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Come sono diventato Guzzista: Sinue Broccato

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Come sono diventato Guzzista;era esplosa la moda dei custom negli anni 90,le Harley mi piacevano un sacco con tutte quelle cromature…mi piaceva anche il Suzuki Intruder 1400…poi un giorno su motociclismo ho visto la foto di una California ulteriormente customizzata da preparatori tedeschi,e ho pensato “mica male la Guzzi cosi'”.Non ho iniziato ricerche perche’ a quei tempi non c’era internet,ma un giorno, per caso,mi sono imbattuto in un SP 1000 bianco rosso parcheggiato sotto un capannone assieme a trattori e attrezzi agricoli vari di un azienda agricola di terzisti…sono rimasto una decina di minuti a guardarlo…da solo…ma non vedevo l’SP…vedevo come volevo trasformarlo.Rintracciato il proprietario gli chiedo se me lo vende…risposta:no.Svanito il sogno/progetto che avevo gia’ fatto nella mia mente contorta…provo a insistere ma niente da fare…le solite menate”…e’ un ricordo di quando ero giovane…voglio farci ancora dei giri…bla bla bla”…Amen.Un anno dopo ripasso e L’SP e’ ancora nello stesso punto con il doppio della polvere addosso…ci riprovo…e allora Franco…il proprietario dice:massi’ vieni a prenderlo che io ormai…”.Ci siamo accordati sul prezzo e ho preso subito appuntamento da un notaio per il passaggio di proprieta’(allora si faceva ancora cosi’).Arrivato il giorno della firma dal notaio passo a prendere il Franco e lo trovo che era appena uscito dalla doccia..era serio,volto rabbuiato…mi sono preoccupato di un possibile ripensamento dell’ultimo momento…ma mi dice no,nessun ripensamento…solo un problema sul lavoro qualche ora prima.Gli chiedo cos’era successo e mi racconta…praticamente era uscito con il trattore (sapete quelli alti come una casa di due piani) e la botte da 20 quintali di liquami da spargere per campi…mi spiega anche come funziona codesta botte da liquami,praticamente tu la riempi…vai nel campo…metti in funzione una pompa ad alta pressione che praticamente spinge fuori i suddetti liquami un volta che tu azioni una leva…e stando seduto sul trattore guardi attraverso un oblo’sulla botte il livello dell’ormai famoso contenuto….solo che…non si capisce come mai…quando il Franco ha azionato la leva il liquame non e’ uscito e la pressione all’interno della botte ha fatto esplodere l’oblo’ dal lato del trattore…praticamente…provate a immaginare…un getto di m…. che entra nella cabina e allaga tutto… conducente compreso.E si…c’era di che rabbuiarsi ho pensato.Nonostante l’inconveniente il Franco ha firmato dal notaio e io sono diventato Guzzista.

Come sono diventato Guzzista: Cristina Roncon

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Come sono diventata guzzista..

Premessa: motociclista nei miei desideri lo sono sempre stata, fin da ragazzina, fin da quando i miei mi raccontavano del Guzzino di mio nonno paterno ma un pò per le condizioni economiche sommate a “tu? una donna, con la moto? ma va laaa!” e alle altre innumerevoli priorità che la vita ci pone davanti, scelsi per molti anni di ignorare il mio desiderio di avere una moto. Poi un giorno di diversi anni fa, mi colpì una sorta di rivelazione, ad un incrocio, per caso mi accodai ad una moto, niente di strano, chissà quante volte era già successo con altre moto, ma quella era diversa da tutte, originale, possente, elegante, e il tizio che la guidava riusciva a farla muovere nel traffico leggera come una piuma, come fosse possibile non so, lo seguii per un tratto di strada fino a quando lo vidi accostare e fermarsi, rallentai, lo superai con lo sguardo fisso sulla moto e… per poco non finii a baciare un platano a lato della strada, mi ripresi, non dallo spavento ma dall’imbarazzo, parcheggiai con non chalance (trad. faccia di tolla) scesi dall’auto e tornai a piedi verso la moto, il tizio si era già allontanato, per fortuna, e così rimasi per 10 minuti buoni a guardare la moto… era nera, era bellissima, era una Griso. Sono nata Guzzista quel giorno, anche se in seguito arrivarono altri impedimenti, ancora altre priorità, altre difficoltà a quel punto era fatta, avrei avuto una moto, sarebbe stata una Guzzi altrimenti niente.

Il 27.08.2019, a 51 anni suonati, (dalle mie parti si dice che con il tempo maturano anche le zucche) da credente sono diventata anche praticante con una V7 III usata, l’ho vista in un annuncio un giovedì, e il sabato avevo già dato l’acconto, è una Anniversario, anche se nessuno mi toglierà dalla mente la Griso, per me, la mia V7 è la più bella del mondo, stiamo ancora prendendo confidenza ma siamo già buone amiche.

PS: qualche tempo fa, mia mamma mi ha ricordato un fatto che avevo dimenticato, ossia che il mio nonno materno fu meccanico di aviazione durante la prima guerra mondiale. Se non fossi una scettica radicale, dovrei pensare che era tutto già scritto ??

Come sono diventato Guzzista: Silvio Pedrotti

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Come sono diventato Guzzista.
Io ho iniziato a otto anni provando su un prato il Trotter di mio padre. A 13 anni (nel 1970) andiamo a Trento da Petrick per comprare il Dingo 3 marce. Entrando nel negozio vedo il V7 special bianco senza chiedere ci salgo sopra ed inizio a sognare.
Più tardi quel negozio sarà la tappa quotidiana prima di andare all’ITI. Ricordo la foto di Sciaresa (da poco mancato) sulla V7 sport…
Mio padre, che non aveva la patente cambia il Dingo col Nibbio 50. Dai sembra una moto quasi 125. Lo uso anch’io come gli altri due, quando me lo prestava.
Cresce la passione, che si consolida nelle lunghe ed oziose giornate del servizio militare dove l’unica cosa bella era alla sera in libera uscita dove potevi sentir passare il Lemans: brividi. Quella mi son detto sarà la mia moto.
Finito il militare mi metto a lavorare in propio ed il 12/09/79 acquisto la Lemans 2. Dopo 22 mesi e 44.000 km, il 20/09/81 la cambio con la Lemans 3. Con questa moto, che conservo ancora perfetta, percorrerò 70.000 km, poi azienda e famiglia mi consigliano una lunga pausa.
Fino al 10/05/2017 quando acquisto la V7 anniversario è in poco più di un anno ecco altri 20.000 km. Però c’è la Norge che mi intriga, ne trovo una a Gioia del Colle (BA). Col proprietario c’è intesa già alla prima telefonata. Il 01/12/2018 scendo in aereo e risalgo tutta la penisola fino a Trento.
Tre Guzzi in garage, tre motori diversissimi, tre telai stupendi ed un immutato feeling.
Vuoi mettere quando dopo una bella serie di curve aspetti che il cuore abbassi il ritmo con la mano sulla testa del motore … che ne sanno gli altri!

Come sono diventato Guzzista: Aldo Cigna

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Come sono diventato Guzzista:
Era il 1985, avevo già 24 anni con al mio attivo un benelli 250 2 tempi motore Guzzi e, un Ducati 750ss.
Un mio vicino di allora aveva un guzzi le mans prima serie, ne ero innamorato, il colore il rombo quelle due teste che uscivano dal telaio. Mi disse che l’aveva preso a Savona in concessionaria Guzzi, era Dicembre 1985, il mio vicino mi disse, a Savona hanno un 65C in vetrina bellissimo pochi km, parto in treno vado a vederlo, vicino al 65C c’era un Cailfornia II nero con 6000 km, il 3 di Gennaio 1986 venivo a casa in provincia di Cuneo con il Cali , pagato ai tempi 6.250.000 Lire, scortato dalla polizia sull’autostrada c’erano ca 15 cm di neve…. non la dimenticherò mai…. ora ho un T5 ex carabinieri, rifatto e reso un po’ più guidabile…. il Guzzi quando ti entra non esce più, e le altre moto le guardi, ma non saranno mai come le Guzzi. Il Guzzi è un’amore per sempre.

Come sono diventato Guzzista: Sti Rpe

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Anno 2003, 27 anni presa la patente A e una Ducati monster 600.Le Guzzi sono moto da museo.
Anno 2011 provo un’imola di un amico in vendita, ma per curiosità che tanto sono moto superate ,mentre guido guardo L’Aquila dorata sul serbatoio e sono fottuto… torno dalla prova e la compro subito.
Ad oggi ho avuto :Imola, v35c, v 65 Florida, sp 1000,v10 Centauro sport, v7 700,850gt,850 t3, cali 3 ie, cali ev, cali aluminium e ho appena preso v11 sport prima serie da andare a ritirare quando si potrà . Ho avuto moto tecnicamente superiori ma le scelte migliori sono quelle fatte col cuore e l’anima ❤️

Come sono diventato Guzzista: Marco Dubbini

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Come sono diventato Guzzista ?! Semplice con un Guzzi V 35 prima serie sono andato con un mio amico in Polonia pesavamo un botto xche avevamo tenda bauletto sacco a pelo ecc .. vino pane e salame .. nei bauletti !! Abbiamo percorso da Milano a potzdam 25 km da Berlino senza fermarci sotto L acqua .. entrati in Polonia il giorno dopo sono scopiate le sospensioni .. comunque alla fine della splendida vacanza con le ragazze polacche .. 1999 .. siamo tornati e il mio unico pensiero era di prendere un v 35 .. ma comprai un v 35 castom !! Che andai in Sicilia !! Poi stupidamente la vendetti e dopo altre moto (solo italiane tra Ducati Mv ecc tornai sui miei passi Moto Guzzi !! E comprai una t 3 850 del 75 !! Cadeva a pezzi .. ma L ho rimessa a nuovo e non L ho più venduta !! X me le Moto Guzzi sono qualcosa di unico e non c è altra marca che si avvicina xche le aquile di mandello volano dove le altre non osano !! W la Guzzi e tutti i Guzzisti !!

Come sono diventato Guzzista: Angelo Bellagente

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Come sono diventato Guzzista:

O avuto parecchi 50 poi 3 125
Prima di prendere la Nevada andavo in giro con una lambretta 200 ma quando ero un ragazzino mi ricordo che il mio dentista aveva una Cali e tutte le volte che andavo da lui mi raccontava della sua California io ero lì che lo ascoltavo, conti fatti mentre andavo in giro con la mia lambretta, venne inmente di prendermi una Guzzi andai avanti per molto tempo per via dei soldi.. Prima la casa poi la macchina il figlio ecc, i somma non riuscivo a mettere via i soldi per prenderne una, ma 3 anni fa mi girò il sacramento e presi gli ultimi 4 soldi rimasti della liquidazione, per esattezza 1.300 e trovai la mia Nevada 750 del 2000, non era una meraviglia però quella potevo permettermi a quel prezzo, la portai a casa con il furgone di un mio amico, la tenni ferma per un mese perché non potevo assicurarla per via dei soldi, ma era la, la guardavo la pulivo e laccendevo, appena misi l’assicurazione non riuscì più a separarmi la uso inverno, estate, pioggia, freddo, non mi interessa, e se qualcuno mi dice sei un motociclista? io li dico che la moto è la mia vita e la Guzzi la completa. 

Come sono diventato Guzzista: Loris Moia

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Sono diventato guzzista quando nel 1990 mio padre volle comprare una moto,ma non una moto,la moto,una Moto Guzzi, e cercando su secondamano trovammo un V35,ma io ne preferii una più sportiva fu così che compro’ un V35 Imola dell’82. Mio papà ci girò l’Italia in due settimane facendosi Milano Calabria Calabria Napoli Cagliari Gonnesa Gonnesa Sassari Genova Milano, dalla Sardegna in mia compagnia. L’aquilotta rimase poi ferma 15 anni ma sempre in nostro possesso. Da un paio d’anni mio papà non c’è più,ma la piccolina è stata rimessa in strada e la uso quotidianamente godendo di quel marchio a noi tanto caro.

Come sono diventato Guzzista: Rossano Mencarini

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Come son diventato guzzista. Fui giovane, e dal vespino decisi di passare ad una moto. Lessi di giornali e guardai di foto, ma non ci capivo nulla e siccome i soldi erano pochissimi e non potevo comprare niente più di un trecentocinquanta cc, mi orientai su un V35. Fu la prima motocicletta. È che quando al concessionario andai per vederla, accanto ce ne era una simile, bassotta uguale ma più muscolosa, molto più muscolosa, era una mille e mi ricordo ancora quanto mi affascinò. Poi un Ducati 350 XL, ma era troppo veloce, anche se a quei tempi mi andava bene visto che avevo poco sale in zucca. Poi finito il militare, dove avevo visto una SP Marlboro di proprietà di un maresciallo, mi misi alla ricerca di un usato economico, e lo trovai, e godevo davvero ogni volta che la guardavo o la portavo. E iniziai a girare per l’Europa. Poi ne arrivò un altra che ci accompagnò, me e la mia signora, per ogni dove, sia in giratine di poche ore, sia in viaggi di più di venti giorni. Ma arrivò alla fine, e trovandomi con un poco più di soldi, visto che la Guzzi produceva solo la California, optai per un BMW 1150 RS, pensavo che sarebbe stata perfetta. Ricordo ancora quanto piacere provai dopo sei mesi e seimila chilometri, quando inforcati la California EV Touring che avevo barattato con la BMW quasi alla pari, mi parve di essere di nuovo a casa dopo un assenza interminabile e infelice. Ne vennero altre dopo, di Guzzi, e adesso c’è una Brevona 1100. Che dire, quando porto uno di quegli ammassi di ferro godo.

Come sono diventato Guzzista: Marcello Molteni

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Come sono diventato Guzzista?

(mettetevi comodi, è un po’ lunghetto)

Un bel giorno dei primi mesi del 1994 mio fratello, che non appoggia il suo sedere su una moto da almeno 15 anni, si presenta a casa mia a cavalcioni di un qualcosa che a primo colpo d’occhio mi appare come un largo, pesante, sgraziato e rumoroso bovino nero.

E’ in realtà una Moto Guzzi IdroConvert 1000 del ’75 avuta come sconto sull’acquisto di un’auto fuoristrada nuova da un concessionario che probabilmente l’aveva sul gobbo da mesi e che non sapeva come disfarsene.

Formulo immediatamente tre ipotesi sul fatto che abbia accettato quella “cosa” al posto dello sconto:

A) Rivendita immediata al primo tedesco di passaggio (memore del mio vecchio Morini) con conseguente guadagno economico

B) Necessità impellente, per motivi a me sconosciuti, di occupare parte del suo box con un ammasso di 240 kg di metallo vario semi grezzo

C) Colpo di sole improvviso

Niente di tutto questo; lui intende veramente usarla e non solo, anche mia cognata non vede l’ora di accompagnarlo come convintissima passeggera.

Le mie conoscenze della Moto Guzzi, si fermano alle moto della Polizia o dei Vigili Urbani che incrocio per strada e alle foto in bianco e nero di Falconi, Galletti e volatili vari che si vedono ogni tanto in qualche articolo dedicato alle moto d’epoca.

Anche per questo, con l’andar del tempo rimango sempre più stupito da come quell’obsoleto Guzzi vecchio di quasi 20 anni attiri l’interesse della gente, mentre il mio Transalp parcheggiato a fianco non venga degnato di uno sguardo.

Per me è una cosa inspiegabile e dato che le cose inspiegabili hanno il potere di affascinarmi e contemporaneamente farmi incazzare proprio perché senza spiegazione logica, comincio a “analizzare i dati in mio possesso” (eufemismo per: “Fermi tutti! Cos’è sta storia?”).

La prima cosa che noto è il grande numero di raduni Moto Guzzi elencati nelle pagine dedicate delle riviste specializzate e la seconda è che questi raduni sono organizzati praticamente in ogni continente. Come mai tutto ciò?

Provo cautamente a guardare quelle moto sotto un punto di vista differente, che esula da grafici, cifre, misure e prestazioni, iniziando ad apprezzare la sensazione di solidità e sicurezza emanata da quell’incedere poderoso ma nel contempo leggero.

Non posso fare a meno di notare che le Guzzi hanno effettivamente una loro personalità; le riconosci a distanza, con quei due cilindroni a V, che quando le incroci sembra che ti dicano: “Io ne ho due, grossi così, e non ho intenzione di nasconderli”.

Mi scopro stranamente passivo nel farmi conquistare dall’inconfondibile rombo di quel motore instancabile; sembra che le Guzzi vogliano trasmettere un messaggio a chi sta loro in sella: “Non preoccuparti, ci sono qua io”.

Mi trovo a considerare il mio Transalp solo come un mezzo di trasporto che serve a portarmi da un punto A ad un punto B; praticamente un’auto a due ruote, nulla più.

Mi sto rendendo conto che la malattia comune a tutti i Guzzisti del mondo e che li rende tali spesso per tutta la vita, sta entrando in me ed io, per la verità, sto facendo poco o nulla per impedire che ciò accada.

Probabilmente stimolato a livello subconscio da questo progressivo spostamento emotivo verso le Moto Guzzi, il mio cervello fa riaffiorare alla memoria, come in una specie di flash-back, un piccolo episodio ormai dimenticato accaduto tanti anni prima.

Mi rivedo ragazzino, nella prima metà degli anni ’70, col cono gelato da 50 lire che mi cola sulle mani, in sbigottita ammirazione davanti ad una grossa moto tutta lucida, nera e cromata, parcheggiata fuori dal bar vicino a casa mia; è una Moto Guzzi V7 California 850, seppi poi, veramente enorme e fantascientifica, un vero spettacolo, abituato come sono a considerare moto “vere” persino i Ciao e i Garelli 50cc che furoreggiano tra i ragazzi con un anno o due più di me (beati loro, già quattordicenni).

Rimango fulminato e imbambolato a guardare quello scintillante monumento meccanico a “rispettosa” distanza (praticamente col naso appiccicato al serbatoio), fino a quando il legittimo proprietario, un omone con barba e capelli rossi che abita nel quartiere, ci monta sopra, la mette in moto premendo quello strano tasto nero sul manubrio (magia) e, con un rombo fortissimo che mi risuona dentro, sparisce in direzione del centro.

E’ il ricordo di un episodio che, inconsciamente, era stato rimosso ma che ora, come i due pistoni che ricevono dopo tanto tempo la spinta esplosiva della miscela aria-benzina innescata dalla scintilla delle candele, riprendono a scorrere alternativamente sempre più velocemente, coinvolgendo inevitabilmente nel loro movimento le bielle, gli alberi e gli ingranaggi del mio intimo più profondo.

Comincio, dapprima timidamente e poi sempre con maggior confidenza, ad approcciarmi da “esterno” (dopotutto possiedo una moto giapponese) al mondo Guzzi, informandomi su riviste e libri riguardo la storia ed i modelli del marchio; scopro l’inizio pionieristico, i campionati del mondo vinti a decine, le forniture alla polizia americana sbaragliando la concorrenza delle marche più importanti; e chi se lo sarebbe mai immaginato?

Nel frattempo un pensiero si sta facendo ogni giorno sempre più assiduo: possedere ora, da uomo, quella moto che mi aveva così colpito da ragazzino.

Comincio a passare al setaccio gli annunci delle occasioni di tutte le riviste di moto che trovo in edicola, fino a quando, dopo lunghi mesi di ricerca senza trovare nulla riguardo a quel modello specifico, eccone uno che recita: “Vendo Moto Guzzi V7 California 850, anno 1973, buone condizioni, ecc. ecc.”

Il prezzo sembra essere nella media, ma ho velocemente imparato che nel mondo delle moto classiche la richiesta economica spesso e volentieri non è legata al reale stato della moto, e che la frase “buone condizioni” può volere dire tutto o niente.

Prendo contatto col venditore e ci vado il sabato successivo per vederla.

La moto è di proprietà di un appassionato bresciano con troppe moto nel box e troppo poco spazio e tempo da dedicarvi; logico, una moglie e tre figli hanno le loro esigenze dopotutto!

Le condizioni generali della moto sono dignitose e le cose importanti sono tutte al loro posto. anche se mancano alcuni particolari, mentre altri sono stati modificati o sostituiti con roba simile o non originale; inoltre lo schema di verniciatura del serbatoio non è corretta e alcune cromature si stanno deteriorando.

Insomma, è una moto di base sana, pur contaminata da una serie di modifiche intervenute nel corso degli anni che tuttavia non ne stravolgono in maniera pesante o irreversibile la configurazione generale.

Ma per me, in quel momento, è la più bella e desiderabile di tutte.

Una rapida occhiata ai numeri di serie di telaio e motore (si sa, il rischio di taroccamenti è sempre presente), un breve giro di prova per vedere se il motore gira bene (alle scarse prestazioni dei freni a tamburo bisognerà farci l’abitudine), una certa contrattazione sul prezzo fingendo un certo disinteresse e distacco (a cui il venditore non crede neppure per un attimo) e l’affare è fatto; così alla fine del 1994 la moto è finalmente parcheggiata nel mio box, con una grande, grandissima, intima, soddisfazione personale

Prima di guidare il V7 passano almeno due settimane; un mix tra timore e rispetto reverenziale forse?

Spesso, quando scendo nel box, la metto in moto, la guardo mentre ronfa sorniona con quel minimo incredibile, la spengo, mi ci siedo sopra, la confronto con le foto originali dei “sacri testi” Moto Guzzi.

Nonostante gli anni e gli interventi subiti, la moto trasmette ugualmente una forte sensazione di dignità e di fierezza, seppur appannata, ma l’unica maniera in cui riesco a immaginarla ora è esattamente nella stessa superba condizione in cui uscì dalla fabbrica di Mandello del Lario nel 1973.

Prendo in considerazione l’ipotesi di un restauro professionale completo “chiavi in mano”, ma non posso far finta di non sapere che il costo è eccessivo per le mie tasche; quindi, sfruttando tutta la documentazione di quel modello che mi ero nel frattempo procurato (incluse le foto dell’esemplare originale scattate al museo Guzzi) decido che il restauro me lo sarei fatto, per quanto possibile, da solo.

La lista dei pezzi da trovare, sostituire o restaurare è assai lunga, oltre a mettere in preventivo qualche inevitabile intervento meccanico sulla ciclistica e sul motore, così il 1995 diventa un anno molto intenso passato tra ricerche nei mercatini dell’usato (“Quanto ha detto che vuole per quel clacson?”), pellegrinaggi dai ricambisti (“Forse ho ancora una di quelle leve in magazzino”), salassi dal verniciatore (“Le verniciature fatte da me costano di più ma sono eterne”), annunci fatti pubblicare sulle riviste del settore (“Cercasi borse originali per…”), sfruttamento vergognoso di un carissimo amico, titolare di un’officina di lavorazioni meccaniche, per replicare quei particolari veramente introvabili (“Ho bisogno di una staffa esattamente come questa”) ed altre cose simili.

Ma soprattutto da quest’anno ha inizio il mio pendolarismo a Carate Brianza alla concessionaria/officina/motoclub/ritrovo Moto Guzzi di Bruno (Scola) e del suo meccanico Tiziano (“Il rinvio del tachimetro è andato e questo cilindro sta perdendo il riporto”), dove il mio V7 viene preso in cura dalle loro sapienti mani per quei lavori che io proprio non sarei in grado di fare neppure con tutta la mia buona volontà.

Bruno e Tiziano sopportano in maniera ghandiana la mia asfissiante presenza, quasi giornaliera, alle loro spalle mentre smontano il motore di un Le Mans o rispondono alle mie domande spesso cretine mentre registrano le valvole di un California; tutto questo solo perchè per loro ogni Guzzi è come una figlia ed il legittimo proprietario è spesso considerato alla stregua di un inevitabile accessorio (della moto, ovviamente).

Qui ho modo di conoscere parecchi “malati” di Moto Guzzi, uno fra tutti Davide, un ragazzo di una decina d’anni più giovane di me e proprietario di un V7 850 GT del ’72; il fatto di possedere una moto simile alla mia, oltre a una sua simpatia innata e a un comune interesse “enciclopedico” sulle Guzzi, contribuisce all’instaurarsi di un rapporto quasi immediato di amicizia che aiuta a trascinarmi velocemente in seno a quel gruppo di pazzi con i quali posso dividere la passione per questo mondo che, giorno dopo giorno, sento sempre più appartenermi.

A questo punto occorre aprire una parentesi sulla psiche di quegli strani individui comunemente conosciuti come Guzzisti e guardati con sospetto o (peggio) compatimento dagli “altri” motociclisti.

Se domandate a 10 Guzzisti quali sono i motivi per i quali sono diventati appassionati di questo marchio, probabilmente riceverete 10 risposte diverse, anche se si potrebbero interpretare, più o meno a ragione, come 10 modi differenti di dare sostanzialmente la stessa risposta.

In effetti esistono molte sfaccettature e sfumature sui motivi di questa sorta di simbiosi uomo/macchina che colpisce persone tanto uguali nella passione per le Guzzi, quanto diverse nella vita di tutti i giorni; il sabato pomeriggio, da Bruno, si possono trovare a discutere tra loro l’operaio e il chirurgo sulla più efficace taratura delle sospensioni o l’impiegato di banca e la studentessa universitaria sulla migliore posizione di guida da tenere in curva sul bagnato, mentre l’ingegnere e l’architetto litigano amichevolmente sui pregi della propria moto e sui difetti di quella dell’altro.

Quando poi ci si organizza e si esce tutti assieme, sotto i caschi sparisce ogni differenza e si viene a creare quella sorta di spirito di branco monomarca del quale non sono mai riuscito a cogliere alcun aspetto negativo.

Tirando le somme, si può tentare di riassumere il concetto in una frase, sperando di non essere riduttivo: chi guida una Guzzi, sportiva, turistica o enduro che sia, è intimamente consapevole che ha sotto di se qualcosa di più di un motore, un telaio e due ruote e “sente” che quelle vibrazioni trasmesse ai polsi e allo stomaco quando si spalanca il gas, non sono solo il risultato di una mera sollecitazione meccanica.

Certo, parlare di “anima” in una moto o un marchio forse è un po’ eccessivo ma non credo sia sbagliato ed è indubbio che quel feeling particolare tra le Guzzi e i loro proprietari non solo esiste, ma è pure molto forte.

E’ una cosa che nessuno insegna o impone; o la si sente, anche poco alla volta, o non la si sente per niente, tutto qui.

Sì arriva così all’inizio del 1996 e il restauro è portato a termine; la moto è veramente, ma veramente perfetta, sia a mio parere che a quello di tutta la varia umanità che nel frattempo ho coinvolto, spesso loro malgrado, in questa mia avventura.

Manca solamente un ultimo obiettivo che avrebbe sproporzionatamente ingigantito il mio (già grande) ego; la sfida definitiva, la madre di tutte le omologazioni: la certificazione ASI con l’inarrivabile targa in ottone lucidato; così sbrigo tutte le pratiche necessarie, corredate dalle indispensabili foto e spedisco la richiesta di omologazione.

Qualche mese dopo, il postino mi consegna un pacchetto; per scaramanzia faccio finta che sia un libro (che non avevo mai ordinato) o qualcosa di simile, ma quando apro quella scatoletta di cartone e vedo la famosa targa in ottone con inciso il modello della mia moto, l’anno di costruzione e il numero di omologazione, mi sfugge un risolino talmente ebete che sicuramente fa sospettare al postino la mancanza del pieno possesso delle mie facoltà mentali: probabilmente in quel momento ha ragione lui.

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