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Così è se vi pare

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di Piero Pintore

 

Domenica d’inverno.
Tra pioggia, freddo, guardie in ospedale proprioquandoc’èilsole, tappo della benzina bloccato ed altre traversìe, non vado in moto da circa due mesi.
Praticamente non ne posso più.
E’ piovigginato per tutta la settimana ma il meteo ha detto che dovrebbe schiarire…
La moglie già da un po’ mi ha detto che oggi sarebbe stata impegnata per tutto il giorno, non mi ricordo più dove e, comunque, è cosa saggia non indagare. Mai.
Quello che ricordo bene è la richiesta (cioè l’ingiunzione) perentoria: “Occupati della bambina!!”
Mi sveglio alla solita ora, prima delle otto, e dal lucernaio del bagno vedo il cielo grigio, ma non scuro.
Alle nove il cielo comincia ad aprirsi.
La moglie è uscita da un pezzo.
Tengo d’occhio il cielo ed aspetto che Eleonora, quasi dieci anni, si svegli. E’ domenica, come ho detto, e non me la sento di privarla anche solo di un minuto di sonno.
Mi siedo sul divano, cerco un film sul satellite, e aspetto.
Mentalmente ripasso le modifiche apportate nell’ultima sosta in officina del mio Jackal. Secondo disco anteriore, collegato alla pompa posteriore stile Guzzi anni ’80, sabbiatura dei coperchi delle teste e dei gambali della forcella, filtri KN, messa a punto… no, il film non riesco proprio a guardarlo… vado in cucina e preparo la colazione.
Passa il tempo, la bambina dorme come un angioletto… no, non posso proprio svegliarla. Eccheccacchio! Non posso essere così egoista! Il sonno dei bambini è sacro!!
Prendo tempo. Comincio a tirar fuori stivaletti, pantaloni in cordura, felpa in pile… ma lascio tutto in camera e scendo giù in soggiorno ad attendere.
Alle 11 il cielo è proprio aperto e quando sto per decidere che la bimba ha dormito abbastanza, eccola sbucare sulle scale. Scende lentamente, con una lunga camicia da notte bianca. Mentre si stropiccia gli occhi mi sembra la Wendy di Peter Pan. Arriva giù e allargandosi in una stirata molto assonnata mi saluta:
“Ciao. Mamma dov’è?”
“Oggi non c’è. Siamo solo noi due fino a stasera. Vuoi fare colazione?”
“Prima le coccole” decide, e viene ad abbracciarmi.
E va bene, mi dico, ha ragione, non ci sono mai…
Nel frattempo penso al tempo che passa, alla terribile brevità delle giornate invernali…
“E’ una bella giornata – le dico finalmente tutto giulivo – che ne diresti di andarcene in giro??”
“In giro dove?” E’ perplessa, anche perché è fondamentalmente pigra: non le piace uscire di casa senza uno scopo preciso.
“Piove da settimane, finalmente c’è un po’ di sole… andiamo a farci un giro!!”
E’ sempre più perplessa.
“Vabbè, come mi vesto??”
“Vai, lavati, e poi metti la calzamaglia di lana ed i pantaloni più caldi che hai, magari in velluto; camicia, maglione caldo e giubbotto”.
Mentre si avvia alla sua camera bofonchia:
“Ma babbo, perché quando esco con te devo sempre vestirmi da maschio? Ho un bellissimo scamiciato in lana nuovo nuovo…”
Ci siamo.
Ecco arrivato il momento della verità:
Con non curanza dico: “…pensavo di andare in moto…”
Si blocca, si gira e con la faccia più stralunata che le abbia mai visto: “IN MOTO?” mi chiede.
Io incasso e insisto nel tono noncurante: “Beh? Cosa c’è di tanto strano? – e poi, bastard inside – credevo che piacesse anche a te, andare in moto… Credevo di farti una cosa che ti facesse piacere… mi dici sempre che non facciamo nulla di bello, assieme…”
“Veramente ti ho detto che non vuoi mai giocare a scacchi, con me, comunque…
Vabbè, andiamo…”
FIUUUUUUUHH!!
ANDATA! Dico tra me.
Cominciano i preparativi, si sta facendo tardi, cerco di telefonare a Fabrizio, lo trovo, sì, si sta svegliando anche lui, vabbene, tra quaranta minuti al solito distributore all’uscita di Sassari, sì, poi vediamo… vedere la nuova pista a Mores? Si puòffare…
In tre minuti e mezzo ho già su tutta l’attrezzatura, pulisco la visiera del casco di Eleonora che, no, non ha guanti in pelle – “vediamo come ti stanno quelli di mamma – mabbabbo sono grandi – solo un po’, vanno benissimo e poi ti servono solo per attaccarti alle maniglie della moto…”
“Babbo, devo fare colazione…” “Non Ti preoccupare: appena arriviamo a Sassari… ci vogliono poco più di dieci minuti”.
Se Dio vuole il cielo sembra mantenersi aperto, non c’è un alito di vento, solo dei nuvoloni lontani sia ad occidente che ad oriente…
Arriviamo al garage, metto in moto… caspita, la batteria stava un po’ giù, farò i primi chilometri a fari spenti.
Finalmente si parte. Mentre vado a Sassari riprendo confidenza con la mia motazza, era tanto tempo che stavamo lontani…
Arrivo all’appuntamento con Fabrizio ma il cielo è più scuro. Mi rendo conto che l’unica parte con poche nuvole è quella verso la costa. Di andare a Mores non se ne parla. Occhèi vada per Alghero, ma facciamo la vecchia strada…
Usciamo da Sassari e ci dirigiamo per la vecchia strada di Alghero che tra ulivi e domus de janas, tra canyons scavati nel tufo dall’età glaciale, in una goduria di saliscendi e tornanti, sembra sia stata progettata da un motociclista. Vado piano, ho la bambina in sella, sì, insomma, sto particolarmente attento alle traiettorie, ai tratti in ombra che sono ancora bagnati dall’umidità della notte: la mancanza di vento si paga anche così.
Ad un certo punto a metà di un tornantino che ho preso nemmeno tanto allegro, SGRRAAT, sento sotto: macchediavolo è? Mi rendo conto che montare il cavalletto centrale non è stata una grande idea: è comodo in garage, ma in curva tocca subito. E non ho ancora un punto di riferimento per regolarmi.
Come tutti, infatti, ho i miei parametri personali per regolarmi quando sono in piega: con il California ho imparato che prima tocco con il bordo esterno dello stivale, poi con la pedana e poi, direttamente, con la marmitta ed il culo in terra contemporaneamente mentre la moto rotola dall’altra parte. Ecco, questo mi preoccupa: mi paralizza l’ipotesi che se la moto “punta” in piega sul cavalletto, io possa vedere la figlia atterrare su un muretto a secco.
Nonostante stia particolarmente attento, durante il percorso qual rumoraccio si farà sentire altre due o tre volte, ed ogni volta rallento e mi impongo di non esagerare. Povero Fabrizio, dietro di me starà mordendo il casco per il passo che stiamo tenendo…
Arriviamo ad Alghero all’una, giusto in tempo per renderci conto che i nuvoloni di ponente stanno per avere un randevù con quelli di levante proprio sopra le nostre teste.
Eleonora mi ricorda che ancora non ha fatto colazione.
I sensi di colpa del padre che è in me toccano l’apice: andiamo nella migliore pasticceria dove io e Fabrizio ci scaldiamo con un caffè e lei può finalmente rifocillarsi.
Quando usciamo sono le tredici e venti, ma è scuro come se fosse l’una e venti.
Ancora non piove ma bisogna fare in fretta a…
Occacchio!!!
La bambina NON HA una tuta antipioggia!!!!
Si è alzato un vento gelido ma appena calerà saranno secchiate…
Farò di necessità virtù: apro il bauletto, estraggo la Mia tuta antipioggia e la faccio infilare alla bambina. Lei mi guarda, sempre più stralunata, e poi si rassegna: “Meno male che qui non mi conosce nessuno!” esclama.
La misura è una XXXL: la giacca le arriva ai polpacci, le maniche rimboccate per metà, i pantaloni, ovviamente tirati su fino alle ascelle, si adagiano con un effetto Scaramacai su quelle che sotto dovrebbero essere le gambe.
Lai mi guarda rassegnata e mi chiede: “Devo fare altro?” con il tono di chi ti vorrebbe chiedere: non ti sembra di aver esagerato? Cos’altro mi devo aspettare?
Io non colgo la provocazione e rispondo, severo: “Certo! Devi salire in moto e devi fare anche in fretta!!”
Grazie all’aiuto di Fabrizio che assiste alla scena accusando dignitosamente lancinanti spasmi vescicali, Eleonora sale in moto.
Ci avviamo sulla strada dei due mari, tra Alghero e Porto Torres. Dopo una decina di chilometri inizia una fitta pioggerellina ghiacciata e sento il casco di Eleonora che si poggia sul mio dorso. Inizialmente penso che stia riparando la visiera del casco dalla pioggia ma delle strane oscillazioni laterali di quel contatto con bruschi ritorni al centro, mi allarmano. Mi fermo immediatamente e le chiedo che cosa stia facendo. Lei, con l’aria più innocente del mondo mi risponde: “Mi stavo addormentando.”
Terrorizzato le urlo.”Ma sei matta? Se Ti addormenti cadi, ed è pericolosissimo!”
“Sì – mi risponde lamentosa – ma scusa babbo: questa strada è tutta dritta e non c’è gusto… come si fa a rimanere svegli?”
E’ inutile, il sangue non è acqua.
Le dico di appoggiarsi al bauletto e di guardare il paesaggio: mancano solo 15 km.
Dopo dieci minuti entriamo a Porto Torres e ci infiliamo in garage giusto in tempo perché si scateni una bufera d’acqua mai vista.
Rientriamo a casa, preparo il pranzo e, mentre mangiamo le chiedo: “Com’è andata?”
“Ci vorrebbero più curve” mi risponde. E riprende a guardare il suo cartone animato.
Ed io mi sento un padre fortunato. Piero

* * * * *
Oggi mi sono svegliata tardi. Era domenica ed avevo molto sonno. Appena alzata sono andata in camera dei miei, ma era vuota. O meglio: babbo e mamma non c’erano, mentre sul lettone c’era la tuta da moto di babbo e lì vicino gli stivali. Strano, penso, babbo non è uscito. Forse piove. Ma allora perché ha tirato fuori tutta quella roba?
Scendo in soggiorno e trovo solo babbo. Ah, è vero, mamma è andata a quel congresso…
Babbo è stato un po’ frettoloso nel farmi le coccole del buon giorno e mi ha chiesto subito di fare un giro. Adesso capisco perché quella roba sul suo letto!!
Vabbè io ho ancora sonno però, se proprio insiste, tra un po’ magari lo accompagno a fare un giro. Solo che fa freddo, accipicchia!
Dopo un po’ me l’ha detto: vuole uscire in moto. Non riesce proprio a resistere, poverino: quando arriva la domenica, se non deve lavorare ha proprio bisogno di andarsene in moto. Io non ne ho molta voglia… però… come faccio a dirgli di no??
Quando gli ho detto di sì ha fatto finta di niente ma è diventato un ciclone: in un attimo era vestito, mi ha dato una mano ad asciugarmi e vestirmi, si è messo a telefonare, guardava continuamente fuori dalla finestra per controllare il tempo…
Mi ha fatto addirittura mettere i guanti di mamma, che a me stanno decisamente grandi. Ma era tanto felice, poverino, che non me la sono sentita di fare storie.
Non mi ha dato nemmeno il tempo di fare colazione: siamo subito partiti.
Io dietro di lui sto bene: la sella della sua moto è comoda e lui è grande e grosso (anche un po’ troppo, per la verità) e mi protegge bene dall’aria. Solo che davanti non vedo niente…
Appena siamo arrivati a Sassari c’era un suo amico e si stava tutto annuvolando. Senza perder tempo siamo partiti per Alghero facendo una strada che non avevo mai fatto. Era tutta curve e la moto si inclinava continuamente a destra ed a sinistra. Qualche volta babbo deve avere esagerato, perché sotto si è sentito il rumore del ferro che toccava la strada…
Però con babbo mi sento sicura, anche mamma lo dice che con lui si può andare tranquilli. Mamma ha anche detto che qualche volta corre un po’ troppo ma oggi mi è sembrato che andasse bene.
Quando siamo arrivati ad Alghero abbiamo finalmente fatto colazione. Peccato che stesse per iniziare a piovere. Babbo mi ha costretto ad infilare la sua tuta antipioggia. Io non ho avuto il coraggio di protestare ma mi sentivo molto ridicola. Ho pregato per tutto il viaggio di ritorno che a Porto Torres nessuno dei miei compagni di scuola mi vedesse conciata in quel modo. Ho tentato anche di nascondermi un po’ appoggiandomi a lui con il casco. Lui ha capito che c’era qualcosa sotto, ed infatti si è fermato per chiedermi cosa stessi facendo. Non ho avuto il coraggio di dirgli la verità, e mi sono inventata che mi stavo addormentando. Si è molto arrabbiato. Poi, quando gli ho detto che era la strada dritta a farmi venire il sonno si è calmato.
Meno male che siamo arrivati a Porto Torres all’ora di pranzo, e tutti i miei compagni erano a casa e non mi hanno visto conciata in quel modo.
Quando siamo tornati pioveva molto forte, ma ormai eravamo a casa.
Babbo ha preparato il pranzo e mi ha chiesto cosa ne pensavo della gita.
Io non sapevo che dire. L’unica cosa è che in rettilineo mi annoio. Gliel’ho detto e lui non mi ha risposto. Ma sembrava molto contento.
Eleonora

 

* * * * *

ECCO!!
LO SAPEVO, IO!!!
DOVEVO ASPETTARMELA, UNA COSA DEL GENERE!!!
PER UNA VOLTA, DICO…
UNA VOLTA…
CHE HO UN IMPEGNO DI DOMENICA…
CHE SONO IO AD AVERE UN IMPEGNO ALLA DOMENICA…
CERTO CHE POSSO STARE TRANQUILLA!!!
PERCHE’ LUI
IL SIGNORE E PADRONE,
LUI
IL GRANDE EGOISTA,
LUI…
NON PUO’ RINUNCIARE LUI A QUELLA MALEDETTA MOTO!!!!!
NON IMPORTA CHE CI SIA FREDDO,
NON IMPORTA CHE LA BAMBINA ABBIA LE SUE ESIGENZE,
NON IMPORTA SE NON E’ ATTREZZATA
NON GLIENE FREGA NIENTE A LUI DEGLI ALTRI!!!
L’IMPORTANTE E CHE LUI,
L’OMBELICO DEL MONDO,
IL CAMPIONE MONDIALE DELL’EGOISMO,
L’IMPORTANTE E’ CHE LUI POSSA ANDARE IN MOTO!!!!
SI DEVE SVAGARE, IL SIGNORE,
SE NE FREGA SE LA FIGLIA HA FREDDO,
SE LA PORTA SOTTO LA PIOGGIA BAGNATA COME UN PULCINO, L’IMBECILLE!!!!
– Mamma, guarda che non mi sono bagnata, mi ha fatto mettere la tuta antipioggia
– Quale tuta antipioggia?
– Quella sua.
BEEENEEEE!!!!
ANCORA MEGLIO!!!!
PERCHE’ NON GLIENE FREGA NIENTE, A LUI, DI CONCIARE LA FIGLIA COME UN PAGLIACCIO, DI RENDERLA RIDICOLA…
SE TU TI VUOI CONCIARE COME UN CIGHIALE, FAI PURE!!
MA MIA FIGLIA DEVE ANDARE IN GIRO VESTITA COME SI DEVE, NON COME VUOLE UN PADRE EGOISTA E IRRESPONSABILE!!
IN MOTO SOTTO LA PIOGGIA!!!
POTEVI AMMAZZARLA, DELINQUENTE CHE NON SEI ALTRO!!!
Rita
N.B.: Il resto è cronaca quotidiana nelle case dei Guzzisti…