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Due Guzzi a Ficuzza

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Report tragicomico di un sabato “affamato” nella Sicilia del West

Lunedi 13 Maggio 2002

Nicola scrive:

Di Ficuzza, il mio amico Pippo, me ne parlava sin dai tempi del liceo, ma, pensando che fosse mosso da incontenibili smanie sessuali, non gli davo retta. Col tempo però, l’argomento Ficuzza non si è mai sopito, anzi, causa esuberanti produzioni giovanili di testosterone, togliendo, il vezzeggiativo “…uzza”, siamo andati, ognun per la sua via, baldi e rampanti alla ricerca costante ed indefessa di quella vera, l’unica, insomma, di quella….. “originale”. L’abbiamo trovata? Forse!!!! Ora, padri di figli e mariti di mogli, l’argomento “Ficuzza”, vuoi per stanchezza, vuoi per monotonia, da qualche tempo, insistente, era tornato a roderci la mente! Finchè, dopo vari tentativi di coinvolgimento tra amici motociclisti Trapanesi, dopo ben quattro settimane passate ad organizzare la “zingarata”, dopo vari rimandi e posticipazioni, questo sabato, con la pioggia, con la neve od anche sotto il solleone, a Ficuzza dovevamo andarci per forza! E così fu!

Sebbene il destino si mostrasse avverso, sabato mattina, dopo aver liberato il Quota 1000 di Pippo, che era stato imprigionato in garage da un’impalcatura edile spuntata nottetempo, come un gigantesco fungo di 8 piani, dopo essere sfuggiti da un mega-ingorgo causato dal “giuramento delle reclute” che ha bloccato per l’intera giornata tutta la città, dopo le defezioni causate dalla pioggia e dall’influenza di due nostri amici “bancari”, alle 11.00 io e Pippo ci incontriamo e con una semplice, gelida inequivocabile occhiata da sotto il casco, ci intendiamo e partiamo per la nostra “misteriosa” avventura. Misteriosa perché, nonostante fosse ben chiara la nostra destinazione finale, nonostante fossimo muniti entrambi di cartine geografiche, Guida Monaci, Pagine Gialle ed aggiornamenti Treccani in volumi da 4 Kg cadauno, nonostante fossimo preparati a qualsiasi condizione meteo, nonostante fossimo psicologicamente pronti ad ogni evenienza, appena usciti dalla città, la domanda sorta spontanea è stata “per andare dove dobbiamo andare, da che parte dobbiamo andare?”. La cosa tragica è che la risposta, non è arrivata altrettanto “spontanea” e tutto questo ci ha fatto capire che l’esperienza “Ficuzza” sarebbe stata oltremodo avventurosa.

Decidiamo per una veloce Trapani-Partinico via A29 perché, cosa che ancora non ho detto, l’obiettivo principe era una bella grigliata di salsiccia nel bosco di Ficuzza e, sebbene avessi da più d’una settimana preparato la griglia metallica, gli spiedini di bambù, forchette e coltelli, mancava tragicamente la materia prima, ovvero l’insaccato di porco, indi per cui, dovevamo arrivare al primo paese utile, prima che chiudesse l’ultima macelleria utile. Col California ed il Quota a “manetta” ci fiondiamo in autostrada come Rossi inseguito da Capirossi, solo che alla prima piazzola di sosta ci siamo fermati per decidere chi dei due fosse Valentino e chi Loris. Dopo esserci picchiati selvaggiamente, all’unanimità stabiliamo, per motivi di stazza io avrei fatto ‘u ‘rossu e Pippo che si era accalorato più del solito ‘u caparrussa. Per recuperare il tempo perduto, ho viaggiato lungo gli ultimi km denunciando un’inesistente emergenza col fazzoletto fuori dal finestrino, ma non ci ha creduto nessuno anche perché avete mai provato voi ad andare in moto reggendo tra i denti una portiera di 600 divelta dall’auto del primo contadino che incontri? E’ molto difficile, credetemi.

Per motivi di tempo si conclude qui la prima parte del report. .

NiQ. (che a Pippo di questo report ancora non gli ha detto niente)

P.S. a presto il seguito, se sopravvivo

Martedì 14 Maggio 2002

Pippo scrive:

…..o part one and a half :

A Partinico, dopo aver rifocillato la “Califfa” di NiQ, ci rechiamo dal più vicino macellaio, non prima di essere passati dal più vicino panettiere: due quartini di pane di casa, risultati poi insufficienti, e appena Kg 1.700 di carne, tra salsiccia e pancetta: da…. “scialo”. La sasizza alla pizzaiola (carne di porco, pomodoro, cipolla, pepe, sale, origano gli ingredienti principali ‘sniffati’ da NiQ ad un primo assaggio) ci mette le ali alle ruote, si parte alla volta di Ficuzza, ma Ficuzza non è alle nostre ali, non è alle nostre ruote, insomma comincia la vera avventura: la ricerca di Ficuzza. Cosa non facile per chi non batta abitualmente quelle zone. Strade e straduzze tutte simili tra loro, senza uno straccio di indicazione, tutte dello stesso colore (sulla cartina) e con gli stessi odori (stallatico).

Come se non bastasse tutto ciò, ci si mette anche un villico che ci manda in direzione del Santuario di Tagliavia. Non lo conoscevamo neanche, molto bello, isolato e quindi molto caratteristico (stile ‘cattedrale nel deserto’, forse meglio ‘cattedrale tra i funnachi’). Stop e foto di rito, con autoscatto. la macchinetta del NiQ, poggiata di traverso su un blocco di marmo cade all’indietro spinta da una folata di vento proprio mentre aspettavamo che autoscattasse una foto. vengono inquadrati mestamente il cielo e qualche nube di passaggio.

AnimaGuzzista Due Guzzi a Ficuzza021
Intanto la fame e la pipì, incalzavano…………………………………………………………………………………….

con questi ed altri sentimenti che passerò ad esprimere in una mia prossima,

caro NiQ

a te la linea

fine della seconda puntata (o della prima puntata e mezza)

the big one

Martedi 14 Maggio 2002

Nicola scrive:

Al villico di cui ha parlato Pippo, l’informazione sulla via per Ficuzza, gliel’ho chiesta io, ecco come è andata: dopo aver riempito la Kambusa dell’ammiraglia Californiana con tutto quel bendiddio acquistato alla “boutique della carne” di Parti…”nico” (ma se si mangia cosi tanto Torni…”grosso”), seguiamo l’indicazione “San Cipirrello” e ci ritroviamo a percorrere la provinciale 2, una strada molto bella e panoramica che si affaccia sulla Valle dello Jato, con curve quanto basta, con traffico quanto basta, buche quanto basta e quasi interamente costeggiata da platani secolari purtroppo però quasi tutti bruciati e capitozzati.

Arrivati ad un “fatidico bivio”, consultando la cartina che Pippo aveva fotocopiato in formato A4 a colori con vari ingrandimenti, stabiliamo che la strada da percorrere era la Veloce 624 Palermo/Sciacca. Considerando che carnevale era passato da tempo, poco prima di arrivare a Sciacca, il tarlo del dubbio di aver sbagliato strada comincia ad insinuarsi nella mia mente, ma visto che la cartina consultata era quella di Pippo, per non dargli un dispiacere, ho aspettato che fosse lui ad indicare di fare marcia indietro.

Ritorniamo al “fatidico bivio” ed imbocchiamo l’altra strada che ci porta in aperta campagna. Ormai i platani ombrosi sono solo un vago ricordo. Intorno a noi, solo messi verdeggianti di frumento e, sotto le nostre ruote, zolle enormi di terra impastata da sterco appiccicoso di vacca. La strada si restringe sempre più, ogni tanto intravediamo un servo della gleba con badile e cappellaccio di paglia, potremmo chiedergli qualcosa, ma chissà in che lingua ci avrebbe risposto e chissà cosa ci avrebbe detto, dato che, alla nostra vista, l’espressione che gli si dipinge sistematicamente sul volto è quella di uno che ha avuto un incontro ravvicinato del 4° tipo con chissà quale entità extraterrestre.

Proseguendo per la Provinciale ecco che davanti a noi si apre un secondo “fatidico bivio”. Ci fermiamo e decidiamo di consultare nuovamente la cartina. Questa volta prendo una delle mie: “Sicilia Occidentale, itinerari turistici edizione 1999 – De Agostini in carta patinata”. Ma non abbiamo il tempo di aprirla che da lontano, come nei cartoons di Wilcoyote, vediamo formarsi ed avvicinarsi una nuvola di polvere. Davanti al polverone una SIMCA 1100 con carrozzeria a pois su sfondo bianco e ruggine d’annata a macchia di leopardo. Percorreva la trazzera a velocità impressionante ed in men che non si dica, ce la siamo ritrovata davanti. A 30 metri dall’incrocio pianta i freni ed alza una nuvola di terra mista a ghiaia.

A bordo un villico dalla faccia eburnea e gli occhi di cielo, età incalcolabile ad occhio e variabile dai 35 ai 70 anni, cappello di paglia e sorriso a 3 denti, uno di sopra e due di sotto ad incastro. Si ferma per dare la precedenza, ma capiamo che era un pretesto, il vero scopo era cercare di capire che ci facevano due “fessi” in motocicletta, vestiti da “spaziali”, persi in mezzo alle campagne. Non mi lascio sfuggire l’occasione, prendo il coraggio a due mani e mi avvicino al Villico che aveva già il finestrino abbassato, (o forse era scassato da anni e non poteva rialzarlo). Pippo assiste attonito alla scena. Gli chiedo in maniera “circoncisa” senza perifrasi:

“Scusi, la conosce Ficuzza?”

“Unca!! Cetto ch’a canuscio” mi risponde ed aggiunge sornione con sorriso malizioso “havi un bel vuschiceddu… cavuru e accogliente!”

-ma guarda ‘sto vecchio porco!- penso io e gli ribatto:

“Ficuzza, il bosco di Ficuzza, quello con gli alberi, noi ci vorremmo andare, ci sa dire che strada dobbiamo fare?”.

Il Villico capisce che le sue fantasie sessuali, spesso spente da qualche pecora o gallina o vacca, se le poteva tenere per lui e mi dice:

“Vaìte ‘ri ‘ddocu, seguite la strata, e arrivati a lu’ Santuariu, e ppoi chiedete indicamento”.

Manco il tempo di capire quale delle due strade era quella da seguire, che il Viddrano, sicuramente imparentato con Alesi, era già ripartito.

Pippo mi aspettava appoggiato ad un palo sul quale c’era il cartello marrone con la freccia che indicava “Santuario della Madonna di Tagliavia”, cerchiamo di capire, inutilmente, in quale zona della cartina ci trovassimo e poi, felici di perderci ancora una volta, decidiamo di imboccare la trazzera da cui il contadino era arrivato con la sua SIMCA. Dopo una decina di Km percorsi attorno a collinette, su per dossi e giù per valli, sempre avvolti dal frumento e dalle distese lillà di malva, quando ormai stava per spegnersi anche l’ultimo barlume di speranza di incontrare un’anima viva, finalmente, su un’ermo colle, vediamo una costruzione. Non era la dimora di qualche latitante, bensì una chiesetta, bella, antica, misteriosa. La raggiungiamo e con sorpresa scopriamo che tutt’attorno, numerosi ambulanti avevano allestito le loro bancarelle. Ci vedono passare e parcheggiare le Guzzi nella piazzetta e sicuramente avranno pensato:

“Ma questi, qui, che ci fanno? la festa della Madonna è domani?”.

Decidiamo di fare i turisti ed, anche per sgranchirci le gambe anchilosate, entriamo nella chiesetta già addobbata per la festa. Il colpo d’occhio è stato inebriante, e subito capiamo il significato della parola “pellegrino”, ovvero colui che per voto o devozione nell’antichità, a piedi o a dorso di mulo, percorreva tanta strada per raggiungere un posto così lontano e solitario. Dopo una prece alla Madonnuzza, convinti che ci avrebbe Ella stessa condotta a destinazione, dopo le foto di rito, una al Cielo e l’altra a noi, dopo aver chiesto “indicamento” ad uno degli ambulanti, ci rimettiamo in viaggio. Ficuzza è vicina, ce lo dice la pansa vuota che, alle 13.30, comincia a lamentare il suo avere.

AnimaGuzzista Due Guzzi a Ficuzza021_001

 

Fine Terza Parte

NiQ.

MARTEDI 14 Maggio 2002

Pippo scrive:

………il servo della gleba, nel suo idioma personale, ci aveva indicato tutto sommato la direzione esatta. Infatti, seguendo poi le indicazioni dell’ambulante raggiungiamo l’agognata meta in 15 minuti e 32 secondi netti.

Il passo successivo consistè nell’acquisto di acqua e birra che berremo avidamente mentre si succedono i tentativi di accendere un fuoco per cuocere quella salsiccia che, nel nostro immaginario, ormai diventava un’eterea chimera, in perfetto stile tantalico, una meta che si allontanava man mano che noi ci si avvicinava. Ma vedremo come alla fine avremo giustamente la meglio.

Prima di volgere le nostre biciclettone a fuoco, verso l’area attrezzata chiediamo all’alimentarista di cosa sarebbe attrezzata la suddetta area. Risponde testualmente:

“In verità vi dico…. di niente, ci sono solo i tavoli e un ricordo di barb-q”

Tristemente compriamo anche la carbonella. Allorchè io chiedo a NiQ:

“Ma come accendiamo il fuoco per arrostire e, indi, sgramarci la salsiccia?!?!?”

niq risponde poco profeticamente:

“Ci ho l’accendino!!!”

Aveva parlato troppo presto!………………………..

s’è fatto tardi,

NiQ, please, go on, it’s your turn!

the big one

Giovedi 16 maggio 2002

Nicola scrive:

…….finalmente arriviamo a Ficuzza. La strada imboccata dopo l’obelisco (o la “culunna” come l’aveva chiamata l’ambulante) che si staglia quasi al centro dell’incrocio con la Provinciale che sale verso Piana Degli Albanesi, ci fa capire che i nostri sforzi ed il nostro perderci, avrebbero avuto la giusta ricompensa. In leggera salita, circondata da un lussureggiante querceto, ci conduce, tra poche villette ed ampi parcheggi, lenta e stanca fino al paese. Oddio, definirlo paese forse è un’esagerazione. Diciamo pure quattro casuzze che si ergono attorno alla dimora di caccia borbonica che fa di questo sito una meta molto indicata per le gite scolastiche. Il palazzo sembra quasi una Reggia ed innanzi alla costruzione secolare, un prato inglese grande quanto un campo di calcio che quel giorno si presentava tutto transennato, il perché lo scopriremo dopo. Ora è il momento di soddisfare gli ultimi dettagli prima della grigliata.

Non avevamo infatti portato nulla di liquido se non la benzina delle nostre Guzzi, ma quella, anche se poi ci sarebbe servita ugualmente, con la salsiccia alla pizzaiola, non si sposa al palato. Parcheggiamo le moto nella piazzetta e Pippo, che a Ficuzza c’era già stato, con fare austero e deciso, si infila dentro l’unica bottega alimentare del paese. Lo seguo e lo shock è peggio di un pugno nella pancia (purtroppo ancora vuota): il negozio è stracolmo di ragazzi e ragazzine che stanno litigando con l’unico banconista, circa gli ingredienti da schiaffare dentro i paninazzi che si dovevano sbafare per pranzo. Considerando la velocità dell’alimentarista (tra tagliare il pane, affettare il companatico, sistemarlo senza sbavature dentro il panino, avvolgere l’opera d’arte nella carta, calcolare il costo in virtù del peso e del tipo del companatico, fare la conversione da £ire in €uro, prendere i soldi, calcolare il resto contare le monetine ed asciugarsi il sudore dopo tutta ‘sta fatica = circa 7 minuti a panino), e considerando il numero incalcolabile di panini che doveva preparare, se avessimo aspettato il nostro turno avremmo fatto direttamente cena. Così, dopo una tacita occhiata, sempre restando sull’uscio della bottega, quasi all’unisono esclamiamo: “si arrabbia qualcuno se prendiamo una bottiglia d’acqua, paghiamo e ce ne andiamo?”. Tutti si girano per vedere da quali bocche fosse uscita quella proposta oscena. Sarà stato per i due metri di Pippo o per il mio quintale e mezzo, non lo so, ma cordialmente ci dicono “Prego! Accomodatevi!!!!” mentre il nonno ottuagenario dell’alimentarista aveva già tirato da sotto il bancone la bottiglia più fresca che aveva e porgendola tentava di dirci “Ba-ba-stano du-du-due litri o ne volete d-di più?”

Venerdi 17 Maggio 2002

Alle 03.30 del mattino Nicola termina di scrivere:

Presa la bottiglia d’acqua, approfittando spudoratamente della situazione, ci siamo fatti consegnare anche 66cl di birra Bavaria e, chiacchierando con l’alimentarista, veniamo a conscenza della ricca offerta turistica dell’area “attrezzata” del bosco di Ficuzza, ovvero: alberi, verde e natura, come in qualsiasi bosco non “attrezzato” e in più, quattro assi di legno inchiodate a formare tavoli e panche, sistemate un po’ qua e un po’ là, sotto le querce.

-“Ma ci avevano parlato anche dei barbeque”- proviamo ad obiettare.

-“No signori, queste cose non le abbiamo a Ficuzza” -ci risponde il brav’uomo chiedendosi, fra se e se, come mai questi strani motociclisti di città devono venirsene in campagna per farsi la “barba-qua”?

-“Senta, noi abbiamo quasi due chili di carne da arrostire e da mangiare, che lei sappia, ci sarebbe la possibilità di accendere un fuoco?”

-“Certo!” – ci risponde, – “vicino ogni tavolo, per terra, c’è la brace, quattro pietre incementate con i tondini di ferro per appoggiarci sopra la carne, solo che non c’è la legna! Se volete vi posso vendere una confezione di carbone così non restate a digiuno!”.

Con la leggera sensazione di essere stati elegantemente presi per il culo, paghiamo quasi 5 Euro, prendiamo bottiglie e scatolone e ce ne andiamo.

Il bosco è appena fuori al paese, verde, ombroso e bucolico, recintato al di là del nastro d’asfalto. Parcheggiamo le moto sotto un’albero sul ciglio della strada e ci infrattiamo di corsa tra la boscaglia per due torrenziali pisciate che ci portavamo dentro da Partinico. Dopo il deposito “liquido” scarichiamo le vettovaglie e Pippo, che pur non essendo un fumatore, aveva, come me, il fumo della fame che gli obnubilava la vista, esclama la fatidica frase:

-“NiQ, come l’accendiamo il fuoco?” ed io

-“Con l’accendino!!!!”.

Nell’immaginario collettivo il rude biker, quello vestito di pelle e borchie, quando va dal benzinaio, si fa riempire sia il serbatoio della moto che lo “Zippo” e, quando gli chiedi da “accendere”, se non gli stai a giusta distanza, col fuoco inestinguibile del suo “lanciafiamme” tascabile sarebbe capace di arrostirti la faccia dalla quale penzola il mozzicone di sigaretta che volevi fumarti. Io di Zippo ce n’ho una collezione, ma, a casa! A Ficuzza, m’ero portato uno di quegli accendini usa e getta, 10 a mille lire, di plastica verde trasparente, che dopo il primo pacchetto di sigarette, s’è scassato, fuso, svuotato, esploso. Dobbiamo innescare il carbone col fuoco vivo e Pippo non trova di meglio che fare a brandelli il cartone in cui era contenuto il carbone da noi profumatamente acquistato. Lo sistemiamo strategicamente sotto i cocci di carbonella e gli diamo fuoco.

-“Prende!!!… prende!!!!” – esclamo entusiasta – “Pippo, dai… prepara la sosizza nella graticola che io lo tengo vivo!” e Pippo serafico:

-“Caalma!, prima che s’adduma u carvuni cinne voli!”. Ed infatti, il cartone va in cenere ed il carbone sembra rimasto indenne alla prima ed unica fiammata!

AnimaGuzzista Due Guzzi a Ficuzza021_002 – “S’astutò!”

– “’U vitte!”

– “Ch’amaffari?”

– “Sciusciamo!”

– ” Ammatula! ‘un s’adduma!”

– “E tu sciuscia!”

– “E se piglio la benzina dal California?”

– “Và pigghiala!”

Inizio a cercare una lattina, un bicchiere, qualcosa in cui mettere il liquido combustibile, trovo tra l’erba una bottiglietta di Estathè, la stappo e mentre sto per dirigermi verso la moto mi arriva un messaggio sul telefonino. Mollo tutto e con le mani tutte nere di carbone digito sull’apparecchio e leggo l’SMS. È Giulio che, pur volendo venire con noi, causa “pioggia”, ha preferito rimanere a casa e, saputo della nostra partenza solitaria, non potendoci raggiungere mi ha scritto in tre parole tutto il suo disappunto:

-“SEI UN CORNUTONE”.

Incasso la botta, prendo le chiavi della Guzzi e dal bauletto tiro fuori la “sucalora” che mi porto sempre dietro. Succhio il carburante, che a stomaco vuoto è davvero un piacere, riempio la bottiglia e mi catapulto da Pippo ch’era rimasto a fare il Guardiano del Fuoco (spento ovviamente).

-“Per accendere il fuoco, ci vuole strategia!” mi dice il saggio Pippo

-“Ora prendiamo lo Scottex, lo strappiamo, lo appallottoliamo, lo imbibiamo di Verde, sistemiamo le esche madide sotto il carbone, le accendiamo ed il gioco è fatto!”.

Dopo aver fatto a pezzi un rotolone di carta assorbente e pregustando il fascino della fiammata, ancor prima del sapore della salsiccia, esclamo:

-“Professore, qui è tutto pronto, puoi accendere!”

– “Dammi l’accendino ed ammira il falò!”

– “Pippo, ce l’hai tu l’accendino!”

– “No, l’hai preso tu!”

– “Io non ce l’ho!”

– “E dov’è? Cerca nelle tasche che la benzina si sta asciugando!”

Ho cercato nelle tasche, nei pantaloni, nel giubbotto, nelle mutande, nel bauletto della moto, per terra, vicino al fuoco, in mezzo all’erba…. dappertutto! Dopo un quarto d’ora, m’arrendo:

– “Ebbene sì, Pippo! ho perso l’accendino!”

– “Ed io ho perso la pazienza! staiu murennu ‘ra fami, ora mi mangiu u pani e a sosizza m’a portu ‘ncasa!”

– “Aspetta! Ora chiedo a questi ragazzi che stanno passando se hanno da accendere!”.

Erano quelli dei panini, che dopo esserseli sbafati tutti, allegramente satolli, se ne stavano tornando a casa. Ne placco uno e gli estorco un mini-mini-Bic, quegli odiosi accendini talmente piccoli che, uno come me, se non sta attento se lo succhia in gola con la prima sospirata di sigaretta. I batuffoli di Scottex erano ancora umidi, verso sul carbone quel po’ di benzina rimasta nella bottiglia e dò fuoco! La fiammata è stata IMMENSA! Con tutti i peli della mano arricciati dalla vampata, restituisco al ragazzo l’accendino e quello, preso lo strumento, rincorrendo gli amici che se ne stavano andando inizia a gridare:

-“Minchia picciotti! Avete visto che fiamma potente che ha questo BICCHE!”

La fiammata era stata potente, ma troppo veloce. La benzina stava per spegnersi e quel cornuto di carbone era appena appena bruciacchiato negli angoli.

Io e Pippo, stanchi, disperati ed affamati, nei vari tentativi di resuscitare un morto, ad un certo punto, ci siamo ritrovati inspiegabilmente sdraiati a pancia in giù, uno di fronte all’altro, con le facce infilate nel braciere, a soffiare, come due zampognari scemi, sopra i ciocchi di carbone che stavano per spegnersi. Soffio io, soffi tu, con le guance deformate alla Dizzie Gillespie, alziamo lo sguardo dal carbone e ci fissiamo per tre lunghissimi secondi negli occhi col fiato ancora in bocca. Scoppiamo a ridere! Una risata incontenibile, isterica, liberatoria.

A Pippo gli vengono i crampi alla pancia, a me una paresi sottonasale che mi blocca la bocca da orecchio a orecchio in un ghigno demente. Spunta anche qualche lacrima, ma non può essere solo colpa della fame!

Sono quasi le tre del pomeriggio ed i tafani e le vespe di campagna già pregustano un’abbuffata di carne di porco. Pippo si decide, si rimette il giubbotto, prende la moto e va’ in paese a comprare un’accendino nuovo. Io resto a contemplare il nero carbone pensando ad alta voce a ciò che la maestra mi aveva insegnato alle elementari:

-“La più grande conquista dell’uomo è stata il fuoco!”

-“Ma anche la più grande botta di culo!” aggiunge il saggio Pippo allontanandosi verso il Paese.

Passano pochi minuti e Pippo sconsolato ritorna a braccia aperte

-“E’ tutto chiuso, ninni putemu iri!” esclama da lontano!

-“Buttanazza d’a miseriaccia!” Gli faccio eco. E mentre comincio a fare l’appello di tutti i Santi e le Santissime del calendario afro-birmano, da lontano, lungo il sentiero sento alzarsi potente una canzone. Alzo lo sguardo cercando di capire chi fosse a cantare a squarciagola in mezzo al bosco, in una mal riuscita imitazione di Celentano la canzone che fa’:

“SI E’ SPENTO IL SOLE….. E CHI L’HA ACCESO SEI TU!!!!”

Era Pippo! Aveva ritrovato in mezzo all’erba verde, il mio schifiato accendino verde, dopo che ci aveva fatti diventare verdi anche a noi!

Capriole, salti di gioia, balletti Can-Can, fotografie per immortalare l’evento:
1) “Pippo che tiene in mano l’accendino”

AnimaGuzzista Due Guzzi a Ficuzza021_003

 

2) “Nicola che prende in braccio Pippo che tiene in mano l’accendino”

3) L’accendino che ha preso per il culo Nicola che prende in braccio Pippo che tiene in mano l’accendino”

4) “Nicola e Pippo che, con l’accendino in mano fanno al carbone il gesto dell’ombrello”

5) Nicola e Pippo che cercano di convincere la pattuglia dei Carabinieri di passaggio che va tutto bene!….Che è tutto ok! Che non siamo scappati dalla Neuro……

Prendo la bottiglietta, faccio di nuovo il pieno con la “sucalora” e questa volta il carbone s’accende, la salsiccia si cuoce, la pancetta frigge di grasso colante, il pane, un quartino a testa, non basta per la nostra fame e, come cannibali ci pappiamo quasi un chilo di carne a morsi. Lo scialo è stato immane. Ci appansiamo come due Buddha e scateniamo immantinente la furia degli “Elementi”!

Tolta la “terra” che ci sta ospitando in questo ameno boschetto, tolta l’acqua che ci siamo scolata tutta per spegnere il peperoncino della salsiccia, tolto il “fuoco” che ormai abbiamo domato e sfruttato, non ci resta che l’”ARIA”. Ma quanta…..aria! da ogni dove! da sopra ed anche da sotto!!!

-” Tanto…. che ce frega, siamo all’aperto!” E vaaiii col concertino per fiati senza orchestra, anche se, a dire la verità, saranno stati i fumi della birra a stomaco vuoto, da lontano qualche “SAALUUTE!!!!” m’è sembrato di sentirlo.

Sono le 16.30. Ci vuole un caffè. Raccattiamo il pattume. Raccogliamo le vettovaglie. Lasciamo quello str…o di carbone a bruciare fino a diventare cenere e ce ne andiamo in paese salutando il Bosco di Ficuzza. C’è una specie di festa che ci aspetta in piazza. Cavalli e Falchi Pellegrini abilmente ammaestrati stanno intrattenendo sul prato antistante la Reggia un centinaio di persone. Lo spettacolo è coinvolgente, un falco che in picchiata afferra al volo con gli artigli due “bolas” che il suo istruttore gli ha lanciato. I piccioni che svolazzano appena il falco decolla, le circonvoluzioni del rapace, cose che avevo visto soltanto nei documentari TV, tutto molto bello.

È tardi, dobbiamo tornare a casa, dopo il caffè ripartiamo, non prima di aver chiesto una foto ad una ragazza in gita, troppo stanchi per scegliere l’autoscatto.

AnimaGuzzista Due Guzzi a Ficuzza021_004

Il ritorno è stato più facile, senza perderci, abbiamo raggiunto Piana degli Albanesi ammirando la Valle dello Jato dalla sponda opposta.

Entrati in paese, seguiamo l’indicazione “Portella della Ginestra” e ci ritroviamo di nuovo in altura. Paesaggi mozzafiato si offrono al nostro sguardo, colori intensi sotto un tiepido sole che volge al tramonto, una leggera bruma che azzurra le valli e, sui costoni, le colline verdi di frumento e rosse di papaveri e malva. Ci fermiamo a Portella, foto e via di nuovo in moto.

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Ritorniamo allo svincolo di San Cipirrello che all’andata ci aveva “fottuto”, ma stavolta, passata la prova del fuoco, “un ‘nni futte cchiù ‘nnuddu!!!”. Ripercorriamo la Provinciale dei platani fino a Partinico. Sosta benzina e caffè e poi di nuovo Autostrada fino a Trapani. Quando arriviamo sono già passate le 19.00. Stanchi, ma soddisfatti ci salutiamo ripromettendoci che a Ficuzza ci dovremo tornare, magari con le mogli ed i figli. Prima di partire dico a Pippo:

“Professo’, ma tu, a Ficuzza, non hai detto che ci sei andato per la gita scolastica? E che cacchio di strada hai fatto col Pullman???”

“Non lo so!” – mi risponde – “non guidavo io!”

FINE

Trapani 17 Maggio 2002

Nicola Conforti e Pippo Lombardo