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Analisi Guzzista

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di Ledcloud

 

Una bellissima canzone di James Taylor narra di momenti tristi e bui dove la ricerca di un amico è un ancora di salvezza per ridare fiducia nelle giornate tempestose ed allontanare lo spettro della solitudine e la malinconia che spesso nei cuori alberga in un angolino non sempre remoto.

Capita allora di scendere in garage aprire il lucchetto ed accendere la luce che illumina quel mondo fatto di una piccola passione che profuma di ferro, olio e benzina. Le cromature più o meno pulite luccicano amorevolmente sotto la luce del neon mentre l’odore del “garage” penetra dentro all’anima accelerando il battito e facendo venire la voglia di inserire la chiave nel blocchetto giusto per sentire il ronzio della pompa che mette pressione l’impianto, vedere la spia rossa accendersi e la tentazione di premere l’avvio. Ma no, non è il momento e la mano scivola lungo la sella, il serbatoio e accarezza lo specchietto che riflette un sorriso sornione.

La vetrina nell’angolo raccoglie i modellini raccolti negli anni che raccontano una storia fatta di motori, ferro, passione, sogni, ricordano gli incontri con gli amici su per le curve delle montagne e delle colline, di serate passate a raccontare di leggende metropolitane di motori esplosi per il cambio di un semplice cuscinetto o di un ingranaggio spaccato sotto il peso degli anni e del carico abbondante trasportato dal sud al nord, mentre i cavalli allineati d’avanti a noi sono la materializzazione di quei modellini.
No, qui non c’è il vezzo di esporre l’ultimo grido in fatto di moda, non c’è quella presunzione di essere alla moda all’ultimo grido tecnologico alla vanitosa elargizione di centinaia e centinaia di cavalli. C’è solo la fierezza di esporre una umile passione fatta di storia, pochi cavalli potenti e di razza che senti scalpitare a bassi giri e marce alte nei cilindri che spuntano a volte lucidi a volte sporchi. Ferri accoppiati come nei peggior incesti che partoriscono meraviglie potenti e veloci, magari non da circuiti famosi imputtanati da soldi e loschi traffici di mercato. Ma le gomme sbrindellate, i cavalletti limati e le marmitte scartavetrate non nascondono affatto timidezza, no. E nel silenzio della notte da sotto le tende le senti mormorare delle pieghe fatte sui passi alpini o sui colli degli Appennini tosco romagnoli, delle salite sul Gran Sasso o dei scorci panoramici del golfo del Salento. Le senti bisbigliare che domani…. sulle curve del monte Amiata ci sarà da divertirsi.

La sera scivola lentamente sui pendii intorno mentre il cielo regala qualche stella che ruba la scena alle nuvole che corrono ad inseguire una luna pacioccona e guardi lei tranquilla dalle linee morbide che nascondono il suono di un tuono e l’agilità di una tigre che mansueta ed obbediente ti fa accarezzare e pennellare quelle curve che portano nei luoghi così lontani ma pur sempre vicini. Prendo il tre piede e mi siedo la di fianco a lei chiedendole come sta, sfiorando con le dita quelle parti nascoste dove cavi e fili scompaiono alla vista per servire chissà quale accrocco ma nell’immaginario sono vene, arterie, nervi e tendini che danno vita a qualcosa di innaturale qualcosa che nella realtà non parla, non respira ma pulsa forte, è più le pulsazioni aumentano più l’adrenalina sale.
Ma so che non è così, son tante le circostanze che mi hanno fatto pensare e credere che forse questo pezzo di ferro forse non è poi una “cosa” senza vita, come quando non entravano le marce dopo una sosta e fui costretto a fermarmi a bordo strada e scoprire di avere il casco slacciato, per poi riprendere la marcia senza alcun tentennamento del cambio (o quasi!), oppure quando il tempo è avverso e la moto sembra non avere forza oppure ancora entrare in una galleria a tutta velocità in mezza piega e trovarmi sopra una lastra di ghiaccio e lei qualche colpo di coda e tirarmi fuori indenne dal buio mentre il puzzo della biomassa espulso si sentiva uscire dal giubbino. Son cose successe realmente senza invenzione alcuna.

Così le parli della tua giornata, dei tuoi guai sul lavoro, degli amici bicilindrici che non vedi da tempo perché di tempo non ne hai. Si corre in continuazione ma senza di lei e la senti al venerdì che scalcia sulla porta del garage anche se stai a chilometri di distanza, la senti, la calmi, le chiedi di avere pazienza.
Poi arriva il momento. Apri e lei e lì che saltella gioiosa, non sta nel telaio, vibra tutta. E’ ora; infilo la chiave, sblocco, giri il manubrio ed accendo il quadro. Luce rossa e ronzio. Sfioro il pulsante ed ella si anima con un boato che tuona nell’aria mentre le montagne e le strade sorridono voltandosi a guardarci e si preparano ad accoglierci con i sui profumi ed il loro nastro d’asfalto. Ed all’improvviso tutto svanisce, il buio dei tuoi pensieri scompare per lasciare posto a Lei che chiede di andare lontano, lontano da tutto e da tutti.

Ed il mio spirito si rasserena davanti ad un altro tramonto.