Come sono diventato Guzzista: Almerico Cavallo
Come sono diventato guzzista: volevo tanto avere la bmw r1100r nel 1999, poi sono entrato in concessionario ed ho comprato un 1100 sport corsa.
Come sono diventato guzzista: volevo tanto avere la bmw r1100r nel 1999, poi sono entrato in concessionario ed ho comprato un 1100 sport corsa.
Non sapevo fosse una Guzzi. Era la Moto. Si chiamava così per distinguerla dalla Vespa. Mio padre aveva messo un pezzo di gommapiuma tra la sella e il serbatoio. Più tardi uno più grande tra le due selle. Bastava per tutta la famiglia. Dopo arrivò la Moto nuova. Era simile, ma aveva il volano coperto. Su quella, che conservo ancora, imparai a guidare, prima di comprare il mio primo cinquantino.
Come sono diventato guzzista.
Avevo 10 anni quando il marito di mia cugina venne in ferie in Sicilia con la moto. Era il 1988 e io passavo interminabili momenti ad ammirare quella scultura bianca piena di cromature che splendevano al sole di agosto. Forse fu proprio quel sole che mi diede alla testa ma da quel momento decisi che da grande avrei avuto una guzzi.
Poi gli anni passano, cambiano i gusti e nel 2005 mi ritrovo in sella ad una jappo. Una Z750S piena di cavalli che, lo ammetto, non sono mai riuscito a gestire come si deve. Non sono mai stato un pilota della domenica ma di strada ne ho fatta parecchia.
Nel 2008 la mia strada, dietro una curva, incontra un camion che mi costringe ad un calvario di due anni, diversi viaggi della speranza e 4 interventi.
La mia vita da motociclista, penso, finisce lì.
Ma è qui che succede l’imprevedibile.
In un pomeriggio come tanti vengo contattato da mia cugina che mi chiede di tradurle una mail dal francese. Quando capisco che quella mail è la risposta ad un annuncio di vendita chiamo mia cugina e la minaccio di toglierle il saluto se davvero avesse venduto la moto del marito (che nel frattempo, per età e problemi fisici non usava più). Per tutta risposta, mia cugina, mi propose di venderla a me.
Nel giro di un’ora avevo già prenotato un volo, contattato un autotrasportatore e trovato un garage.
Da grande non avevo una moto guzzi, avevo quella moto guzzi. Una V65 Florida bianco perla. Il mio sogno da bambino. Il tutto all’insaputa della mia famiglia che mi avrebbe diseredato se mi fossi presentato a casa con un’altra moto.
Ma una volta tornato in sella ora che non sono più un bambino, mi sono reso conto che le moto custom non fanno per me.
Adocchio una V65SP, penso di vendere la Florida e prendere questa. Per farla breve adesso ho due guzzi in garage.
Come sono diventato guzzista!
Prima sarebbe meglio raccontare come sono diventato motociclista: da ragazzini si girava per il paese in scooter, e qualche volta ci avventuravamo per i monti, o scendevamo al mare. Una volta avuta a disposizione l’auto, le due ruote sono andate un po’ dimenticate, ma nel 2002 trovo lavoro come portalettere, e in sella al liberty vago per le strade dell’Ogliastra; c’è stato un momento in cui ho realizzato che il tutto era divertente, e ho preso la decisione: mi compro la moto! Punto subito su una classica naked, guardavo soprattutto le jappe, ma a titolo di curiosità sfogliavo anche i cataloghi delle italiane. Trovai la Nevada, ma più guardavo la foto e più mi sembrava brutta, finché senza un motivo particolare decido di chiedere info a un concessionario. E nella vetrina c’era lei: rossa e cromata, e dal vivo era diversa…
Una foto di quando eravamo giovani tutt’e due!
Come sono diventato Guzzista?
Avevo preso la mia primo moto a 37 anni, una bella Triumph Legend pagata 12.000.000 di vecchie lire.
Dopo 5 anni di rottura di palle per ingrassare la catena e dopo che un Amico mi ha chiesto di accompagnarlo in un conce Guzzi, mi hanno offerto 6.000 euro per la moto vecchia, e la Guzzi non aveva la catena.
Presa la California Titanium.
Poi solo Guzzi
Punto
come sono diventato guzzista? Avevo sei o sette anni quando andavo a scuola a piedi col mio amico Tonino. Il padre faceva piccoli trasporti, a Nuoro, col suo motocarro Ercole. A Tonino aveva raccontato di tutte le vittorie della Guzzi nei vari campionati. Io, a sei sette anni non ne avevo mai sentito parlare ma facendo la strada di casa ci fermavamo ad ogni moto e lui mi spiegava tutto, avevo imparato a distinguere Zigolo, Stornello, specie lo Sport, il massimo per Tonino, poi Ducati, Motobi, MV, insomma tutto quello che trovavamo parcheggiato lungo il nostro percorso. Lui sapeva tutto e me lo spiegava con grande passione. Alla fine delle elementari andammo con la famiglia a Olbia per le vacanze con i nonni. Lui invece durante le vacanze andava a lavorare da un ciabattino, vicino alle nostre case. Al rientro seppi che Tonino era morto per una leucemia. Un dolore che a distanza di quasi sessant’anni mi fa ancora male. Mi aveva instillato l’amore per le moto, specie per la Guzzi. Gli anni passarono e dopo una Vespa 50, una Parilla 125 sprint fondo di magazzino, una MV 350 EL, nel 74, smisi di andare in moto, roba da borghesi fighetti figli di papà. A quei tempi ero così. Poi, intorno al l’84/85 un mio amico vendeva una Guzzi SP 1000 1.a serie del 79 e sono tornato alle moto, proprio a quelle che piacevano a Tonino.
Come sono diventato Gianni Guzzista
be forse lo ero dentro e non lo sapevo, ma da ragazzo quando la sentivi mi ribolliva il sangue, poi un cugino purtroppo scomparso aveva una GT850 e ci girava l’italia, la smontava e rimontava e mi affascinava, nel 1987 compro una GT850 del 72 preserie la uso poco ma mi piace ci faccio dei viaggio ma poca roba, ma la sfiga che ci vede bene vuole che brucia nel 1989 in garage per un fulmine il garage va a fuoco, la macchina si salva la lei è carbonizzata.
La tengo qualche anno per rimetterla a posto ma poi il lavoro i figli e i traslocchi decido di venderla e in 10gg anche bruciata la vendo.
Resto senza moto fino il 2000 quando una sera cazzeggio in internet e su secondamano vedo Lei una GT850 bordo parafanghi cromo, chiamo e il proprietario mi dice che sabato va a Novegro e c’è uno svedese interessato, la sera dopo sono a casa Su a vederla la moto è stata riverniciata da Stucchi, ha 190.000km e ci ha girato tutta l’europa la vende dopo la separazione dalla moglie, be dei kilometri non me ne frega niente ormai era amore puro e la prendo, e prima di portarla a casa mi dice che si chiama Ralph, a casa Mio figlio minore si mette a ridere e dice ma quella è vecchia e da li il nome VecchiuioRalph,adesso VecchioRalph il nome della MIa GT è in restauro ma mi ha fatto volare per latri 140.000km ma mel frattempo in garage sono arrivate altre 5 Guzzi, ma quella è un’altra storia.
nella foto siamo a Berlino
Come sono diventato Guzzista?
Pur non avendola, un Amico fraterno , me l’ha fatta provare tirandomi dentro ad una comunità.
E (nonostante motociclista da vent’anni) ho trovato passione,amicizia,fraternità e Italianità al quadrato.
E grazie ad altri Guzzisti Roberto Betti Enrico Fiorenzi continuo a correrci in pista , con la consapevolezza di far parte di una grande famiglia.
Grazie.
COME SONO DIVENTATO GUZZISTA:
Flashback : immagini dai contorni sfuocati e dai colori sbiaditi di una distante e torrida estate dei primi anni 70. Un bambino Genovese che passa le vacanze estive in un paesino arroccato sulle pendici di una collina nell’entroterra di La Spezia. Un bar, come esistevano negli anni 70. Un bancone, tavoli, sedie e gli avventori, esclusivamente uomini a bere caffè, vino e grappa, le uniche consumazioni possibili.
Il bar come posto telefonico pubblico nel quale giace, riverito come un oracolo che predice il futuro e al cui raro squillo tutto il paese accorre, un telefono, segno del progresso che prima o poi arriverà anche lì. Realtà distante anni luce dalla quotidianità cittadina del bambino. Per lui e per gli altri bambini niente gelati nel bar del paese, non lo vendono.
Ma……tutti i giorni,pochi minuti prima delle 15, il bambino si affaccia alla grande finestra della sala, che domina dall’alto tutta la vallata in trepidante attesa. Annunziato dal magico suono di una trombetta che gli echi della valle portano fino a lui ecco sbucare dall’ultima curva nascosta, un buffo e colorato mezzo commerciale. Il bambino, dopo aver ottenuto le poche monete da 10 lire necessarie, parte all’impazzata correndo tra i vicoletti lastricati che dalla cima attraversano il paese fino alla strada . Come lui tutti gli altri bambini del paese volano per arrivare in tempo all’appuntamento con lui :
il gelataio.
L’ometto arriva a bordo di una grande motocicletta tutta rossa e lucida, con un cilindrone color ferro posto in orizzontale sotto il serbatoio.
Ma al posto della ruota anteriore, ecco un cubo di metallo giallo, appoggiato su due ruote laterali. Dai quattro vertici superiori del cubo partono quattro tubi, anch’essi gialli, che sorreggono un tendone a spicchi gialli e rossi. Sul manubrio una simpatica trombetta e nel cubo ghiaccio e gelati.
Arrivare primi alla strada è imperativo per poter assaporare il gelato all’ombra del tendone, prima che il gelataio riparta per portare il suo carico di delizie ai bambini del paese successivo.
Il bambino mentre lecca avidamente un gelato mai abbastanza grande osserva la bellissima aquila, che ad ali spiegate, si libra in volo sul serbatoio rosso dello strano mezzo a motore del gelataio……se avessi anch’io un aquila, pensa sempre, potrei scendere dal paese in volo e arriverei tutti i giorni primo. Flashback :immagini più nitide di vita cittadina dei primi anni 80. Il bambino è ormai un ragazzino e tutti i giorni, percorrendo le poche decine di metri che separano la scuola dalla fermata dell’autobus, vede seduto al tavolino di un bar un ragazzo grande, alto, biondo con i capelli a riccioli e gli occhi azzurri, sempre abbronzato. Al tavolo con lui sempre ragazze, che estasiate dalla sua bellezza e dalla sua loquacità sembrano soffrire atroci pene quando lui si alza e se ne va, insieme ad una di loro ogni giorno diversa, a bordo della sua fida moto, sempre parcheggiata a fianco al tavolino. Una moto custom, nuova, bella, bianca, lucida. Un grande manubrio a corna di bue, dietro due grandi valige bianche arrotondate (Nonfango Bags). Sotto le borse due tuboni cromati che luccicano quando piega per partire. E sul brillante serbatoio, una dorata aquila che spicca il volo verso il divertimento fiera di portare ogni giorno una ragazza diversa.
Il ragazzino non collega l’aquila sciupa femmine con l’aquila dispensatrice di prelibate delizie gelate della sua infanzia, ma pensa solo…….. se avessi anch’io un aquila, potrei volare con qualche ragazzina in riviera e……….
Flashback : maccaia, caldo, afa, estate, aria umida e immota che ti appiccica i vestiti addosso. Ci vuole un po’ di frescura. Il ragazzino, diventato ora un ragazzo ventenne inforca l’immancabile Vespa PX e insieme alla sua ragazza imbocca la strada che da Spotorno sale verso Le Manie, in cerca di un refolo d’aria che mitighi la calura afosa di una estate alla fine degli anni 80.
Quasi in cima esisteva un bar ristorante ricavato all’interno di una chiesa sconsacrata. Il ragazzo e la ragazza si fermano e ordinano da bere. Ad un tratto un sommesso borbottio alle sue spalle stuzzica la sua curiosità. Si volta e vede una moto. Attende che il centauro scenda e entri nel bar e con rispettosa attenzione si alza e inizia ad osservare la moto che lo ha incuriosito.
E’ ancora un custom, e al ragazzo torna in mente la moto bianca che da ragazzino sognava per portare a spasso le ragazze. La moto ha ancora il manubrio a corna di bue, anche se meno pronunciato di come se lo ricordava. Anche il serbatoio è diverso, più a goccia, più slanciato verso l’alto. Anche il colore, pur essendo sempre bianco è madreperlato e il serbatoio manda variopinti riflessi. Anche le borse sono bianche ma più aggraziate che prima ( Krauser) e gli specchietti sul manubrio non sono in metallo cromato come su tutte le moto, sono in plastica, rotondi, bianchi come la moto (Vitaloni).
Solo una cosa è uguale, l’impavida aquila che troneggia sul serbatoio. Come un novello Dante che rivede la sua Beatrice dopo nove anni capisce lì, in quel momento, che quella è il tipo di moto che vuole per cavalcare il vento con la sua bella.
Flashback : un piovoso pomeriggio di inverno. Immagini ingrigite dal plumbeo colore del cielo. Panorami laidi della periferia suburbana di una grande città. Una piccola valle alle spalle del più popoloso quartiere di Genova, una valle stretta, brutta, umida nella quale il vento si incanala fino al mare. Primi anni 90, il ragazzo ormai sposato raggiunge il padre nel loro antro segreto. Un posto sporco e maleodorante di olio, di nafta, di benzina, di solventi. Al soffitto pezzi delle più improbabili e ormai dimenticate auto e moto, alle pareti foto sbiadite di passati trascorsi rallystici che le insostituibili necessità della vita hanno invariabilmente relegato nel mondo dei sogni dopo poche e striminzite esperienze.
Indossa la tuta sporca di grasso che pende da un vecchio attaccapanni riciclato e inizia a lavorare sulla vecchia e indomita Vespa. Intanto parla con il padre. Un padre buono, un padre amico, un padre fratello. Uguali nel modo di pensare e nel modo di agire. Un padre Gilerista dei tempi andati in cui le motociclette si facevano con il ferro e le palle e non con la plastica e i computer.
Parla e dice che è finalmente ora di comprare una moto vera. Una moto solida, duratura, fedele. Non una delle solite moto che dopo 6 mesi diventano vecchie solo perché qualche progettista nipponico ha cambiato i colori del serbatoio.
Il vecchio padre, che ha già capito tutto, con la noncuranza che solo i vecchi saggi possono sfoggiare replica “ma lascia stare cosa ne fai di una moto grossa, tieniti la vespa che è più comoda e non ti bagni”.
L’indomani il padre, con lo stesso effetto provocato da un bicilindrico messo in moto di sorpresa in garage senza marmitte, esordisce nel discorso, questa volta con una malcelata nonchalance foriera di ricordi e commozione, “ sun passou pe caxio davanti au Stagi. U gha na Gussi piccinetta ma bentegnua, non me ricordu u numme…….u l’è cumme in peise in America…..so a se. Poriescimu anala a vedde” ( Sono passato per caso davanti a Stagi. E’ in vendita una Moto Guzzi, piccola ma ben tenuta, non mi ricordo il nome. E’ come uno stato americano, non so. Potremmo andare a vederla).
Da quel giorno fu Florida e poi nello sporco e disordinato garage passarono Nevada e poi California e domani forse passerà Bellagio, ma queste sono altre storie e ve le racconterò un’altra volta.