Il prossimo Calendario di Anima Guzzista 2014 sarà immortalato dalla creatività del popolo di A.G. a cui tutto manca al di fuori dell’estro e della fantasia.
Vogliamo dar sfogo alla genialità guzzista premiando dodici opere meritevoli che andranno ad illustrare i mesi dell’anno venturo.
Il tema è ovviamente quello a noi caro delle nostre amate moto, ritratte in modi vari e molteplici, dalle fotografie, ai disegni, dipinti, sculture, art patchwork, elaborazioni digitali, insomma tutta la michitudo che riusciremo a produrre dando spazio all’artista che è in noi.
Le opere dovranno pervenire in formato jpeg ad alta qualità (dimensione indicativa 24x18cm 300 dpi possibilmente) entro il 31 ottobre 2013 a: staff@animaguzzista.com
Se riproducete, un dipinto o una scultura, fotografatelo con un aspetto semi/quasi/professional. Inquadrature sbilenche, piene di riflessi, sporche di sugo di pizza, o altro, saranno immediatamente cestinate dal Tatuato e non prese in considerazione dalla giuria.
Le dodici opere che appariranno sul calendario di Anima Guzzista 2014 verranno premiate con l’iscrizione a socio sostenitore 2014.
Consulta le opere inviate alla redazione alla pagina del sondaggio
Concorso Vieni avanti creativo!
Ed eccoci alla fase finale del nostro concorso “Vieni Avanti Creativo”. Sono aperte le votazioni per le dodici opere che appariranno sul calendario di Anima Guzzista 2014 e verranno premiate con l’iscrizione a socio sostenitore 2014. Potete votale le opere che preferite alla pagina http://forum.animaguzzista.com/viewtopic.php?f=4&t=51424 Si può votare una sola volta, selezionando le vostre 12 preferenze e il voto non può essere cambiato. Buona votazione e buona fortuna a tutte le opere in gara.
Chi non conosce il capo del reparto esperienze della MV Agusta al tempo di Giacomo Agostini,
il più grande campione che il motociclismo abbia mai avuto.
Arturo Magni era colui che metteva in mano al campionissimo le moto vincenti e non transigeva su nulla, le sue moto erano perfette. Le imbattibili MV 750 quattro cilindri della metà degli anni ’70 filavano a velocità massime nell’ordine dei 270 km/h ed il merito era in buona parte suo, del grande Magni. Chiusa la MV, Magni pensò che le moto se le poteva anche fare da solo, in casa, insieme ai suoi figli. Nacquero così le moto famose in tutto il modo: nacquero le MAGNI.
Siamo intorno alla fine degli anni ’70 ed Arturo si trova nella necessità di motorizzare le sue creature con dei motori di serie ed il primo ad essere utilizzato fu il motore dell’Honda 900 Bol d’or con il quale vengono realizzati due modelli la MH1 e la MH2 di cui vengono prodotti 300 esemplari. Nei primi anni 80 Magni si dedica ai bicilindrici BMW costruendo un apposito telaio. Dopo poco però la BMW smette la fornitura dei bicilindrici perchè impegnata nella produzione della serie K, ed è in questo momento che Magni entra in contatto con il mondo Guzzi. Comincia a costruire le sue moto intorno al bicilindrico mandelliano che di verve ne ha già parecchia di suo. La prima ed indimenticabile moto motorizzata Guzzi è la MAGNI LeMans. A questo modello negli anni sono succedute la Classico 1000 e la Arturo 1000, moto che hanno mantenuto lo stile cafè racer anni ’70 della capostipite. Nel 1989 è commercializzato un nuovo modello denominato “Sfida 1000” caratterizzato dalle linee tipiche delle moto italiane degli anni ’60, con il serbatoio realizzato a mano in alluminio.
Il pezzo forte di Arturo è il celeberrimo forcellone a parallelogrammo (brevetto Magni) che si sposa alla perfezione con la trasmissione a cardano della Guzzi. Anche i suoi telai, realizzati in tubi d’acciaio cromo-molibdeno e saldati a T.I.G., riescono a sfruttare al massimo la forma del motore creando veicoli compatti e maneggevoli. Nascono così degli autentici gioielli che agli antipodi del globo, dove le magni sono veri oggetti di culto, vengono usate così come sono nelle competizioni sportive mettendo a segno ottimi risultati. La attuale Magni Australia infatti trae il nome proprio dai successi ottenuti nelle competizioni dagli importatori australiani. Oggi i modelli di Magni sono moto che hanno risonanza a livello mondiale e sono la Magni Australia, che adotta il motore Guzzi a quattro valvole della Daytona, la già citata Magni Sfida e la Giappone 52, ultimo lavoro del maestro che l’ha realizzata su precisa richiesta dell’importatore giapponese, il quale vuole festeggiare in modo degno i 20 anni di collaborazione con Arturo. Il nome della moto è Giappone 52.
Per informazioni:
Magni s.r.l. V. Leonardo da Vinci, 331 21017 Samarate (VA)
tel. 0331/234544
mailto:magni@magni.it
www.magni.it
Siamo un gruppo di appassionatissimi. Vogliamo solo condividere il piacere di possedere e guidare delle Guzzi con tanti altri guzzisti. Del resto a noi piace anche guardarle sullo schermo di un PC, le nostre Guzzi.
E così, se vi fa piacere, potete entrare a far parte di questo gruppetto di appassionati e condividere con noi la vostra passione.
oggi anche io ho sgranchito i cilindri.
giornata deliciosa e suave, sole spezzettato da nuvolette bianche, caldo primaverile con soffi freschi.
dopo essermi perso as usual nella periferia disordinata di roma, finalmente ho imbroccato la via ardeatina e ho traversato l’antica via appia.
splendida.
acciottolata, costeggiata per chilometri da due filari di pini marittimi dal grande ombrello, è un museo all’aperto dell’antica roma.
cippi, archi d’acquedotto, resti di tempietti: ogni pochi metri c’è qualcosa.
vi possono transitare in auto solo i residenti, quindi non l’ho percorsa, ma mi ci sono fermato e vi ho camminato insieme con tantissime persone.
roma, che non mi piace e che respingo, mi si è riconciliata.
poi ho percorso la via appia nuova, stupida statale suburbana con semafori, ristoranti con sala cerimonie, mobilifici, autosaloni, fino alla cittadina di albano.
è arroccata sul culmine del ciglio di un vulcano inattivo, la cui caldera oggi è il lago di albano.
il centro storico è antico ma poco interessante.
da lì, ad ariccia, deliziosissima.
anche ariccia è sul bordo del cratere, ed è unita (o separata) ad albano da un ponte antico altissimo, protetto da reti perché attrae i suicidi.
panorama splendido sulla pianura, e dall’altro versante molto ripido vista sul cupo e profondo lago di albano.
vigili dappertutto. stava per passare il giro del lazio. quindi, consigliato dal comandante dei vigili, ho guidato nelle stradine ripide di ariccia e posteggiato la motazza.
passeggiata sul corso centrale di ariccia. da una parte il piccolo palazzetto municipale con bandiere e lapidi commemorative, e resti di antichità pre-romana, con il piccolo teatro comunale “bernini”; all’altra estremità del corso c’è il castello-palazzo dei chigi con la piazza progettata nel seicento da lorenzo bernini, il grandissimo architetto barocco cui è dedicato il teatrino comunale.
ariccia è celebre per la porchetta. potevo forse rinunciare?
in piazza il negozio di cioli, poi il bar pasticceria di cioli, poi l’insegna del forno cioli…
entro in un altro negozio, che fa la porchetta, e sul bancone ha i celebri biscotti cioli.
gustato un panino con la porchetta dalla bontà imbavazzante, chiedo alla vecchia come mai tutto è cioli.
“ma sono cioli anche io”, risponde.
mi ha raccontato un secolo di saga dei cioli, delle morti improvvise di molti di loro, della zia adua (o isa, o ada, o iole), dei due rami della famiglia che si odiano da generazioni, dei due diversi forni cioli per la cottura dei porcellini, forni concorrenti tra loro, posti alle due estremità opposte del paesino.
furono i bisnonni della vecchia a introdurre ad ariccia questa specialità. “e oggi finalmente la nuova generazione vuole chiudere questa divisione nella famiglia per fare una festa per gli 80 anni dall’apertura del primo forno”.
passati i ciclisti del giro del lazio con telecamere ed elicottero, sono salito in sella per andare nella vicina rocca di papa dove c’è la strada in discesa che pare una salita. oppure la strada in salita che pare una discesa.
erano trent’ anni che volevo vedere questa meraviglia naturale.
la strada magica è sempre sul ciglio dello stesso vulcano spento.
ho provato io stesso, con stupore.
si tratta di un rettilineo nel bosco. la strada è ondulata, salita discesa salita. il tratto in discesa però ha una particolarità.
gli oggetti rotolano in salita. verso l’alto.
il rivolo d’acqua ai margini dell’asfalto scorre in salita; un oggetto rotola verso l’alto.
ho provato io stesso poche ore fa con una bottiglietta di minerale.
posata sull’asfalto, risale contromano.
c’è chi dice per le vibrazioni del suolo vulcanico, chi per uno spostamento geomagnetico (ma perché allora anche una pallina di gomma, insensibile al magnetismo?), chi parla di ufo e chi, con molta più intelligenza, ipotizza un effetto ottico: la disposizione delle pendenze diverse fa sembrare salita quello che è in realtà un falso piano in leggera discesa.
sarà, ma ho fatto una prova con uno strumento sssientifico indiscutibile: la mia motazza.
ho percorso la strada avanti e indietro, girando come un piciu alle due rotonde che la delimitano, e il buscaglia mi dice che quello che pare salita è salita, e quello che pare discesa è discesa, e che quindi gli oggetti rotolano davvero contromano verso l’alto.
questa è la discesa dove gli oggetti rotolano in salita.
il mistero resta irrisolto!
infine, ritorno verso roma, passando a castel gandolfo a fianco del palazzo in cui s’è ritirato il papa (¿ma il papa se si lava in acqua fredda si ritira?) e rientrando nelle code capannoni mobilifici abiti da sposa…
E già.. perchè ci risiamo. Annusi l’aria dei primi soli e.. ti viene voglia di fare un giro in sella alla tua fedelissima.
Però non mi bastava un giretto al Penice, al Brallo o verso i laghi. Volevo godere di panorami diversi, stupendi. Volevo isolarmi con la mi Guzzi a zonzo da qualche parte per rilassarmi. Volevo andare dove di solito si va quando fa caldo. Quante volte vi è capitato, una volta arrivati ad un passo alpino di domandarvi:
Come sarà con la neve?
E da un pò che mi gira in testa… ne avevo parlato con qualcuno.
Così, per colpa di quel “e già”, stamattina mi sono svegliato piuttosto presto per essere festa. Una vocina in testa mi diceva di andare. Un diavoletto invece mi ricordava che le previsoni viste ieri sera su 3B meteo erano buone.
Che fai First? Dormi tutta la domenica?
E cosi via, verso il Passo dello Spluga. Fendendo la nebbia fino a Milano con le luci supplementari della Caly. Percorrendo trotterellando la supestrada verso Sondrio e la Sp 36 fino a Chiavenna. Evitando velox e ciclisti distratti. Abbracciato calorosamente, si fa per dire, dal gelo invernale, ormai pronto a fare i bagagli ed andare altrove per far posto alla nuova stagione.
Ma che sorpesa lassù!
La neve dava il meglio di se, il lago ghiacciato di Montespluga dava una sensazione calma, come se tutto là attorno stesse ancora dormento. Come se fosse eternamente conservato. Solo il ruomore della mia Guzzi, il rombo di alcune motoslitte a spasso su lago ghiacciato ed il brusio di alcuni escursionisti, rompevano quell’assordante silenzio.
E si First! Mi sono detto. Quest’inverno spesso la moto l’hai lasciata in box. Hai rinunciato diverse volte a saltare in sella.
Da quando ti hanno tolto quel pezzo dall’addome, senti di più il freddo anche tu. Qualcuno dice che stai diventando vecchio. Può darsi… Queto è l’ultimo anno degli enta…
Ma oggi mi sono davvero goduto la mia passione. Che non è la moto!
Ma sono le sensazioni che essa riesce a trasmettermi quando ci sono seduto sopra e faccio questi giretti spinto da un istinto incredibile che parte da cuore. Qualcuno non condivide queste mi uscite in solitraia. Ma credetemi! Rinvigoriscono l’animo più di ogni altra cosa.
Sono fottuto. Stanno per partire le immagini della presentazione e so già cosa mi succederà tra poco. Perchè la Touring è impeccabile ma questa mi stara la ritmica cardiaca. Sono fottuto perchè puoi essere preparato finchè ti pare, ma se qualcosa ti tocca così tanto nel profondo, è dura, ragazzi.
E allora basta, mi arrendo, tanto lo so che è inutile e mi lascio rapire dalla California Custom che appare così bastarda,
tutta vestita del nero lucido e opaco che si espande come il liquido denso e nutriente di Matrix a rivelare bassifondi hard boiled setacciati da Marlowe e Jackie Cogan, tra l’asfalto bagnato e i tombini fumosi dei vicoli laterali, presso le uscite di servizio di locali da belle donne e brutte coscienze. Se l’altra è solare e diurna, questa sembra fatta per vivere la notte, con le finestre dei grattacieli che schizzano i loro riflessi sul serbatoio, zigzagando sulla congiunzione del suo fianchetto che, se nessuno te l’avesse rivelata, mai avresti pensato fosse più di una modanatura, tanto è perfetta, disegnando un andamento che al pari di altri vicini parenti, come il retro del faro, sa tanto di anni ’40 e ’50, confermato dal taglio sotto la bella scritta “California” dei fianchetti laterali.
Ma non finisce qui. Di più. E’ una vera power station eterna, da Metropolis a Tron Evolution passando per Mad Max, lambita dall’impermeabile del malinconico cacciatore di androidi perennemente bagnato dall’eterna pioggia acida della Los Angeles sede della Tyrrell Corporation. Blade Runner spietata come le lame di Zatoichi e pochi violini, perchè questa i sogni te li fa vivere, senza tante balle.
Questa spegne il sogghigno di una V-Max e fa pisciare olio alla V-Rod. Basta, non c’è più storia.
E’ lei la nuova Numero Uno… cambiate nome, datemi retta, è solo questione di tempo.
Tempo che fa salire il sipario sulla costa azzurra, temperata oasi e solare rifugio dal gelido deserto della padana pianura, sipario perfetto per spalare benzina nella nera locomotiva e farla sbuffare lungo il nastro d’asfalto zigzagante – come fosse fissato da spilloni – a risalire i primi rilievi sul mare, teatro dello shooting fotografico. Suona bene shooting, come il bello dei film di Tarantino, ma tale sarà solo più avanti, lasciati i tornanti, dove davvero esploderà i suoi colpi migliori con la stessa liberazione di Charles Bronson nell’epilogo di “C’era una volta il west”.
Va detto comunque che affrontare un tornante anche stretto con Sua Lunghezza fa più paura che altro. La prima volta pensi di dover far manovra; l’ultima vai dentro alla vaffanculo. Ho pensato più volte che l’interasse sostanzioso lo senti quasi più in altre situazioni, come nel corretto tempo necessario al rapido cambio di direzione. Nelle manovre più brusche sai che devi considerare un breve spazio temporale aggiuntivo,
soprattutto quando fai sul serio e questa bastarda ti porta SPESSO a fare sul serio.
Con due-tre decine di chili in meno e soprattutto con un pelo di luce a terra in più, senza scordare la cortese spinta in avanti del millequattro centimetri cubici, è dura non fare sul serio. Qui sguardo e postura dal cielo si abbassano all’asfalto; il manubrio ti attira a sè col suo gas invitante: che fai, non ruoti il throttle? Ti pare bello non agire col pollice sul tasto di accensione per far apparire sul cruscotto la scritta “VELOCE”? E che, stiamo qui a smacchiare le Tiger? Appena il nastro smette di ripiegarsi contorto su sè stesso e crea la giusta successione di pifpaf, ogni pensiero svanisce dissolto dalla goduria di scorrere lisci e leggeri raccogliendo i profumi pazzeschi di questo entroterra, tra resine e mimose già in fiore.
C’è qualcosa da tener presente. La postura è ben diversa dalla Touring. Quella rasentava la perfezione, anzi rasentava la fava: è perfetta e basta, comodissima naturale mai stancante, coniata su misura per berti un caffè a Dublino e tornare senza soste. Quella della Custom non è da compagna di lunghi viaggi, ma da smandrappona urbana. Il manubrio è avanti, solo che lo sono pure le pedane, il che genera una disarmonia: se bulleggi, vorresti stare più arretrato col busto; se ci dai dentro istintivamente cerchi un appoggio più arretrato coi piedi. Ho già in mente la soluzione sulla mia (sì, prima o poi lo sarà): un drag bar meno largo (questo un po’ impaccia nelle inversioni a U) e raiser più lunghi.
Adesso metto una frasetta tipo quelle inserite in certi spot dove vedi auto paracadutarsi, immergersi in acqua e riemergere da tunnel senza uno sfriso: è ovvio che questa California non è una Panigale, nè una soffice touring (e meno male!!), è lunga e pesante ma finchè intervengono gli sliders sotto alle pedane e finchè non sopraggiungono limiti della fisica, fa godere ben più di quanto sospetti anche in spazi ristretti. Monta un gommone bello figo e grosso, lo senti nei cambi di direzione che l’arco di rotazione sul suo asse ha un lieve andamento prolungato ma non è mica il delirio anarchico tra anteriore e posteriore di una VRod… tempo di avvertirlo la prima volta e la seconda senti solo lo SGRAATT della pedana… l’hai già scavalcato. Col lieve precarico maggiore degli ammortizzatori posteriori si è guadagnato un pelo di luce a terra rispetto alla Touring e si sente, c’è modo di divertirsi un bel po’ scappellando a sinistra e a destra.
Bene.
Ora, veniamo a quello che supersportive e touring non hanno. Redazione, abbiamo abbastanza spazio? C’è banda sufficiente? Qui quando scendi e la guardi, quando viaggi e ti specchi nel serbatoio o senti con le ginocchia cosa hai lì in mezzo (maliziosi…), quando percorri a bassa velocità l’urbano sentiero e costringi innaturali contorsioni cervicali ai passanti, quando ti gusti la fresca Dixie Beer e la intravedi attraverso il calice parcheggiata là fuori, quando la riponi nel box calda e crepitante come un camino, quando zittisci tutte le suocere all’arrivo sul lungolago, quando la luce disegna in fusione con le sue linee quell’immagine che ti fa estrarre la reflex, quando vedi quel faro fantastico riflesso nel tuo specchietto retrovisore, quando hai scollinato e volgi al ritorno sapendo di gustartelo come l’andata, allora godi ma veramente tanto un bel po’. Non c’è bisogno di venderla come lussuosa. Il resto è sostanzialmente gusto personale: me ne dia una con un pelo più di freno motore, ammortizzatori e forcelle completamente neri, scarichi tronchi da baccano. Sul manubrio non mi ripeto. Me la incarti fresca come una baguette, grazie.
Due California in un botto solo. Due magnifiche, irresistibili vere affascinanti California. Chapeau. Les Jeux sont faits, rien ne va plus.
Grazie Daniele per il ricordo di Kevin Ash.
Si avete letto bene!
E allora vi domanderete chi é il folle o il genio? Alla domanda rispondo per prima cosa, da come l’ho conosciuto.
Come spesso accade, da un brutto evento può nascerne uno bello. E questa é una di quelle situazioni.
A ottobre 2010 partecipo al Calincontro d’autunno Pisano, organizzato dal Califoggiano e dall’ancora sconosciuto Christian (Carlettotari).
Decido essendo un Calincontro di partire con la mia California III, lo controllo giorni prima per essere sicuro di potermi fidare e quando arriva il momento di farlo parto senza dubbi di sorta.
In autostrada, sul passo della Cisa, ho i primi sintomi di qualche problema con il retrotreno. Quando apro il gas la moto é come se scodasse.
Ormai sono in viaggio e non senza un po’ di timore arrivo a Cascina dove é fissato il punto di ritrovo.
Saluti e baci a tutti, cena e poi a letto. Il giorno dopo si ritorna in sella per fare l’itinerario del sabato.
Al mattino comincia ad affiorare in me la preoccupazione per la brutta sensazione che mi ha dato la moto il giorno prima.
Cosi appena il Califoggiano arriva dopo colazione controlliamo il danno. Ci vuole un niente a capire che il problema sono i cuscinetti della ruota posteriore.
La moto in quello stato é inutilizzabile e devo trovare un meccanico che mi risolva il problema. Il giorno dopo devo tornare a casa, mi seccherebbe farlo come zavorrino.
E qui invece arriva Christian (Carlettotari) che con estrema naturalezza mi dice: “bimbo non ci sono problemi, chiamo Luca e vedrai che la risolviamo in poche ore. Tu da adesso stai con me.”
Ovviamente per lui e sua moglie Cristina il giro salta.
Chiama Luca, altro guzzista doc, e dopo un po’ arriva davanti all`hotel. Altra controllata e si parte per la casa di Christian.
Come mi aveva promesso il problema é stato risolto, l’unica cosa che le poche ore sono diventate un mezza giornata per colpa del cuscinetto bloccato e dalla voglia di raccontarci la nostra passione per la Guzzi. In poche ore siamo diventati ottimi amici e ora ci si vede due o tre volte l’anno.
E proprio grazie a questi incontri iniziamo ad entrare in sintonia e a raccontarci quello che vorremmo fare con le nostre moto.
Per me l’importante é viaggiare, sogno un viaggio senza meta. Avessi 20 giorni a disposizione mi farei il giro dell’Italia. 10 giorni per scendere e 10 per salire.
Lui invece no. La sua prerogativa é la “perfezione” della moto, almeno dal suo punto di vista. Al Calincontro si é presentato con un Quota irriconoscibile, serbatoio e fianchetti rifatti in vetroresina, particolari in alluminio lavorati dal pieno, ecc. Aveva un Daytona rielaborato come garbava a lui, un V11 della moglie, un Centauro impolverato che poi gli ho comprato e dulcis in fundo il Magni.
Quando me l’ha fatta vedere per la prima volta, era gia una gran moto. Non vedeva la strada da un bel po’, ma Christian la coccolava sempre. Gomma posteriore sempre alzata, coperta per ripararla dalla polvere e soprattutto carezze e sguardi che la immaginavano, in futuro, con un vestito nuovo.
Iniziò a parlarmi che voleva metterle un codone come piaceva a lui e poi, già che c’era, una carena.
Un giorno mi chiamò felice e mi disse che aveva conosciuto un’officina che faceva carrozzerie in alluminio battuto per auto d’epoca e che aveva già impostato in linea di massima la linea della moto.
Il lavoro è lungo e in una delle mie visite mi accompagna a vedere il “work in progress”.
Che dire. Il quattro valvole è sempre un bel vedere! Qualunque sia il suo vestito.
Mi immagino già il Ciccio sulla sua bella moto che fa lo splendido, ma la “visione” dura poco.
Christian mi spiazza: “Deh chissà come starà in salotto?”
Al momento lo prendo in giro, facendogli notare che se anche questa moto la tiene ferma diventerà solo un motociclista da salotto.
Dopo alcuni ritocchi e una verniciatura professionale la moto è pronta e passati alcuni mesi mi arriva una foto della moto ormai finita e un invito a festeggiare la “posa in casa”.
Stai a vedere che la mette davvero in soggiorno!!
Mi accordo per un fine settimana di novembre e ci incontriamo.
La moto è lì in bella vista. Appena entri non puoi non vederla, ti accoglie come se fosse la padrona di casa.
Imponente, lucida e con i suoi bei due cilindri in mostra. Non è del tutto terminata ma visto che in strada, molto probabilmente, non ci andrà mai, sono solo dei “particolari”.
Sembra quasi che ti voglia far capire che, se quel pazzo non la tenesse in casa, potrebbe fare girare la testa a moltissimi motociclisti, guzzisti e no.
Mi auguro che questa sia l’ultima moto che Christian non guida.
Ne ha avute troppe tenute ferme o in continua evoluzione.
Ma si sa che quando si parla di noi Guzzisti non c’è da stupirsi mai di niente.
E parafrasando il titolo di un capitolo del libro “MOTO GUZZI Quando le moto hanno l’anima” di Goffredo Puccetti, dobbiamo ricordarci che: GUZZI E GUZZISTI MAI DUE UGUALI.
Ricordo tre anni fa, al raduno ufficiale Moto Guzzi a Mandello, una strana special schierata nel cortile presso la galleria del vento: una moto stupefacente, con un telaio fucsia appariscente sia tecnicamente che per la verniciatura, con una attitudine cattiva e nello stesso tempo leggera: era il primo prototipo della Supertwin: una moto spettacolare che, grazie alla tenacia, passione e capacita dei suoi ideatori, Giuseppe Ghezzi e Bruno Saturno, meglio noti come Ghezzi&Brian, entro poco tempo uscira dallo stadio di prototipo per divenire realta circolante, incontrando un successo al di sopra delle aspettative di una special costruita artigianalmente in piccoli numeri. E il successo (dimostrato anche dalla lunga lista di attesa per averne una) li porta poi a concedere il bis: dalla solida base della Supertwins ecco spuntare fuori una delle naked piu personali e cattive mai viste nel mondo a due ruote: la Furia, presentata allo scorso Salone di Milan>è in corso di omologazione, oltreche già circolante per le prove affidate alle maggiori riviste del settore.
E il bello è che stiamo parlando di moto motorizzate col granitico V90 Moto Guzzi>
Con queste orgogliose premesse ci rechiamo a Perego, in provincia di Lecco, dove latelier Ghezzi&Brian ha sede, per toccare da vicino tanta passione e capacità, e per conoscere personalmente i fautori di cotanto orgoglio.
Ci accoglie all’interno Bruno Saturno, l’anima piu squisitamente commerciale e imprenditoriale del duo, mentre la mente motociclistica, Giuseppe Ghezzi, ci raggiungerà piu tardi.
Bruno dimostra subito chiaramente il suo ruolo, che è quello dell’imprenditore attento e scrupoloso, quasi impeccabile nelle sue risposte, sempre attento a esplicare nel giusto tono e con la giusta terminologia; lo si percepisce sentendolo parlare dei suoi prodotti. Dopo i primi complimenti di rito, e dopo aver scattato diverse foto ci lanciamo.
Alberto: come è nato tutto?
Bruno: La passione nasce dalle corse, quando Ghezzi cominciava a trafficare sul LM per aumentare le prestazioni, fino a creare un telaio nuovo, che ha avuto un suo sviluppo, in 7 esemplari, e di cui questo rappresenta la evoluzione finale, con la vittoria nel campionato del 96, e poi da questo nasce lidea di portare questa moto sulla strada, coi dovuti adattamenti ma senza perdere gli elementi caratteristici, per cui il telaio e rimasto lo stesso; l’unica cosa l’airbox, che però è puramente una carenatura, con le sue caratteristiche di grande rigidita, maneggevolezza, interasse molto corto.
Marcello: Questo era nel…?
Bruno: Nel 97 abbiamo corso ancora, ma era cambiato il regolamento, erano arrivati i 4 valvole, per cui non eravamo piu competitivi. Nel 98 ci abbiamo pensato un po, e allinizio del 99 siamo partiti
M: Quando siete andati in Moto Guzzi a proporre una cosa del genere, sono stati ragionevoli? Non hanno fatto problemi a fornirvi i motori?
B: Si, i nostri rapporti con Moto Guzzi sono stati sempre buoni; chiaramente abbiamo dovuto fare da noi le cose che ci proponevamo; ma comunque sulla fornitura dei motori non si puo essere scontenti…
M: Parlando con Ghezzi da Scola un po di tempo fa diceva che all’epoca era gia disponibile il cambio a 6 marce> però sono stati un po restii a darlo; o siete stati voi a preferire il 5 marce?
B: Non è stata proprio cosi; noi avevamo già i nostri prototipi fatti col cambio a 5 marce e avrebbe voluto dire rifare tutto da capo; il cambio a 6 marce obiettivament>è un bel cambio, però e un pò pesante, sia come cambio che come scatola di trasmissione; quindi va un po a cozzare con le nostre idee di fare la moto leggera
M: Quindi è stata una scelta tecnica oltrechè logistica, diciamo…
B: Si, ambedue le cose. Non ci siamo posti il problema di rifare il telaio per il 6 marce, anche perchè poi noi facciamo una piccola modifica sul 5 marce per renderlo un pò piu preciso e rapido.
A: In sostanza l’unico vantaggio del 6 marce è luscita maggiormente disassata del cardano?
B: E poi sicuramente è un bel cambio; ma tutto sommato abbiamo potuto compensare i difetti del cinque mantenendo leggera la moto.
Mauro: Che moto guida lei?
B: L’ultima moto che ho avuto è una Honda; è ancora in un angolo del capannone, e quando abbiamo cominciato questa avventura mi sono detto: io non guidero più una moto fino a che non avrò la MIA, cosa che eè avvenuta, per cui io adesso guido quello che capita; generalmente guidavo quella rossa (indica la Supertwin li accanto); comunque non guido molto; il tempo libero si è molto ridotto…
M: Come vi siete conosciuti?
B: Io ho letto un servizio su Ghezzi su Moto Tecnica; gli ho telefonato e sono andato a trovarlo…
M: Cosi d’istinto…
B: Si forse unispirazione… (ride) e da li è nato tutto; prima le corse e poi man mano…
M: La produzione vi soddisfa? Quante unitaà avete prodotto?
B: Lanno scorso 50. Quest’anno con Furia potremmo arrivare al doppio: questo è il nostro obiettivo a oggi.
M: Il passaggio dalla sportiva pura alla naked da dove scaturisce? Avete visto la tendenza del mercato, avete visto che sfruttando parecchie parti simili poteva nascere una moto nuova…
B: Si; dalla Supertwins poteva scaturire un secondo modello, a due posti, quindi piu fruibile, con delle linee che la caratterizzassero dallaltra… insomma produrre una moto che potesse avere maggiore fruibilita e versatilita d’uso…
M: In Ghezzi&Brian quanti siete? Cinque, sei..
B: Un pò di più adesso. Sulla parte tecnica sei persone. Poi il commerciale con due persone, poi noi due. Siamo destinati a crescere perchè l’anno prossimo abbiamo programmi un pò più ambiziosi; poi è il mercato che ci daà queste sensazioni.
M: Per la ProThunder è stato un colpo di testa o è stata anche una vostra voglia di tornare alle corse?
B: La voglia c’è sempre! L’impegno è non poco…
M: Magari nel campionato naked che stiamo seguendo attentamente col nostro sito…
B: La Furia in pista sarebbe come la moto che ha vinto il campionato nel 96 in versione naked; cambia ben poco… i tempi che si realizzano oggi si possono fare tranquillamente…
M: Le altre nude un telaio cosi se lo sognano!
B: La ProThunder per ora è un esemplare unico>è stato chiesto dal nostro importatore americano. Ci ha consentito di fare esperienze nuove…
M: Ecco, infatti volevo arrivare li; lo so che non risponderà…
A: L’avete usata come test per…
B: Eheheh…
M: Ok, tagliamo…
A: D’altra parte la domanda viene spontanea, pensando al motore 4 valvole che dovrebbe garantire più potenza, e questo telaio chiama potenza. Quasi tutte le riviste nel provare la Supertwin concludevano dicendo che la moto e estremamente prestante, ma per contro sembra di aver sotto un motore che non viaggia…
B: Certo. Anche perche in effetti la stessa moto col motore da corsa gestiva piu cavalli. Non che fossero tantissimi in più…
M: A quanto arrivava?
B: 100-102 cavalli. Poi cera molta coppia. Il telaio è assolutamente in grado di reggere ben oltre. Difatti le prime prove con la ProThunder sono state assolutamente positive.
M: Siete arrivati a quanti cavalli?
B: 140 cavalli…
A e Mauro: UHUHUHUH…
A: Alla ruota? O all’albero?
B: No, all’albero. Ed e poi una moto più leggera della versione stradale, mancano tante cose…
M: Ha gia fatto qualche gara?
B: No, non ancora: stà facendo delle prove in America di messa a punto; ci hanno chiesto dei rapporti diversi, vari accessori per provare diverse soluzioni. Il primo approccio, eheh, è stato di grande entusiasmo…
A: C’è stato qualche problema a far stare il motore 4 valvole?
B: Beh, ci stà a malapena; le cartelle della distribuzione sono state tolte; ci sono le pulegge che lavorano a 1 millimetro dal telaio; è stata cambiata qualche curva nell’attacco anteriore del motore; eè un motore decisamente piu grosso.
M: Stavamo parlando prima del rapporto con la Guzzi: con l’andare del tempo come si sono evoluti i rapporti? La Guzzi si sta rendendo conto che la Ghezzi&Brian stà diventando un nome sempre piu conosciuto? Sono ispirati da voi in qualche cosa? Ce un feedback tra voi?
B: Beh, certo, si parla di piu di prima. Le nuove persone che vengono dall’Aprilia sono dei motociclisti; la mentalita che li anima è una mentalita di appassionati oltrechè di esperti; quindi c’è un dialogo sicuramente piu frequente e piu interessante per futuri sviluppi rispetto ai momenti bui… Questo è positivo; d’altra parte Ghezzi&Brian nasce da un motore Guzzi; credo che dia lustro a questo propulsore quindi al marchio Moto Guzzi, dimostrando che si possono fare delle cose che forse alcuni non immaginavano. Dalle corse fino a moto particolari, che comunque circolano su strada.
M: Quando siete passati dai prototipi alla produzione su strada siete sempre stati decisi a usare il motore Guzzi o avevate pensato ad altri motori, magari anche piu economici?
B: No, la nostra è stata anche una scelta di marketing, cioe andare a trovare gli appassionati di un certo propulsore, di una certa filosofia, e dare loro un prodotto con caratteristiche particolari…
A: Sopperire anche a quella ch>è la mancanza attuale della Guzzi: non c’è una moto sportiva attuale in termini di ciclistica, pesi, ecc, e quindi c’è tutto un bacino di utenza che avrebbe molto interesse ad avere un motore Guzzi montato su una vera sportiva…
B: Beh, siamo due realta completamente diverse; noi facciamo moto in modo artigianale…
M: Siete molto piu liberi…
B: Noi ci rivolgiamo a una nicchia di clientela che puo anche spendere una certa cifra…
M: Beh, ci sono marche come Ducati, BMW e altre che non è che costino tanto meno…
B: Beh, l’importante è aver dimostrato che si puo fare: si puo andare a soddisfare una nicchia di mercato con un motore che ha molto da dire; magari non in termini di prestazioni, ma per quello che trasmette come emozioni; ha una sua personalita, ha una sua fisionomia indiscutibile: la Ghezzi&Brian da modo agli appassionati di trovare quel tipo di prodotto che magari la grande produzione non gli potrebbe dare.
Mauro (con occhio volpino): Ma la Guzzi continuera fare il 4 valvole?
B: La produzione del 4 valvole è finita.
In questo momento arriva Giuseppe Ghezzi con il figlioletto, e dopo le presentazioni di rito si commenta il casino per la concomitanza col Giro dItalia, che passa a poca distanza da Perego.
B (rivolgendosi a Ghezzi): Abbiamo fatto una panoramica di tutto… Siamo arrivati al momento piu critico… Io dico: non lo so… (risate) hanno visto un po troppi 4 valvole in giro…
M: La Guzzi entro l’anno si dice dovrebbe buttare fuori un nuovo motore 4 valvole sempre bicilindrico…
G: Entro l’anno?
M: Cosi dicono su Motociclismo… Limportant>è che mi abbiate confermato che i rapporti con Guzzi sono migliorati…
G: Quello si.
B: Beh, noi come piccola realtà abbiamo solo interesse a fare dei nostri studi, no? Andare a cercare, a scovare delle possibilita nuove; poi che si realizzino o no, è sempre importante lavorare su quello che c’è e che si puo migliorare, modificare, applicare in modo diverso; è chiaro che non stiamo mai fermi.
M: Ecco, prima parlavamo del passaggio dal prototipo alla produzione: visto che lei è un industriale e che già conosceva le problematiche della produzione: quali sono stati gli aspetti piu difficili?
B: Sono stati tutti aspetti difficili. Abbiamo il massimo aiuto da parte dei fornitori, ma… comunque industrializzare un prodotto vuol dire possibilmente cominciare fin dall’inizio con quest’ottica; però… vuol dire praticamente ripensare il prodotto nell’ottica della produzione. Pensare ai macchinari per produrre i pezzi… (siamo distratti dal piccolo sulla Furia che gioca col tappo)
M: Come mercato come siamo messi?
B: U>pò di tutto; prevalenza di Giappone e Stati Uniti.
M: E in Italia?
B: La Furia stà andando bene anche in Italia (come prenotazioni ndr)
M: Prima di partire con la produzione avete fatto una ricerca sulla clientela, o vi siete buttati?
B: Noi abbiamo un contatto stretto con il nostro mercato, sia attraverso i venditori ma soprattutto col contatto diretto: sia con manifestazioni tipo Guzzi Day, o con altre manifestazioni minori, sia nelle fiere veniamo a contatto con tanti guzzisti, li per no>è un polso importante, indispensabile da mantenere. Inoltre i tanti articoli usciti in decine di paesi e il nostro sito in quattro lingue ci hanno aiutato veramente molto : ogni mattina troviamo e-mail di appassionati da tutto il mondo .
M: Il cliente si rivolge solo attraverso il dealer o anche con voi direttamente?
B: Entrambe le cose. Alcuni dealer sono a loro volta degli specialisti e appassionati di Guzzi e sono il tramite ideale tra il cliente e noi; altre volte il cliente passa anche a trovarci.
A: Il cliente che vi ordina una Supertwin e vi chiede anche una elaborazione del motore la fornite o no ?
B: No, al momento non siamo in grado di seguire la parte motoristica; eè una questione di risorse. Anche perche poi noi diciamo sempre: provate prima la moto. La moto con queste caratteristiche di telaio e leggerezza no>è che chiede tanti cavalli. Quando le riviste fanno le prove in pista, certo li piu ne hai e meglio è, ma la moto in strada risponde pienamente.
M: Come ritorno da parte del cliente notate soddisfazione, notano magagne, chiedono modifiche?
B: Non abbiamo avuto problemi. Gli unici inconvenienti sono di chi è caduto.
M: Ma il cliente che compra una Ghezzi&Brian chi è? E un giovane appassionato, una persona che vuole avere un oggetto da sfoggiare, uno che vuole girarci in pista…?
B: Forse questultima è la categoria meno numerosa; sono in genere o appassionati guzzisti, o qualcuno che vuole avere un oggetto esclusivo; non ha certo molte alternative. Furia raccoglie in se l’esclusivita del prodotto ma anche la possibilita di usarlo tutti i giorni. Non è la moto da tenere nella teca, ma ci vai in ufficio, ci vai dappertutto… è una moto anche per signore, perche e bassa, leggera…
A: Voi mantenete sempre l’opzione di conversione partendo da una base 1100 Sport?
B: Si. Deve essere il motore 1100 col cambio a 5 marce. Il 1100 Sport si presta idealmente al trapianto.
M: Anche sulla Furia?
B: Sulla Furia non abbiamo ancora pensato a questa conversione; alcuni particolari sono diversi… le ruote, il cruscotto, il faro… probabilmente su Furia il vantaggio economico è ridotto.
A: Ho visto che dietro avete montato un Ohlins posteriormente…
B: Si, è di serie su Furia e Folgore (la nuova versione della Supertwins). E’ una evoluzione.
M: Pensate di mantenere l’accoppiata Supertwins-Folgore, o manterrete solo la Folgore?
B: Mah, vediamo il mercato come risponde. Finora ha risposto molto bene con Folgore. Ne abbiamo gia consegnate.
M: Beh, essendo io un ex paracadutista, il nome lo trovo splendido; se poi mi mettevate il nome proprio qui (indica dove sta scritto Furia), avrei gia staccato l’assegno… (risate)
B: Il nome è una delle cose piu difficili…
M: Il designer è sempre lo stesso?
B: Si, facciamo tutto in casa.
M: E’ stato fatto a CAD?
B: No, noi prima lo facciamo con reticolo in fil di ferro, poi in legno, in modo da poter apportare facilmente modifiche e in modo da vederle subito, e poi lo stesso modello in legno serve allo stampista.
M: Che dire altro? Beh, si, ci sarebbe altro… ma tanto non risponde!
B: Eheheheh…
A: Beh, anche solo il fatto che ci sono cose che non si possono dire dimostra che le cose sono cambiate in Guzzi…
B: Questo è sicuro. Credo ci siano tanti progetti; poi credo verrà fatta una selezione anche di carattere temporale, perche tutto non eè che possa essere preparato contemporaneamente, ma credo che la Guzzi stà percorrendo quella strada di evoluzione della produzione con nuove idee, con nuove proposte; d’altra parte io penso che la Moto Guzzi sia uno dei tanti aspetti della cultura italiana; la cultura si evolve ma non si stravolge. Ma si evolve: credo che in Aprilia ci sia la volonta di far evolvere la Moto Guzzi; fà parte della cultura italiana. E’ radicata profondamente non solo in Italia ma anche all’estero: e una delle bandiere dell’Italia all’estero: è un patrimonio insomma. Resterà tale in futuro.
A: Nel vostro caso qual’è la percentuale di clienti esteri?
B: Beh>è preponderante.
A: C’è un mercato particolare? Tipo la Germania, l’Inghilterra…
B: Gli Stati Uniti e il Giappone. In questo momento si. Anche in Inghilterra e in Svizzera si vende bene. Poi abbiamo venduto anche in paesi un po impensabili: Finlandia, Svezia… chiaramente pochi pezzi… abbiamo ricevuto una volta una visita di alcuni motociclisti venuti in moto dalla Finlandia. Alcuni con Guzzi, uno con Laverda… è gente che ha uno spirito che li porta ad usare la moto in modo intensivo nonostante il clima avverso dei loro paesi.
A: Come l’Inghilterra: un paese disgraziatissimo per il tempo, ma..
M: Un paese di grandi appassionati… Nelle varie fiere siete presenti?
B: Si, noi facciamo Milano e Monaco, ma le moto sono sempre presenti anche nelle altre fiere: ci pensano i dealer, come ad esempio a Birmingham, a Zurigo, a Vienna ,a Parigi .
M: La stampa specializzata si è molto interessata: avete ancora molte richieste?
B: Si, anche dalle riviste giapponesi: non riusciamo a leggere i commenti, però… (risata) In tutti i paesi almeno un paio di riviste si sono occupati di noi.
M: La messa in produzione della Furia quando è prevista?
B: Fra un mese. Produzione e consegna.
M: C’è da aspettare molto?
B: Eeh si.
M: Peccato.
A: Beh, ma tu sei l’eterno indeciso: ora che ti decidi faranno in tempo a farla…
M: E magari trovo anche un usato!
A: Come e stato il passaggio dai dischi freno classici, che vedo equipaggiano la moto da corsa, coi Braking perimetrali?
B: Allora non cerano ancora i perimetrali. Il rapporto con Braking poi è molto stretto: dai primi campioni li abbiamo provati subito, e abbiamo voluto caratterizzare la moto anche con questa innovazione che in effetti è importante.
M: Per adesso siete gli unici a montarli di serie…
B: Anche la Buell, anche se non sono però Braking. Li abbiamo montati anche sulla ProThunder, e s>è dimostrata una scelta molto positiva>
Nel frattempo ci spostiamo a cercare Giuseppe Ghezzi, che sta chiacchierando con Mauro… a microfoni spenti:
Mauro: Dai, dimmi la verità: cosa ci fanno in giro questi motori otto valvole?
G: Ok! Vieni con me che ti mostro una cosa… nella preparazione della Pro-Thunder abbiamo considerato e studiato a fondo il comportamento di questo motore, affinando molti aspetti tecnici migliorabili secondo la nostra filosofia: costanza di funzionamento e resistenza all’uso sportivo sono più importanti dell’avere tanti cavalli o velocità estreme.
Mauro: Mi pare però che potenza e cilindrata non siano i valori standard di una Daytona Guzzi, giusto?
G: No: infatti la vera modifica radicale riguarda la maggiorazione della cilindrata, ottenuta cambiando cilindri e pistoni Cosworth ma altri interventi sono comunque necessari.
Mauro: Per esempio?
G: Abbiamo constatato che la pressione dell’olio quando il motore gira oltre gli ottomila cade, e questo non garantisce una corretta lubrificazione agli alti regimi; abbiamo quindi modificato l’ingranaggio che da il movimento alla pompa collegato alla terna della distribuzione in modo da ridurre di circa 900 giri la rotazione della pompa rispetto al motore. Inoltre abbiamo preferito la pompa del V11, che anche se ha una portata inferiore, ha gli alberini montati su cuscinetti che ne rendono più sicura e longeva la durata.
Mauro: Cosa avete scelto per le camme?
G: Le camme come su tutti i motori sportivi fino ad oggi preparati sono originali Moto Guzzi; nella fattispecie abbiamo usato le camme proposte nel kit C; sui motori due valvole di solito usiamo camme 1100 sport.
Mauro: E per il gruppo cambio frizione che modifiche avete fatto?
G: Sul cambio facciamo un ‘lavoretto’ che migliora di molto gli inserimenti e per la frizione abbiamo ripensato la ghiera porta disco, in alluminio che sebbene più leggera e nervata nei punti maggior sforz>è risulta più resistente.
Mauro: …perciò si monta il tuo splendido telaio e il gioco è fatto?
G: Eeh! Magari: il telaio è concepito per il due valvole e posizionarci su il ‘quattro’ non è stato facile…
Mauro: Per questo state lavorando su un telaio nuovo di cui nessuno vuole parlare?
G: Non cè molto da dire; considera questi due aspetti:
1. il nostro telaio può montare motore due valvole e cambio a cinque marce
2. esistono motori anche a quattro valvole e cambi anche a sei marce
Mauro: Vuoi dire che la Moto Guzzi vi fornirà motori a quattro valvole e cambi a sei marce per una nuova moto?
G: No, io questo non lo dico, ma che qualcuno nel mondo dei possessori di Moto Guzzi mi chieda una moto così è un fatto.
Mauro: Ok! Torniamo alla moto che correrà in America: cosa dicono i dati?
G: I dati dicono 140 CV al banco in America; qui da noi il banco dava 130 CV. Una cosa è certa: in terza marcia se provi lallungo in modo deciso la moto ti si alza davanti, per me è da brivido!>
E qui ci ricongiungiamo tutti insieme.
M: Quando sei partito nel lontano 92 a fare il telaio era una idea tua, o sei stato ispirato dal telaio del Dr. John?
G: Beh, certo avevo visto le moto del Dr. John, ma volevo fare delle quote di ciclistica giuste… In realta io non sapevo all’inizio se come fanno tanti prendere il telaio del Le Mans e segarlo, ma poi mi sembrava piu difficile che non rifarlo da capo, e allora l’ho rifatto, anche perche lavorando in una ditta meccanica non avevo problemi a farmi le dime. Ovviamente vista la moto del Dr. John sono partito col monotrave, che e la cosa piu logica con questa architettura di motore.
M: E questo filtro dellaria?
G: E’ corsaiolo… Pero non è il massimo come industrializzazione; non possiamo permetterci di farci fare poi dei filtri su misura, visti i nostri numeri… viene realizzato a mano. Noi abbiamo ordinato dei filtri alla K&N guardando dal catalogo quelli che andrebbero ad occhio meglio come forma, ma abbiamo avuto parecchi problemi: avranno su cinquemila filtri, ma poi trovi solo quelli per la R1, Suzuki, ecc.; se vuoi quelli un po particolari, ovali, sono tutti a catalogo ma non li trovi manco dall’importatore europeo.
M: Hai avuto problemi col telaio nel passaggio dalle corse alla produzione?
G: No, non direi. Anche perche il primissimo l’ho pensato nel 1991, poi durante gli anni ho portato diverse migliorie; infatti quello montato sulla attuale Supertwin è praticamente il sesto o il settimo step di quel primissimo telaio.
M: Sappiamo che in giro per il mondo c’è un microcosmo di preparatori e di costruttori di moto su base Guzzi; voi avete contatti con loro?
G: Si, abbiamo avuto ed abbiamo tuttora contatti soprattutto con Dynotec, Raceco e Jingushi; questultimo poi è molto valido, ha avuto delle idee brillanti e secondo me costruisce attualmente le Guzzi 2 valvole più veloci del mondo.
M: Recentemente si sente sempre più parlare di nuovi motori Guzzi raffreddati a liquido, con alberi a camme in testa, a 2 o a 4 cilindri. Qual’è la tua impressione?
G: Credo che sia importante per la Guzzi uscire al più presto con un nuovo motore più performante e raffreddato a liquido, purchè sia sempre bicilindrico.
M: A due anni dall’inizio della vostra avventura come costruttori veri e propri, come considerate questa esperienza sino ad ora?
G: All’inizio, ovviamente, c’era parecchio timore di fallire l’obiettivo che ci eravamo posti, non eravamo così sicuri di riuscire ad entrare nella nicchia di mercato che ci eravamo proposti, ma devo dire che i risultati sono andati oltre alle aspettative, e miglioreranno ancora in futuro, tenendo conto che abbiamo già decine di ordini per Furia (oltre a quelli per Folgore e Supertwin) che vorremmo evadere il più presto possibile.
Photogallery
Furia
La Furia in tutto il suo splendore
Vista da dietro
Furia
La Furia con la moto campione
Particolare
Altri particolari della Furia
Ohlins!!
La nuova Folgore
La ProThunder con il motore 4 valvole che in mano a Ghezzi pare prometta mooolto bene!!
S-twin Rossa
…dietro le quinte…
Il piccolo Ghezzi prova la posizione di guida
Marcello: che macho!!!
Mauro concentrato per la foto
La brochure pubblicitaria della S-twin mostra la moto campione mentre si lascia dietro un’orda di Ducati WOW!!!!!
Era piu’ o meno la meta’ degli anni 70…io ero un bambino.
All’ epoca al mio paese la rete idrica non arrivava dappertutto,molte abitazioni avevano la cisterna ausiliaria dell’ acqua potabile che venivano rifornite da autobotti.
Queste venivano a caricare l’ acqua al pozzo di acqua sorgiva di mio zio, dove io andavo d’estate a dargli una mano.
Alle abitazioni del centro storico, le autobotti grosse non potevano arrivarci perche’ le strade erano (e sono) molto strette…a questo ci pensava un burbero omone sempre in tuta da meccanico, con due mani grosse cosi’, che con il suo Ercole cisternato, riusciva ad infilarsi dappertutto.
Un giorno, incuriosito da quel grosso treruote, gli chiesi di portarmi insieme a fare un “viaggio”, e una volta sistematomi nell’ angolo dell’ angusta cabina, l’ omone con una pedata ben assestata, mise in moto…
La spartana cabina con uno scossone inizio’ a vibrare paurosamente, amplificando il rombo del grosso monocilindrico…l’ odore della benzina quasi mi ubriacava, mentre il grosso volano ruotava minaccioso vicino ai miei piedi…lo stridio della frizione e il sibilo del cambio mi attanagliavano il cuore, mentre il “tunf – tunf” del monocilindrico (Falcone) messo sotto sforzo dal carico ( una ventina di quintali o forse piu’) mi rintronava nella testa.
Ci manco’ poco che gli chiedessi di farmi scendere… poi, invece, iniziai a tranquillizzarmi… la tecnica di guida ( l’ omone guidava maledettamente bene) inizio’ a incuriosirmi…
le vibrazioni, il frastuono, il rombo e gli stridii iniziarono ad amalgamarsi insieme creando un ritmo e un suono che ora pian piano risultava essere gradevole e naturale…iniziai a capire che quella era la voce della meccanica allo stato puro…e fu subito concerto, sinfonia…
Quel giorno nacque in me la passione per la Guzzi…grazie all’ Ercole!
Volevo raggiungere Anapa una cittadina posta sul mare a una quarantina di chilometri da Novorossijsk in Russia a due passi dalla Crimea. Il cielo terso, non dava segni d’inquietudine, pareva che quella sera dovesse durare all’infinito. Viaggiavo da almeno dodici ore ma non avvertivo fatica. Ero felice.
Ma all’improvviso in fondo al cielo comparve un esercito di nuvole e un vento di burrasca cominciò a soffiare. Amareggiato misi da parte ogni velleità e dando gas con energia, puntai deciso in direzione di una cittadina che vedevo in lontananza. Ci arrivai al buio.
Lentamente mi avvicinai a due signori e rimanendo in sella chiesi loro dove potevo trovare un hotel nelle vicinanze. I due si interrogarono con lo sguardo e dopo un attimo d’esitazione, quello a me più vicino, mi comunicò con parole affrettate che l’hotel c’era, ma non in quel posto. Nella sua lingua incomprensibile e gesti sempre più ampi, mi illustrò la via più breve per arrivarci.
Non compresi una parola ed egli accortosi del mio disagio, mi fece segno di seguirlo. Salì in macchina insieme al suo compare e in tutta fretta mi portarono, dopo un tragitto lungo e tortuoso, nel parcheggio antistante un piccolo motel.
Era al completo. Nel dirmelo il russo parve costernato. Davanti al mio smarrimento, rimase inquieto, poi parve colpito da un’illuminazione. Risalì in macchina e ad ampi gesti mi invitò a seguirlo nuovamente.Arrivammo davanti a una pozza d’acqua grande come un lago dove la sua auto sprofondò per riemergere fra schizzi e onde di riflusso. Lo seguii: gambe levate fino al manubrio e l’acqua all’altezza del motore.
Mi fece segno di portare la moto sotto la tettoia, dietro al furgone. Era casa sua. Confabulò con la moglie piuttosto sorpresa e la sollecitò ad andare a prendere dell’acqua al pozzo con due secchi che le porse con impazienza. Mi fece cenno d’entrare e di mettermi a mio agio su una delle tre sedie a disposizione nella piccola cucina.
La stanza minuscola con due finestre coperte da tendine, ospitava un forno a gas con piastre, un mobiletto che fungeva da credenza, un minuscolo lavandino sormontato da uno specchio senza cornice e un tavolo in tubi saldati, con il piano in truciolato coperto da una cerata. Da un lato una tenda copriva l’ingresso nella camera da letto adiacente. Non c’era il bagno e neppure acqua corrente e quello che ancor più m’impressionò, non c’erano neppure altre stanze, se non si considerava l’ampio atrio che fungeva da deposito di tutto della porta d’entrata.
A motti e mozziconi di parole, cercai di fargli intendere che avevo la mia tenda da montare. Non sentì ragioni e con decisione ed energia, lo vidi aprire una porta e sparire. Ricomparve a più riprese con bidoni di vernice, pennelli, aste, attrezzi da lavoro di ogni tipo, carrucole, corde, parti mobili di impalcatura, assi e alcune sedie sbrindellate.
Volevo aiutarlo, ma mi fece cenno di rimanere tranquillo: ci avrebbe pensato lui. Arrivò la moglie, seguita dall’amico, il quale, dopo aver versato l’acqua dai secchi in un enorme pentolone, bevuto un cicchetto, se ne andò.
Mangiai un boccone che la donna premurosamente mi offrì, dopodiché, con l’acqua riscaldata e la signora a versarmela nel cortile con un coppo, mi feci una mezza doccia. Quando rientrai in casa, fresco come una rosa, trovai l’uomo che armeggiava con del filo elettrico per portarmi luce in quello sgabuzzino trasformatosi in camera per l’occorrenza.
Dormii lì, con due sofà sbrindellati messi l’uno in fronte all’altro a far da teste al mio letto posticcio e la porta della stanza come piano a un materasso improvvisato in gommapiuma con larghe chiazze di colore. Mi alzai piuttosto sciupato quella mattina e non completamente riposato: la maniglia non mi aveva dato tregua. Mi attendevano una colazione abbondante, un sacchetto in plastica con due pomodori e due cetrioli, per il viaggio, due abbracci intensi e….qualche lacrima.
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