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Sempre Sia Lodata

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di Samside

Anche con le date sono un disastro.
Sarà stato il 2000, al massimo il 2001. Ricordo che era caldo, probabilmente estate. Era sera ed ero in macchina con un amico, ascoltando musica dopo una canna. In silenzio. Quel silenzio che non infastidisce solo quando sei con un amico vero o con la donna che ami.
Decido che mi devo comperare una moto. A dire il vero mi rendo conto di essere un perfetto imbecille per non averlo già fatto. Ripenso ai posti visitati e a quanto sarebbe stato più bello visitarli in moto, ripenso ai soldi buttati in synth mai accesi o in dischi mai ascoltati, con i quali ne avrei fatte 10, di moto.
Ripenso al fatto che la prima trombata della vita l’ho fatta durante l’unico viaggio in moto con mio padre, e che solo per questo sarebbe stato un atto dovuto comperarne una non appena avuta la possibilità economica.
E invece ne sono passati di anni da quando ho la possibilità economica, ma che fossi un motociclista me ne rendo conto solo quella sera.

L’indomani mattina sono da Lazzarini. E’ la famiglia dell’attuale campione del mondo di motocross, mi pare. A Pesaro rappresentano “le moto” da non so quanti anni. Io sinceramente non so neppure che marche vendano, ma del resto a me importa sega. So che è gente seria e a me tanto basta.

“Salve, desidera ?”
“Volevo una moto”
“Noi le vendiamo, è nel posto giusto. Su che moto è orientato ?”
“Sinceramente non ne ho idea, pensavo di dare un’occhiata e vedere cosa mi piace”
“Prego, faccia pure. Se ha bisogno io sono qui”

Comincio a girare tra le moto, i serbatoi mi dicono che qui vendono BMW e Honda.
Boh, a parte che quasi tutte sono cifre ben più alte di quella che ho in mente, soprattutto non ce n’è una che mi piaccia davvero. Il GS non mi dispiace, ma appunto non andiamo oltre il “non mi dispiace”, tutte le carenate mi sembrano fatte con lo stampo, le nude invece sono proprio brutte. Passo nell’area degli usati.
E mi innamoro.
Cazzo quanto è bella questa moto.
Di un verde strano, con il telaio rosso e il motore che viene fuori. Ma non come quello delle BMW che sembra una pedana per riscaldare i piedi. Questo è bello.
C’è una macchia nera a terra, sotto al motore. Ma anche di quella a me importa sega: questa è proprio bella.

Faccio un cenno al venditore che mi raggiunge e gli chiedo il prezzo.
“Questa però è una moto impegnativa come prima moto, perché mi sembra di capire che lei stia cercando la sua prima moto. E’ pesante, ha bisogno di manutenzione …” [“ma io cazzo ti ho chiesto quanto costa, non quanto è pesante o di quanta manutenzione ha bisogno”]
“Non si preoccupi, io sono una persona impegnativa. Quindi costa ?”
Era, boh, qualcosa intorno ai 10 milioni, ora non ricordo. Ricordo la macchia sotto al motore, ricordo che questo me la sconsigliava e che io ne volevo spendere 5 al massimo 6.
Vacillo, desisto, e vado da quello dall’altra parte della strada.

Queste invece mi fanno proprio tutte cagare. Kawasaki e Suzuki, mi sembra di essere in un negozio di giocattoli. Davvero, non ce n’è una che mi faccia soffermare lo sguardo. Queste altre invece non sono male, anzi. Sarà perché hanno il motore fatto come quello della moto verde di prima. Queste rosse, lunghissime, sono proprio belle. Ma anzi, che roba è questa ? Che prima non ci ho neppure pensato alla marca.

Moto Guzzi.

La stessa marca della moto che mi fece correre dal terrazzo in strada, quando da ragazzino sentii che mio padre stava rientrando con qualcosa di diverso dal giorno prima. Quella moto gigantesca e che faceva il rumore più bello di tutte le moto che sentivo in strada.
Quella moto con la quale mio padre mi portò all’Isola d’Elba dove mi adescò la strafighissima sposa insoddisfatta che abusò di me per due notti intere. Sempre sia lodata.

Voglio una Guzzi.

Di queste rosse non domando neppure il prezzo, e comunque mi fanno paura. Vado dietro nell’usato, di Guzzi neanche l’ombra a parte una che non mi piace. Poi … booom ! Come quella verde, ma grigio opaco con le forcelle oro. Bellissima. A pelle costa di più della verde, io ci provo ed effettivamente costa di più. Sto lì a guardarla e a rosicare. Sfoglio una rivista di moto per vedere cosa ha Guzzi a catalogo.
Quella che piace a me, ed è l’unica che mi piace, si chiama V11.

Esco sconsolato perchè non ci sono cazzi: a me piace quella moto lì, ma quella moto lì, nuova o usata, io cash non me la posso permettere.
Vado a prendere un caffè nel bar in mezzo alle due concessionarie, dove praticamente sono di casa e dove incontro Marco che sta andando a lavoro. Il suo titolare ha una moto che non usa da almeno un anno, un TDM che tiene sotto le coperte in attesa di ricordarsi di venderlo. Ci ha fatto casa/lavoro per un po’ e poi si è stufato, mai un problema, il TDM insieme al Monster è l’unica moto che mi piace di quelle che vedo per strada, ne ha uno un amico e me ne ha sempre parlato bene … insomma, tanto lui lì deve andare, lo accompagno così la vedo.
Ha 12k chilometri e dire che sembra nuova non rende l’idea. Ne chiede 5, ci accordiamo per 4 e mezzo.
Sono diventato motociclista. Non ho la patente, ma sono diventato motociclista.

A questo punto mi dimentico del V11, di Moto Guzzi ma soprattutto di tutto il resto della mia vita: la moto mi assorbe qualsiasi istante libero. Macino chilometri su chilometri, mi informo, i frazionamenti, le alimentazioni, scopro che la mia moto va a carburatori, ha due cilindri ed è raffreddata ad aria. Macino chilometri. Mi dimentico di non avere la patente nel vero senso della parola, guido in ogni condizione/luogo/circostanza. Il giorno in cui mi scade il foglio rosa, non so chi mi domanda quando avrei preso la patente. Riesco ad iscrivermi all’ultimo esame utile entrando negli uffici chiusi della Motorizzazione grazie ad una telefonata ad un altro, di amico.

Poi succede che un giorno vado nell’officina di Giacomo, vicino Tavullia. Ci conosciamo da una vita, i motori sono la sua passione e il suo lavoro. Ama le competizioni, ha lavorato e lavora nel motomondiale, ma soprattutto ama le moto d’epoca. Vado da lui come è successo mille altre volte, e tutte le volte ho sempre visto delle moto, d’epoca e non, bellissime. Ma questa sulla quale lavora ora mi colpisce particolarmente.
E’ grigia con la sella rossa, ha quel motore che piace a me, ma io una uguale non l’ho mai vista prima.
No, perché io del TDM sono contentissimo, ma intanto le Guzzi ho continuato a tenerle d’occhio. Ho visto che il V11 ancora è fuori portata, che quelle alla portata non mi piacciono, ma questa qui mi piace da matti e non l’ho mai vista prima.

“Jack, questa che Guzzi è ?”
“E’ una special su base 1000 SP”
“E che cazzo è una special ?”
“E’ una moto non di serie. Prendi una moto e la fai come ti piace”
“Insomma una roba illegale”
“Illegale nella misura che vuoi tu. Di solito le più belle sono le più illegali”.

Cazzo, mi piace. Prendo una Guzzi vecchia e la faccio come mi piace. Non è un V11, ma questa ad esempio è proprio bella.

“E quanto si spende per fare una roba tipo questa ?”
“Tipo questa più che comperarne una nuova, ma esce una gran moto anche spendendo molto meno”

Bon, obiettivo individuato. Costo spalmato nel tempo e quando è finita vendo il TDM. Ora mi manca solo sapere dove cominciare, come proseguire e in che modo terminare.
Insomma, ma dove cazzo vado io che guido la moto da ieri e più che mettere la benzina e ingrassare la catena non ho mai fatto ?
E mentre vedo la mia special (cazzo, già uso ‘sto termine con una nonscialans della madonna) dissolversi nel nulla, entra il proprietario di questa Guzzi grigia. Si chiama Mauro, è un polentone che da qualche tempo si è trasferito per lavoro nella zona. Gli è andata bene, insomma.
Gli faccio i complimenti per la moto. Lui capisce subito che io di moto, specie di queste, non ci capisco una fava, ma nonostante ciò (o forse proprio per questo) mi sfrangica i coglioni per non so quanto tempo con nomi, date, numeri, modelli, cazzi e mazzi. Io vorrei prendere quella biella e dargli un colpo secco alla base del collo, ma resisto sino a che non se ne va, e Giacomo:
“Questo ci corre con le Guzzi, e tra un po’ sono a Vallelunga. Io volevo andare a vedere, vieni con me ? Guarda che è figo, ci divertiamo, e poi di queste moto ce ne sono a pacchi”.
Accetto con riserva: se non posso portarmi la biella, sto a casa.

Belle le moto a Vallelunga. Quelle dei visitatori e quelle dei primi box che visitiamo, amici di Giacomo tutti hondisti o ducatisti. Belle, ma che due coglioni di gente: distaccati, assorti, timidi. Il programma prevede gara e poi cena e dopocena con questi di questa “Anima Guzzista” e notte in tenda insieme a loro: se sono come questi qua, la biella me la do io tra le gambe.
Arriviamo da questi di questa “Anima Guzzista”.
E’ il box …. si, vabbè, il tendone più grande di tutti. C’è un banner gigantesco con il nome del gruppo, un sacco di Guzzi parcheggiate di fronte. E’ pieno di gente in mezzo alle moto che correranno, e la maggior parte sono visitatori. Insomma, “è qui la festa” [op. cit.].
Boh, sono qui in mezzo da cinque minutii, a casa ho lasciato una Yamaha ma sembra che ci conosciamo tutti da una vita. Mauro già lo conosco. Conosco Paolo, che scopro abitare a Fano, a 10 km da me. Quello che corre con Paolo, Roberto di Macerata. Conosco Andrea con il logo sulla schiena, Filippo che di lavoro fa le special, un uomo immenso di nome Vladimiro, un uomo grasso di nome Fange, il logorroico Alberto, un altro Mauro, italiano a Madrid. Per tutta la cena parlo con quello alla mia sinistra, il meccanico di Mauro. Simpaticissimo e disponibilissimo. Troppo disponibile.
Anche lui mi spacca le palle per tutta la cena con tutta una serie di informazioni delle quali a me, in quel momento, non me ne può fregare di meno. Ma sono stato io ad attaccargli bottone, quindi mi tocca.
Giacomo col caffè in mano:
“Sam, ma sai chi è quello lì ?”
“Il meccanico di Mauro ?”
“Si”
“Si chiama Bruno, perché ?”
“Quello è Bruno Scola e io non c’ho mai parlato”
“Ah. E chi cazzo è Bruno Scola ?!”.
Giacomo mi volta le spalle e mi manda a fanculo.

E’ mezzanotte, l’euforia è tanta, tanto che io ho le lacrime agli occhi. Si verifica infatti un evento che di qui in avanti si ripeterà ad ogni incontro con questo pennellone pelato che si chiama Goffredo, italiano a Parigi: oltrepassata la soglia della sobrietà, mi fa ridere sino a farmi piangere e tanto da togliermi il respiro.

Non sono più un motociclista, sono un’anima guzzista. Un minchia, insomma.

Scopro cos’è un forum, cos’è un topic e cos’è un emoticon. Scopro un mondo che mi affascina e mi attrae, questo marchio e tutto ciò che rappresenta e che ci ruota attorno. Ed il tutto ha un che di magico.
Dentro di me lo sapevo, non so se da quando un V35 II mi sembrava gigantesco o se dalla strafighissima sposa insoddisfatta. Ma lo scopro realmente solo ora.
Leggo molto ma resto fuori. Un po’ perché sono guzzista solo nell’anima, un po’ per quello sciocco timore di mettere i piedi in una comunità affiatata, un po’ perché non so proprio come si faccia tecnicamente.
Ne resto fuori, ma lo assorbo tutto. Il forum e le sezioni statiche.
Accumulo informazioni, foto, contatti.
Ma soprattutto emozioni.
Frequento l’officina di Macerata. Quella di Roberto, un uomo per il quale qualsiasi aggettivo è riduttivo.
E senza rendermene conto sono dentro Anima Guzzista, ho dato un volto a parecchi avatar, ho restaurato il V35 del babbo e mi ritrovo con un T5.

La special in pdf è bella che pronta da un pezzo e con la moto non ci percorro nemmeno un metro: originale non mi piace e non mi serve, a me serve finita.
Scarichi, carburatori, pistoni e cilindri, sovrastrutture, cerchi a raggi…un lavoro appassionante per quanto estenuante, dopo un anno dal quale mi ritrovo il garage che sembra un’officina dopo un bombardamento.
Roberto, un uomo per il quale qualsiasi aggettivo è riduttivo, stava misurando le tolleranze dei pistoni quando gli dico:
“Robi, non se ne fa più niente”
“Come non se ne fa più niente ?”
“Ci fermiamo qui Robi. Perché ti ridò il T5 e mi dici cosa vuoi di differenza per ‘sto V11”

E’ da qualche tempo che ci parliamo mente Roberto lavora.
Lui è lì sconsolato che vuole ringhiare e io tutte le volte che lo vedo vorrei tornarci a casa.
Ci parliamo dicevo, ma è una mezza verità. Io gli parlo, lui fa l’indifferente.
Gli dico che a me quel grigio metalizzato fa cagare e che il cupolone è bello, ma glielo toglierò. Lui fa il finto tonto, ma lo capisco che tra stare lì fermo e galoppare con degli altri vestiti, preferisce la seconda. E me lo trasmette chiaramente quando ci salgo sopra, un secondo prima di rivolgermi a Roberto, un uomo per il quale qualsiasi aggettivo è riduttivo.
La trattativa dura non meno di quattro minuti e non più di sei. Il doppio di quanto era durata quella per il T5 insomma.

Sono passati dei begl’anni da quella moto di un verde strano col telaio rosso e il motore che viene fuori.
E questa volta non mi faccio inculare. Ci faccio più di un metro prima di cominciare a metterci le mani: il giorno dopo averlo portato a casa sono in Provenza insieme ad un’allegra brigata di minchioni. E mi si apre un mondo.
“E’ impegnativa” diceva il tipo di Lazzarini. E’ impegnativa questo paio di coglioni (appoggia i dorsi delle mani sugli inguini).
E’ pesante, è faticosa, è difficile in tutto. E’ rognosa. Cazzo che gran moto.
Hai portato un aggeggio con più o meno gli stessi numeri fino al giorno prima, ma è come ricominciare da capo. E’ bellissimo, è come uscire da una storia d’amore ed innamorarsi di una donna molto più difficile da conquistare della precedente. Ed è giusto che questa sia molto più difficile, perché ora che ne sei fuori ti rendi conto che quella di prima era una ragazza intelligente, questa è una gran donna.

Non ti basta mai.
L’hai portato in lungo e in largo, l’hai portato a Mandello a rivedere casa, ci sei andato in giro per un anno circa e da almeno altrettanto è più largo che alto.
Ora il garage sembra come il “Museo V11” dopo un bombardamento. Hai 3 di tutto: serbatoi, scarichi, codoni, coprivalvole, pinze, pompe e centraline.
E in mezzo a tutto questo c’è anche un T3 California. Perché hai scoperto cosa vuol dire motociclare col telaio Tonti e la frenata integrale. Perché è una delle Guzzi d’epoca più affascinanti e perché una volta che ti sei abituato agli sguardi della gente quando giri o quando scendi dalla moto, ti tira il culo farne a meno. Perché senza una Guzzi non puoi stare. Perché sei un minchia, insomma.

Non so bene quanti anni siano passati da quella moto di un verde strano col telaio rosso e il motore che viene fuori. Era il 2000, al massimo il 2001.
E non so bene neppure perché abbia scritto questa cosa, non ho neanche bevuto.

E’ bello pensare che avrò un figlio al quale un giorno darò le mie moto e queste righe, ma più probabilmente è stato per fare lo sborone con la storia della strafighissima sposa insoddisfatta.
Sempre sia lodata.