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Intervista di di Wild Goose

 

Io, vi confesso, ricevuta la notizia dello “stop” al progetto VA10, mi si è aperta una ferita davvero dolorosa. Da allora mi sono chiesto spesso se il “padre” di questo motore ne sapesse il vero motivo, se potesse dirci a che punto fosse lo sviluppo, e cosa ci si potesse aspettare se fosse stato prodotto in serie e montato sulle Moto Guzzi del XXI secolo.
Flashback: 19/05/2004
Lavorando a Cernusco S/N (MI), vengo a sapere che nella stessa zona del paese ha sede la Mojoli Engineering. Così, timidamente e senza pretese, mando una e-mail all’indirizzo che ho trovato sul loro sito proponendo una breve intervista e fornendo i miei dati per contattarmi, dando per improbabile una risposta (dicasi: sindrome di Calimero).
Il giorno dopo ricevo una telefonata sul mio cellulare, non riconosco il numero sul display ma decido di rispondere.
R: Pronto?
DM: Sì, sono Danilo Mojoli (Oddio, lui in persona… mi si gela il sangue: e mo’ che gli dico?) ho ricevuto una vostra e-mail per un’intervista…
WG: Eh sì… sa, è per Anima Guzzista: ormai comprende una comunità piuttosto vasta di appassionati… (volevo andare avanti a spiegare l’argomento dell’intervista, ma lui mi interrompe educatamente e con voce più vivace)
DM: Sì sì, vado spesso in quel sito. Eh, io devo confessare, la mia origine non è Guzzista, prima ho lavorato per Gilera… però sono molto affezionato alla Moto Guzzi, e ho lavorato su molti progetti di motori e componenti… non so se ha visto su Internet i nostri lavori, fra cui, ad esempio, un motore bicilindrico a V raffreddato a liquido…
Inizia una piacevolissima chiacchierata per telefono, in cui già si giunge nel vivo dell’argomento “motori per Guzzi”, così, cercando di tamponare il magnifico entusiasmo di Danilo Mojoli, senza apparire brusco, propongo di proseguire a quattro occhi. Così ci diamo appuntamento per Martedì 25 maggio.
Il colloquio che segue non sarà accompagnato da fotografie o effetti speciali. Ma vi assicuro che sarà piuttosto improntato sulla tecnica: Danilo Mojoli ha voluto descrivere il comportamento, i numeri, i calcoli fatti sul motore che abbiamo sognato per qualche mese: il VA10.
Ma non tutti hanno sentito parlare di un motore che avrebbe potuto fare ancora meglio per la casa di Mandello. Leggete un po’…

25/05/2004
Raggiungo lo studio di Danilo Mojoli, che mi accoglie gentilmente. All’ingresso noto una bacheca di vetro contenente vari componenti e organi meccanici, fra cui una biella che sembrava di un camion. Ma non faccio in tempo a chiedere nulla, perché l’ing. Mojoli mi fa accomodare sulla poltrona di fronte alla sua scrivania. Probabilmente ha voglia di riprendere il discorso iniziato durante la prima telefonata, e infatti riattacca esattamente dove l’avevamo interrotto.
DM: …volevo farti vedere come avrebbe dovuto essere il VA10…
(da una cartella estrae un foglio con uno schizzo di un motore bicilindrico a V, dalle linee pulite e dalle dimensioni evidentemente compatte… )
DM: …questo sarebbe uno schizzo a mano, doveva essere un bicilindrico a V, ad acqua, ma anziché essere di 90 gradi come i motori tradizionali Guzzi, questo è un V a 75 gradi, con il blocco motore ruotato di 10 gradi in avanti, in modo da allontanare le teste dalle ginocchia.
WG: Certo…
DM: e poi la trasmissione finale è a catena perché per una moto sportiva pensavo di non usare il cardano….
WG: Come veniva girata la trasmissione da longitudinale a trasversale?
DM: con una coppia conica all’interno del motore.
WG: Guardando solo il primo disegno penso che questa (indicando lo schizzo) sarebbe dovuta essere la nuova filosofia Moto Guzzi, in linea con le concorrenti.
DM: Sì, doveva essere un po’ la novità, il rilancio perché… il discorso è stato che nel ’96 io sono entrato in Guzzi, in quell’epoca c’era il dottor Sacchi come Amministratore delegato, Ferrari all’ufficio tecnico; l’obbiettivo era quello di costruire una moto iper-sportiva per un uso “Sport Production”, poi stradale chiaramente, e un occhio alla SuperBike.
(Spalanco gli occhi. Mi rendo conto del potenziale economico e creativo ancora presenti in quegli anni, pur difficili)
DM: …ed è nato poi questo progetto…
(estrae un altro schizzo di una moto sportiva carenata, dalle linee piuttosto filanti ed aggressive, il monobraccio, e modeste aperture ai lati della carena che lasciano intravedere le teste del VA10…)
DM: …adesso questo era fatto a suo tempo in cui c’era il monobraccio, in realtà poi la moto doveva venire con il forcellone doppio, da questa parte c’era una capriata (a sinistra).
(altro schizzo riguardante il VA10 applicato sulle linee del telaio a lui dedicato, con relative proiezioni su avancorsa, escursione ruote e geometrie variabili)
DM: …questo è lo schizzo del motore… vedi, 10 gradi girato in avanti, in modo che le teste non possano interferire con le ginocchia, il cambio ad ingranaggi sovrapposti, in modo da ridurre la lunghezza del motore; si è cercato insomma di compattarlo il più possibile.
WG: da questo progetto cosa è stato realizzato infine? Fin dove si è arrivati?
DM: Il motore esiste come prototipo, funzionante naturalmente, è stato provato al banco. Il telaio invece non è stato realizzato perché lo stop è arrivato prima che riuscissimo fare la moto completa.
(Rimango composto, ma mi mordo la lingua dalla rabbia)
DM: Però il motore ha girato circa 70 ore al banco, per vedere diverse cose, come la curva di potenza, ed era partito bene, perché l’obbiettivo era di farne tre versioni: la SuperBike, la SP (Sport Production) e infine una versione più tranquilla, turistica. I tre step di potenza dovevano essere di 110 Cv per la versione più tranquilla, 130 per l’SP e poi l’obbiettivo era di 168 per la Super Bike. Con l’SP, al primo avviamento, siamo arrivati a 134 cavalli e mezzo.
WG: (Sento la mia lingua a brandelli) figuriamoci con un’adeguata messa a punto! (ora si soffre davvero).
DM: Eh, sì. Tant’è vero che la Weber Marelli, quando siamo arrivati a quella prestazione, ci ha comunicato che dovevamo cambiare gli iniettori perché quelli montati non erano più in grado di alimentare il motore per quelle potenze. Poi ci hanno fornito degli iniettori tipo quelli per le Ducati SuperBike per far andare avanti quello sviluppo, e invece ci hanno bloccato in quella fase. Non abbiamo neanche potuto provare quegli iniettori, che sicuramente sarebbero andati oltre.
(Segue un breve silenzio, per evitare che mi mettessi a piangere, rivolgo nuovamente lo sguardo sullo schizzo del VA10)
WG: …anche il percorso degli scarichi è diverso rispetto ai tradizionali Guzzi, è laterale.
DM: Sì, sono laterali, girati di 90 gradi, escono lateralmente. Comunque questi erano gli scarichi utilizzati per il banco, quindi non erano disegnati per stare in un telaio da moto. Questo motore era stato voluto appunto da Sacchi, l’Amministratore delegato, poi, via lui, arrivò Cecchinato, e anche lui spinse per fare questo motore, tant’è vero che l’abbiamo presentato poi… (riflette) nel giugno del novanta… novantanove. L’abbiamo presentato alla stampa a Mandello.
WG: Mi ricordo l’evento. Su Anima Guzzista ho visto le immagini e ho sentito la registrazione… (la sua espressione si fa perplessa: non dovevo forse parlare della registrazione del motore sul banco?)… eh, non mi ricordo in che occasione…
DM: (sorride) beh, in effetti, anch’io ogni tanto vado su Anima Guzzista, e mi ricordo che era uscita la registrazione di quel motore, ed era una delle registrazioni che avevamo fatto durante quella prova… non so da dove…
WG: (sorrido anch’io) dovevo tacere eh?
DM: No, anzi. Però c’ero rimasto, perché era una cosa che si era svolta tra noi quel giorno…
WG: forse l’entusiasmo era tanto anche tra i Guzzisti da volerlo sentire a tutti i costi.
DM: In effetti in Guzzi era molto sentito questo progetto, e c’era molta gente appassionata.
WG: Ma quindi cosa o chi ha decretato le stop al progetto? Motivi economici?
DM: No, beh, lo stop del VA10 è stato dato da Scandellari, nuovo Amministratore delegato, perché secondo lui quest’impostazione non era l’ideale per andare alle competizioni. Ora, siccome il marketing… siccome nel ’96 c’è stata una ricerca di mercato in 4 stati, ed era venuto fuori che la moto sportiva di Guzzi doveva avere quest’impostazione di due cilindri tipo tradizionale, insomma, allora abbiamo cercato di fare questo motore, restringendo la V a 75 gradi per ridurre gli ingombri laterali, raffreddato a liquido per la ricerca delle prestazioni… insomma, un motore moderno. Invece Scandellari riteneva che su una moto sportiva fosse da fare un motore con un’impostazione tipo Honda VTR o Ducati, così siamo passati a progettare il DM10…
(estrae uno schizzo a mano di un motore a V 90 gradi longitudinale, anche questo molto sobrio. Io non resisto alla tentazione e gli chiedo l’impossibile)
WG: C’è qualcosa tra questi schizzi che potrei eventualmente… fotografare?
DM: (in imbarazzo) eh, sarebbe roba riservata…
WG: Capisco, ci mancherebbe… (sigh). Solo un’altra cosa sul VA10: ho sentito molti appassionati sostenere che l’impostazione trasversale dei cilindri non è l’ideale per le competizioni non solo per un discorso di ingombri, ma anche per l’aspetto giroscopico che il volano comporta, non favorevole per leggi fisiche…
DM: (mi guarda con espressione tipo “cxxxo dici?”) Ora ti faccio risentire come girava questo motore… (dal PC apre l’mp3 con il suono del VA10 sul banco. Il motore tuona, aprendo una danza vertiginosa di giri al minuto).
WG: praticamente è come se non ci fosse un volano?
DM: …e calcola che questa era la versione SP, con il volano più pesante diciamo…
WG: non sento neanche un’esitazione…
DM: infatti, e pensa che non era neanche carburato. Erano i primi avviamenti.
WG: comunque ha girato in tutto 70 ore? E dopo?
DM: …e dopo sarebbe seguito il test di durata, di, diciamo, 250 o 300 ore, dove si fanno tutti i cicli per vedere se c’è qualche organo sottodimensionato… tieni presente che nelle 70 ore abbiamo distrutto tre volte l’albero del freno del banco! Il motore era talmente rapido a prendere i giri che l’inerzia del sistema del freno, siccome il banco era per 160 cavalli ed aveva una grossa inerzia, si era rotto tre volte. Quindi l’effetto giroscopico era davvero basso, perché il momento d’inerzia era davvero basso. Fra l’altro, per il fenomeno della coppia di rovesciamento, avevamo fatto un’altra cosa: l’ingranaggio che porta il moto alla distribuzione, aggiungendo massa, creava un effetto opposto per riequilibrare l’eventuale effetto giroscopico del motore.
WG: …una sorta di contralbero…
DM: esatto, anche se la massa non era pari, ma essendo contro-rotante, attenuava l’effetto giroscopico. Poi la frizione, che nei motori tradizionali svolge l’effetto “volano”, qui è laterale a dischi multipli, quindi non influisce sull’albero motore. Quindi su quel discorso lì son solo voci.
WG: Dunque, dopo 70 ore di lavoro com’erano le condizione del motore?
DM: I punti critici potevano essere l’albero motore perché aveva le manovelle disassate per equilibrare le forze di primo ordine. In effetti non si sono verificati problemi, malgrado il motore avesse rotto l’albero del banco e avesse quindi preso delle botte all’albero motore, perché nel momento che viene a mancare il freno del banco i giri del motore partivano alle stelle, quindi nel tempo di reazione per spegnere il banco si son sentiti dei bei fuorigiri. Ma non ha mai avuto problemi né di bielle né di altro. L’unico problema è stato per un errore nostro: un meccanico si era dimenticato di montare un sieger sullo spinotto del pistone, durante uno smontaggio di verifica, e non è successo niente di grave perché lo spinotto è venuto fuori lateralmente, il pistone aveva delle rondelle all’interno e una di queste rondelle si era staccata ed era andata in giro per il motore e si era infilata nella pompa di recupero dell’olio. Ce ne siamo accorti perché l’olio non ritornava più indietro nel serbatoio. Così abbiamo spento il motore e abbiamo controllato. Ma non ci sono stati danni nonostante il motore abbia girato con la biella che si era portata da una parte del pistone. Persino il tendicatena della distribuzione, che era un pezzo prototipale ricavato dal pieno, quindi di qualità abbastanza scarsa, non aveva dato il minimo problema. Insomma, era partito davvero col piede giusto.
WG: I cavalli erano arrivati a 134, 5. A quanti giri?
DM: Noi avevamo dei break-point di mappatura. Con quella configurazione il break-point era fissato a 9700 giri. I 134,5 cavalli erano a 9700 giri. Purtroppo però c’era il problema di portata degli iniettori, per cui il motore girava tranquillamente fino agli 11.000 giri, ma la potenza era limitata in quell’arco di giri. Invece aumentando la potenza… il problema era che non potevamo aumentarla noi perché eravamo già ad un tempo di iniezione piuttosto lungo, che sono 15 millisecondi. Era necessario quindi aumentare la portata degli iniettori e ridurre il tempo di iniezione: di solito si sta dagli 8 e gli 11 millisecondi. Alla fine non abbiamo avuto il tempo per provare i nuovi iniettori, se no eravamo oltre i 140 CV di potenza tranquillamente.
WG: Prima abbiamo accennato al…
DM: …al DM10, sì…
WG: Del DM10 se n’è parlato molto meno, è un motore ancora più misterioso…
DM: (sorride) …sì, era più misterioso perché il DM10 è questo… (mi propone uno schizzo del motore a disposizione longitudinale completato da un bellissimo telaio a tubi nella zona canotto e serbatoio, e a piastre in quella delle pedane, bello e originale )… questo doveva essere un motore a V longitudinale, un po’ del tipo “VTR”, con gli alberi sovrapposti così da compattare il più possibile le dimensioni, e qui la soluzione del telaio doveva essere un po’ questa, mista tubi in acciaio e piastre d’alluminio, infatti volevamo mantenere l’originalità della soluzione.
WG: anche se questa soluzione era destinata ad una moto carenata?
DM: Era prevista anche una versione naked… (mi mostra uno schizzo di una delle naked più belle che avessi mai visto. Non c’era Brutale né TNT che tenessero. Linee affilate e pulite, telaio in vista a tubi e un bellissimo bicilindrico V90 ad acqua; da ciascun cilindro usciva lateralmente un doppio condotto di scarico che si univa per poi proseguire pulito fino al silenziatore) così dava un senso di corposità, poi le pompe dell’olio esterne, il filtro dell’olio frontale, comodissimo da smontare, cioè con tutta la parte tecnologica in vista, con questi due scarichi che andavano in uno, poteva essere una cosa molto grintosa.
(segue qualche secondo di contemplazione…)
WG: Sono senza parole. Sarebbe stata una Guzzi modernissima, mantenendo però certi elementi suoi. Cosa dicevano le indagini di mercato?
DM: Nelle indagini di marketing sono state coinvolte Germania, Inghilterra, Francia e Italia. Due volevano la versione più sportiva, e altre due volevano una moto di questo livello, per questo è stata pensata anche la versione nuda che, per dire, alla Monster avrebbe fatto senz’altro una bella concorrenza.
(…)
WG: Stavamo dicendo che, dopo lo stop al VA10…
DM: Scandellari aveva voluto questo motore. Però la cosa poteva essere una buona idea, anche per una questione di costi: col DM10 poteva essere anche questa moto (altro schizzo con lo stesso motore ma girato trasversalmente). Utilizzando gli stessi contenuti, l’albero motore, le teste, le bielle, si poteva fare un bicilindrico trasversale a V di 90 gradi, con trasmissione a cardano, che concettualmente ricorda la Honda CX con la frizione anteriore, ma più moderna.
WG: Mettendo la frizione sulla parte anteriore si poteva guadagnare spazio per attaccare un forcellone in una posizione ottimale, e si poteva avere così un interasse accettabile.
DM: Sì, l’interasse infatti doveva essere…(ci pensa un attimo) 1409 millimetri, oltretutto con un bel forcellone lungo, in modo che si può creare una buona sospensione per rendere più confortevole il veicolo. Infatti qui il forcellone veniva tipo 600 mm di lunghezza, una cosa che Guzzi…
WG: …non conosce…
DM: (sorridiamo entrambi)… il motore veniva bello compatto, anche se l’ingombro delle teste laterali c’era, ma trattandosi di una moto turistica… che però (estrae un altro schizzo con lo studio dinamico della moto) poteva piegare fino a 45 gradi con le sospensioni schiacciate a 2/3, che non è male!
WG: Senza aver fatto prove sul banco, perché questo motore è rimasto solo in fase di progetto, a grandi linee come si sarebbe comportato?
DM: Come prestazioni? Non si sarebbe discostato di molto rispetto al VA10. L’unica differenza sostanziale poteva essere che sul DM10 si sarebbe usata una biella più corta, per ridurre gli ingombri. Sul VA10 si montava una biella da 130 mm, sul DM10 era mi pare 124. Una biella più corta aumentava leggermente le forze di secondo ordine, però su un V a 90 non erano poi così elevate. Comunque 124 mm non sono poi pochi: se andiamo a vedere nelle moto da cross giapponesi a 4 tempi, hanno dei rapporti corsa/biella che fanno spavento.
WG: Adesso, in effetti, vi siete concentrati sui motori da cross a 4 tempi…
(Si apre una parentesi sul mondo fuoristradistico, in cui io ho parlato delle mie effimere esperienze nei campetti di periferia con la Gilera NE250, il cui motore era stato progettato in Gilera nell’83 o ‘84, su cui aveva lavorato anche Danilo Mojoli. Era davvero piacevole aver rispolverato un periodo bellissimo, su una delle mie moto più amate, parlando con la persona che ha contribuito nella sua creazione. E lo stesso Danilo Mojoli sarebbe andato avanti a raccontare i suoi anni ’80 in moto, ma ho dovuto riportare il discorso sulle nostre amate Guzzi.)
DM: dicevamo, questo motore l’avevamo anche denominato V-front, perché era appunto disposto in posizione frontale, e come dicevo, tutta la parte ferrosa era la stessa del DM10, ma sostituendo solo le parti in alluminio si potevano ottenere due motori al prezzo di uno e un quarto.
Infatti questa proposta era nata perché Scandellari avrebbe voluto un motore sportivo e uno turistico, ma non c’erano abbastanza capitali da investire.
WG: Sembra incredibile che anche per queste soluzioni sia stato dato lo Stop.
DM: (sospira)… eh, poi è arrivata Aprilia, Scandellari è andato via, e anche questa attività si è fermata per un cambio di strategia.
WG: Oltre a questi progetti, la Mojoli Engineering ha contribuito per la Moto Guzzi anche nella realizzazione delle punterie idrauliche.
DM: Mah, lo studio delle punterie idrauliche era stato fatto da una società esterna, perché con l’avvento di Aprila, si era incominciato a lavorare parecchio con società esterne. Noi abbiamo in seguito lavorato in Guzzi per l’affinamento perché c’erano un po’ di problemini di realizzazione. Alla fine ne è uscito il miglior compromesso. C’è da dire che in fase prototipale i test non avevano più dato problemi. Però ho sentito in seguito che alcuni California avevano dato qualche noia…
WG: In effetti, non si sa se sia un problema di progettazione o di realizzazione, ma in alcuni esemplari rimane facilmente inciso o usurato prematuramente l’albero a camme…
DM: …pressione specifica troppo elevata… però i prototipi avevano superati i test di durata, che simulavano in pratica il ciclo vitale di un motore. Non saprei dare un motivo dei problemi registrati negli esemplari di serie, anche perché dopo il passaggio alla produzione non abbiamo più seguito questa attività.
WG: Se dovesse esserci una nuova apertura e nuove richieste da parte di Moto Guzzi, voi ci sareste?
DM: Volentieri! Se Guzzi decidesse di portare avanti nuove iniziative e rilanciare… noi non avremmo alcun problema insomma.
WG: Riprendereste eventualmente lo sviluppo dei motori che abbiamo visto oggi?
DM: Andrebbero aggiornati. Quando è nato il VA10 aveva un alesaggio e corsa che era un 100×63,6, che poi è stato utilizzato anche dalla Honda VTR, successivamente è arrivata anche Ducati col 100×63,5 e adesso sono arrivati al 104 di alesaggio, quindi sono andati più avanti. I parametri del VA10 erano molto avanti nel ’96, ma parlando del 2004, anzi del 2005, bisognerebbe ritoccare alcune cosettine. Speriamo che chi entrerà in Moto Guzzi rilanci un po’ quest’aspetto.
WG: A proposito, qual è il parere dell’Ing. Mojoli sul futuro prossimo della Moto Guzzi?
DM: Mah, nel ’96 era stato fatto questo ragionamento: la Moto Guzzi ha delle moto tipo California, stava per nascere la V11, ma mancava un veicolo trainante come immagine, mentre Ducati aveva il 916. Quindi il VA10 doveva essere un veicolo dalle alte prestazioni, un motore con tecnologia moderna, da mettere su una moto molto sportiva. Poi da questo veicolo si poteva fare una serie di veicoli più tranquilli, come una naked, e poi continuare con i vari California, che il classico motore Guzzi è un po’ l’ideale per quel genere di moto, magari rivisto in chiave un po’ più moderna, perché ormai sente gli anni del progetto.
WG: Li sente anche parlando del California?
DM: Secondo me sì. Comunque l’importante era realizzare del veicoli un po’ più sportivi e trainanti come immagine, ecco.
WG: La MGS è stato un tentativo.
DM: La MGS è stato un buon “esercizio”, però c’era il grosso limite del motore, che non consente uno “sportivo moderno”. E’ paragonabile ad uno sportivo BMW, ma non ai modelli sportivi che ci sono adesso in giro. Credo che sia necessario che esca un veicolo che faccia concorrenza alla Honda SP2, alla Ducati 999 e cose del genere, per rilanciare l’immagine di Guzzi, che viene ricordata anche nelle competizioni. Il motore tradizionale Guzzi ha dei grossi limiti strutturali, non si può pensare di aumentare più di tanto i giri con un “aste e bilanceri raffreddato ad aria”.
WG: Neanche con la soluzione a camme rialzato?
DM: Quello era il motore Daytona del dottor John, ma ora ci sono in gioco le emissioni inquinanti, i consumi… quel motore ha dei limiti. Pensando al “camme rialzato” anche noi avevamo fatto un studio…
(io spalanco gli occhi per dire “ma quanta roba avete fatto??”, Danilo Mojoli sorride e prende un ennesimo schizzo)
DM: Pensavamo ad un veicolo chiaramente non ad alte prestazioni… perché in quegli anni, nel ’96 o giù di lì, avevamo lavorato veramente tanto. Dopo il VA10, il DM10 e il V-front, avevamo ideato il V12 a due valvole, in cui avevamo pensato alla distribuzione non più a catena, ma ad ingranaggi, svincolando però il comando delle pompe con un’altra coppia di ingranaggi, insomma… Poi abbiamo fatto anche il 4 valvole su questa impostazione.
Avevamo lavorato davvero tanto. Fra le altre cose avevamo pensato anche ad uno studio per una coppa dell’olio con filtro esterno e per una disposizione migliore per l’alternatore.
WG: avevate pensato a qualcosa anche per la serie piccola?
DM: No, per la serie piccola non avevamo fatto niente, anche perché già per quella grossa c’era parecchia carne sul fuoco. Fra l’altro anche le piccole cilindrate avevano parecchi limiti.
WG: Ma se dovesse ideare qualche soluzione al fine di concorrere con classi del tipo Hornet o SV650, a cosa penserebbe?
DM: Eh, a questo punto bisognerebbe arrivare ad un motore raffreddato a liquido, cosa a cui stanno arrivando un po’ tutti, come BMW. Bisogna fare un motore nuovo dopo aver capito cosa il mercato vuole.
WG: Tornando alla serie grossa, la Grezzi & Brian ha sviluppato modelli molto validi come ciclistica e rapporto peso/potenza. Questo grazie all’essenzialità del telaio rispetto al motore, sfruttando quest’ultimo come elemento stressato…
DM: Mah, c’è da fare molta attenzione a fare cose del genere. Io sono sempre stato un po’ contrario a rendere il motore un elemento stressato, nel senso che se il motore nasce con una certa struttura e una certa rigidezza può diventare al massimo semi-portante, ma un motore normale, dove, tanto per fare un esempio, tra gli interassi degli alberi del cambio si dà una tolleranza di più o meno 3 centesimi, se lo facciamo diventare portante vuol dire che tutto il carico che vede la moto viene trasferito, passa attraverso il motore. Allora capisci che una fusione in cui tu imposti una tolleranza di 3 centesimi per avere il cambio che lavora perfettamente, vai a sollecitarla con dei carichi dell’ordine di 400 chili, quei 3 centesimi lì… rischiamo di far lavorare male gli organi meccanici del motore. Quando noi progettiamo gli ingranaggi, cerchiamo di fare tutti i calcoli possibili per avere il maggior scorrimento, per avere una pressione specifica per dente molto bassa e così via; montiamo il cambio calcolando una tolleranza fra gli interassi, se poi ci applichiamo un carico di centinaia di chili si va a vanificare tutti gli studi fatti in precedenza.
WG: Ia ringrazio davvero tanto per il tempo…
DM: No no, per me è stato un piacere fare questa chiacchierata perché abbiamo dato un po’ sfogo ad anni di lavoro intenso.
WG: Già, solo che non riesco a capire se ora sto meglio o peggio, visto tutto quello che potrebbe aver avuto di buono Moto Guzzi, ma ha “goffamente” evitato.
DM: …immagina le persone che ci hanno lavorato. Io ho una persona con cui sono molto legato in Guzzi, che è Panizzo dell’attrezzeria: lui è il capo dell’attrezzeria. Ed è una persona speciale, oltre a Bruno ed Umberto Scola, con cui abbiamo condiviso il progetto e il montaggio del motore, e l’attrezzeria cercava di allineare i vari pezzi, perché i componenti principali venivano realizzati da società esterne specializzate, ma altri accessori venivano realizzati in Guzzi. E dovevi vedere il sig. Panizzo e gli altri che ci mettevano l’anima a realizzare quel motore. C’era una partecipazione eccezionale. E al primo avviamento erano accorsi tutti ed era stata stappata una bottiglia insieme a tutti gli altri che lavoravano in Guzzi, perché da anni non si sentiva girare un motore nuovo.
Andiamo ancora un po’ avanti a parlare della “maledizione” che continua a colpire la nostra Amata. Ma ormai è quasi ora di cena, e ad un certo punto dobbiamo proprio finire la chiacchierata. Esco dal suo ufficio con molta soddisfazione, anche se, a causa della mia inesperienza in campo giornalistico, non sono riuscito a convincerlo a farsi derubare di qualche immagine interessante. Ma è giusto così, Danilo Mojoli ama le sue creature, e ne è giustamente geloso.
Ma al di là della soddisfazione per l’intervista, che ha sicuramente prodotto cose interessanti, mi rimane una strana sensazione di malinconia, sapendo di quante cose buone poteva godere il marchio dell’aquila, e per ragioni ridicole non ne ha avuto modo. Penso a come la gente potesse guardare la sportiva Guzzi con un motore bicilindrico ad acqua, aggressiva, accattivante… prendersi la rivincita su tutti questi anni di illusioni e delusioni. Sicuramente Danilo Mojoli e le persone che hanno lavorato con lui ci credevano veramente, e quei motori sembravano essere ideati davvero bene.
Nei giorni in cui ho travasato a computer questa intervista, la MGS-01 Corsa, nata dalla passione di Grezzi & Brian, allevata da altri personaggi storici del marchio, e voluta anche dalla enigmatica volontà di Ivano Beggio, ha tirato fuori gli artigli nella 12 ore di Albacete. E senza gli esuberanti 160 cavalli del VA10, ma spinta dal buon vecchio ma rivisto 8 valvole del dott. John.
Allora la questione si riapre: se non venisse a mancare la passione, se si attuasse un sano, schietto, lungimirante e neanche fantasmagorico piano di marketing (e devo dire che da De Tomaso in poi è successo di tutto per far affossare il marchio) sarebbe così impossibile vedere la Moto Guzzi tornare a combattere?
Sapete a cosa apparteneva quella biella nella bacheca dello studio di Danilo Mojoli? Era la biella del VA10. Bellissima, pulita, perfetta. Mi piange il cuore sapere che quella biella non sfiderà mai la tortura inflitta dalla manetta delle prossime Moto Guzzi.