di Alberto Sala
La tentazione era troppo forte. “Fange, che dici se, gia’ che siamo li’, ci facciamo due giri in pista?”
“Ma c’e’ posto? Ma quanto costa? Ma non so se ho le gomme adatte… ho il gomito che mi fa contatto col ginocchio… OK, d’accordo, ci sta pure il Tatuato”.
Prenotare dei giri in pista, soprattutto su una pista ‘adulta’ come il Mugello da’ una strana sensazione. Man mano che si avvicina il giorno fatidico si passa in tre nanosecondi dall’euforia alla strizza, dal sogno di vedere per primo la bandiera a scacchi (anche se non e’ una gara) al pensiero che forse la passione per le farfalle turkmene sarebbe piu’ salutare alla nostra eta’ (intendiamoci: siamo categoricamente giovanissimi: e’ l’anagrafe che ci rema contro), e cosi’ via. D’altra parte, avendo programmato il nostro meeting dello staff al mitico Villino la Quiete (sede del nostro grande incontro di primavera) gia’ avevamo ‘allargato’ a qualche eccezionale ospite, per cui tant’e’, facciamoci del male e andiamo pure a farci umiliare dai missili terra-aria giapponesi. Ci avrebbero nel caso sorretto moralmente Claudio e Peppe di CPRacing, presenti casualmente pure loro con i loro 1100 Sport coi famigerati telai accorciati.
La mattina del fattaccio ci presentiamo clamorosamente in ritardo al primo turno, quello delle 9,20, cosi’, con la trachea ustionata dal cappuccino ingoiato a razzo e con le bricioline di brioche sui baffi eccoci al cancello di partenza, dove abbiamo pure la faccia tosta di appiccicarci l’adesivo numerato per essere immortalati dal fotografo del circuito. Siamo giunti talmente di fretta che la gente non ha fatto in tempo a sbigottirsi della pattuglia Guzzi (Fange/Le Mans, Alberto/Centauro, Andrea Tatuato/SP2 abilmente cammuffato e Mauro Iosca/V11 Sport) che gia’ entravamo in bagarre. Le condizioni meteo e la pista erano splendide, ma dopo poco due missili si cocciano alla Materassi lasciando una simpatica strisciata d’olio, per cui bandiera rossa. Attendiamo di nuovo il via, e mi sorprendo molto tranquillo. E’ proprio vero che la tensione pre-turno e’ spesso esagerata, perche’ di fatto girare in pista e’ molto meno pericoloso che su strada. Vedo pero’ Mauro stranito: “non mi trovo, mi mancano punti di riferimento”. “Ma ci sono i cartelli prima di ogni curva” gli replico. “Si, ma mi mancano le case, il guard-rail, o che so, le auto, eppoi perche’ si procede a senso unico?” Sono costernato. Realisticamente pensavo di fare il turno dietro Mauro Iosca ‘copiandolo’, vista la sua determinazione su strada… Bandiera verde: si riparte! Mi accorgo che il turno e’ tranquillo: non solo sono pochissimi quelli che ci doppiano, ma perdippiu’ io e Fange ci ritroviamo tra il cardano alcuni piu’ chiodi di noi. Mauro lo raggiungo tra la prima e la seconda Arrabbiata dove lo supero agevolmente, non per merito mio ma perche’ sbaglia clamorosamente traiettoria. Andrea poi e’ uno sciagurato: nonostante gli avessi spiegato insistentemente che non deve mai guardare gli specchietti ma deve preoccuparsi solo di fare le sue traiettorie, che sara’ cura di chi sopraggiunge a pensare a come superarlo, lo peschiamo intento a lasciarci passare rallentando vistosamente e allargando. Manca solo che ci stenda il tappeto rosso. Sara’ cazziato pure dal visagista che manco correva, essendo appiedato.
Insomma: restiamo io e Fange.
Il quale, alla facciazza dei dubbi sulle gomme sta molando come un fabbro, seminando frattaglie di pedane e cavalletti. Quel bastardo se ne fotte (giustamente, mica come me) che e’ il primo turno, quello per prendere le misure della pista e ‘scaldarsi’: mi infila impietosamente in staccata, e se non fosse per i miei scalpitanti equini (una doverosa parentesi: a meta’ rettilineo d’arrivo il contagiri mi sorprende con 9500 giri e un clamoroso fondoscala al tachimetro, stando a trequarti di gas!) e per quelle rarissime curve dove sono piu’ rapido (Arrabbiata 2) lo vedrei col binocolo.
All’ultimo giro l’epilogo: mi ritrovo avanti a meta’ giro, sempre alle prese con un hondato 600 lento come la mia nonna in curva ma ovviamente razzo in rettilineo, cosi’ mi rallenta di continuo, e in piu’ all’ultima curva trovo pure un ducatozzo spaventosamente potente e alleggerito ma condotto da un vero chiodo. Io, manco fossimo su strada, rispetto il divieto di sorpasso in curva (temo sempre che il chiodo, vedendosi sorpassare all’esterno dia brutalmente gas a meta’ curva finendo a farfallle col sottoscritto), mentre Fange se ne fotte, e si esibisce in uno spettacolare sorpasso esterno al sottoscritto, alla Honda 600 e al 998, e sia pure per un pelo di martora giunge primo sotto la bandiera a scacchi. Beh, che dire? Lottare contro un Mistero Gaudioso non e’ mica facile, eppoi mi restava il turno del pomeriggio per attuare la mia vendetta.
Ma ecco che la sfiga ricorda a tutti che ci vede da Dio, e esattamente alle 17,34:17 (sei minuti prima del nostro turno) comincia a piovere. Entriamo in pista con la speranza che smetta, e in effetti succede: per la precisione tre minuti dopo il nostro turno. Io e Fange incazzati come sei bisce eravamo gia’ fuori da meta’ turno. Andrea invece tiene duro (d’altra parte non e’ che la sua condotta sia molto rischiosa) e si fa tutto il turno. Il suo commento finale: “avevo pagato tutto il turno, ecchecazzo”. “Joey” Iosca, mutilato al primo turno alla freccia anteriore sinistra per via di un’escursione nella sabbia (“non c’era la riga di mezzeria”) sentenziava che si trova molto meglio su strada. Un’altro Dunlop.
Malefica pioggia. Fange potra’ vantarsi di avermi battuto in pista, Andrea mi sfotte per essermi ritirato a meta’ del secondo turno, “Joey” Iosca non pervenuto, e in piu’ Goffredo e la fotografia dimostrano di essere fratelli di sangue come La Russa e Yossour’n’Dour (cosi’ le uniche foto ‘dinamiche’ sono quelle a Claudio e Peppe :-(( ). Pazienza, in fondo ci siamo divertiti come bambini (che peraltro siamo, si fotta l’anagrafe) sia in pista che al paddock con la presenza di Claudio e dei suoi amici, che oltre alle smodate chiacchiere ci hanno offerto la provvidenziale ombra del loro tendone, per non dire poi del resto della compagnia sopraggiunto al pomeriggio (Stefano Indaco con due graziose fanciulle, Sandra e Federica, ognuna con la sua moto. Eppoi abbiamo aggiunto un po’ di ‘colore’ al solito paddock fatto sempre da erreuni, cibierre, prefissi telefonici bolognesi e erreessevi. Oddio, a dire la verita’ c’erano anche due bavaresi kittate, con borse e baul… ok, scherzavo :-p
E’ bella la pista. Chissa’ che questa esperienza non possa avere un seguito, magari con tutti gli amici di Anima Guzzista…
POST SCRIPTUM
Innanzitutto grazie alla splendida compagnia, con menzione speciale per le simpatiche Sandra e Federica, che si sono adattate alla sporco gruppo guzzista magnificamente. Due sante.
Poi e’ da ricordare la strada tra Sasso Marconi e Pianoro, fatta di strane curve a raggio variabile e in piu’ in saliscendi, che mi sono gustato particolarmente al ritorno (eeh si, quanto conta l’allenamento), oltre alla Raticosa e Futa fatte da Bologna (nell’altro senso l’asfalto e’ terribile).
Ma non solo: qualsiasi strada sull’appennino tra Emilia e Toscana sembra il paradiso. Ce ne sono da perdersi. Lo dico col rimpianto di un lombardo costretto a vivere nella regione piu’ intasata e sciagurata. Vale la pena spararsi anche sessanta km di autostrada pur di raggiungere un po’ di pace sull’appennino.
Da ricordare pure la casuale scoperta di un ristorante che, come dicono gli inglesi, ‘fa esattamente al caso nostro’. Non so se rende l’idea la foto della fiorentina di brontosauro. Un ristorante di classe ma non classista: ci hanno servito e riverito anche se al passaggio lasciavamo la consueta scia di olio. Approposito (un minuto di silenzio, per favore):
non ci crederete, ma il Centauro di Indaco ne ha combinata un’altra. Meno male che e’ stata risolta abilmente. Io ci scriverei un libro. Da urlo invece l’accrocchio di Fange al suo Le Mans per risolvere la totale perdita del lubrificante dal circuito di sfiato: un bel tubo d’irrigazione verde che sfogava in una bottiglietta in prezioso PET del the’ con tappo arancione, piazzata a lato del semimanubrio destro. Hanno riso anche in Afghanistan alla domanda dell’esperto motociclista sul Giogo alla vista dell’accrocchio: “E’ il raffreddamento a liquido, vero?”