi finire nella via di fuga… molti li senti sopraggiungere alle tue spalle e vedi che si accodano… sono velocissimo, li tengo tutti dietro!! :-))
Alla fine del doppio turno (nel quale ogni tanto non mancavo di saggiare preventivamente il freno anteriore) il Taurus si fa carico di sondaggiare i team e proporre o una partenza anticipata di un’ora, o la riduzione di un’ora della gara. Per quanto personalmente non abbia avuto grossi problemi, oggettivamente non si vedono sufficienti punti di riferimento. A Spa mi raccontano esserci i catarifrangenti nell’asfalto, così che il tracciato sia sempre visibile al passaggio con le luci. Qui niente. Mi sembra una discreta leggerezza degli organizzatori… possibile che nessuno abbia fatto un test preliminare?
Al briefing di sabato mattina diventa l’argomento principale. Purtroppo per via del programma della giornata, non è possibile anticipare la partenza, né ricavare del tempo per installare i catarifrangenti, così si va a votazione tra i team manager. Mi raccontano di frasi irripetibili… la discussione va avanti piuttosto a lungo, e mi chiedo se era pure il caso di andare a votazione. Riporto quella più intelligente che mi è giunta, detta dal Phase One (gente che ha fatto le 24 ore del mondiale): “come posso garantire la sicurezza ai miei piloti in queste condizioni?”
Alla fine viene presa la decisione di accorciare la gara a 3 ore. Termine ore 20. A metà giornata ci spariamo i due warm-up, poi l’attesa della partenza.
”io lo so quello che devo fare, il problema è farlo”. A dirlo è Petugo. A pensarlo saremo in sessanta. La pista è notevole anche per questo. Ci vuole pelo e freddezza per fare la differenza… anche tempo per provarci, girare, riprovarci e girare. Dài, sono sicuro che nel 2019 farò un buon tempo!
Nel primo pomeriggio ci allineiamo tutti sulla linea del traguardo a rendere omaggio a un grande pilota.

MANEL SEGARRA

Il box del team Motobox era piano delle moto di Manel; alle pareti tante foto aiutavano a ricordare la persona speciale che era. Su un tavolo erano esposti alcuni dei suoi trotei; mi ha fatto molto piacere vedere tra questi il nostro premio Anima Guzzista – Bicilindrica. 
Del pilota conosciamo tanto: l’incredibile velocità fatta di stile e rotondità: ti passava facendoti il pelo per il semplice fatto che quella era la linea perfetta per quella curva. Guardandolo ti faceva pensare che fosse facile. Era bello fotografarlo: indossava la moto come un uomo ragno. Era il nostro riferimento, a Cartagena. Chiunque di noi minchioni ha sognato almeno una volta di fare una curva – anche una sola – come la faceva lui.
Il mío ricordo personale è per l’uomo. Cartagena, gennaio 2005. Fa un freddo becco, attorno ai 3-4 gradi. Rientro ai box per regolare meglio la forcella. Bruno svitavvita; pensavo di fermarmi invece rientro tanto per testare la differenza. Alla prima curva dopo il rettifilo Manel cade poco avanti a me. Io freno e piego per evitarlo. Non ci fosse stato freddo sarebbe stata una manovra efficace. Invece il freddo e la gomma non più calda per la sosta mi fanno volare a terra rompendomi la clavicola.
Tornato dall’ospedale, Manel mi viene a cercare e con molta umiltà mi chiede come sto chiedendomi scusa più volte. Per almeno tre anni mi verrà sempre a salutare e a sentire come va, come se si sentisse in colpa. Ma non era colpa sua… mica era scivolato apposta. 
Sulla linea del traguardo credo molti dei presenti (se non tutti) avranno riscaldato il proprio ricordo personale di una bella persona, che ha lasciato un segno. Grazie, Manel!!

START
E’ ora. Manco a dirlo naturalmente la partenza tocca a me, nel senso che mi tocca sempre correre col pieno di benzina… Due passi e VIA! Guadagno sullo scatto un po’ di posizioni per poi – come spesso accade – riperderle alle prime curve; comunque sia il mio primo turno rende sette posizioni: al mio cambio siamo 22° e stampo qualche 2.29. Brigida ha meno cavalli ma ha una forcella più efficace soprattutto sullo sconnesso nel curvone veloce dopo il cavatappi, e stanca meno di Orfeo. Passo ad Antonio che veleggia anche lui bene. Nel frattempo nonostante un muletto giallo tirato fuori dal sacchetto delle patatine, il Taurus trincia ingranaggi ed è già costretto al ritiro. In testa è una storia a tre: Phase One, i fratelli Segarra e Moto Bel (madonna quanto curvano bene… uno spettacolo). Anto rientra e mi cede il bolide con la spia rossa del generatore acceso. Non c’è tempo di controllare: andiamo sperando che la batteria regga o che succeda qualche miracolo. Esploro un po’ tutte le varianti del “lo so cosa devo fare, il problema è farlo”. Che è un po’ la storia della vita. In realtà almeno qualche volta, i due curvoni veloci sono presi meglio, complice anche la fiducia nella forcella. Tranqiulli, compenso con altre cazzate sparse per la pista… raramente stacco ai 100 metri al muraglione, per esempio. 
Alla curva prima del cavatappi mi passa Moto Bel, alla grande naturalmente. Cerco di incollarmi ma in uscita dal cavatappi rallenta e tira dritto nella via di fuga. Peccato, la gara perde un gran protagonista. Intanto GG Team mette a frutto alla grande l’allenamento su questa pista e l’aver fatto diverse gare di recente: vanno molto forte e veleggiano poco oltre la decima posizione. Un bel salto di qualità, sciapò! Vanno gran bene anche i vitelloni, attorno al 15° posto, mentre i Liciiiiiis e Wess & Dori sono indietro. Risalgo dal curvone ante-rettilineum e improvvisamente a destra sento baccano. E mò che succede? Non abbiamo spaccato abbastanza?!? Istintivamente rallento, dò uno sguardo rapido ma non capisco cosa si sia rotto. Raggiungo con cautela i box (anche se la moto sembra andare bene), guardo meglio: ziocàn, ho perso lo scarico destro! Si è proprio rotto il collettore tra l’incrocio e il silenziatore, con tanto di bordo frastagliato, così come si è tranciato il supporto del silenziatore! Ma come è possibile? E soprattutto: speriamo di non aver centrato nessuno! Credo sia volato via lungo il curvone (eeeeh lo so, la forza centrifuga era tropp… ehm ok) immagino ruzzolando fuori dalla pista. Meno male porto sempre gli scarichi di scorta: adrenalinico per la soluzione, investo il Mattia (che aveva in mano la batteria, pensando mi fossi fermato per cambiarla) di una duecentina di decibel tanto che lo spingo con le onde sonore a recuperarli. Quei bastardi dei liciis e W&DG ne approfittano per infilarsi nel nostro stesso giro. Rientro stampando di nuovo buoni tempi (si fa per dire) per poi passare i semimanubri ad Antonio che resiste bene, siamo attorno alla 25° posizione e si fa buio, bisogna accendere le luci. Antonio ne usa una sola per risparmiare watt e rientra. Salgo e riparto e già in pit-lane vedo che il contagiri comincia a fare le bizze. Brutto segnale, sta calando la corrente. Resta un faro davanti e due pilette del Brico acquistate la mattina nella vana illusione che ci aiutino a vedere i cordoli interni. Non serviranno quasi a niente. Si vede ancora meno e mi affido, come quando si guida nella nebbia, alle luci di chi incontro davanti. Meno male non si resta spesso da soli… sento sorvolarmi gli avvoltoi visti il tardo pomeriggio prima (spettacolari!!) e mi arrabatto. So che manca poco, cinque-sei minuti, purtroppo non c’è nessuna segnalazione del tempo sul traguardo, incrocio di tutto sperando che la batteria regga…

MEZZO.
In fondo al megarettilineo vedo la luce diventare fioca. Ahia. Passo sul traguardo nella speranza di vedere la bandiera a scacchi, niente. Mi inoltro in salita con più luce di pilette che di faro, e improvvisamente alla curva 6 la moto strattona, si spegne tutto a singhiozzo. Intanto sul traguardo sventolano la bandiera a scacchi: gara finita! Fine del cinema. Fa talmente buio che manco mi notano i commissari. Poi mi prendono e mi piazzano sullo scooter, a Brigida ci pensano loro. Molto professionali. Il viaggio lungo le stradine di servizio è momento di tristezza e pensieri. Abbiamo commesso un errore, dovevamo cambiare la batteria in una delle soste, oppure in fondo abbiamo fatto bene a tentarla, visto che avremmo perso posizioni con la sostituzione? Quel che è certo è che non abbiamo visto la bandiera a scacchi che è una cosa bellissima e che un po’ mi manca, dato che difficilmente tocca a me questo bel momento.
Rientro in tempo per i festeggiamenti al team Motobox. Hanno vinto loro e mi viene da pensare che a volte le cose non accadono per caso. Li festeggiamo tutti, vedo presenti anche Teto e Javier, altri due gran pilotoni del gruppo di Cartagena. Phase One secondo, splendidi undicesimi i Ramones GG Team, diciassettesimi i vitelloni. I Liciis e W&DG non li cito, ecco. Poi mesti leniamo la delusione caricando le carabattole sul camion finchè passa. Sfiga, certo, e ti resta sempre il dubbio se dovevamo fermarci o no; comunque sia la gara ce la siamo goduta tutta (meno un minuto), siamo tutti interi, la pista è splendida e stramerita la trasferta, e la terra di Spagna ha sempre qualcosa di speciale, anche negli angoli più brulli.

CLASSIFICHE

 

GALLERY

100 anni in due, a capo nord

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100 anni in due, a capo nord

di Mirco Spinelli

 

Ho da anni una guzzi california 850, alla fine di giugno mi sono detto “ la moto compie 40 anni io ne ho quasi 60, 100 anni in due” facciamoci un regalo e una scommessa ,andiamo e torniamo a capo nord senza nessuna organizzazione e in solitaria.
Detto fatto porto la moto da Ettore Pierone di Bovolenta (PD) che da diverso tempo la taglianda e lo fa con professionalità e passione,gli dico, cambio gomme tagliando completo revisione contachilometri che venerdì voglio partire x capo nord .mi raccomando fai un buon lavoro, dimenticavo era sabato mattina 29 giugno io partivo il 5 di luglio.
Fugaci sbirciatine su internet x calcolo km itinerari strade e varie notizie che possono sempre servire,mercoledì in tempi record tralasciando altri lavori la moto è pronta e si ritira , giovedì si lavora normalmente acquisto cartina della Scandinavia ,è vietato GPS e modernità varie.
Mi preparo in completo silenzio le borse con pochi cambi di vestiti x lo più invernali tuta anti pioggia completo moto tenda sacco a pelo fornelletto caffè alcune cibarie in scatola frutta fresca e secca cioccolata nutella.
Notte fonda sistemo le borse della Givi e la tenda sul portapacchi del California si sistema la borsa sul serbatoio con sigari cartine stradali penne blocco x annotare e controllare consumi km fatti costo benzina.
Due ore di sonno alle sei silenzio totale tutti dormono vestizione sistemata al casco si parte, il tempo a disposizione è di 10 giorni da venerdì 5\7 a domenica 14\7 calcolando che all’incirca tra andata e ritorno sono 9000 km dovrei tenere una media di 900 km al giorno, non voglio fare il turista non voglio fermarmi in ogni città ,non voglio vedere tutti i fiordi, voglio mettermi alla prova stare da solo e pensare.

Normale sino a trento autostrada sino confine con Austria passata velocemente poi Germania tutta d’un fiato, sosta dopo Hannover poche ore di sonno su una panchina in area di servizio caffè da moca cioccolata e via traghetto Putgarden x Rodbyhavn Danimarca, Copenaghen tunnel e ponte foto confine Svezia Malmo dritto come un fuso verso Stoccolma , giratina in centro foto e via frutta al volo soste ogni 250\300 km, mi fermo a dormire all’incirca presso forse Hudiksvall non tengo conto dei paesi e villaggi dove passo guardo con piacere e soddisfazione il paesaggio stupendo. Fumatina poche ore di sonno caffè passeggiata e via si passa in Finlandia arrivo a Rovaniemi alle 23 penso di trovare babbo natale sveglio ma purtroppo stava dormendo quel po\po di consumismo che ci gira intorno è completamente sbarrato, visto che c’è ancora luce proseguo mi fermo verso le 24 è giorno area di servizio prato pianto tenda battaglia con zanzare giganti foto in notturna paesaggio e nuvole stupende silenzio rumoroso.
Tre ore di sonno ristoratore e si riparte rifornimento colazione alla finlandese e via, verso capo nord strade deserte poche macchine molti camper ,4 renne spelacchiate che attraversano la strada e sembrano messe dall’ente del turismo finlandese x i turisti. dopo tre giorni di sole inizia a piovere bene, la meta si avvicina rifornimento sotto una pioggia ghiacciata x arrivare in sicurezza al globo.
Piove sempre di più tira un vento che sposta la moto la foschia lambisce la strada rombo del motore perfetto ,prima di affrontare il tunnel sotto il mare mi accorgo che le frecce e il clacson non funzionano più e che il faro manda una luce sempre più fioca che fare? Intorno il deserto bufera di pioggia nubi sempre più basse ghiaccio in lontananza ,e se l’alternatore non carica corro sino a che tiene la batteria poi mollo la moto e torno in autostop. Inizia il tunnel mi accodo dietro un camper a distanza di sicurezza e inizio a scendere nelle viscere della terra i pensieri si sovra pongono velocemente e se si ferma nel tunnel? Come fanno quelli in bici o a piedi che ho trovato lungo la strada? il tunnel diventava sempre più buio e freddo, confesso ho avuto timore ma mi sono detto che la vecchia non mi avrebbe mollato e se fosse successo non mi sarei incazzato sono partito da casa con lo spirito leggero “quel che succede succede” si prende tutto con filosofia.

Finalmente fuori dal tunnel ma mi aspetta una pioggia e un vento che mi sembra ancora più forte , da bora di trieste, manca una trentina di km tra tornanti ,vento che sposta la moto e freddo che entra nelle ossa ,incrociando le macchine o i pullman che scendevano bisognava fare molta attenzione, gli ultimi km non finivano mai,poi all’improvviso un casello dell’autostrada ti si para dinanzi pago passo parcheggio e mi avvio verso il mappamondo CI SONO ARRIVATO bagnato fradicio infreddolito stanco ma soddisfatto, foto di rito e poi al caldo perché il vento soffiava sempre più forte o almeno mi sembrava.
Al calduccio finalmente rifocillarsi e scaldarsi sms al meccanico ettore del problema moto, risposta velocissima fusibili saltati, rigirata e foto al mappamondo fumatina e poi via a cambiare i fusibili mi sembrano tutti a posto ne cambio due a caso e come x incanto la luce funzione non cosi le frecce, embè viaggeremo senza frecce ,sollevato e sempre più bagnato mi accingo a lasciare quel sasso tanto desiderato ma inospitale .riparto con lo stesso tempaccio della salita e penso ho quasi 60 anni con la moto fanno 100 sono partito da padova 4 giorni fa e alle 18 sto scendendo da capo nord avendo vinto la scommessa con me stesso.
TOTALE KM PADOVA NORDKAPP 4250.
Non funzionano le frecce ma il resto è ok, pensavo di incontrare qualche italiano ma targhe italiane non ne spuntano, x fortuna non soffro di solitudine. Il motore canta che è un piacere si scende facendo ancora più fatica che in salita ma mi sento leggero leggero e mi dico stasera niente tenda dopo tanto vento e pioggia al primo albergo mi fermo doccia bollente pasto passeggiata a mezzanotte come fosse mezzodì fumatina decisione tragitto x l’indomani e poi a letto in un albergo senza lode ma con tanta infamia caro come un 5 stelle in italia.
La meta e stata raggiunta , decido di scendere dalla Norvegia giro fiordi, sempre purtroppo sotto una pioggia incessante e siamo a martedì, paesaggi stupendi viste mozzafiato freddo e vento, norvegesi che campeggiano in mezzo al nulla più assoluto venditori di souvenir che spuntano da una curva nella solitudine totale,e si va via fiordi tra lavori in corso x rendere una strada normale in qualcosa di più sofisticato i paesi e i villaggi si susseguono tutti uguali anonimi ma lindi puliti e silenziosi .
Sosta a 4800 km x controllo olio x sicurezza il livello è lo stesso della partenza quindi tutto a posto ,piove piove piove arrivo in un paesino anonimo mangio e dopo altro giornata di pioggia cerco un albergo caldo caldo,purtroppo ancora più caro dell’altro ,poche ore di sonno fumatina ricca colazione e si parte ,fiordi fiordi e ancora fiordi un po’ mi sono venuti a noia e riscommetto con me stesso”dopo tanto freddo voglio essere a padova x sabato così domenica vado a crogiolarmi al caldo.

Corro sino a che ce la faccio area di sosta prato tenda poche ore di sonno ricca colazione e via verso Oslo direzione centro come arrivo in centro la moto non rende bene oddio non è una moto da città, e mi accorgo che si è allentato un tubo di scarico sosta x raffreddare tubi avvitamento e si riparte direzione Goteborg x Frederikshavn traghetto alle ore 16, ma l’avvitamento non regge che fare? altra sosta, cercare pezzo di ferro x legare ghiera tubo scarico trovato x caso una fascetta fissata sulla testa e via un po rumoroso ma efficace.
Ore 20 traghetto Goteborg si traghetta in Danimarca caffè con moca con motociclista finlandese che vive in spagna cena e poi via in strada tenda fumatina poche ore di sonno e si riparte, si riattraversa la Germania sosta sopra monaco riposino 4,30 sveglia 5 pronto x partire messaggino a Ettore arrivo prima della chiusura aspettami .
Sabato mattina ore 12,20 arrivo di fronte officina di Ettore pietrone via padova Bovolenta meccanico di moto con una certa età ,km 8720 percorsi padova capo nord-Bovolenta giorni 8 1\2 stanco ma soddisfatto, vestito come arrivassi dal polo nord.
Un viaggio da fare magari con più tempo ma assolutamente da fare…….

Uinterparti 2013: commenti

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uinterparti 2013

Video di Anima Guzzista
Born to be wild

Chitarra

uinterparti 2013 – Nello
Video di Antoncave
Seiesimo Uinterparti 1

Seiesimo Uinterparti 2

Seiesimo Uinterparti 3

Foto

Album di Anka su Facebook(occorre essere registrati per vederlo)

Album di Antoncave

 

Commenti

cipo

vi amo bastardi!!!!!!!
come sempre è stato un successo!!!!
ma non ho capito cos’è il fisting????? pandora mi fai un disegno????

Maelganis

Rientrato ora,è incredibile come ogni uinter sia un’esperienza unica,e quello che lo rende così sono mille piccoli particolari ed esperienze irripetibilie
siccome come sempre non sono un granchè a scrivere passo solo a ringraziare:
Il Verde,sempre perfetta cornice dell’evento e luogo incantevole
Il locale “Alvi” per il buonissimo pranzo del sabato
Stefano della Millepercento per avermi fatto sedere sull’MGS e per le mille spiegazioni che solo un concessionario costruttore può dare
Lo shop della Guzzi per la bellissima giacca che indosserò per i prossimi 100 anni 😀
Goffredo e Daniele, perchè anche solo a sentirli parlare ho imparato un milione di cose
Il presidente per la sua passione immensa che rende possibile tutto questo
la vice presidentessa per la sua pazienza immensa che rende possibile tutto questo :clap:
Nello…perchè è Nello,Grazie di esistere!!!!! :volemose:
La Band per la grande musica,le canzoni,gli assoli,la tastiera leopardata,la chitarra alluvionata….E mille altre cose che li rendono unici
Scurzon per Born to be Wild,che mi è piaciuta più dell’originale,e la performance di altissimo livello,Grazie
Skleros per il passaggio e la pazienza,anche se sei per metà francese sei un grande!! :volemose:
La gentile consorte per il duetto “Simpaty for the Devil” grazie infinite! :ok:
La gurdia della fabbrica che ci è venuta ad aprire…Mi è sembrato di entrare a casa di un vecchio amico invece che in una fabbrica
Il Monza per il più bel complimento che mi sia mai stato fatto
E poi…e poi Beppe,Pandora,Pandoro,Lino,Tatiana,Cipo,Mario,Daniele,Anka,Francesca,e tutti voi…Siete Grandi…Grazie ancora una volta!

BeppeTitanium

Nonostante l’influenza (che ha scassato molto), non si può mancare al Uinterparty
Non si può raccontare, si può solo vivere!!
Ma ‘st’Anima Guzzista quanto è ….. IMMENSA!!!
Grazie a tutti, non vi posso nominare uno a uno, ma una nota particolare a Skleros è doverosa: pur essendo (anche) francese … direi che si merita di essere un Guzzista!!
Finalmente posso cambiare l’Avatar (anche se la differenza è sottile :rollin )
Chi c’era sa, che non c’era deve e può solo immaginare chi sia la mia controfigura 😉 :b

Grazie a tutti

P.S.
Ma perchè non facciamo un doppio appuntamento Uiterparty 1 e Uinterparty 2 ???

nuradler » domenica 13 ottobre 2013, 17:48

Serata bellissima e piena di emozioni è sempre bello partecipare ,rivedere poi qualche amico convalescente mi ha fatto immenso piacere

Un grazie a tutto lo staff e a tutti i partecipanti, uno in particolare …quel …ormai famoso… e navigato Guzzista ..ANDREA LIVIO , che ho fatto alzare o per meglio dire … sgombrare dal tavolo, perché aveva messo le sue cose…era in moto… sulla sedia che avevo riservato ad un partecipante..non sapendo chi fosse , con garbo ho chiesto se scriveva sul forum.. lui mi dice..con una calma da filosofia zen.. non conosco nessuno …sono qui per unirmi a voi dopo due anni in giro per il mondo in moto e + di 100k km fatti con la Guzzi Stelvio …..

poi sempre molto serafico e garbato mi porge un cartoncino tipo brochure con tutto il percorso mondiale che ha fatto in moto ….

Sulla brochure c’è anche un link molto bello dove si ammirano gli eventi del mitico viaggio con foto e filmati.

http://www.stelvio2stelvio.it

Azz…. scusa Andrea :volemose: sono stato veramente felice di conoscerti e spero di rivederti tra di noi in AG,
poi la presentazione di Goffredo ha fatto il resto.
Grazie a tutti, un arrivederci e felice di aver partecipato.

Goffredo

Al solito: le parole non renderebbero giustizia all’evento.
dico solo GRAZIE allo staff per avermi assecondato nell’unica data libera che avevo! :volemose:
Grazie alla band più figa dell’universo mondo! Rompere una chitarra custom made di Enrico… Per tutto il resto c’è mastercard… :asd: :volemose:
Ah, poi però mi sono dimenticato però due cosette: un grazie alla MPC per l’accoglienza al sabato mattina e per la pazienza!
Un inchino al grande Ettore che si è di nuovo superato con il gesso della Le Mans 850..

Poi volevo istituire una sorta di Swat Team Anima Guzzista dedicata agli eventi: no dico ma vi pare possibile che si faccia un uinterparti senza Tatuato? Senza Gasgas? Iko? Vladi? E… non li dico tutti ma c’erano assenti pesanti (intendevo metaforicamente, non solo Fange!).
Che non accada mai più: ve mannamo i ninja a rapirvi.

E poi porca zozza: Un brindisi per Giovanni, Mirko e gli altri amici e fratelli che ci hanno lasciato. Mi ero ripromesso di dedicargli sempre un momento, me lo sono dimenticato :wall:

Scusa Claudio, fratello mio che te sei andato il giorno del primo uinterparti, questa è per te e la canteremo al prossimo:

My baby was there, she shown me the way,
I promise I’ll never let your memory fade away
Wherever we’ll go, you come along, there’ll always be a bike for you
Whenever we’ll raise our glasses, that’ll be a toast for you
And in the end because of you, I’ll understand at last
The meaning of that poetry that we printed on a t-shirt
Just because it sounded cool:
We few, we happy few
We few, we happy few,
We band of brothers

Un abbraccio a tutti e a tutti grazie di essere Anima Guzzista.

G&F
PS: Uinterparti bis a gennaio? parliamone…. 😉

Tonirag

La colonna Romana è rientrata a casa.

Ovvero Tonirag, Artack, Nello e la tenda ritrovata (‘tacci sua… :b )

che è diventata la nostra mascotte…. :asd:

E siccome la sempiterna pioggia di Mandèl anche stavolta ci ha

disintegrato i maroni, proporrei caldamente un soleggiato SpringParty…. :ok:

A presto per qualche commento.

Che figata!!
innanzitutto grazie al sempre grande Guzzirock e la bend, Goffredo e Fra spettacolo sempre garantito
Carla e Aidan che ci hanno dato una mano tra gadget e iscrizione, il concessionario Millepercento, la Moto Guzzi, Scurzon che non la dice tutta, Tatiana e Pierluigi, Licio bello il pezzo nuovo, Anka, Andrea Livio… tutti, tutti, tutti. Sì, vien voglia di replicare…

Poi, infine, il numero uno, la sintesi suprema della minchitudo:
http://www.youtube.com/channel/UCMxRwqlU2a56G1_VuPUwA8Q

(domani altri video)

V
Alberto & Rosella

Anka

beh che dire, dopo l’incontro di primavera in Toscana, quest’anno avevo deciso di non mancare assolutamente all’ Uinterparti. (l’anno scorso era saltato all’ultimo giorno ahimè)
come alcuni sanno per non farmi mancare niente sono partito venerdi dal primo pomeriggio in moto, per poi ritornare sui miei passi appena un’ora dopo la partenza per problemi alla mia amata 850T. (cosa che peraltro non ha fatto che rafforzare il mio anno orribilis in fatto di sfighe certificato anche dalla targa ricordo che mi avete donato)

sabato mattina visita alla millepercento, bella colazione offerta dai ragazzi e curiosata alle moto in mostra nel loro bellissimo spazio.

sono salito sulla MGS01 e la Alba, beh che moto ragazzi!!!

fare il giretto in auto non è proprio come passeggiare sgroppando sulla mia Guzzi in giro per le valli!!!

pranzetto veloce da Alva, una sorta di rosticceria formaggeria negozio guazzabuglio dai mille odori e sapori.

visita di rito al museo Guzzi e al negozio per alcuni acquisti

partenza direzione Al Verde per prendere possesso della camera dove già si erano sistemati i miei compagni di stanza, Maelganis e Beppino.

poi la serata la conoscete tutti, risate, racconti, minchiate da guzzisti, magnata e grazie anche a 5 birrette una mia performance canora da pelledoca, (nel senso più dispregiativo del termine) poveri voi.

mi sono trovato proprio a mio agio tra amici non solo più virtuali, e non posso non dire che aspetterò con ansia il prossimo incontro, al quale spero di conoscere il fantomatico Tatuato del quale tutti voi narrate le gesta. (ma esiste davvero?)per adesso mi sono accontentato di prendere il suo posto a letto con BeppeTitanium che anche complice il suo malanno non mi ha fatto chiudere occhio, mannaggia a lui e al trattore Landini che ha in corpo.

un saluto e un ringraziamento ad Alberto the President, Rosella e allo staff tutto per la targa Quadrifoglio della quale sono stato insignito, (mia moglie stà ancora ridendo dalle due del pomeriggio), ad Enrico e la Band per avermi lasciato rovinare la storia della musica, Nello, Scurzon (che bella sorpresa), Maelganis, Backstreet, Lino, Aidan, Ticcio, Tonirag e tutti quelli dei quali non conosco e non ricordo il nome, Goffredo e la Francesca che mi hanno fatto compagnia fino a Milano nel viaggio di ritorno.

GRAZIE

Anka.

Macio

Grazie a tutti, anche da parte di Antonella, il Macio jr, fratello, cognata, amica e relativo bimbo. Ci siamo trovati benissimo come sempre, il solo cruccio delle assenza storiche, speriamo sia la prima e ultima volta.

Grazie anche per l’immeritata targa, inaspettata quanto gradita.

Vi lovvo tutti!!!

antocave

A Mandello durante l’anno ci sono moltissime giornate di sole, 😀
ma se si prospetta un qualsivoglia evento guzzista…
si aprono le cateratte del cielo, arriva il vento gelido del nord e chi più ne ha più ne metta

Anche stavolta nonostante fosse ottobre
Uinterparti era e WINTER è stato!

In ogni caso è sempre fantastico ritrovarsi tra vecchi e nuovi amici

Skleros

Che dire ragazzi che non abbiate già scritto… 😀
Anche se sono a casa con l’influenza (ricordo dei baci appassionati con il grande BeppeTitanium ) è da ieri che ho un sorrisone stampato in faccia che non va più via!
Conoscervi di persona mi ha reso ancora più fiero di considerarvi la mia famiglia e ancora più convinto di aver condiviso con voi le esperienze più importanti (positive e negative) della mia Vita!
Mando un grandissimo abbraccio commosso di gioia ai “Pandori”, BeppeTitanium, Maelganis, AgenteWilma, TotoGigi, Guzzirock (+tutti i musicanti, le/i cantanti e coriste/i), la colonna romana, e tutti gli altri con i loro volti ben scolpiti nel mio Cuore :foryou: …ma proprio tutti eh!!!
Non vorrei cadere nel melenso ma una cosa fatemela dire: VI VOGLIO BENE!!!

P.S. A furia di insistere e grazie al vostro “lavoro ai fianchi” mia moglie forse forse si è convinta per la Bellagio infatti mi ha detto “guarda pure se trovi un’occasione”!

TATOoine

Ciao 🙂
io ho vissuto con voi solo … il venerdi sera e il sabato mattina
e posso solo immaginare il resto

grazie per la compagnia a cena, per lo spettacolo dopo cena, per …. com’è il California?
grazie a tutti

p.s. mi permetto di far notare che Nello stava “armeggiando” con la tenda in compagnia femminile

Pandora

I Pandori sono tornati a casa sani e salvi con il Bestio ed Eugenio.

Mi sa che eravamo quelli in moto da più lontano.

Vraaaaaaaaaaaaaa

Parlo anche a nome del Pandoro nel ringraziarvi e lovvarvi cosmicamente.

Solo alcuni appunti:

A- Io mi faccio tutti i raduni guzzisti del mondo (“mi faccio tutti i raduni”, non “tutti i guzzisti” :b ) e appena il Pandoro si compra una Guzzi lo premiate?

B- Da “Due guzzisti e un camper” a “Un guzzista e una tenda”, resta sempre protagonista indiscusso Nello.

C- Cipo credeva di sapere tutto, invece… Grazie a IlMario.

D- Grazie ad AgenteWilma di tutto.
A presto per tutto il resto.

Renato
E che dire se non GRAZIE a tutti ? 😀

La mia iscrizione al forum risale al 2006 (quando avevo la prima Guzzi da 3 mesi scarsi), ma solo quest’anno, dopo essere passato alla Norge, ho cominciato a vivere Anima Guzzista nella realtà, coi giri organizzati più o meno al volo e più o meno lunghi (da 80 a 640 km…), qualche aperitivo e, dulcis in fundo, il Uinterparti in versione autunnale.

Devo un grazie particolare ad Aidan :foryou: : nei girelli primaverili varesotto-lariani lanciati da lei ho conosciuto, tra i primi, Backstreets, ilmitico, Diegodelson, Aires, e via via tutti gli altri nelle diverse occasioni che si sono create durante l’anno.

La Guzzi crea dipendenza. Anima Guzzista… ne crea di più.

Diegodelson

Grazie a tutti !!!

Ero un po’ fuori forma, ma è stato bello rivedervi tutti :volemose:

Mi spiace solo di essere stato limitato dall’influenza .. nell’interagire con tutti
Vi abbraccio
a presto

Scurzon

anche da parte mia un grandissimo grazie a tutti

e ora posso dirlo
anzi, posso dirla tutta
addirittura posso anche cantarla tutta:
mi è piaciuto e mi sono divertito parecchio
è stato bello bello bello

essendo io particolarmente timido, quando sto in mezzo a molta gente sono un po’ in difficoltà
cerco di rimediare con lo humour
che però è molto mio e molto elvetico
per cui a volte funzia a volte ti trovi gente come Nello che ti guarda con espressione stralunata,
come a pensare: ma che è scemo questo?
e un po’ c’hai ragione di sicuro

per me sono anche stati 2 giorni senza accesso web
ora, di nuovo a un pc, vorrei ringraziare in ordine sparso quelli che mi vengono in mente
e già mi scuso con chi dimenticherò

Tattoine, che sa solo lui il nome del paese dove vive …
Nello con la mastercard per lo show della tenda …
Toni il cui humour va vissuto dal vivo per capire poi cosa scrive nel forum …
Artack attrattattacck per la grande simpatia e per lo stupore per mangiare un piatto sconosciuto fino ad allora (ma che è ‘sta robba?? PIZZOCCHERI !!)
Ledzep … che addirittura ci somiglieremmo …
Skleros e Artack per l’approfondimento scentifico sulle sigarette elettroniche …
Pierluigi, Tatiana, Andrea, Francesca per la simpatia …
Pandora per avermi aspettato quando tutti sono sgommati dopo una sosta di 10 secondi …
Pandora per il concerto del Nevada nelle gallerie …
Pandoro per il miglior sosia di Elvis del Uinterparti …
Scarface per avere illuminato gli ignoranti in merito al V11 …
Mek per i Veglia Borletti del Cali …
Beppe perchè esiste solo una moto al mondo … la sua !!!
Giako che come me aveva voglia, tanta voglia di km in sella …
il griso arancio per aver scelto me per scaricarmi adosso tutto il suo bagaglio che poi si è sciolto sulla marmitta …
Linolemans il condottiero che voleva portare il gruppo per pascoli …
Totogigi, il capitano, per richiamare all’ordine Linolemans con la dovuta autorità …
Ticcio per essersi offerto di ospitarmi nella sua magione per la notte …
Backstreets e (mannaggia, quando un nome non mi entra in testa c’è poco da fare) per il giro supplementare a Civenna ..
Goffredo per la tolla immensa che ne avessi la metà io …
Anka e Backstreets per gli uuuuh uuuuh su sympathy for the devil …
La moglie di Skleros per quanto canta bene … ma che non è facile quando i pezzi non sono nella tua tonalità …. ma sopra tutto perchè leggo che le piace la Bellagio :ok:
Guzzirock e la band per avermi permesso di fare una schitarrata insieme …
Ray Manzarek alle tastiere che ha scoperto che non è solo al mondo a conoscere Django Rheinard …
Tutti quelli che si sono complimentati per il delirio chitarristico … non sono abituato ai complimenti … grazie a voi …
Renato per il Montenegro e per aver resistito al wall of sound da stadio …
Antoncave per la presenza continua e per fotro e video … tenchiu so much …
Andrea Livio che sarà anche più timido di me che non so chi è lo saluto due volte ma non mi risponde … ma poi arriva a scroccare le sigarette :asd: …
e ancora Giulio, Luca …
quelli che erano malaticci ma non son voluti mancare a tutti i costi …
quelli che la Bellagio ce l’hanno …
quelli che la Bellagio la vorrebbero …
quelli che c’hanno il centauro …
quelli che c’hanno centauro e bellagio …
quelli che ho dimenticato …
quelli che non ho conosciuto e sarà per un altra volta …

Sharp dressed man era per … Beppetitanium, perchè ci vuole un certo look …
Born to be wild era per … tutti selvaggi …
wish you were here era per … tutti quelli che non hanno potuto esserci

domenica rientro in solitaria
3 ore sotto l’acqua
anche questo l’ho apprezzato enormemente

grazie, grazie, grazie e alla prossima

MEK1

Ecchime, ho “fatto solo” il giro del sabato pomeriggio, ma come sempre è superbello rivederti tutti….o quasi
Al prossimo sarò presente anche per la cena …….ciao belli….

E la Guzzi logora chi non c’è l’ha ………..

Grazie a te! Di cuore

CapMarvelJr.

E ribadisco: ‘STI CAZZI! Che voce, accidenti! E che stile!

E aggiungo: GRAZIE A TUTTI!!!

E auguri al presidente, visto che non glieli ha fatti nessuno

P.S: Propongo una petizione: vogliamo AgenteWilma come PRESIDENTE INTERGALATTICO!

Come si sbatte lei non si sbatte nessuno (e non me ne vogliano gli altri)

ilmario

😀 poche parole ma sincere GRAZIE !!! a tutti e stato come sempre,ovvero molto bello x i maschi un grande abbraccio e alle femmine un grosso bacio :kiss:
ciao a tuch

V-007

Bello come sempre, vorrei dire di più ma non ne sono capace.
Un saluto ed un abbraccio a tutti!

Mingus tra i minkions, grazie Guzzirock!

matte73

E con grande felicità posso urlare…….io c’ eroooo!!! grazie a tutti, tutti grandi

Pandoro

In ritardo ma arrivano i ringraziamenti sparsi anche dal Pandoro.

L’Uinterparty è sempre L’Uinterparty!!! Evento mitico in un posto altrettanto mitico, ( Il verde a Mandello), con un tempo unico (Piove sempre)!

Emozionato e felice per aver riportato a “casa” per la prima volta la mia Guzzi e altrettanto per aver rincontrato i vecchi amici e averne conosciuto di nuovi.

Un grandissimo grazie a tutta Anima Guzzista per il solo fatto che esiste e “vale!!!” e anche per il premio assolutamente immeritato.

Un grazie estremamente particolare e sentito (vraaaaaaa) alla Pandora $:-}8 ! Senza di lei non sarei tra voi e giustamente non avrei vinto il premio.

Speriamo ci sia presto l’occasione per ritrovarci tutti insieme.

Salutoni!

Igor alias il Pandoro

Aidan

Scusate il ritardo, ma volevo postare una foto e nonostante abbia fatto l’upgrade ai capelli, ho avuto i tipici problemi da bionda. $:-}8

Che dire?
Sinceramente non ho parole.
Non mi aspettavo il premio
http://imageshack.us/a/img826/8257/dp7b.jpg
In fondo non ho fatto niente per meritarmelo se non fracassare la moto su un apecar quasi fermo, in sorpasso. Ma si sa: la classe non è acqua

Grazie a tutti per la bella serata, in particolare grazie a Rosella che ha molto insistito per farmi partecipare nonostante io nicchiassi, e a Beppe che ci ha messo del suo. Ero un po’ scoraggiata per le condizioni della mia mano che migliora molto lentamente e parlare con Ticcio mi ha fatto bene… Perchè è vero che condividendo le sfighe, sembrano pesare un po’ meno.
Sto facendo riabilitazione ed è una cosa dolorosa. Per rendervi l’idea, è come schiacciarsi le dita in un cassetto.
So che va fatto e che se anche ora non vedo progressi, li vedrò presto. Ho solo bisogno di tempo per convincermi.

Sabato è stata una serata di ordinato (non certo ordinario) casino degna di AG. Si è sentita purtroppo la mancanza di alcuni pittoreschi soggetti, ma mentirei se dicessi che i presenti non hanno comunque dato il meglio di sè.

Mi sono divertita un mondo a vendere magliette e spero di poter praticare ancora questa attività in futuro. Mi sono anche fatta autografare il libro d’argento da Goffredo, posso chiedere di più?

Confesso che sono fuggita prima del gran finale, ovvero prima che il BAR venisse ufficialmente aperto. Ero molto stanca e atrocemente raffreddata. Ma me ne sono un po’ pentita. Mi ha fatto davvero piacere rivedervi tutti.

In questo ultimo periodo sono stata un po’ assente dal forum. Avevo bisogno, come si dice, di riordinare le carte sparpagliatemi dal vento.
Magari adesso ritorno.
Piano piano.

A.

PS: scusa Pandora se per avere un premio a me basta fare un volo tra gli alberi e tu invece sei costretta a scarrozzarti dietro il Pandoro, non è mica colpa mia!

Carthago

Tenchiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
Per rimanere in tema di UINTERPARTI, grazie a tutti, mi ha fatto piacere rivedere persone convalescenti e non, è sempre bello ritrovarsi.
Grazie per la bella serata, anche da parte di mia moglie e mia figlia, anche se sono rimaste poco ad assaporare le prelibatezze del Verde, sempre all’altezza della ristorazione guzzista.
Grazie ai musicisti, sempre pronti e bravi, ma mi sono perso la performance di Scurzon.
Grazie in particolare al Presidente, Goffredo e Rosella. ( DIETRO AD UN GRANDE UOMO, C’E’ SEMPRE UNA DONNA CHE … )
Alla prossima.
Luca

fighter

Un saluto ed un ringraziamento alla “famiglia” di Anima guzzista che nel Uinter party il mio compare guzzista (che da domenica chiamo per scherzo..”zainetto fumante”… griso arancione ) ed io (V11 bianco) abbiamo conosciuto ed apprezzato. Un grazie anche alla organizzazione. Alla prossima, sperando che il tempo ci assista infatti dopo le GMG 2011 e questo ultimo week end, noi Mandello, o la strada per arrivarci, l’abbiamo vista sempre sotto l’acqua CIAO

P.S. domenica mattina sulla serravalle sotto l’acqua.

Greta

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di Grigiotopo

 

Questa è una bella storia con un lieto fine. Ieri ero impegnato in un bel giretto con dei guzzisti smanettoni. Dico impegnato perché per stargli dietro con il mio Cali T3 del ’75 ho fatto un bel po’ di fatica. Tant’è, abbiamo fatto sera e via via il gruppo scemava. Un bivio, un colpo di clacson e via che il gruppo diminuiva. Sulla via del rientro, con già il sole basso, mi perdevo a guardare la mia ombra sull’asfalto, con la ruota che girava. La degna conclusione di una giornata coi fiocchi, con le minchiate che solo un gruppo di animeguzziste sanno dispensare con tanta abbondanza. Freccia, ed ecco che il capofila accosta per un’ultima sigaretta. Rallento, scalo 1, 2 marce, scalo la terza ed il bilanciere si affloscia come una medusa al sole. Uh oh.
Guardo gli altri con lo sguardo tipo labrador della scottex. Capiscono che qualcosa non va. Subito si forma un capanello di espertoni meccanici, ma la diagnosi è rapida e dolorosa. Un braccetto del leveraggio del cambio ha deciso di crepare lì, a San Casciano , a fianco di una panchina, con l’ora già tarda, ma sopratutto a 54 chilometri da casa.
Mentre mi sdraio per terra, nella più meccanichesca delle pose, gli espertoni di cui sopra iniziano il valzer delle ipotesi. Si va da suggerimenti sulle più estemporanee riparazioni, al prelievo con carro attrezzi, al deposito forzoso nella vicina casa di una AnimaPiaGuzzista, al trasporto con elicottero, alla baratto del bestio con una tenda, all’accampamento sulla panchina per una improvvisata Oktoberfest.
Mentre, tra una Madonna e l’altra, io sto valutando la scelta tra Oktoberfest e l’elicottero, nel frattempo il gruppo aumenta. Guzzisti che, visto un loro fratello sdraiato con le mani sulla moto, si fermano e nella migliore tradizione Italiana, secondo la quale siamo tutti CT della nazionale, si fermano e dispensano consigli. Il capannello aumenta, gli accenti si mescolano e nel frattempo, il mio perno rotto è diventato un grippaggio, il cambio rotto, una ruota sgonfia, una scarpa slacciata, mio nonno aveva un Falcone.
Abbandono l’ipotesi Oktoberfest, a pagare da bere a tutti mi ci vole uno stipendio. Per l’elicottero è tardi.
Apro la bibbia che mi porto sempre dietro per cercare altre Madonne, ma in un versetto dei SS Carlo e Giorgio trovo l’ispirazione. “L’Aquila riportò sempre Zaccaria al tempio, egli, quando era colto da sventura, era solito rovistare nella borsa degli attrezzi per trovare aiuto e conforto”.
Mi riavvicino al Cali con rinnovata Fede, il capannello ha oramai quasi deciso che si tratta della famigerata molletta del V11. Mi faccio largo, apro le sacre borse laterali ed estraggo il borsino degli attrezzi. Lo apro e… miracolo… nemmeno un pezzetto di fil di ferro. Che guzzista del piffero sono. Adesso il capannello mi deride ed aprendo ciascuno la propria borsa degli attrezzi escono fuori, lime, salami, fiaschetti, cotton fioc, ma del fil di ferro nemmeno l’ombra. E poi il fil di ferro non basta, ci vuole un bastoncino, abbastanza robusto, per steccare il perno e permettermi perlomeno di inserire una marcia. Gia’, infatti la sfiga vuole che scalando dalla seconda sia entrato il folle, che a beccarlo alla prima nel mio Cali è più difficile che fare un numero di telefono a caso e beccare quello della Canalis, libero e libera anche lei per cena.
Ci vorrebbe un tubicino, esclama un vecchio canuto. Già, un tubicino rigido sarebbe perfetto, ma l’ora è tarda, è domenica e di ferramente aperte non ce ne sono. Parte il secondo valzer di perlustrazione nelle borse. Il bottino ammonta ad una lucertola, un peluche, un imbuto per damigiane e delle fascette.
Le fascette possono sostituire il fil di ferro, ma il tubicino?Arrivano ancora motociclisti, ed ogni volta occorre rispiegare tutto, confesso che mi sembrava di essere nel Monopoli, Imprevisti, arretra di dieci caselle e attendi 2 turni. Intanto le romantiche ombre lunghe erano ormai sparite… sta facendo buio penso ed urge tornare al tempio per i vespri.
“Va per le piazze e per le strade a diffondere la buona novella” Omobono 30, 12.
La bibbia mi viene in aiuto. Decido che è giunto il momento di chiedere supporto alla popolazione indigena. Scatto con un vermiglio V11, accompagnato da un guzzista, presso un gruppo di case vicine. Il compagno guzzista mi indica una porta, schiaccio un campanello.
La serratura scatta, la porta si apre. Entriamo e sulla destra un bambino che gioca col suo Gameboy non si cura di noi. Nell’altra stanza una donna indaffarata a pulire.
Che merda sarà suo marito penso, lei qui a sgobbare e lui al circolo a vedere la partita.
La donna si volta e dice, ciao amore. Mi sbagliavo, il marito non è una merda, e non è al circolo. Era in moto con me, dalla mattina.
Dopo i convenevoli di rito ci mettiamo alla ricerca del tubicino. Purtroppo la sfiga ha voluto che il guzzista non avesse in casa nemmeno un cacciavite. La cosa più vicina ad un attrezzo era una curiosa farfalla vibrante in silicone, utile in certi momenti, ma inutile per il mio frigido cambio.
Il tempo scarseggia, ho già in mente il lungo viaggio che mi attende, forse con una marcia sola, magari la seconda… o la terza. Le sole che permettano al Cali di partire da fermo, specie se zavorrato da 120 chili di panzuto bipede toscano.
Mentre la disperazione a grandi passi si sta facendo largo nel mio cuore di fedele, la donna, l’unica ancora con i nervi saldi, esclama: “Questa puo’ andare bene? È la cerbottana di Greta?”
Greta… le parole mi suonano come miele. Capisco che è fatta. Tuttavia è curioso penso, in questo villaggio anche le giovani femmine sono dedite alla caccia… ma che diamine… SIII!!!! La cerbottana altro non è che un tubicino di alluminio, appena più grande del necessario, ma si può e deve adattare. Penso che la fortuna inizia a girare, ma ancora una volta mi sbaglio. La donna esige un pagamento per la cerbottana, dopo una breve contrattazione gli lascio il guzzista, con casco in carbonio e tuta di pelle. Un affare mi dico.
Torno dal Cali, dove il gruppetto ancora discute. Hanno chiamato Murri, Scola, Letta, Scalfari, Bergoglio. Quest’ultimo non l’hanno chiamato, ha chiamato lui come da tradizione, allertato da Murri.
Iniziano alacri le operazioni di riparazione. La cerbottana viene tagliata alla giusta misura con una lima da unghie, sul marciapiede, mentre sulla panchina si affetta un salame.

Un po’ di grasso sulle mani, un po’ di sporco sui polsi. 2 fascette. 1 fetta di salame e l’archibugio è pronto.
Una rapida prova ed appare subito chiaro a tutti, tranne a quelli già in overdose per le emosuine del salame, che la cerbottana fa il suo dovere… permettendo di salire di marcia, ma le fascette non reggerebbero alla pressione del mio 46 a pianta larga per scalare. Maledetta carenza di ferro… di fil di ferro.
Si prospetta un mesto ritorno in 3 marcia… ma sarò comunque al tempio prima di notte fonda. E così, come i 3 re magi, monto sul mio CaliCammello e lo avvio. Una pressione sul bilanciere e la seconda entra senza esitazione. I guzzisti intorno sono euforici e da sotto una sella esce un prosecco. “Lo tenevo per un’occasione del genere”, dice un guzzisto con accento Pisano.
Ma io ormai non penso alle bolle, immagino l’ingresso del tempio davanti a me, sgasso, tengo su i giri ed in una fumata grigia di olio come le frecce tricolori, decollo, tra guzzisti brilli e le luci della sera ormai avanzata.Il ritorno è stata un’avventura. 1 ora e venti tra stop in salita da bestemmie, vecchini che saltano gli stop, partenze bruciafrizione e 20 chilometri in superstrada a 60 all’ora, scortato dal guzzista canuto e con un’occhio al contagiri ed un pensiero alla piccola Greta, al quale ho sottratto la cerbottana senza nemmeno chiedere il permesso e senza nemmeno conoscerla.
Adesso sono a casa, il pezzo è già stato rifatto dal mio affamatissimo carpentiere di fiducia (lo pago in cene di pesce), e tutto è bene quel che finisce bene. Qualcosa mi manca però, ho la cerbottana di Greta senza la possibilità di sdebitarmi in modo adeguato, alla fine quel pezzetto di alluminio mi ha salvato le chiappe e non ho nemmeno la certezza che lei capisca l’importanza ed il valore di quel gesto. Allora le scrivo.
In mare, si è soliti dare alle barche nomi di donna, perché questo porta buon vento. Quindi ho deciso che del pezzetto di cerbottana farò un portachiavi e che da oggi il nome della mia moto sarà Greta, attrice anche se inconsapevole, di una storia di buoni amici e di sani valori. Forse adesso piccola Greta non capirai il succo di questa storia, ne tantomeno alcuni mie vaneggiamenti letterari, ma ti voglio ringraziare di tutto cuore e ti auguro di crescere con i sani principi che solo le animeguzziste ti garantiscono sempre.

Grazie ancora ed un abbraccio. Gianluca

Per dovere di cronaca
Grigiotopo nel ruolo del predicatore
Valtertre nel ruolo del Guzzista venduto per una cerbottana
TotoV11 nel ruolo del Canuto guzzista e dell’affamato carpentiere
Luca39, Reverendo e Zar75 sono stati il capannello
Guzzisti vari nel ruolo di comparse
Greta Veltre nel ruolo di se stessa

Tra Italia e Austria

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Ovvero: 1660 km su e giù per le Alpi con la NORGE 1200
Di Renato, alias Renato

Tra Italia e Austria

Dopo alcuni anni in cui, per un motivo o per l’altro, non facevo più viaggi di qualche giorno in moto (ne feci un paio col V65 Florida, nel 2006 e nel 2007, poi solo uscite in giornata), presa la Norge, ho voluto prendermi anche il tempo di viaggiare di nuovo con un raggio d’azione un po’ più largo. Detto, fatto.
Ecco un piccolo resoconto e qualche foto (l’album completo è qui: http://flic.kr/s/aHsjHxTF4A ) del mio “Viaggio tra Italia e Austria, ovvero 1660 km su è giù per le Alpi con la NORGE 1.200”.
 

Domenica 11 agosto 2013, km 253
Un rientro fin troppo tardo da Verona (sono andato ad assistere ad “Aida”, all’Arena, sono rientrato alle 5.15!) mi costringe a riposare un po’ e a partire solo nel primo pomeriggio: sono quindi le 13.30 do domenica quando sono pronto e accendo la moto. Il tempo è ottimo e non troppo caldo.
Parto da casa e passo da Ponte Tresa, Lugano, Porlezza, Menaggio per raggiungere la Valtellina, che mi accoglie con il suo nuovo ramo di superstrada che permette di evitare Piantedo e Delebio per sbucare direttamente a Cosio.
Risalgo tutta la valle, nella sua lunghezza quasi noiosa, e sono le 17 passate quando supero Bormio e salgo allo Stelvio. E’ una tappa doverosa: 10 anni fa, lo Stelvio fu teatro di uno dei miei primi giri “memorabili”. Allora ero con la mia Vespa PX125 del 1981, la cui velocità massima era, stante la marmitta ormai “piena”, di 70 kmh…
Sono in cima alle 18.00, foto di rito, panino e via! Scendo dal versante atesino per sbucare in Val Venosta. Mi fermo a Glorenza, la città murata, per una birra (festa in piazza con musica dal vivo!) e inizio a cercare posto. Trovo una stanza a Malles Venosta quando sono ormai le 19.30.

Tra Italia e Austria

Lunedì 12 agosto 2013, km 417
Il lunedì mattina mi accoglie con un cielo terso. Preparo il bagaglio, impego più del dovuto a pagare l’albergo per un malfunzionamento del terminale POS ma alle 9 sono comunque in marcia. Salgo verso il Lago di Resia. Una sosta a Curon Venosta è d’obbligo, con il suo campanile immerso nel lago artificiale. Pochi km ed entro in Austria: scendendo verso Landeck, mi fermo per il pieno e ricevo i complimenti da un motociclista austriaco stanco delle solite BMW (a proposito, ho incrociato decine di GS in tutto il mio giro…. e solamente 3 Norge…).
Esco da Landeck e mi dirigo verso Est, verso la famosa Oetztal, che risalgo in direzione del Timmelsjoch. La cima, a 2500 m, mi accoglie nella nebbia e fa piuttosto fresco. Ricordo dopo un attimo di avere le manopole riscaldate, così le accendo e non devo nemmeno cambiare i guanti: non sono ancora abituato a certi comfort, dopo anni con Vespa e Florida!
Arrivo a San Lorenzo in Passiria giusto per l’ora di pranzo. Vedo qualche moto ferma oltre il ponte e mi incuriosisco: c’è una birreria artigianale… aggiudicata!
Riparto dopo una buona pizza e un’ottima birra e salgo verso il Passo Giovo. Sosta di rito, qualche foto poi scendo verso Vipiteno da dove imbocco la strada del Passo Pennes. Lungo la salita assisto a un investimento di un capriolo, sbucato all’improvviso dal bosco mentre passava un’auto: fortunatamente non è stato preso in pieno, e subito si è rialzato ed è tornato sui suoi passi. Un bel monito: sempre massima attenzione e non esagerare col gas…
Arrivo in cima per scendere in Val Sarentino. Da lì scopro per caso una strada che sale a Vanga per portare sul bellissimo altopiano del Renon, dove ero stato in vacanza da ragazzino, nel 1997. Da Collalbo prendo per Barbiano, su una stradina strettissima quanto panoramica, e scendo verso la valle dell’Isarco.
Giunto a Ponte Nova imbocco la Val d’Ega per salire al Costalunga. La Val di Fassa, dove ho passato molte vacanze ciclistiche, mi accoglie con la solita coda del tardo pomeriggio. Il pieno a Canazei quando sono ormai le 19 e poi via, sui tornanti del caro, vecchio Pordoi. Scendo su Arabba per dirigermi a Selva di Cadore (BL), dove sorella, cognato e nipotini mi stanno aspettando, e dove arrivo poco dopo le 20. Poco prima di Colle Santa Lucia incrocio una Norge rossa, la prima delle appena tre che troverò sulla mia strada.

 

Mercoledì 14 agosto 2013, km 183
Dopo un giorno e mezzo passato in famiglia, riparto nel pomeriggio di mercoledì. L’intenzione è di entrare in Austria via Brennero e cercare posto da qualche parte tra Innsbruck e Mayrhofen, più o meno.
Scendendo dal Giau trovo la pioggia: mi fermo per mettere la cerata, che potrò togliere presto, una volta passato il Falzarego e Valparola. C’è traffico anche in Val Badia, e probabilmente i fumi di un vecchio fuoristrada, che ho dovuto tenermi “davanti” per parecchio, saranno una concausa di un mal di testa che non se ne andrà facilmente. In questo tratto incrocerò altre due Norge, una 8V bianca e una nera.
Percorro parte della val Pusteria, arrivo a Vipiteno e salgo in direzione Brennero. Sul confine mi fermo, mi copro un po’, compro la “vignetta” per l’autostrada (solo 4,80 Euro per 10 giorni!) e proseguo: sono le 18 ed è ora di cercare una “zimmer frei”.
Nella discesa trovo un posto di blocco della polizia: dopo un momento di imbarazzo su quale lingua usare, l’agente mi chiede in inglese i documenti di rito. Mi chiede cosa sto facendo e gli rispondo di essere in vacanza. Essendo tutto regolare, mi saluta augurandomi, con una gentilezza esemplare, buon viaggio e buon soggiorno in Austria.
Scendo su Innsbruck, attraverso la città e, dopo un paio di tentativi andati a vuoto, trovo posto alla Gasthof Schatz, a Hall in Tirol. Scopro dalle foto che è anche luogo di ritrovo di un gruppo di bikers, uno dei quali ha in garage un Nuovo Falcone ex polizia stradale.
Metto la moto in garage, ceno e vado a dormire. Sarà una notte un po’ tormentata, non sto granchè bene.
Tra Italia e Austria

Giovedì 15 agosto 2013, km 399
La sveglia suona comunque presto, le campane a festa ancora prima (alle 6!). Faccio colazione, preparo la moto, pago il soggiorno e poco dopo le 8 sono in strada. Seguo la statale attraversando Schwaz, Wattens e entro nella Zillertal. Mi fermo per il pieno prima di salire verso il Gerlospass. Sosta per un caffè “austriaco” ammirando il panorama prima di passare il casello e scendere verso Mittersill. Le strade di fondovalle sono molto scorrevoli e veloci (spesso il limite è di 100 kmh), così i trasferimenti passano in fretta. Arrivo a Bruck an der Grossglocknerstrasse. La mia meta principale di oggi è infatti la famosa strada alpina del Grossglockner, che avevo percorso solo in parte e sotto l’acqua, col Florida, nel 2007.
Pago il pedaggio e via! Ci sarebbe da fermarsi a ogni curva ad ammirare i panorami! Salgo in cima ma a causa del traffico evito di raggiungere il Biker’s point all’Edelweiss-Spitze (sarà una scusa buona per tornarci un’altra volta, no?), mi fermo giusto per qualche foto qua e là. Passo la vetta dell’Hochtor e poco avanti decido di fermarmi per mangiare. Una leggera e calda “gulaschsuppe”, una bottiglietta d’acqua e una pagnotta sono il mio pranzo di ferragosto: non è un pasto luculliano, ma mi aiuterà a rimettermi in sesto. In effetti, dopo mangiato sto decisamente meglio.
Scendo verso Lienz e devio per la Kaiser Franz-Joseph-H?he, che mi accoglie con un po’ di comprensibile traffico ma senza le nubi e la pioggia dell’altra volta! Splendido.
Lascio la superba strada alpina per arrivare a Lienz. Da lì decido di rientrare in Italia: passo da San Candido, Sesto/Sexten e salgo al passo Montecroce. Giunto ad Auronzo, mi dirigo verso Cortina, risalgo il Giau, dove mi fermo ad ammirare lo spettacolo dei “monti pallidi” al tramonto, e torno a Selva di Cadore, dove passerò la notte.
Tra Italia e Austria
Venerdì 16 agosto 2013, km 410
Si apre un’altra giornata splendida che mi vedrà percorrere la strada verso casa.
Un momento di gioco coi nipotini che per lo zio, martedì, hanno messo entrambi la loro bella maglietta “Moto Guzzi”! Sono così le 9.30 quando lascio Selva di Cadore. Su consiglio di mio cognato, scendo a Caprile per fare il pieno dove la benzina è la più economica della zona. Controllo la pressione delle gomme e prendo la strada che mi porterà di nuovo sul Pordoi. Ad Arabba c’è l’autovelox attivo, credo di non averlo “preso” (andavo a 50 e qualcosa) ma, anche se fosse, è tardi per rimediare, arriverà una letterina a casa… Salgo al Pordoi superando una coppia che affronta la salita su un cinquantino di quelli minimalisti: “giù il cappello” e saluto motociclistico di rito durante il sorpasso.
Dato il traffico, evito di fermarmi in cima e così anche sul passo Sella, dove accosto solo lungo la discesa per scattare qualche foto.
Scendo lungo la Val Gardena per sbucare a Ponte Gardena, attraversare Bolzano e imboccare la Strada del Vino: a Caldaro nacque nel 1919 la mia nonna materna, e questa regione fa quindi un po’ parte della mia storia familiare. Salgo al passo della Mendola, passato il quale trovo una pizzeria e mi fermo per il pranzo.
Riprendo la strada e proseguo verso la Val di Sole e il passo del Tonale. Mi fermo a Edolo per riposare e prendere un paio di bottigliette d’acqua fresca. Riparto salendo ad Aprica, scendo in Valtellina e litigo un po’ col suo immancabile vento. Ancora una fermata in cima al lago di Como per una birra, poi dritto a casa, dove arrivo alle 20.30 circa.
La Norge, al suo primo viaggio di più giorni, si è dimostrata una eccellente viaggiatrice, senza alcun complesso di inferiorità rispetto alle solite BMW o alle varie giapponesi.
Spesso, quando è parcheggiata, ci sono persone, sia motociclisti che semplici passanti, che si avvicinano per curiosare, alcuni chiedono informazioni, altri fanno i complimenti. Di sicuro non è una moto che passa inosservata. Di sicuro mi sta dando molte soddisfazioni.

Tra Italia e Austria

Con la Guzzi oltre le porte della percezione

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Racconto per niente serio di Nedo
Prologo

15/08/2013 ore 7.30 a.m.

“E’ che sei una maiala e una vipera…”
queste parole provenienti dal davanzale del terrazzo entrano dal padiglione auricolare destro e si infilano nel quarto settore dell’emisfero cerebrale sinistro esattamente in diagonale producendo una serie di punti di domanda sotto le palpebre arrossate dalla prima luce del mattino. Mi sveglio convinto che qualcuno sia entrato in casa mia a rubare. Due zingare! Certo! Appizzo l’udito per percepire rumori…colgo dalla finestra le risatine portate dalla brezza di terra di due ragazze che si allontanano.
Dunque ragioniamo: ho sentito distintamente una voce femminile calda ed ammiccante dire :-“è che sei una maiala e una vipera!”…uhm devo dire due ottime qualità in una donna sola, davvero le apprezzo. Le vere sante non mi hanno mai interessato…prendiamo Madre Teresa per esempio, era tutto fuorché arrapante.
Le zingare escono di scena e vi entrano invece due donne col tacco alto (ma anche no), poco vestite (certamente), col trucco sfatto che tornano a casa dopo una lunga nottata di festa nella quale una delle due certamente si è “scop…ehm si può dire?…ato” probabilmente il ragazzo o il marito di una sua amica alla quale ha probabilmente insinuato il dubbio di essere cornuta…altre possibilità? mi giro nel letto pensandoci su…
Non ripiglio sonno. Ho fatto tardino e volevo dormire almeno un’ora ancora. Ho un impegno a metà mattina, ma non c’è verso di riprendere sonno. Vabbé mi alzo e sfilo davanti allo specchio, chi è quel cesso lì?? Metto gli occhiali e mi vedo con il segno del lenzuolo lungo la guancia destra e la solita protuberanza barzotta del mattino…uhmmm non sarebbe neanche male se non fosse un’illusione prostatica…

Ore 12.00 On the road verso il Brattello

Dennis Hopper si materializza all’uscita dell’autostrada di Pontremoli alla guida di una Moto Guzzi California 1064 del 2003 smarmittata. Senza casco, ha una fascia stretta in fronte ed una vecchia giubba verde dell’esercito, un sacco marrone legato sulla sella nel posto del passeggero.
Curva a sinistra imboccando il passo del Brattello e sale veloce pennellando le curve come Modì i quadri sotto l’effetto della fata verde e della mescalina. Vola oltre le porte della percezione nel fresco del sottobosco.
Più sopra in senso inverso due grossi motocicli emittenti un suono simile ai dischi volanti della serie UFO, nella loro colorazione di ordinanza da carro funebre (nere e grigie), piene di tubi argentati, luci blu e verdi, montate da due cyborg dell’Impero Colpisce Ancora, provenienti direttamente dalla Morte Nera, seguono con allarmata curiosità già da alcuni chilometri l’oggetto scoppiettante proveniente dall’iper spazio. Sui loro radar le traiettorie risultano incompatibili con qualsiasi mezzo di trasporto conosciuto guidato da un umano.
Intanto Hopper gratta le pedane sul terreno, spezza uno specchietto ad un ramo e sorseggia da una bottiglia il suo miscuglio di erbe e fagioli; quando vede i due cyborg nel senso inverso, percepisce immediatamente che non è aria. Ingolla l’ultima sorsata dalla bottiglia e salutando da buon biker emette un rutto che sovrasta il rumore dei Lafranconi RC e scompare tra gli alberi nel bosco.
I cyborg su Bmw inglobati nel sapore dolciastro del rutto di Hopper, si incollano filamentosi al terreno come mosche nella tela del ragno. Dart Fener in persona li libererà verso le 19.
Ore 13.15 Su per i monti

Scavallo dal destriero davanti al bar ristorante. Moto sportive fuori ed una stelvio rossa. Dentro tutti a sedere ai tavoli con piattate di pecorino e salami. Mi appoggio al banco del bar. Arriva un tipo segaligno. Chiedo un panino. Arriva una tipa indaffarata dalla pelle chiara e dagli occhi blu. Noto che ha una mutanda leopardata sotto il vestito bianco; sono pignolo per cui guardo ancora incuriosito, non riesco a capire se è leopardata o giaguarata. Cactus lo devo capire! Lei si accorge che sto cercando di capire e fa un risolino nervoso. Quando glielo sto per chiedere sopraggiunge un altro tipo segaligno, “il signore desidera?”. “Sì, certo!”.
Torna il tipo col mio panino; pago e per mia fortuna esco. Mi piazzo su una pietra lì davanti alla porta. Ad un tavolo fuori c’è un terzetto, due uomini ed una ragazza che trincano da un fiasco di vino. La camieriera esce e noto in controluce attraverso la trasparenza del vestito che la mutanda è troppo stretta per essere leopardata, per cui certamente è una giaguara. Me lo conferma la luce nei suoi occhi quando si gira a guardarmi mentre con l’anca apre la porta. Un’ancata ad un pelo dal muso!
Mi alzo a buttare la carta nel cestino. L’uomo maturo al tavolo mi rivolge la parola: sembra Pernat, assomiglia proprio a Pernat e parla esattamente come Pernat! Per me è “Pernat”.
“Milleedue?” indicando la mia moto,
“no milleecento”.
Il trio si alza e si avvia sopra la collina. “Pernat” si attarda e passando vicino alla mia moto “Bella bestia! Mi son sempre piaciute le Guzzi! Ah il V7!”. Sorrido e rispondo cordiale. Parla ancora un po’ …ha “quattordici cavalli” mi dice,“No settantaquattro”, “no io ho quattordici cavalli veri”. “Ah ecco ora comprendo perché stai vestito come Zeb Macahan…”.
I due amici sulla collina sembrano Bo e Daisy di Hazzard lo chiamano e salgono su.
Certamente rimonto in moto convinto che la tv mi ha fottuto troppi neuroni perché debba pagare ancora il canone.
Ore 14.15 Bedonia o giù di lì

Io non sono il Signor Lebowski…Io sono Drugo!!! E’ cosi che dovete chiamarmi, altrimenti chiamatemi drughetto drugantibus oppure drughino se siete di quelli che mettete i diminutivi in ogni cosa…
Il drughetto scende dal Brattello stupito dalla bellezza della strada, con l’asfalto caldo e rosso ed il silenzio dei paesi che attraversa.
Ordunque, in teoria avrei un appuntamento telefonico con la Susi di Lerici da queste parti verso le 14.30/15.00, ma sapete, questo è un giro molto, molto complicato. Ci sono un sacco di input ed output…fortunatamente “io rispetto un regime di droghe piuttosto rigido per mantenere la mente flessibile”. Devo andare a Bedonia. Bedonia 10. Poi Bedonia 6. Poi Bedonia 5…poi la mente è talmente flessibile che vedo a sinistra un’indicazione per Alboreto, Albareto, Albereto, Alberito, uno di questi è giusto. Non so, mi piace, vado. Poi vedo “passo centocroci”? Come? Ma il centocroci è sopra Brescia!? Cioè ci si va ogni anno col calincontro erotico. L’estro mi fa curvare verso il passo. Bedonia 7, poi 6 poi 8. Più mi avvicino più si allontana. Ma esiste Bedonia? Esisterebbe se seguissi le indicazioni…
Mi ritrovo su un rettifilo, tolgo il gas, cioè a filo di gas, vedo il benzinaio che cercavo. Ad un certo punto un dolore acuto, quasi una lama mi sale alla testa lungo il trigemino. Un’aperonza, è finita nella mia basetta destra e mi ha pinzato proprio lì. Pompo la benza con la sinistra mentre con la destra mi massaggio la guancia maledicendo le api bedonesi.
Dato che è assodato che se vado piano sono a rischio puntura, decido da lì in poi di tenere il gas aperto e cerco di mirare ad ogni insetto che vola.
Per vendetta!
Passo Colla. Giro per il passo Colla. Vetta. Torno indietro. Bedonia 7. Telefono a Susi. Wind segreteria telefonica. “Susi sono a Bedonia, fatti viva se no riparto.”
Ore 14.45 finalmente Bedonia. Tutto chiuso.
Ore 15.00 Passo del Tomarlo

“Drugo: Sai cosa diceva Lenin? “Tu cerca la persona che ne trae beneficio, e…, e… insomma…
Donny: Obladì Obladà!
Drugo: …insomma… avrai… Walter, capisci cosa voglio dire?
Donny: Obladì Obladà!
Walter: Quella fottuta puttanella!
Donny: Obladì Obladà!
Walter: Quella… vuoi chiudere quella boccaccia? Non Lennon, Lenin! Vladimir Ilyich Ulyanov!
Donny: Ma di che cazzo sta parlando?”

Lennon e Lenin su una moto sportiva rossa fiammante, sfrecciano davanti a me. Lenin è il passeggero appollaiato sul sellino posteriore, sporge il culo in fuori. Dal bordo superiore del jeans di Lenin emerge il Sol Levante! È un Sol Levante sorridente e femminile. Mi butto all’inseguimento dell’Utopia.
L’Utopia piega con discrezione permettendo che io la segua, ma appena mi avvicino troppo al Sole lei allunga. Teme che mi bruci al calore della Verità? Boh chissà. Però non posso fare a meno di rincorrere quel sorriso verticale che apre il mio sorriso orizzontale e promette sommosse inebrianti nelle viscere.
Il paradiso si chiama Passo del Tomarlo da Bedonia! Oh come mi diverto oh come mi diverto. Piego e piego e me ne fotto se sono uscito col casco jet, coi jeans strappati, le scarpe da tennis e la camicia verde. Se devo cadè voglio morì qui inseguendo l’Utopia ed il Sol Levante per queste meravigliose strade. Viva Lennon, Viva Lenin, ma soprattutto Viva il Culo della Passeggera…digiamolo.
In cima al passo l’Utopia è svanita ed il sole è calante sul mare ligure.
La regia mi avverte che sono fuori strada che devo tornare indietro e prendere il Bocco o il Centocroci per andare verso La Spezia. Ringrazio la regia e mi rifaccio il Tomarlo rewind.
Ore 17.15 Passo Centocroci o giù di lì

Aquile. Ascolto le Aquile quando guido la moto.
D’altronde su un Aquila mi pare opportuno, un minimo di coerenza! O il Bepi o le Aquile.
Peraltro il bergamasco lo capisco esattamente come l’inglese: ne capisco solo alcune frasi qua e là.
Another tequila sunrise mi scalda l’Anima Guzzista mentre salgo al Centocroci.
Non tutti sanno cos’è una Tequila Sunrise:
preparare un bicchiere highball con ghiaccio. Versare la tequila, il succo d’arancia ed infine versare lo sciroppo di granatina. La granatina andrà a depositarsi sul fondo donando al drink l’effetto sunrise (alba). Completare con mezza fetta d’arancia ed una ciliegina al maraschino.

It’s another tequila sunrise
Starin’ slowly ‘cross the sky
I said goodbye

Sarà il tramonto, sarà la tequila che “ricorda tempi andati e giovani fegati”, ma sul Centocroci ho un dolce magone nel groppo e mi lancio in autoscatti adolescenziali col cellulofono sotto il cartello del Passo, quando mi avvedo di due ragazzine distanti una cinquantina di metri con un aggeggione lungo e nero per le mani puntato verso di me: uno zoomone per una Nikon Reflex millemilapixel acchiappa bischeri! Di colpo mi vedo coi loro occhi: un uomo di mezza età vestito una via di mezzo tra Rambo I e Jerry Cala in Sapore di mare 2, prossimo protagonista di filmato su youtube. Camaleonte mi trasformo in Piero Angela e fotografando coccinelle ipotetiche rimonto in moto e me ne vò. Mi fermo accanto a loro e dico “io almeno lo so dove devo andare, voi lo sapete dove dovete andare?”. Al che si guardano interdette e stupite, ma le nuove generazioni hanno il buonsenso di non rispondere, perché ce l’avevo sulla punta della lingua la controrisposta. Sono ripartito urlando nel casco “A FANCULO dovete andare!”.

Desperado why don’t you come to your senses?
You been out ridin’ fences for so long now
Oh you’re a hard one…
Son lì che canto a squarciagola e con trasporto quando entro in una galleria…la galleria della Madonna delle Acque!!!

La galleria Madonna delle Acque ha le seguenti caratteristiche:
– lunghezza seimilasettecentonovantatre piedi e tre dita;
– altezza caverna dai nove ai due metri a seconda della lunghezza delle stalattiti;
– colatura di goccioloni d’acqua a mezzo grado centigrado di dimensioni variabili tra scaracchio di lama e bustata di nylon media dell’ipercoop;
– ampia scelta di gas di scarico dei decenni scorsi, condensati e perfettamente conservati: ho aspirato un gas derivante dalla combustione di benzina sintetica ottenuta con processo Bergius-Fisher/Tropsh proveniente da un panzer del 1943! Un’autentica prelibatezza.

Ma soprattutto il freddo, miiiii che freddo. Sono tutto ristretto, rimpicciolito, nanesco. Ma l’umore resta buono e canto “Congelado oh you ain’t getting’ no younger Your pain and your hunger
They’re drivin’ you home “.
Ore 18.40 Passo del Bracco

Una moto nera, bellissima, con un aquila sul serbatoio, volutamente rumorosa. Una moto da cattivo. Sono in due sopra quella moto. Guida un bianco con gli occhi chiari semichiusi dal vento e perché gli va così. Dietro c’è un nero coi riccioli corti da ebreo lo sguardo intenso da matto. Entrambi vestiti in smoking, senza casco. L’asfalto è ottimo, il tracciato piacevole, i due sfrecciano e parlano tra di loro. “Ehi Vincent, ascolta bello, Non è neanche lo stesso campo da gioco, cazzo. Ora senti, forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio ma sai… toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport.”
Vincent si volta di trequarti per rispondere “Ok bello. Sai cosa mi sono detto? :Essere leali è molto importante. Perciò, tu ora vai fuori e dici: “Buonanotte, ho passato una bellissima serata”, infili la porta, entri in macchina, vai a casa, ti fai una sega e finisce la storia. Così ho fatto”.
Mentre i due parlano, tre miglia più sopra un tipo allampanato, pelato e coi ciuffoni sopra le orecchie sale in cima ad un rudere. C’è un cartello lì :“ATTENZIONE FABBRICATI PERICOLANTI. Divieto di Accesso”. Sotto, dietro ad un masso, c’è parcheggiato un Gs.
Jules Winnfield, il nero, nota il tipo in cima al rudere. “Ferma Vincet Ferma!”
La Guzzi sferragliando, si ferma sotto il rudere, “Ehi amico tutto bene?”
Il tipo dall’alto inizia ad urlare “VOGLIO UNA DONAAAAA!….VOGLIO UNA DONAAAAA!”
Vincent guarda Jules e si mette a ridere. “Ehi calmo amico, vieni giù dai!”
E l’altro sempre più disperato e lamentoso: “Voglio una donaaaaaaaaa….voglio una donaaaaaaa”
Jules nota il Gs : “ Ehi amico è tua la…ehm…moto?”
“Voglio una donaaaaaaa”. Vincent:“Jules certo che è sua, non c’è nessuno qui”
“Ehi amico sai chi sono io? Lo sai? Eh? Io Mi chiamo Jerda, e non è con le chiacchiere che uscirai da questa merda!!”
Il nero scende dalla moto e si arrampica sul rudere mentre Vincent cerca di dissuaderlo; intanto il bmwista continua a piangere “voglio una donaaaaaa”.
Jules:” Ezechiele 25.17: “il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.” Ora, sono anni che dico questa cazzata, e se la sentivi significava che eri fatto. Non mi sono mai chiesto cosa volesse dire, pensavo che fosse una stronzata da dire a sangue freddo a un figlio di puttana prima di sparargli. Ma stamattina ho visto una cosa che mi ha fatto riflettere. Vedi, adesso penso, magari vuol dire che tu sei l’uomo malvagio e io sono l’uomo timorato, e il signor 9mm, qui, lui è il pastore che protegge il mio timorato sedere nella valle delle tenebre. O può voler dire che tu sei l’uomo timorato, e io sono il pastore, ed è il mondo ad essere malvagio ed egoista, forse. Questo mi piacerebbe. Ma questa cosa non è la verità. La verità è che TU sei il debole, e io sono la tirannia degli uomini malvagi. Ma ci sto provando, Ringo, ci sto provando, con grande fatica, a diventare il pastore.”
BANG.
Epilogo

Ore 20.00 Garage
Pulisco veloce la moto. Esco e mi avvio lungo la strada. Alla finestra del primo piano del palazzo una bambina di 4 o 5 anni piange e geme “voglio mio babbo! Dov’è mio babbo? Babboooo…” La mamma arriva urlando “piantala!” e le tira due schiaffoni. La bimba scompare dalla finestra singhiozzando in silenzio. Vado all’orto ad annaffiare i peperoni.

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