Home Incontri e racconti Non so cosa mi prende quando il cielo è azzurro…

Non so cosa mi prende quando il cielo è azzurro…

3733
0

di Roberto “Dondolino” Ruggeri

PRIMO GIORNO – Niedernhausen – Deutsche Weinstraße – Vogesen.

Cielo azzurro senza una nuvola la mattina di sabato, 22 marzo 2003 in quel di Niedernhausen, Assia.
Alle 9 e 30 esatte, il mio “fatto italiano che il Mondo invidia” si mette in moto dopo una resistenza solo simbolica…; per questo viaggio francese ho 2 obiettivi: il primo è fare non solo mototurismo, ma anche turismo, e il secondo è di non fare nemmno un km d’autostrada! Alternativo e di indole romantica come, si sa, ogni Guzzista, voglio viaggiare come si faceva una volta, osservando paesaggi, clima e architetture cambiare lentamente, accompagnati dal suono del mio bicilindrico.

Per cui evito la vicina entrata autostradale e passando per il Reno sfioro Magonza, poi giù per un breve tratto lungo il Meno splendido sotto il sole, ad Oppenheim mi inoltro nell’entroterra, la cosiddetta Assia Renana, in direzione Palatinato e più precisamente Deutsche Weinstrasse, la Strada Tedesca del Vino. Questo angolo di Germania, fortunatamente poco noto al grande flusso turistico, è una delle cose più sottilmente affascinanti che la Germania possa offrire al mototurista: temperature sempre molto miti, vigneti quanti ne vuoi, è l’unico posto in Germania dove crescono piante di limone e di kiwi. Anche in questa fredda mattina di marzo centinaia di Ciliegi (o sono Peschi? Le mie conoscenze botaniche in materia si fermano a “fiori rosa, fiori di Pesco”, per cui decido che, essndo bianchi, sono Ciliegi..) già in fiore (“c’erii tuuuuuu….”) mi invitano a tornare più in là, quando i vigneti offriranno la consueta distesa verde che oggi manca. Per il Guzzista interessato: a) aprire una carta decente della Germania; b) cercare Worms (a sinistra, in basso, Renania- Palatinato); c) identificare con sforzo sovrumano un micropaesino di nome Bockenheim. Lì comincia la Dt. Weinstrasse, che attraverso Grünstadt, Bad Dürkheim, Neustadt, Bad Bergzabern e altri simpatici nomi del genere porta al confine francese, Wissembourg, Alsazia, Dipartimento del Basso Reno. Tira un vento della miseria. Qui cominciano quelli che il tedesco chiama Vogesen, catena montuosa “sorella” della Foresta Nera (basta guardare la cartina per bene): come si chiami in Italiano non lo so, comunque l’avete trovata e questo solo conta….
Qui nei freddi Vogesen i vigneti diventano scarsi, però ci sono belle colline e foreste niente male; traffico scarsissimo, asfalto ruvido ma senza catrame, un vero spasso! Tra l’altro, il paesaggio sia del Palatinato sia dell’Alsazia mi convince ogni volta di più: pittoresco sempre, inserito in uno scenario naturale stupendo, non è mai “finto” come spesso accade nella Foresta Nera; è sempre un pò, direi, “trasandato” ma per questo più autentico. Qui non è mai tutto in ordine fino all’ultimo geranio, le vecchie per strada non sono necessariamente vestite da festa tutti i santi giorni e alle volte sorridono persino, le case sono a volte fresche di restauro ma altre volte decisamente bisognose di restauro (provate nella Foresta Nera! Ah! È più facile trovare un orologio a cucù non fatto in Cina!), si vedono vecchie stalle mezze rotte col trattore arrugginito, ma probabilmente ancora funzionante & Co. Insomma, c’è quel senso di vita vera, di bellezza non incipriata che tanto piace al Guzzista (animo delicato e profondo, alieno dalle sofisticazioni del tuttobellotuttopulitotuttoperfetto, altrimenti avrebbe, chessò, una Honda).
Trovo alloggio in un albergo “Logis de France” di un paesino “strategico” che già conoscevo, dal tipico assurdo nome misto “Morsbronn les Bains” (un nome tipo “Bad Porretta” o “Porretta les Bains”), non lontano da Haguenau, e lì mi lancio in un percorso che già conoscevo e che mi era rimasto nel cuore guzzista. Prendere nota: Morsbronn – Woerth – Reichshoffen – Niederbronn – Oberbronn – Zinswiller – Offwiller – Ingwiller – Lichtenberg (bel castello) e ritorno. Durante il ritorno succedono due cose: a) un cerbiatto quasi obeso, una specie di bambi adolescente con un debole per McBambi, mi attraversa la strada venti-trenta metri davanti: poco grave, già successo altre volte; e improvvisamente, con un botto mi si stacca la visiera del casco da un lato: mai successo, e grave! Mi fermo semiterrorizzato pensando a dove si trovano, in Alsazia, viti e/o ricambi per visiere di marca Uvex, ovviamente è sabato pomeriggio.
Breve preghiera, vigorosa grattata, attento esame e cessato allarme: l’attacco è senza viti e si era staccato, immagino per qualche urto o botta strana in precedenza, ma è intatto.
Sospirone, mi rimetto in moto, torno in albergo (fa freddo) e chiudo la giornata con due Tartes Flambées gratinate che non ce l’avrebbe fatta nemmeno il McBambi.

AnimaGuzzista Racconti Non so cosa mi prende quando il cielo è azzurro029
Idillio Campagnolo

SECONDO GIORNO – Strasburgo

Cielo stupendo e in programma soprattutto Strasburgo. Siccome non mi va di fare di fare la strada pianeggiante per Haguenau, con furbissima manovra di aggiramento scendo lungo la cresta montuosa in direzione sud ovest e entro trionfalmente in città da ovest; stupore di Hondisti, gendarmi in BMW si inginocchiano piangendo, Suzukisti buttano la loro moto nel fiume, poi mi sveglio….
Per i miei amici cartomani, la brillante direzione seguita è sulla direttrice Reichshoffen-Niederbronn-Oberbronn-Ingwiller-Boxwiller-Saverne e da lì verso la valle. Gli spiriti più acuti hanno già notato che in parte è il percorso di ieri, il che testimonia se mi à piaciuto o no….

Strasburgo è, voglio essere originale, bellissima. Una cattedrale mozzafiato, un centro storico sostanzialmente intatto (peccato per certi “sbavi” moderni pseudostoricizzanti) e “molto pittoresco”, la cosiddetta “petite France” è sì petite, ma anche molto jolie, come Angelina, anzi quasi. Sarà che oggi il clima è stupendo e questo, si sa, aiuta…

Durante gli anni seguenti alla Rivoluzione Francese, a Strasburgo un giovane ufficiale dell’Armata del Reno di nome Rouget de Lisle o de l’île scrisse una canzone di guerra. Alcuni scrivono racconti di viaggio, altri canzoni di guerra. Truppe provenienti da Marsiglia e di stanza a Strasburgo vennero poco dopo comandate a Parigi. Per tutto il tragitto entrarono in ogni paese e città cantando a squarciagola la canzone, che piacque assai e dopo il trionfale ingresso a Parigi prese il nome di “Marsigliese”.

Mi becco anche una sfilata di Carnevale, in piena Quaresima (non c’è più religione..), una cosa con gruppi internazionali, c’è di tutto dal Samba a Eminem: la sfilata passa a due metri da Ombromanto, che io avevo parcheggiato la mattina ignaro del pericolo; Egli, valoroso, supera la prova indenne.

Visitatela, Strasburgo, quando potete. Anzi, se ci andate a vivere ho l’impressione che non sbagliate di sicuro.
Dopo paurosi ingorghi, il solito perdermi in mezzo ai blocchi stradali per via del carnevale e molto aiutato dal mio senso dell’orientamento, dopo circa tre quarti di eternità arrivo al vicino quartiere degli edifici EU, dove mi impressiona particolarmente il bellissimo e nuovissimo edificio del Parlamento Europeo. Da dietro sembra la versione “paìna” del Gasometro noto ai Romani, ma da davanti è, semplicemente, stupendo.
Folgorato da tanta bellezza, pieno di sentimenti europei, canticchiando l’Inno alla Gioia mi rimetto in marcia verso Morsbronn mentre turisti giapponesi, sentendo il suono del mio motore, fanno dimostrativamente karakiri davanti a me filmandosi a vicenda. Dando prova di grande originalità, ritorno verso casa seguendo esattamente la stessa rotta del mattino.
Sono molto soddisfatto di Ombromanto, di Strasburgo, di me e del mondo in generale: finora tempo impeccabile, turismo notevole, 600 km in due giorni senza autostrada.
TERZO GIORNO – Besancon

Ormai le belle mattinate sono quasi noiose. Mi metto in moto deciso ad arrivare presto a Besancon (si scrive con la “cedille”, come Falcao). Fiducioso nella mia capacità di perdermi in mezzo a una città senza saperne più uscire, evito accuratamente la strada per Strasburgo e punto di nuovo, per la strada ormai nota, verso Saverne: di lì, mi becco una statale assai noiosa verso Nancy, ma il tratto successivo, in direzione sud, è anche peggio: doppia carreggiata, camion come se piovesse. Incontro anche tre convogli militari e una pattuglia della gendarmerie con mitra spianati e giubbotti antiproiettili, che però non mi sparano. Sollevato, noto che il clima diventa più caldo, ho infatti lasciato l’Alsazia per entrare nella Francia “storica”. Oggi però è Lunedì, tre albergi su tre “Logis de France” (la mia catena preferita) sono chiusi. Mi trovo un moderno, ben situato ma gelido albergo d’affari alla periferia di Besancon (camere in puro stile anni ’70, luci esclusivamente al neon: un posto accogliente per suicidarsi, I suppose….).
Appena uscito dalla doccia mi telefonano dalla Reception: può venire un attimo. Mah, veramente, comunque…
Un tizio ha appena tolto la MIA moto dal garage e ci ha messo la SUA macchina, una BMW Serie 7 penultimo modello con ruote da fuoristrada militare americano. Mi dice che vuole avvisarmi che ho dimenticato di mettere l’antifurto, “c’est pas normal!”. Perchè, che lui mi sposta la moto è “normal”? Ah, e il mio garage, mi dice “en passant”, è quello per le moto che sta dietro all’edificio. Chi conosce il cavalletto laterale delle Guzzi – col quale la moto resta quasi perfettamente perpendicolare e la sola forza del pensiero basta a farla cadere – può capire il sospiro di sollievo che ho tirato a vedere Ombromanto parcheggiato di fuori, maltrattato da infedeli mani biemwuiste, ma salvo.
Amante della normalità, metto l’antifurto; il tizio è, si capisce, il gestore e/o proprietario dell’Albergo. Guardo di nuovo le gomme e capisco le luci al neon.

Dopo un pò, mi dedico alla visita di Besancon. Altra piacevolissima sorpresa, che ha superato di molto le mie aspettative per questa tappa interlocutoria verso la Borgogna: vivace cittá universitaria, ha un Centro Storico molto bello e impeccabilmente curato e conservato, con molti edifici con facciata in pietra chiara, la bellissima cattedrale di St. Jean indimenticabile con le sue vetrate policrome al tramonto e il tipico tetto di Borgogna di mattonelle lucide e anche loro policrome luccicanti al sole; poi una città alta fortificata (“Citadelle”) che era troppo tardi per visitare (ma ci torno! In Guzzi, ci torno!); ma soprattutto, Besancon ha quell’aria di provincia colta e grassa dove si vive veramente bene, tipo Ferrara o Parma del Nord. Mi lascio cullare dalla bellissima atmosfera pomeridiana fino a che il crepuscolo e la chiusura dei negozi non mettono fine all’incanto, mi rimetto in sella e dopo essermi dovuto umiliare una sola volta a dover chiedere la strada per tornare in un albergo distante si e no due km sono di nuovo nel mio paradiso al neon.
A cena uno dei piatti a scelta del mio menù è la “Entrecôte”. Chiedo al tipo della BMW, che è venuto a prendere l’ordinazione, cos’è una “entrecôte”. Con originalità sconcertante mi dice “una entrecôte è una entrecôte!”. Chiedo timidamente: “steak?”. Non capisce o non udisce, scuote la testa. Vabbè che siamo in provincia, ma questo gestisce un albergo e non sa come si dice “entrecôte” non dico in Basco o in Serbo, ma in Inglese. C’est pas normal! Biemwuisti……
Quando finalmente arriva, capisco cos’è una entrecôte. Tutto sommato non era così difficile….
QUARTO GIORNO – Beaune-Autun

Non so descrivere cosa mi prende quando il cielo è azzurro, la mattinata è stupenda e il mio destriero Ombromanto parte al primo colpo e dopo pochi secondi tiene il minimo senza alcuna esitazione, fregandosene altamente di accensioni e iniezioni elettroniche. Immagino che sia l’Euforia da Accensione Mattutina, una forma meno nota del Morbo di Carlo. Dicono sia incurabile, soprattutto per la forte resistenza dei pazienti a farsi curare.
Il mio destriero ed io ci mettiamo dunque in moto verso la meta centrale del viaggio, la Borgogna. Stavolta le cose vanno meglio di ieri, sulla strada per Beaune pochissima superstrada, per la maggior parte del tratto una bella statale che serpeggia su e giù per colline attraversando altri villaggi “veri” (in contrapposizione a quelli “finti” troppo puliti, troppo perfetti ma senza anima che sembrano moto giapponesi), gli scarsi camion facile preda del mio cardanico, anzi “carcanico” destriero. Già molto soddisfatto della piega che hanno preso le cose arrivo a Beaune da est: finora niente vigneti, ma tempo notevole. Beaune l’avevo già visitata brevemente l’anno scorso (cfr. “Douce France”), ma esaminata a fondo si dimostra molto più carina di come la ricordavo. Dopo un’accurata esplorazione dell’invitante centro storico, visito l'”Hotel Dieu”, un ospizio e ospedale magnifico esempio di edilizia “sociale” del XV secolo. Tra le molte cose interessanti, il tipico tetto della Borgogna e il magnifico, magnifico “Giudizio Universale” del Maestro fiammingo Roger van der Weyden, che si sospetta essere una passata incarnazione di Massimo Tamburini.
Già, il Ducato di Borgogna. Cosa mi ricorda? La II Liceo, il mio caro Professore di Storia e Filosofia oggi morto, gli dedico un commosso pensiero e lo nomino Guzzista Onorario.
Vediamoli brevemente più da vicino, questi Duchi di Borgogna: erano valenti organizzatori e ottimi diplomatici e riuscirono a creare uno Stato plurinazionale che nel periodo della sua massima estensione arrivava dal Belgio al Mediterraneo, tagliando in due l’Europa centrale tra il Reich a est il Regno di Francia a Ovest. I molti monumenti dei secoli dal XIII al XV testimoniano del paio di secoli d’oro che hanno lasciato e della forte influenza che le allora ricche Fiandre, le province settentrionali del Ducato, ebbero sull’arte dei restanti territori (ed ecco anche spiegato van der Weyden). Specialmente gli ultimi 4 Duchi di Borgogna (Filippo il Coraggioso, Giovanni Senza Paura, Filippo il Buono e Carlo il Coraggioso) fecero della Borgogna una Potenza europea. Il Ducato di Borgogna non venne mai nè distrutto nè sconfitto, ma confluì nel Reich per via dinastica all’estinguersi della linea maschile; successivamente la Borgogna e la Franca Contea passarono alla Francia, dove “rimasero” fino ad oggi.
Il potente “Primo Ministro” del penultimo Duca di Borgogna Filippo il Buono, Nicolas Rolin, è appunto il munifico ispiratore e donatore dell’Hotel Dieu.
Ma.. ma… SVEGLIA!!!!
Bene, ehem, dicevo.. Beaune è una città molto carina, ma dopo averla ben visitata e non avendo voglia di visitare il (si dice) fittissimo intrico di cantine, lancio il mio fido destriero alla volta di Autun. E finalmente arrivano, i dolci vigneti di Francia! Non sono ancora verdi, ma il paesaggio è ugualmente bellissimo, io ho sempre trovato i vigneti molto belli e Ombromanto è stato comprato proprio pensando alle “passeggiate per vigneti”, quindi siamo tutti e due nel nostro elemento. In un paesaggio impeccabile e non disturbato da elementi estranei tipo moto giapponesi (solo qualche mucca della Gendarmerie che si inserisce bene nel paesaggio) vedo i vigneti farsi più radi e piano piano sparire lasciando il posto a foreste e pascoli (il che spiega le moto della Gendarmerie), ed eccomi ad Autun, bel centro tardomedievale che fece la sua fortuna col “Business” dei pellegrinaggi verso Santiago di Compostella, che era a ben vedere il “turismo” di allora. Ci riuscirono grazie alle reliquie di S. Lazzaro e relativa Cattedrale. Che si rivelerà molto bella e spettacolare nella luce del tramonto, ma ai miei occhi soccombe davanti a St. Jean a Besancon vista ieri.
Ma non anticipiamo gli eventi: prima di farmi un giro per Autun chiedo alla proprietaria del mio solito albergo “Logis de France” dove mi può consigliare di andare per una cavalcatina di, non so, un’orettà et demì. Mi risponde senza esitazione “Morvan” e mi dá le indicazioni.
Amico Guzzista, seguace di Carlo, prendi la carta, trova Autun (sta una sessantina di km a ovest di Beaune, Beaune sta a una quarantina di km a sud di Digione, Digione, cribbio, te la trovi da solo..) e poi guarda verso Nord Ovest. C’è un’intera regione chiamata all’incirca “parco regionale naturale del Morvan” ed è – per il motociclista – uno dei posti migliori dove sia mai stato (e sono stato varie volte sulle Dolomiti): un enorme parco sostanzialmente disabitato e la sera anche abbastanza inquietante (e se mi si rompe un’altra volta la centralina elettrica in mezzo a un bosco? Ma, non ce l’ho, la centralina elettrica! Ha!! Nippon, trema!! Ha!), un paesaggio tolkeniano da Terra di Mezzo quale raramente avevo visto, curve e controcurve tra ruscelli, boschi, valli spettacolari, il tutto con traffico quasi inesistente.
Sembra una Foresta Nera senza traffico, cioè una contraddizione in termini…peccato solamente per il fastidioso brecciolino, a volte veramente insidioso e che non invita, come del resto tutto il paesaggio, a “tirare”.
Al termine di questa bellissima giornata, parcheggio la moto e mi visito Autun finchè è giorno (molto bella, non troppo grande, simpatica per fare tappa ma, va detto, nè Beaune nè Besancon).
Chiudo con un breve consiglio per gli acquisti: per fare mototurismo al meglio non c’è bisogno nè di iniezione elettronica, né di accensione elettronica, nè di ABS, nè di carenature spaziali, nè di 120 CV. C’è bisogno di un bicilindrico Guzzi ad aste e bilancieri raffreddato ad aria che ti porta a spasso per vigneti e boschi. Chi proverà, saprà….

QUINTO GIORNO – Cluny-Macon-Tournus

Una delle più potenti organizzazioni statali mai esistite, una vera Multinazionale ante litteram. Più di mille Abbazie sotto diretto controllo dal

Portogallo alla Polonia, “libere da ogni potere di Re, Vescovi e Conti”, sottomessi solo al Papa, cioè a nessuno perchè il Papa era lontano. Un’influenza su tutto il Mondo Cristiano quale mai un’altra organizzazione simile aveva avuto e superiore, si dice e diceva, a quella dello stesso Papa.
Un grande amore per i canti, per i riti religiosi e le cerimonie in generale, per la “pompa” e l’ostentazione – severa ma per questo ancor più inequivocabile – della potenza e ricchezza raggiunte. Il più grande datore di lavoro non statale e la più grande organizzazione benefica d’Europa. Questo era l’Ordine dei Cluniacensi. Una successione di Abati estremamente abili – tutti eletti giovani per dar loro modo di restare in carica per decenni – carismatici ma allo stesso tempo ottimi diplomatici, li portò al vertice della Cristianità e ve li tenne per due secoli; la loro terza Chiesa Abbaziale, detta “Cluny III”, fu non per una o due generazioni, ma per 500 (cinquecento) anni la Chiesa più grande della Cristianità. Per 500 anni! Fanno 5 volte e mezzo la storia della Guzzi!
Cluny, la città dove nacquero, fu al suo massimo splendore il vero centro della Cristianità, la “capitale segreta”, “Roma secunda”.
Poi venne il declino; lento dapprima, accelerato e irreversibile quando nel XVI Secolo l’Ordine passò sotto la “protezione” del Re di Francia. Miserrima la fine dopo la Rivoluzione Francese: l’Ordine sciolto nel 1790, la magnifica Chiesa usata a partire dal 1793 come gigantesca cava di pietra, legno e materiali di lusso, le decorazioni sacre svendute a collezionisti. Lo scempio, abbastanza unico per caratteristiche nella Storia moderna, andò incredibilmente avanti per trent’anni, perfino dopo la Restaurazione! Quando,nel 1823, si decise di por fine al massacro
quel che restava di Cluny III erano i poveri resti che ho visitato oggi assieme agli edifici accessori; un giorno triste questo, seppure la grandezza dia, in qualche modo, anche alla tristezza una sua dignità e anche al declino una grandiosa bellezza; intollerabile il solo pensiero che una cosa del genere possa accadere, chessò, a San Pietro o Santa Maria Maggiore o San Giovanni.
Più per rispetto e come “tributo” alla grandezza passata che per la convinzione dell’effettiva utilità di una cosa del genere mi “sparo” la visita guidata ai monumenti di Cluny, in Francese rigorosamente molto veloce; mi immagino il chirurgo che descrive agli studenti di medicina il cadavere che ha appena finito di sezionare e del quale alla fine resta pochissimo, ma si può ancora immaginare come doveva essere sano e forte, quel corpo. Inoltre, invece della guida carina che accompagna un altro gruppo mi tocca l’altra, quella, diciamo, ben piantata e che racconta pure palesemente tutto a memoria: decisamente non è la mia giornata…

Bello depresso (tornando a Ombromanto, grandezza e lento declino mi ricordano inevitabilmente la Moto Guzzi, ma lei almeno vive e scalpita..) mi metto in marcia per vedere la prossima tappa, Macon. Macon è carina ma non certo indimenticabile e “soffre” il confronto con Cluny; poi ha una zona pedonale frammmentata e un centro storico di una bellezza non particolarmente impressionante, direi carino e basta. Mentre libero la moto dal bloccaruota per andarmene (ero parcheggiato sul bel lungofiume) due tizi sui 40-45 anni, vestiti identici, esclamano “ah, Moto Gucci!”. Cominciamo a parlare, sono due motociclisti danesi, si informano su prestazioni, prezzo dei lavori fatti, se sono soddisfatto. Il più anziano è in trattative per una Breva, ma in Danimarca le tasse sono notoriamente feroci, lui spera di riuscire ad averla per 15.000, diconsi quindicimila, Euro. E comprarne una usata? “Forget it”, dice ridendo e facendo un gesto di rassegnazione con la mano. Poveraccio….
Mentre gli dico quanto ho speso sulla mia sento il mio malumore sparire rapidamente, l’orgoglio di essere Italiano e il piacere di vivere in Germania assumono un sapore tutto nuovo e molto piacevole. Eh sì, c’è del marcio in Danimarca….
Dopo un cinque minuti di intensa propaganda Guzzista (tanto i soldi sono i suoi…), lascio i due alle loro visite e mi metto in moto verso Tournus, altra cittadina medievale sita nelle vicinanze. Per essere stata visitata lo stesso giorno di Cluny Tournus si difende benissimo, poi calcolo che Gwaihir mi sarebbe costato sui 23.000 Euro e sento l’euforia crescere…..

Turnus ha, prima di tutto, una Abbazia romanica notevole. Poi ha un simpatico borgo medievale ed è piacevole passeggiarci un’oretta facendo una pausa birra perchè fa caldo. Il senso di tragedia, di stupro efferato e irrimediabile, che mi aveva accompagnato tutta la mattina se ne è andato, spazzato via da un problema non mio. Si sa, il Guzzista è una persona emotiva, altrimenti non avrebbe una Guzzi, ma una Kawasaki o magari una Singer…..

Il percorso per tornare in albergo è geniale: D 14 fino a Courmatin, di lì D 981, che mi riporta in direzione Beaune, in “zona vigneti” fin quasi a Chagny, paesaggio assolutamente incantevole; da Chagny fino alla vicina Meursault, dove ero stato l’anno scorso. Meursault è bellissima in quella che io sono solito chiamare l’ “ora magica” del tardo pomeriggio; da Meursault e tanto per non sbagliare rifaccio la stessa strada fatta il giorno prima venendo da Beaune e arrivo ad Autun, dove finisce questa giornata molto particolare.
SESTO GIORNO – Avalon-Auxonne-Vezelay

Un’altra giornata da incorniciare, però con qualche nuvola (le prime dall’inizio del viaggio!).
Ieri ero andato verso sud, oggi mi dirigo verso Ovest. Parto presto e arrivo ad Avallon prima delle 10. Avallon è un altro posto pittoresco costruito sopra un enorme massiccio di granito ed è nota per la (bellissima) chiesa di S. Lazzaro, con cui gli avallonesi (?) cercarono di portar via ad Autun il “business” del turismo verso Santiago di Compostella, che aveva appunto nella locale cattedrale di S.Lazzaro una delle sue “tappe fisse”. Sia che le reliquie di Avalon non fossero buone come quelle di Autun, sia per altre ragioni (olio santo di viscosità inadeguata, candele di gradazione sbagliata, raffreddamento ad aria invece che ad acqua santa, chissá…), la cosa non funzionò. Mia opinione: non ha funzionato perchè era una cagivata. Come i Cagivisti, gli Avalonesi dovettero constatare che la tradizione o ce l’hai o non ce l’hai e non la puoi creare copiando un altro….
Comunque Avallon ha anche un Centro Storico molto bello seppur piccolo e la sua piccola parte di storia moderna (c’e ancora l’albergo dove Napoleone pernottò sulla via di Parigi dopo essere fuggito dall’Isola d’Elba) e consiglio fortemente un giro di quel che è rimasto delle mura, da dove si può ammirare la valle a strapiombo.
Ad Avallon ero arrivato con la D980 (molto bella) e la N6 (molto meno bella). Continuando ora sulla N6 arrivo ad Auxerre. Auxerre, molto semplicemente, incanta. La cattedrale, di un Gotico slanciatissimo e con bellissime vetrate policrome, è molto suggestiva specialmente col forte sole che nel frattempo era uscito e vale da sola una giornata di viaggio solo per vederla. La città antica è anche molto simpatica, sebbene non all’altezza di una Beaune, ma ha un’atmosfera così “francese” coi suoi tavolini e la gente che gira ovunque con le baguette che anch’io mi fermo qui per la mia pausa pranzo, birra ottima ma con lo sconosciuto “croque monsieur” che mi delude rivelandosi un volgare toast al prosciutto e formaggio che perde 3 a 0 al confronto con un buon panino. Vivamente sconsigliato.
Lascio Auxerre per la vicina Vezelay (Avalon, Auxerre e Vezelay formano una specie di triangolo e si prestano ad essere visitate assieme). Vezelay, che come Avallon sorge a picco su una roccia, è più caratteristica e meglio conservata di quest’ultima. La Chiesa romanica sarebbe stupenda se non avessi visto Auxerre poco prima e fu, per l’epoca, rivoluzionaria: volutamente priva di ornamenti di qualsiasi tipo e persino di vetrate policrome, è tutta giocata sull’architettura e sul sapientissimo gioco di luci tra protiro (molto luminoso), navata centrale (cupa, solenne, imponente) e abside (luminosissimo, slanciatissimo, venendo dalla navata lascia quasi senza fiato). Se l’intera Chiesa è bellissima, l’abside è al suo interno il “pezzo forte”: da non perdere.
Vezelay è anche legata a due Crociate: da qui Bernardo di Clairvaux (cistercense, l’Ordine “rivale” dei Cluniacensi) il giorno di Pasqua del 1146 infiammando la platea “lanciò” la Seconda Crociata. Bernardo doveva portare sfica perchè la Crociata finì malissimo. Sempre Vezelay fu un importante punto di raccolta per la Terza Crociata, la ben più nota “Crociata dei Re”.
Lascio Vezelay con le sue casette in pietra forse un pò troppo ben tenute e comincio la parte “guidata” della giornata. Quasi 4 ore di guida ininterrotta nel famoso parco naturale del Morvan, che ieri come oggi non mi delude. Torno in albergo alle 7 e un quarto, più ricco di 410 km e ancora un’altra volta estremamente soddisfatto di Ombromanto, del modo francese di fare le cattedrali, di quello italiano di fare le moto e del mondo in generale.

SETTIMO GIORNO – Chalon-Beaune-Nuit St. George

Il settimo giorno rannuvolò di brutto. Comincio la giornata “perdendomi” (di regola ci riesco benissimo anche non volendo, ma stavolta era voluto…) per stradine in mezzo ai vigneti: ci sono vari percorsi “turistici” molto ben indicati e comodi da seguire; il paesaggio è molto bello nonostante i vigneti ancora spogli, il vento invece fastidioso e la mattinata abbastanza uggiosa. Arrivato “perdendomi” dalle parti di Le Creusot mi metto sulla Nazionale per arrivare a Chalon; la scelta è pessima, buona parte del tratto è a carreggiate separate e pieno di camion. Se andate da quelle parti, consiglio di perdervi per vigneti direttamente dalle parti di Chalon che è meglio. Arrivo a Chalon alle 11 e 30: fa freddo, scendono alcune gocce. Forse anche per questo la città non mi impressiona granchè, non mi sento di suggerirne la visita, giro nemmeno una mezz’ora, poi mi metto in un accogliente bistrot e alla fine me ne rivado. Quando esco da Chalon (la cosa mi riesce eccezionalmente bene, senza perdermi nemmeno una volta…), è uscito di nuovo il sole e il clima è più mite, per cui mi “riperdo” per vigneti, stando stavolta attento a perdermi in direzione di Meursault, che voglio rivedere. Da lì ripasso per Beaune e poi punto a nord fino a Nuits St. George, un simpatico villaggio che come Meursault e Beaune è un “nodo” del commercio vinicolo locale. Prenoto in un albergo Logis De France vicino Beaune, che però ha posto solo per una notte invece delle due che volevo. Il resto del pomeriggio lo passo ancora per vigneti, bellissimi nella luce del pomeriggio. Un velo di tristezza mi accompagna, mentre viaggio per vigneti a velocità minima, il motore che fa le le fuse tranquillo, pensando a quanta gente, in questo momento, va in giro su una Honda o Kawasaki o Suzuki piena di valvole e sigle strane, e non saprà mai…..
Alla sera mi faccio un altro giro a Beaune, anche lei mai tempo perso. La giornata si fa ricordare anche per una mia genialissima manovra di parcheggio su brecciolino non ben livellato, che finisce come avete già intuito… la figura di merda è dolorosa, ma breve, un simpatico locale si ferma immediatamente e rialziamo subito la moto. Sicuramente si è chiesto come si fa a cercare di parcheggiare in un posto del genere. Ma come si dice (in senso figurato!): laissons tomber….
OTTAVO GIORNO – Citeaux-Digione-Nuits St. George

I Cistercensi erano in molte cose in aperta polemica coi Cluniacensi: ascetici quanto quelli erano “mondani”, fautori del lavoro manuale anche duro e anche durissimo quanto quelli erano seguaci del canto, sobri e poco appariscenti (arrivavano a non volere campanili) quanto quelli erano amanti di architetture sontuose; insomma, i Cistercensi erano gli “alternativi” dell’epoca. Il loro più famoso esponente fu quel Bernardo, Abate della “filiale” cistercense di Clairvaux, che abbiamo incontrato a Vezelay dare il via alla Seconda Crociata. La crociata, come sappiamo, finì in un massacro; Bernardo, che godeva all’epoca di un prestigio analogo a quello del Papa, divenne santo.
L’Abbazia madre, a Citeaux, è poco distante da Beaune e l’ho visitata questa mattina. Nulla resta degli edifici di un tempo, il tutto è piuttosto insignificante, inspiegabilmente il portone delle visite è chiuso in orario di visite! Mi faccio una passeggiata intorno, poi lascio da parte Citeaux senza rimpianti e mi dirigo verso la tappa principale di oggi, Digione. Digione va assolutamente visitata: un centro cittadino piacevolissimo e quasi sempre ben conservato, tre chiese di valore estetico e artistico assoluto (la più bella, secondo me, St. Michel), un Palazzo Ducale ammirevole anche se un “falso storico” (ai tempi della facciata dierna, XVII Secolo, il “Ducato” come entità autonoma non esisteva già più), ma soprattutto quell’atmosfera rilassata e da città ancora a misura d’Uomo che avevo già ammirato a Besancon o Auxerre, con bistrot a ogni angolo e gente che seduta ai tavolini a godersi il sole. A Digione passo buona parte del pomeriggio tra l’altro mangiando e bevendo molto bene, dopo un’ulteriore passeggiata mi rimetto in moto e dopo un’ ennesima cavalcata per vigneti visito Auxonne (da non confondere con Auxerre!). Auxonne ha la solita Chiesa molto bella (Notre Dame, gotica) e una simpatica cittadina con resti di mura del XVII secolo; Napoleone vi soggiornò come giovane ufficiale e anche io e Ombromanto (“Ombromanto è stato qui!”) ci facciamo immortalare davanti al Municipio. Da Auxonne ritorno a Nuits St. George, dove ho preso l’albergo per la “notte” mancante. Nuit St. George è anche lei una cittadina piccola ma simpaticissima, come Meursault in mezzo ai vigneti e quasi altrettanto bella.
Mangio in un bistrot il cui simpatico e assai loquace gestore, che dispone di una quantità immane di muscoli facciali e con vivacità chiacchierona mi dice che lui ha avuto 4 incidenti in moto prima di smettere (negato ma di buona volontà, penso…), viene da me informato che la Moto Guzzi, ebbene sì, esiste ancora! È stupito… Ormai ha messo su anni e chili, adesso colleziona bottiglie di vino e sembra soddisfatto così. La più pregiata che ha vale, dice lui, 3000 euro, racconta però di collezionisti ricchi, bottiglie da 30.000 o 50.000 euro, pazzie di una sera per magnati decadenti. Dio mio, quante Guzzi del ’59 si comprano con 50.000 Euro? E loro restano, anche dopo che le hai messe in moto una volta! E ancora: due bottiglie delle sue mi comprano un bell’Airone Sport finemente restaurato, ne avanza anche per un bell’olio pregiato, preferibilmente non del ’59! Bè, mondi differenti… tornando a casa comincio a favoleggiare, visto che costa così poco, di regalare a Ombromanto una sorellina o meglio una sorella maggiore…..
È bello, in una tiepida sera in Borgogna, i vigneti invisibili nel buio e tuttavia presenti nell’aria e nella dolcve atmosfera di una sera che promette l’estate, immaginarsi sopra un Falcone o Airone Sport. È un piacevole congedo da questo bell’angolo d’Europa che domani lascerò.

NONO GIORNO – Colmar

Alle 8 del mattino esco dalla mia stanza di ottimo umore e bello come il sole, per avere dal proprietario le chiavi del garage dove ho lasciato la moto per la notte. Scopro due cose: 1) non sono le otto, sono le nove, l’ora legale mi ha fregato ancora; 2) del gestore dell’albergo, (che tiene in ostaggio il mio purosangue!), nessuna traccia nonostante siano, appunto, le nove. Finalmente dopo circa mezz’ora il vicino tabaccaio informa me e la donna di servizio che aspetta di entrare che il tipo ha toppato clamorosamente con la sveglia (versione ufficiale che io non commento) e arriverà presto.
Il tipo arriva (non tanto presto); gentile e apparentemente sobrio, sicuramente riposato, si scusa educatamente e rilascia l’ostaggio, da me accolto con gioia di madre apprensiva. In sella al mio eroe mandelliano comincio, ormai alle 10, il mio viaggio di ritorno. Scelgo una via in parte analoga, in parte più a sud di quella percorsa all’andata. Un pò la rotta più a sud e a valle, un pò che in questi dieci giorni ha fatto molto caldo per la stagione, il paesaggio è diverso da quello dell’andata: alberi già con completo corredo di foglie, cespugli coloratissimi, molti giallo-“Delta Integrale”, peschi e ciliegi quanti ne volete, l’atmosfera è già più che primaverile e sarebbe perfetta con le distese verdi delle vigne (ma in quel caso farebbe troppo caldo). Lascio dunque la Borgogna e attraverso la Franca Contea (Besancon e Belfort) entro in Alsazia appunto dalla parte sud di Mulhouse, credo la culla delle Bugatti. È, tanto per cambiare, un’altra giornata scandalosamente bella. Lascio la statale e mi infilo una serie di stupendi villaggi in mezzo ai vigneti seguendo uno dei tanti percorsi turistico-commerciali (in realtà vogliono, è ovvio, che compri il vino) molto meglio indicati della Deutsche Weinstrasse. Nel frattempo le case di pietra – o intonaco – francesi hanno lasciato il posto alle per me ormai consuete case a traliccio, mostrando l’avvenuto attraversamento della “frontiera culturale”. Particolarmente impressionante e assolutamente d’obbligo è la “strada dei 5 castelli”, che dai vigneti ti porta nei folti monti ( o colline, ma belle toste) vicini appunto collegando 5 pittoreschi castelli. Dopo questa ennesima razione di bosco e vigneto punto dritto verso Colmar, graziosissima cittadina alsaziana e scrivo queste righe seduto all’aperto (ma fa un pò fresco…) in una piazza consistente interamente di case a traliccio il cui difetto è, semmai, l’immacolata perfezione della bellezza troppo tirata a lucido. Sia per euforia (ho anche trovato un buon albergo vicinissimo alla zona pedonale, Ombromanto è giá parcheggiato per la notte) sia per la voglia di farmi del male mi sparo ben due tartes flambées al formaggio. Chi conosce, sa….
Che dire di Colmar? Colmar è parte del vecchio territorio degli Alemanni, come Friburgo, Strasburgo e Basilea, una cultura tra le culture ma dove ti stupisci pur sempre di leggere e sentir parlare francese. Trovarsi in Alsazia e non visitare Colmar è come trovarsi a Lecco e non visitare Mandello. Non solo non sta bene; semplicemente, non si fa.
Le chiese sono chiuse, la batteria (giapponese!) della macchina fotografica mi ha appena lasciato, per cui niente foto…
Caro lettore Guzzista, se leggerai fin qui (e non credo, quindi è lo stesso…) consentimi un toccante dettaglio guzzistico. Il giorno in cui con Manfred entrai in Borgogna (vedi sempre “Douce France”) festeggiai i 10.000 km con Ombromanto, il mio purosangue di Mandello. Oggi, quasi esattamente dieci mesi dopo e il giorno in cui invece esco dalla Borgogna, festeggio i 20.000. Puntine platinate e spinterogeno, vecchi carburatori Dell’Orto, frizione rigorosamente non idraulica, 4 valvole ma per 2 cilindri… e una gioia a guidarla, quale prima di conoscere la Moto Guzzi non credevo nessuna moto potesse dare. Il mio purosangue rosso come la passione e come molte cose belle del mio Paese compie il prossimo 1. luglio 17 anni e ha tutta la voglia di vivere di un adolescente. Penso che gli farò un bel regalo, magari ruote a raggi o sospensioni di lusso, eventualmente rimandando la “sorella maggiore” di ieri. Vedremo.
Come l’anno scorso, consentitemi di chiudere così: grazie, Ombromanto!.
DECIMO GIORNO Riquewihr-Kaysersberg-ritorno

Altra mattinata nuvolosa, minaccia pioggia ma oramai me ne importa poco. Invece anche oggi, dopo due gocce due, un forte vento spazza via le nuvole. Quando arrivo a Riquewihr è una bellissima giornata, ma ventosa e un tantinello fredda. Riquewihr viene detta la “Rothenburg d’Alsazia” e, diciamolo subito, non vale l’originale ma si vede che si sforza; è, per dir così, la Raptor di Rothenburg. Molte case a traliccio, molte in via di restauro, una panetteria dove compro due croissant enormi e leggendari, un bel posto per passarci un’oretta.
Di lì mi reco nella vicina Kaysersberg, nota per avere dato i natali ad Albert Schweyzer, teologo, musicista e soprattutto missionario e benefattore. Kayserberg è molto idillica, nettamente più grande di Riquewihr ma senza mura e in piano, con un vecchio castello che domina il paese ricco di belle case a traliccio. Dopo imposizione delle mani (manipolazione metti-togli), la mia batteria resuscita, probabilmente era solo un contatto. Ne prendo spunto per tornare a Colmar, scttare alcune foto di più o meno orripilante banalità (tra cui l’immancabile foto dell’altrettanto immancabile “piccola Venezia”, tre canali in croce da queste parti sono sempre una “piccola Venezia”….), mangiare l’ultima tarte flambée accompagnata dall’ultima birra locale e mettermi in viaggio verso casa.
Stavolta risalgo l’Alsazia costeggiando il Reno: il paesaggio è piatto, direi tra il pontino e il maremmano per come li ricordo io e offre solo a tratti squarci di fiume, ma notevoli. Va tutto bene fino a Strasburgo dove al solito mi perdo, alla fine mi rimetto in rotta, raggiungo Wissembourg e alla fine sono di nuovo nella cara vecchia Germania “ufficiale”. Di qui provo senza successo a risalire lungo la famosa “Deutsche Weinstraße”, mi perdo un’altra volta; decido di fare una “sciatina fuoripista” e prendo una strada su per le vicine montagne che diventa sempre più bella e sempre più solitaria, finchè la strada finisce in un sentiero con davanti un cartello “divieto di accesso eccetto guardie forestali”. Torno indietro per 24 (ventiquattro) km e ritrovo l’imboccatura di questo incredibile binario morto, col cartello di avviso bello piantato che mi urla “cretino”. Non importa, è una bellissima strada che porta gli escursionisti nel cuore del Parco Naturale del Palatinato, ho imparato una cosa in più e me ne ricorderò la prossima volta. Ormai sono le 6 del pomeriggio, casa è lontana, comincia a fare fresco. Sempre deciso a evitare l’autostrada, vado per le spicce e mi scelgo le statali che, a occhio e orientandomi col sole, portano verso nord. Anche loro offrono uno stupendo panorama di vigneti e peschi e ciliegi in fiore. Però c’è un problema. In Germania, dove le autostrade sono tantissime e gratis, nessuno si preoccupa di mettere sulle statali segnalazioni che vadano oltre il prossimo villaggio. Risultato: a ogni incrocio puoi scegliere tra il paese Pinco e il villaggio Pallo, quindi o guardi a ogni incrocio la cartina o vai a naso. Decido di andare a naso, fallendo gloriosamente.
Finisce che alle 8 di sera imbrunisce già parecchio, fa abbastanza freddo, sono ancora ad Alzey e quelli a cui chiedono mi indicano…l’autostrada! Sì, vabbé, allora mi compravo una Suzuki…

Brancolando nel (quasi) buio, trovo un’indicazione per Oppenheim, sul Meno. Non so quanto è lontano ma mi ci ficco, da lì la strada la faccio a occhi chiusi. Che dire: era lontano….. Arrivo a casa a buio inoltrato, sono le 9 di sera esatte. Messa la moto sul cavalletto, nonostante il freddo resto lì ad ammirare Ombromanto. Capisco che è appena finita la più impeccabile vacanza in moto che abbia mai fatto, un ottimo mix tra mototurismo e turismoturismo, tempo bellissimo ma mai troppo caldo, Ombromanto impeccabile, problemi tecnici zero. Mentre do una pacca o due sul serbatoio del mio purosangue come faccio al termine di ogni viaggio (io le faccio queste cose, le faccio veramente! Io lo so, che lui capisce e apprezza!) lo ammiro alla luce della lanterna. E lì mi accorgo di avere, sul serio, freddo e fame.
Grazie, Ombromanto, perchè me li fai dimenticare….

————————————————————————————————————————-

Appendice utile

Ho fatto circa 3700 km, consumo circa 16-17 km/litro.

La benzina in Francia può essere un problema, se non avete la carta benzina apposita. Le oscillazioni di prezzo sono enormi, anche 13-14 centesimi al litro per benzinai distanti poche centinaia di metri! Ottimi i prezzi dei benzinai dei supermercati, quando non sono chiusi, pagamento (per chi non ha la carta) sempre in contanti, dimenticate carte Bancomat straniere e carte di credito.

Dormire: quando possibile e utile, consiglio gli alberghi della catena “logis de France”: sempre buono o ottimo rapporto
prezzo/qualità, gente gentile. Molti di loro hanno anche il ristorante, che può essere di qualità variabile da semplice a molto raffinato.
Consultare www.logis-de-france.fr, inoltre c’è anche la catena “Logis d’ Italia” che ho già sperimentato con successo sulle Dolomiti.

Mangiare: in Alsazia ovunque cucina di stampo tedesco-mitteleuropeo. Tipici tra l’altro il formaggio Munster (bello tosto, per alcuni è ottimo, per altri puzza di piedi, a me piace…) e ovviamente la mitica Tarte Flambée, in più ci sono altre cose tipiche dal nome impronunciabile… In Borgogna la cucina si fa più raffinata e ovviamente più cara, i ristoranti offrono oltre alla “carta” (prezzi inavvicinabili) menù a prezzo fisso per importi variabili dai 12-14 ai 40 euro a persona bevande escluse (calcolate minimo altri 10 euro per vino, acqua, caffè). Chi non ha appena rapinato una banca può rivolgersi, specie di giorno, ai molti bistrot che hanno anche ottima birra alla spina.
Sempre per chi alloggia negli alberghi “Logis de France”, chiedere se si può avere la “soirée Etape”, pernottamento con cena e prima colazione ” a un prezzo sempre conveniente”.

Strade: pochissimo catrame, di regola strade ben tenute, asfalto di grana grossa, non molto confortevole ma adatto ai climi freddi. Fare attenzione al pietrisco sempre in agguato. Benzinai abbastanza scarsi. Potendo, cercare di usare le strade dipartimentali (D); le strade statali (N) possono essere di tutto dalla bella strada tutta curve al mostro rettilineo a due carreggiate.

Situazione agguati: il tutore dell’ordine nelle sue varie manifestazioni è molto presente (molti motociclisti della Gendarmerie), ma mai pericoloso (“vogliono solo giocare…”). Il gendarme o poliziotto locale risponde sempre al saluto e dà l’impressione di essere molto tollerante….

Criminalità: in Alsazia direi circa come in Germania, anche in Borgogna non mi sono mai preoccupato. In Provenza consiglio di non lasciare la moto fuori la notte. Non chiudere la moto viene considerato “pas normal”.

Clima: ho avuto molta fortuna, ma la temperatura è mediamente più alta che in Germania, io sono stato sui 20 o più in Borgogna tutto il tempo. Direi che aprile è forse il mese ideale, dopo diventa per i miei gusti giá troppo caldo.

Dondolino