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Omobono Tenni

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Omobono Tenni
di Fange

Grazie ad Aldo Locatelli per il materiale che mi ha procurato, fondamentale base per scrivere ed illustrare questo documento.

Da tanto avrei voluto scrivere qualcosa su Tenni, ma la cosa mi è sempre sembrata un’impresa insormontabile. Poi piano piano ho maturato l’idea di scrivere qualcosa di lui che non fosse però semplicemente la storia della sua vita. L’impossibilità di conoscerlo di persona mi ha sempre spinto a raccogliere con la massima attenzione ogni testimonianza che mi permettesse di costruire nella mia mente una specie di immagine reale di lui, come se lo avessi conosciuto.
A tal proposito preziosissimo è stato il contributo dell’ Ing. Giulio Cesare Carcano, che parla di Tenni nell’intervista rilasciata ad Anima Guzzista per mano di Luca Angerame e Aldo Locatelli che non finirò mai di ringraziare. Ma la testimonianza più completa che è riuscita a “coronare” questo mio desiderio di conoscenza è stata la lettura del libro biografico “Tenni” scritto dal giornalista P. M. Bianchin e pubblicato dalla casa editrice Canova di Treviso il 12 luglio del 1948, cioè circa 10 giorni dopo la morte del grande Campione.

Tenni e la velocità

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Giusto per far capire di che periodo storico parliamo, Tenni partecipa alla sua prima corsa il 24 marzo del 1924 sul circuito trevigiano della strada di Postumia al fianco di nomi come Ghersi, Nuvolari (proprio lui), Mentasti, cioè i più grandi campioni del tempo. E vince.

Viveva a Treviso e probabilmente quella strada per lui era percorribile anche ad occhi chiusi ma questo non sminuisce la sua vittoria, visto che aveva appena 19 anni e da poco era riuscito a mettersi in proprio come meccanico e la moto l’aveva preparata lui stesso.

Di lui l’Ing. Carcano dice:
“Chi ammiravo, pur non condividendone il modo di correre, era Tenni.
Tenni era un individuo stranissimo, se lo aveste conosciuto. Se fosse qui seduto con noi sarebbe calmo, come noi, proprio una persona normalissima. Come metteva il sedere sulla moto cambiava da così a così (fa il gesto con la mano).
Ricordo bene che, quando era sulla motocicletta, il suo scopo era andare forte.
Non vincere la gara, ma andare forte.
Un giorno mi ha detto:”Ma tu credi che il pubblico va a vedere le corse per vedere se arriva prima Gilera o se arriva prima Guzzi? No, va a vedere le corse perchè vuole vedere andare forte.” Ad esempio Lorenzetti era un calcolatore: se era in testa staccava 20 metri prima. Tenni no, se era primo staccava 5 metri dopo. Diceva: “Mi sento di derubare il pubblico”, era un concetto diametralmente opposto.”
Tenni era una persona tranquillissima e riservatissima, al limite della normalità, quasi un caso da analisi clinica. Per lui parlare era fatica e Bianchin riusciva a strappargli le testimonianze necessarie a scrivere la sua biografia facendo leva sulla loro amicizia ed invitandolo nel suo studio dove dialogavano in assoluta riservatezza. E con tutto ciò Bianchin dichiara che la fatica per farlo parlare era enorme. Tenni aveva vergogna a parlare di se stesso davanti alle persone, agli amici, persino davanti alla famiglia. Bianchin lo definisce un uomo dalla “riservatezza francescana”.
Eppure lui e la moto formavano un’arma micidiale: “il suo corpo mortale vibrava insieme alla macchina con la quale aveva saputo tutto osare sulle strade di ogni paese”.
Ma diversamente da ciò che desiderano quasi tutti gli aspiranti campioni, la sua sete di vittoria non coincideva affatto con la voglia di popolarità. Egli subiva il fascino della velocità; man mano che aumentava l’andatura la sua mente ne chiedeva ancora di più e ancora di più e ancora di più. Come ci dice l’Ing. Carcano, per Tenni vincere una gara era un dettaglio: a lui interessava andare più forte che poteva sul tracciato su cui correva. Risulta impressionante la quantità di record sul giro che riuscì a mietere. Amava ripetere “Mi ritirerò solo quando avrò trovato uno più veloce di me”.
L’elemento principale della vita di Tenni sembra quindi essere la velocità.
Nel 1931 Tenni decide che i circuiti cittadini, per intenderci quelli organizzati sulle strade normali di tutti i giorni con le balle di paglia lungo il percorso, non gli permettono di esprimersi al massimo. Per lui ci vuole un circuito dove poter dare il massimo: il circuito di Monza!!
Prende parte ad una gara che si disputa su questo velocissimo tracciato e dopo una partenza fulminante al dodicesimo giro è in testa ed ha superato tutti i più grandi campioni, ma rompe il pistone e si deve ritirare. Ed in quel momento esclama sconfortato:“No ghe xe machine par mi” (Non ci sono macchine per me).
Capirete che per Tenni correre non significava solo vincere. Significava dare il massimo, spremere il mezzo oltre i suoi limiti, fare quello che un altro al posto suo non avrebbe mai fatto ignorando tutti i rischi che questo avrebbe comportato.
Dal 1924 al 1932 Tenni colleziona sei importanti vittorie che lo impongono all’attenzione della stampa nazionale. In particolare nel 1931 la vittoria al Gran Premio Reale di Roma lo proietta nell’olimpo dei campioni. Ma la vittoria che gli darà la più grande soddisfazione la consegue nel 1933 quando partecipa alla gara di Rapallo sul circuito del Tigullio. A quella gara partecipa anche il più grande campione del tempo: Pietro Ghersi. Tenni lo stima e lo ammira come un idolo ed è per questo che alla fine della gara confiderà a Bianchin:”Non ho voluto sorpassarlo nei primi giri perchè mi dispiaceva… mi sembrava di fargli del male”. Ma nell’ultimo mezzo giro Tenni affonda il gas e se lo lascia dietro senza pietà.

Tenni entra nella squadra Guzzi

Egli era cosciente delle sue capacità; la sua irruenza, potenza, spregiudicatezza e “l’ardimento” alla guida, per dirla con un termine molto in voga all’epoca, non coincidevano affatto con la lucidità e l’intelligenza che dimostrava a tavolino. E fu proprio questa sua coscienza degli eventi che lo portò a darsi una scadenza: entro il 1935 avrebbe partecipato alla gara più importanta del mondo: il Tourist Trophy dell’isola di Man, in Inghilterra!
Come prima cosa, per riuscire nell’impresa ci voleva un ingaggio importante in una squadra corse ufficiale. Fortunatamente la Guzzi lo assoldò subito dopo la vittoria su Ghersi. E il primo passo verso il TT era compiuto.
Il 15 ottobre del 1933 la Guzzi lo portò a Roma sul circuito del Littorio per il “Trofeo della velocità” con la bicilindrica 500 in una delle sue prime apparizioni. Il nome del trofeo non poteva essere più azzeccato per Omobono. Ma dopo i primi giri Tenni cade a 180 all’ora (velocità rilevata dai cronometristi). Fu la sua prima caduta in gara, spaventosa, la folla si paralizzò. Dopo 300 metri di strisciata Tenni balzò in piedi correndo verso la moto per riprendere la gara ma si era rotto il gas e la corsa finì lì. Questo episodio attirò su Tenni molte critiche da parte della stampa poichè dopo i primi due giri Tenni era già in vantaggio di un terzo di giro sui concorrenti. Eppure Tenni dava gas come un forsennato e fu accusato di eccessiva irruenza laddove non ci sarebbe stato nessun bisogno di “gettarsi a capofitto nelle curve e d’arrischiare com’egli ha arrischiato” (Motociclismo, 19/10/1933)
Ma questa fu solo la prima prova che Tenni diede delle sue straordinarie qualità fisiche.
Dopo altri successi nel 1935 la Guzzi gli offrì la grande possibilità: il Tourist Trophy.
Il pronostico era stato rispettato!!

Il primo Tourist Trophy

Doverosa parentesi per i meno informati: il Tourist Trophy si corre sull’isola di Man nel nord dell’Inghilterra. È considerata una delle corse più antiche del mondo (prima edizione ufficiale nel 1907) e per questo resiste ancora oggi come unica gara di risonanza mondiale che si svolge su di un circuito cittadino, pur non essendo più inserita nel calendario ufficiale dei Campionati Mondiali Velocità. Si tratta di una strada che normalmente è aperta al traffico e che viene trasformata in circuito in occasione del TT. Il tracciato si snoda su una distanza di circa 37 miglia che comprende di tutto: salite, discese, tornanti, tratti in mezzo alle case, muretti, recinzioni e pali della luce!! Ogni anno vede qualche pilota perdere la vita ma nonostante questo è considerata un culto ed è praticamente intoccabile. Memorabili i duelli tra Agostini e Mike ‘The Bike’ Hailwood durante l’appuntamento del Motomondiale che negli anni ’60 comprendeva anche il circuito del Mountain sull’isola di Man. Durante i quasi 100 anni di vita del circuito, le uniche cose che hanno impedito lo svolgersi della gara annuale sono state le due guerre mondiali e la malattia “lingua blu” che alla fine degli anni ’90 ha colpito gli ovini europei. Si temeva che le decine di migliaia di persone che sarebbero accorse per la manifestazione sportiva avessero potuto propagare il virus sull’isola dove non era ancora comparso.
Detto questo spero si comprenda l’importanza che la gara dell’I ‘o Man, per dirla all’inglese, aveva nel 1935. La corsa più famosa del mondo, la gara dei giganti, l’appuntamento di tutto l’olimpo dei più grandi campioni di fama mondiale. Sin dalla prima edizione, 28 anni prima, veniva vinta da piloti inglesi su moto inglesi (a parte una vittoria della Indian in una delle prime edizioni)!
Tenni su Guzzi 250 impone il suo ritmo già dalle prove facendo registrare un tempo record sul giro mai visto prima: 30’10”. Ma la gara verrà vinta dall’inglese Stanley Woods, anche lui su Guzzi. In gara Tenni cade al quinto giro a causa della nebbia che rende la visibilità scarsissima e non gli fa vedere in tempo un corvo che si era piazzato davanti alla sua moto. Ma nonostante la vittoria in gara Woods non riesce a battere il tempo di Tenni facendo registrare il giro più veloce a “soli” 30’31” cioè 21 secondi in più.
Tenni comincia a fare paura a tutti. La stampa inglese lo nota subito e lo marchia con l’appellativo di “The black devil” (il diavolo nero).
L’incidente in gara gli procura la frattura di due vertebre ma dopo due giorni Omobono vuole partecipare alla gara delle 500.

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Dovranno intervenire i dirigenti italiani per impedirgli di correre e per trasportarlo in Italia dove si rimetterà dopo 20 giorni, pronto a risalire in sella nonostante i medici inglesi lo avessero dato per finito. Mentre veniva curato a Bologna riceve la notizia della nascita del secondo figlio che chiamerà Giuseppe, nome che trasformò subito nel soprannome “Titino” in onore del TT, il Tourist Tropy.
Tenni ormai appartiene ad un altro pianeta; dopo un mese dalla dimissione dall’ospedale partecipa alla gara del Circuito di Livorno valevole per la Coppa Ciano. Arriva primo staccando i suoi compagni di squadra di 10 minuti uno e di oltre 30 minuti l’altro.
Non sto qui a raccontarvi tutte le imprese di Tenni perchè sono quasi tutte uguali: se la moto non si rompe Tenni vince e umilia tutti.

L’incidente delle due dita

Nel marzo del 1937 accade il famoso incidente delle due dita. Di questo incidente esistono diversi racconti leggermente discordanti ma più o meno le cose andarono così: Tenni si allenava sulle strade del Lario per partecipare alla corsa Milano-Napoli. Un carro sbucò all’improvviso da una traversa e Tenni lo prese in pieno a forte velocità. L’impatto fu tremendo e dal piede del pilota si staccarono due dita. Tenni non fece un lamento, prese le dita e le mise in tasca avvolte in un fazzoletto mormorando: “Chissà che non le possano riattaccare”. Venne trasportato in ospedale ma durante le cure le due dita rimasero nella tasca del pilota, probabilmente a causa dello stordimento dovuto all’incidente. Fatto sta che le dita uscirono dalla sua tasca solo dopo le medicazioni ed oramai era tardi per tentare un intervento di ricucitura.
Una variante meno credibile del racconto recita che Tenni dopo le prime cure tirò fuori il fazzoletto dalla tasca per soffiarsi il naso e ne uscirono le due dita, quando le vide il campione esclamò:“Me le ero dimenticate…”. Se qualcuno conosce la versione ufficiale della storia si faccia pure avanti.

Il secondo viaggio all’Isola di Man

I primi di giugno del ’37 Tenni riparte verso l’isola di Man per partecipare di nuovo al tanto sognato Tourist Trophy che nessuno straniero era ancora riuscito a vincere. La ferita al piede è ancora aperta ma Omobono sente solo il richiamo dell’isola. La sua determinazione a partecipare alla grande competizione internazionale è totale e nel mondo sportivo inglese spasmodica è l’attesa per l’arrivo del Diavolo nero: The black davil!
Un famoso quotidiano inglese lo accoglie addirittura con un ampio titolo che appare su tutta la testata del foglio:“L’uomo che viene dalla terra dei Cesari”.
Mai nessun campione ha avuto in Inghilterra tanti omaggi come Omobono. Egli arrivò a dire a Bianchin: “Gera stufo!…”, intendendo che non ne poteva più di fotografi, giornalisti e via discorrendo. Già durante gli allenamenti una folla insolita si assiepa lungo il tracciato per vederlo passare.
Una mattina durante un allenamento con la sua fida Guzzi 500, Tenni si infila a tutta velocità in una curva subito dopo il traguardo dove c’è una ripida discesa., sia pure breve, ma a piccoli tornanti pericolosissimi. Chi assisteva urlò di terrore:”S’è ammazzato!”. Invece Omobono riuscì a controllare la moto facendo dei zig-zag e la stampa che non lo mollava un attimo subito pubblicò:“Tenni è un pazzo, ma un pazzo che sa dominarsi ed è un avversario molto pericoloso. Davanti alle persone che assistevano alle prove egli ha scritto i numeri sulla strada”.
Durante l’ultimo giorno di allenamento Omobono stabilisce il primato sul giro come era avvenuto due anni prima.
Il giorno della gara una folla enorme occupava ogni angolo del tracciato. Moltissimi erano li per lui, per il “Diavolo nero”, per l'”Uomo che viene dalla terra dei Cesari”, per il “Re delle curve”, per “Colui che sfida la morte”. Nell’aria si respira il pericolo che Tenni possa far abbassare dal pennone il vessillo del Regno Unito, avvenimento inconcepibile per gli Inglesi pur nella loro sportività.
Dopo aver ascoltato l’inno britannico, Tenni entra in gara con la 250 e parte a tutta velocità lasciandosi dietro Ginger Wood, Tyrell Smith, Stanley Wood (su Guzzi), E. Kluge, Ernie Thomas e Les Archer che cercheranno la rimonta lungo il percorso di 37 miglia e 3/4 da ripetere sette volte. Prima della fine del primo giro, Tenni scivola sull’asfalto viscido per il sole cocente. Perde 35 secondi e passa in seconda posizione dove rimane per due interi giri.
Ma Tenni vuole vincere ad ogni costo e si getta in una corsa folle verso il primo posto. Una foto scattata a Tenni durante un curva affrontata a tutta velocità verrà definita all’unanimità dalla stampa internazionale come “la più bella foto mai scattata ad un motociclista in azione”.

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Al quarto giro Tenni riconquista la prima posizione e spinge così forte sul gas da staccare tutti gli avversari. Durante questo giro stabilisce il record assoluto del tracciato con un tempo pazzesco di 29 minuti e 8 secondi alla incredibile media di 77,72 miglia orarie. Ma è il settimo giro, l’ultimo della gara, che riserva a Tenni una amara sorpresa che metterà a dura prova il suo sistema nervoso. La moto si ferma per colpa della candela. Tenni inizia l’operazione di sostituzione con le mani tremolanti per la tensione. In cuor suo sentiva la vittoria sfuggirgli, come confiderà poi a Bianchin. Ma sostituita la candela si butta di nuovo a corpo perduto sulla pista. E’ ancora primo seppur di poco e vede la vittoria a portata di mano. La folla impazzisce per l’impresa, i radiocronisti inglesi urlano ai microfoni con una enfasi tale da far perdere quasi il significato delle parole. In quei frangenti venne pronunciata alla radio la famosissima frase che fece il giro del mondo:
“Tenni curva con pazzo abbandono tanto da far dubitare circa il suo giungere al traguardo in un sol pezzo”. In Italia moltissimi erano quelli che attendevano vicini alla radio l’ultima frase dei radiocronisti, la frase liberatoria:”TENNI HA VINTO!!”.
Omobono vince il TT per la categoria 250 in un tempo di 3 ore, 32 minuti e 6 secondi alla fantastica media di 74,72 miglia (120,224 km/h e non dimentichiamo che guidava una 250 monocilindrica). Al secondo posto giungeva Stanley Wood staccato di 37 secondi e terzo era E.R. Thomas staccato di 4’30” da Tenni.

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La corsa più importante del mondo veniva vinta per la prima volta da uno straniero su una moto straniera dopo 25 edizioni (disputate in 30 anni) di supremazia inglese e sul pennone veniva issato il Tricolore italiano. Tenni era diventato una Star e distribuiva non meno di tremila autografi al giorno. “Me faceva mal la man”, riferirà a Bianchin una volta in Italia. Subiva l’assalto dei giornalisti e dei fotografi. Attori ed attrici famosi si congratulavano con lui senza contare i massimi esponenti dello sport inglese e le autorità britanniche. Fu un enorme trionfo. Non mancò un telegramma alla famiglia dove scrisse solo:“Primo et giro più veloce Tenni”.
Dopo un giorno di riposo l’aspettava la corsa nella categoria delle 500. Tenni riferirà di aver provato la più grande emozione quando prima del via venne issato il Tricolore al posto della bandiera inglese e venne suonata la “Marcia Reale” al posto di “God save the King”. Purtroppo la sfortuna si trovò davanti alla moto di Tenni e al quarto giro si ruppe il filo del gas mentre Tenni era secondo. Il ritiro fu inevitabile ma ormai l’impresa era compiuta.

Il Gran Premio d’Europa

Tornato a Treviso fu festeggiato da amici ed ammiratori e confidò a Bianchin le sue impressioni:“Questa volta mi pareva di correre a casa mia e di avere un pubblico mio”. Ero deciso a vincere ad ogni costo, costasse qualunque cosa: l’Italia doveva vincere il Tourist Trophy…”.
Dopo poco Tenni è di nuovo in partenza per Berna dove il 4 luglio si disputerà il Gran Premio d’Europa 1937. Quando Bianchin gli si avvicina per scattargli qualche foto poco prima della partenza Tenni gli dice:“I xe anca stufi de vedarme…” (saranno anche stufi di vedermi) facendo onore alla sua proverbiale riservatezza.

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Vince la 250 calcolando i centesimi di secondo ad ogni giro e al secondo posto si classifica Pagani facendo salire il tricolore per due volte sul pennone. Si tratta della seconda importante affermazione internazionale di Tenni che da ora in poi non conta quasi più le vittorie. Da segnalare la vittoria sempre nel ’37 sul circuito di Monza nella classe 500 e il secondo posto nella classe 250. Nel ’38 poi Tenni si trova sul circuito di Monza per dei tentativi di record nelle classi 250 e 500. I risultati sono riassunti nelle righe seguenti:
5 Km. lanciati record del mondo alla media di km 187.832
5 miglia lanciate record del mondo alla media di km 187.503
10 Km. lanciati record del mondo alla media di km 174.833
10 miglia lanciate record del mondo alla media di km 178.485
50 Km. da fermo record del mondo alla media di km 182.629
50 miglia da fermo record del mondo alla media di km 177.779
100 Km. da fermo record del mondo alla media di km 178.807
100 miglia da fermo record del mondo alla media di km 179.914
Un’ora da fermo record del mondo alla media di km 180.502
Durante il 1939 Omobono è costretto ad interrompere la sua attività sportiva a causa della guerra in rapida espansione. Tenni passa tutto il periodo bellico a Treviso dedicandosi alla famiglia ed alla sua officina in Piazza Filodrammatici. In questo periodo si riprende anche dalle oltre 60 cadute accumulate negli anni delle corse che hanno segnato e cosparso di cicatrici il suo corpo.
Alla fine della guerra Tenni è indeciso se riprendere o meno a correre anche perchè ha raggiunto i quaranta anni. Ma la filosofia di Tenni è una sola:“Mi ritirerò solo quando avrò trovato uno più veloce di me!”. E così si ripresenta nel 1945 sui campi di gara. E’ un susseguirsi di vittorie ininterrotte.

Nel 1948 partecipa per la terza volta al Tourist Trophy. Dopo aver segnato il giro più veloce, al quinto giro è costretto a ritirarsi per problemi alla candela ed ai freni. Quegli stessi inglesi che lo avevano definito undici anni prima “il diavolo nero” ora lo chiamano “il più grande campione del mondo”.

omobono7omobono8La parentesi a quattro ruote

Per rendere un quadro quanto più completo della personalità del grande campione è giusto parlare anche del suo breve “cedimento” alla tentazione dei mezzi a quattro ruote. Probabilmente fu spinto a tentare la sorte con le auto dall’esempio del grande Nuvolari ma anche dalle pressioni psicologiche che la moglie e gli amici esercitavano su di lui per farlo smettere di correre in moto in qual modo ritenuto troppo pericoloso.
Omobono partecipò alla Mille Miglia del 1936 su una Maserati, nella categoria delle 1500 cc.
L’Ing. Carcano ci racconta come testimone diretto questo episodio della carriera di Tenni:
“sì sì, mi ricordo una delle esperienze automobilistiche di Omobono Tenni. Sapete che Tenni ha corso in automobile, e ha fatto una Mille Miglia con Bertocchi, che era il Moretto della Maserati. Questo Bertocchi dopo le prime uscite che ha fatto con Tenni, per prima cosa ha messo un bottone grosso così che metteva a massa l’accensione, (ride) perchè se succedeva qualcosa pigiava e via. Bertocchi diceva che Tenni era terribile, era Tenni anche in automobile.
A Milano avevano fatto un circuito intorno all’Arena, tra il parco e l’Arena. L’anno di preciso non me lo ricordo, era dopo la guerra. La Maserati aveva portato il 1500 ed il 3000. Tenni fece una decina di giri in prova con il 3000 ed aveva già portato via tutte le balle di paglia che c’erano. Allora l’hanno fatto correre con il 1500 (ride).
Mi ricordo che lui aveva il 1500 quattro cilindri, e c’era Trossi che aveva la nuova 1500 sei cilindri. Ha vinto Trossi, ma Tenni era lì, stava dietro non so se per ordine di scuderia o perchè non riusciva ad andare più forte.
Corre Omobono… anche con l’auto era un irriducibile.”
Successivamente partecipò al Gran Premio di Montecarlo dove fu costretto a ritirarsi per problemi alla macchina dopo aver stabilito il primato sul giro e mentre stava conducendo in testa la corsa. Al Gran Premio di Germania, al Nurburgring, stabilì ancora una volta il record sul giro ma non riuscì ad arrivare tra i primi decidendo in quell’occasione che forse la moto era un mezzo che gli si addiceva di più.

La morte di Tenni

Tenni è intenzionato a scacciare la delusione per il ritiro al TT partecipando al Gran Premio di Berna con tutta l’intenzione di vincere. Il primo luglio del 1948, alla curva Ejmatt del circuito di Berna Omobono Tenni muore in seguito ad una tragica caduta. Incredibilmente poche ore dopo la morte di Tenni anche un altro grandissimo campione muore cadendo alla stessa curva: Achille Varzi. Anche in questo caso è sicuramente preziosa la testimonianza resaci di “prima mano” dall’Ing. Carcano:
“Tenni aveva un morale ed un coraggio enormi. Mi ricordo con dispiacere di quando è caduto ed è morto a Berna. Io per combinazione ero a Roma, ed ho un rimorso di coscienza. Sa, sono quelle cose che si dicono e magari poi non sono vere, ma forse se ci fossi stato io non sarebbe successo.
Allora avevamo realizzato una bicilindrica sperimentale, e l’avevamo mandata al Centro Studi dell’Esercito, a Roma. C’erano state delle discussioni perchè non ricordo più cosa volevano, ed allora Carlo Guzzi mi aveva detto di andare a Roma per seguire la situazione.
Là a Berna Tenni aveva provato a lungo la 250 bicilindrica ed era convinto sì e no, se adoperarla in corsa e prima che chiudessero gli allenamenti aveva detto al Moretto “Io voglio provare la mia 250 monocilidrica”. Le due moto erano diverse, nel senso che la 250 bicilindrica era molto più alta, di pedane e di tutto, mentre l’altra era più bassa. Insomma prese questa Albatros normale e ci ha fatto un giro, è arrivato dove comincia la salita, una curva a destra, ha inclinato molto, ha toccato giù ed è andato via. Ha picchiato col collo proprio contro un alberello grosso così (fa il gesto) ed è morto sul colpo. Non so… gli allenamenti stavano finendo e se lui avesse deciso di correre con l’Albatros non avrebbe avuto bisogno di provarla, perchè l’aveva straprovata chissà quante volte. Son cose che vanno così. Era un uomo buono”.
La salma fu trasportata da Berna a Mandello del Lario dove fu organizzata una veglia negli stabilimenti della Moto Guzzi. Il 4 luglio venne trasportato nella sua città a bordo di un camion della Moto Guzzi adibito a carro funebre, dove sfilò tra due ali di folla formate da migliaia di persone.

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Lungo la strada vennero sparsi fiori e un aereo dell’Aereo Club di Treviso continuò a lanciare fiori da Castelfranco a Treviso. Dopo il funerale svoltosi nella cattedrale, la folla che accompagnò Tenni al cimitero era composta dai più grandi campioni dell’epoca: Balzarotti, Sandri, Martelli, Bandini, Luigi Ruggeri, dai suoi meccanici e da tutti quelli che lo avevano ammirato.

Tenni oggi

Tenni è per tutti gli appassionati di motociclismo il simbolo di un coraggio oserei dire “pionieristico”, una forma di spregiudicatezza che assume un sapore tutto particolare di romanticismo e di eroismo. Pensare alla quantità interminabile di record sul giro che il grande campione ha mietuto ci fa rendere conto di come egli vivesse le corse, di come le sentisse terribilmente importanti anche dopo essersi affermato sui più importanti campi di gara. Ma francamente penso che Tenni fosse anche un pilota al limite dell’incoscienza. E’ difficile credere come si potesse andare a certe velocità per lungo tempo a bordo di moto dalla ciclistica improbabile e dai freni che lo erano più di nome che di fatto. Ma forse Tenni era nato per fare il pilota, un essere umano assetato di velocità al punto da non subire nessun freno psicologico dopo sessanta cadute spaventose quando alla maggior parte dei motociclisti odierni basta anche solo una caduta per guidare insicuri per il resto della vita.
Oggi Omobono Tenni rivive ufficialmente attraverso il nome di una strada che gli è stata intitolata a Tirano, attraverso lo stadio di calcio di Treviso che porta il suo nome, tramite le moto da lui guidate esposte al museo Guzzi e tramite la statua che è esposta sempre al museo Guzzi che solo dopo la recente ristrutturazione del museo ha trovato una degna collocazione nell’ufficio che era stato di Carlo Guzzi.

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Inoltre esiste la pubblicazione di P. M. Bianchin intitolata “Tenni” che però non è più reperibile se non attraverso le fotocopie di qualche buon samaritano che ne è in possesso.
Tutti conoscono il nome di Nuvolari ma non quello di Omobono Tenni. Per rendergli giustizia Tenni dovrebbe essere altrettanto famoso sulle moto di quanto Nuvolari lo è oggi sulle auto. Ma il problema non è rendere famoso un campione: Tenni fu probabilmente il pilota di moto più famoso del mondo negli anni ‘30.

Il problema è fare in modo che la sua fama rimanga intatta negli anni con ricorrenze, pubblicazioni, eventi che ne ricordino la memoria. E questo compito penso che spetti di dovere alla Casa a cui Tenni più di tutte ha dato: la Moto Guzzi.
Ma anche in questo caso come al solito ci sono gli appassionati che ci pensano. Non mancano infatti Moto Club intitolati al grande campione ed ai raduni ufficiali Guzzi si scorgono spesso delle magliette con il nome del Mitico. Penso che non sia fuori luogo ringraziare coloro che tengono vivo il nome di Omobono in un tempo in cui questo nome è praticamente sconosciuto al di fuori di quel “manipolo di inguaribili romantici”!