di Giancarlo Sante Zulato
Tornato da militare, avevo ormai il demone della Guzzi ben radicato dentro: dopo le prime esperienze con la Sport 15 sidecar dello zio (a 12 anni) avevo guidato il Superalce, mitico “enduro” che arrampicava dappertutto…
No volevo cagafumo leggeri e isterici, DOVEVO avere un monocilindrico: orizzontale, e di 500cc!
Seppi da amici che a Chivasso c’era uno dei tanti che pescavano alle aste militari e aveva rimediato diverse moto tra cui una decina di Falconi, e corsi ad accaparrarmela.
Fui fortunato – cosi’ credevo – perche’ mi capito’ uno Sport, ex-Polstrada con tanto di parabrezza e porta-moschetto, appena radiato dal servizio. Diedi fondo ai risparmi di anni (allora 800mila lire erano ca 8/10 milioni di oggi) e saltai in sella col batticuore per l’emozione. Fu feeling immediato, ma feci in tempo a goderla pochi mesi prima di rendermi definitivamente conto che, a meno di un radicale restauro, il mezzo era troppo sfiancato e usurato per sopravvivere al traffico di Milano.
Non il poderoso motore, ma le minutaglie quotidiane: leva frizione, rinvio del cambio, pedale freno erano triboli continui pulire, cambiare, registrare, oliare…
Vendutolo, presi il NuovoFalcone, nuovo, fondo di magazzino dal Conce, avanzato da un lotto dei Vigili Urbani.
Era bianco, con le borse in lamiera originali. Aveva paragambe, paracilindro, scatola del carburatore tutti in lamiera: non prendevi uno schizzo, pulito come uno sccoter. Le selle erano separate, la posteriore fissata al porta-pacchi (porta radio nell’originale) che poteva sopportare ben oltre un quintale, ci trainai un’auto in salita dal garage sotterraneo di un amico. Anche cavalletti e pedane erano di pesante acciaio, forgiato e non stampato o di tubo cavo…
Era una moto evidentemente fatta per giovani reclute inesperte, da prendere a calci, sbagliare tutto e cadere allegramente che’ mica si rompeva nulla… Il Civile non mi piaceva, con quell’aria da “Stornello” cresciutello, il serbatoio affusolato e basso raccordato alla sella, pareva un ragazzino d’una volta con gli abiti troppo stretti e le maniche corte… e poi il filtro aria appiccicato al tromboncino e quegli scarichi finti snelli e il contagiri da moto finto-sportiva… Anche se aveva l’avviamento elettrico, che io NON VOLLI mai, anche quando divenne accessorio d’uso comune. Per i profani o Guzzisti “a V”, ricordo che la messa in moto, rigorosamente a pedale, era un momento esaltante (ma da NON ripetersi spesso, o in mezzo al traffico…): issato sul cavalletto centrale, tanto largo e solido da poterci ballare in piedi sulle selle in due come successomi a Carnevale; arrampicato sul lato sinistro, piede sinistro sulla pedana, destro sulla pedivella, ricerca del P.M. superiore, alzavalvola un accenno di gas e poi… GIU’ con tutto il peso, mollare l’alzavalvola e scendere con un salto per evitare eventuali “calci” che mandavano all’ospedale tanti motopesantisti…
Se la manovra era precisa, oltre allo sguardo di ammirazione delle fanciulle che si radunavano (eh si, facevi colpo allora, altro che Fantic Caballero…) ti gustavi per premio un minimo dalla sonorita’ suadente, che regolato bene a 600 giri faceva uno scoppio ogni quinto di secondo (avendo un giro “utile” su due, fanno 600/2=300/60 secondi al minuto…), perfettamente udibile come una nota di ¼ di un “andante”.
Pareva un gatto che fa le fusa, e non mancava un colpo, anche se decidevi di accompagnare a piedi la bella che aveva paura di salirci… in prima a 4 km. ora, senza bisogno di sfrizionare e docile nei suoi 215 kg.!!!
E poi. la ripresa, molto piu’ decisa dell’accelerazione da fermo, il tiro dei 25 hp che sembrano pochi ma con tanti chilogrammetri dietro… il ronfare da locomotiva a vapore, il clac-clac del cambio nello scalare, bilanciere prima indietro, guai alle staccate decise con 12,5 kg di imbiellaggio che si mettevano ad urlare per protesta insieme al castello delle punterie!!
Dopo l’acquisto, come tutti provai a vedere quanto “tirava”: tolto il parabrezza, lo lanciai al massimo, credo oltre i 4.500, il cambio era piu’ corto del Civile che sfiorava i 140, forse arrivavo a 125-130 max. Perfettamente stabile, ad un certo punto mi trovai con lo sguardo appannato; fermo, controlla gli occhiali che sono perfettamente puliti, riparti rilancia… mica tirare le marce, solo in quarta deciso insisto spalanco sempre di piu’ e ritorna la nebbia allo sguardo… due, tre volte poi capisco, anche i piedi scivolano dalle pedane, e una volta ho guidato un Manx da corsa: sono le VIBRAZIONI che scombussolano la vista…
Rimpiango tuttora di averlo dovuto vendere, anzi “dar dentro”: credo che, se fosse stato una moto americana, lo avrebbero prodotto ancora oggi, con freni a disco accensione elettronica e cinghia di kevlar… Ma il mio faceva parte di un lotto difettoso, richiamato dalla Guzzi con la sostituzione gratuita del blocco motore(!!!) ma il Conce non se n’era accorto, e per evitare che gli facessi causa mi accordo’ un favoloso sconto su una favolosa V850Gt Ambassador: ma questa e’ un’altra storia…
Bene mi fermo; mi e’ tornata voglia di Falcone, quasi quasi, il garage e’ ampio, la moglie “invecchia” (= si intenerisce, che avete capito??).
Ammazzali ‘sti vecchi!!! e quanto rompono co’ li ricordi de quanno che ereno pischelli!!!
Ma forse… ho annoiato?
Lampi… a 1500 watt!!