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Alano Montanari “Muscoun”

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di Luigi Foschi

 

PREFAZIONE

Nel 2002, ho letto sul sito Anima Guzzista la bellissima intervista all’ Ing. Giulio Cesare Carcano che io avevo conosciuto ma non frequentato perchè molto più giovane di lui. Della intervista col più grande creatore di motori del 900 mi colpi, oltre alla sua lucidità, il fatto a me noto che non fosse certo molto amante delle corse e dei piloti perchè ricordo che quando trovava un tecnico anche della concorrenza durante le corse si estraniava a parlare con lui. Di un pilota solo era amico anzi più che amico perchè era fortemente attratto dalla sua bontà, dalla sua umanità e dalla sua personalità, Questo pilota si chiamava Alano Montanari o Edmondo o Muscoun come era abitudine chiamarlo perchè in Romagna tutti avevano un soprannome che nel suo caso probabilmente era dovuto al rumore dei suoi motori; infatti Muscoun viol dire moscone e il suo ronzio può essere avvicinato al rumore di una motocicletta che magari procede abbastanza lontano da noi. Avevo notato inoltre che un episodio esilarante riportato da Carcano era abbastanza inesatto, per cui incuriosito e per il desiderio di parlare dopo quasi 50 anni con il più grande genio del motociclismo come era lui, procuratomi il numero telefonico mi azzardai a chiamarlo dicendo che ero un amico di Cesare figlio di Montanari ed ero il nipote del parroco di Macerone che aveva battezzato Alano quando era cappellano della parrocchia di S. Pietro. Lui, 92 anni compiuti, mi fermò perchè ricordava tutto, e questo mi calmò perchè ero molto emozionato nel parlare con un idolo della mia giovinezza e allora azzardai: “Perchè ha detto che non sapeva se valeva come pilota? non si ricorda nel 57….?” Allora lui mi fermò dicendo che era stato travisato perchè voleva dire che non gli interessava se Alano era un buon pilota, bensì gli interessava la sua amicizia e ciò era sicuramente credibile perchè, come viene fuori dall’intervista diceva di aver ammirato Tenni ma che aveva il grave difetto della troppa temerarietà che lui riteneva in molti casi controproducente. Così dicendo dimostrava che tutti i piloti gli erano quasi indifferenti.ed era sempre perso nei suoi progetti. Fu forse la più bella telefonata della mia vita e lui rise quando gli dissi che da piccolo volevo fare il meccanico per riuscire a cambiare almeno una candela a Tenni. Subito finita la telefonata ebbi la folgorazione di scrivere la vita di Montanari per fare giustizia perchè era stato un grandissimo come Tenni anche se per molte circostanze che spiegherò non riuscì e in parte non volle realizzare quanto le sue potenzialità gli avrebbero permesso. Soprattutto è stato sensazionale e incredibile l’intreccio fra le nostre due famiglie. Non ebbi il coraggio di disturbare ancora l’ing. Carcano per questo; certamente gli avrebbe fatto piacere e forse mi avrebbe permesso di telefonargli ancora o andarlo a trovare a casa, cosa che ho sognato tutta la vita. Non ho detto “per me” MONTANARI era un grandissimo perchè se avete la bontà di leggere, 100% sarete d’accordo con me. Non vi basta sapere che un grandissimo campione come Lorenzetti ha voluto essere sepolto a Cesena accanto a lui dopo quarant’anni dalla morte di Alano? Quarant’anni sono tanti, si può dimenticare il volto della madre, si può dimenticare quasi sempre che una persona è stata amica tua. E’ quasi incomprensibile poi che un milanese da morto voglia divorziare da gran parte della sua famiglia e dalla sua terra per restare accanto all’amico per l’eternità. Non vi basta, continuate. Dovete sapere che tutta la storia, l’ho pensata in dialetto e poi l’ho tradotta in italiano in omaggio alla mia terra che con altri voglio che sia staccata dall’Emilia perchè noi rispetto agli emiliani siamo “cme e signor e la zveta” come dio e una civetta. Un deputato Romagnolo, Pirolini, che si battè per questo veniva accolto in Romagna, quando ritornava a casa dall'”estero” cioè da Roma, col coro di” All’erta Pirolini e non ti avvilire che prima di morire repubblica farem!” Abbiate pazienza se spesso interrompererò il discorso con qualcosa fra due virgole perchè questa è una traduzione letterale. Noi facciamo così e questo problema, ragazzo di campagna, mi ha sempre perseguitato da quando cominciai a “fare” il classico perchè Dradi Maraldi Biagio, professore di ” belle lettere” mi dava un punto in meno per questo; ma io, più forte di lui, vinsi e lui smise di punirmi ed ebbe una grande sconfitta come insegnante perchè la cosa mi si era “incancrenita” dentro come spiegò a mio padre che non capì ma mi picchiò quando ritornò dal colloquio “per stare dalla parte del sicuro”. Non siamo testardi e passati più di cent’anni dalla morte di Pirolini…….

PRIMA PARTE

Innanzitutto dovete sapere che la storia dell’uomo e del pilota Montanari va soprattutto inquadrata (tutti quelli che scrivono dicono così) nel periodo storico, nel luogo dove ha vissuto e nelle persone che ha conosciuto. Non stupitevi quindi di qualche divagazione che ritengo necessaria nella ricerca, forse inutile, di presentarvi a lui come fosse una persona ancora viva e che possa parlare con voi. So in partenza di fallire perchè non sempre c’è riuscito un certo Manzoni ma bisogna provarci sempre e se qualcosa della biografia vi colpirà un poco nel cuore sarà merito dell’uomo, del tempo, del luogo e degli uomini che sono entrati in sinergia con lui. Fatta questa doverosa premessa… Montanari nacque nel 1908 a Macerone di Cesena e ivi morì nel 1958; queste sono due date molto significative e penso che ne citerò poche altre. L’ Uomo che fino ad allora aveva conosciuto, ben impiantato a terra, la VELOCITA’ solo a dorso di un cavallo o su una biga o dentro ad una carrozza con gli indiani urlanti dietro, scopre la velocità su o dentro un aggeggio metallico poi chiamato mezzo meccanico. Forse prima c’era stata la bicicletta ma essa non era più veloce di un cavallo e furono fatte diverse sfide fra un uomo su bici e un uomo su cavallo con alterna fortuna. Soprattutto arrivò il miracolo di un motore applicato ad una cosa che si avvicinava alla bicicletta o ad un’altra cosa che si avvicinava ad una carrozza. L’uomo fin dai tempi di Adamo aveva avuto dentro la PASSIONE della velocità e non l’aveva potuta mai sfogare limitandosi a provarla un poco per raggiungere Eva essendo intenzionato a picchiarla per essere stato fregato con una mela e si accorse nell’ebbrezza della velocità che si era dimenticato l’incazzatura; quando raggiunse Eva e le chiese: “dove eravamo rimasti?” e lei, anch’essa ebbra di velocità rispose “Boh” e lui allora equivocò, sdraiò Eva e insieme dimenticarono, precursori di Scarpia, Dio che si era arrabbiato. Poi per millenni non successe niente se non che i valligiani provarono un poco questa passione nel buttarsi giù con due pezzi di legno ai piedi su un pendio innevato o prima quando ci fu un uomo che addomesticò un cavallo. Alla fine dell’800 quindi arrivarono i PIONIERI DELLA VELOCITA’ quelli che più degli altri sentivano la passione per la velocità e che avevano le doti per domare questi nuovi cavalli e perciò definirono in “cavalli” la potenza di questi aggeggi meccanici. Io farò qua e la solo cenni, fra i due che ho conosciuto, a Tenni, coetaneo di Montanari. Non capivo da piccolo la grandezza di Montanari e Tenni è stato l’idolo della mia infanzia, lo sognavo spesso che scendeva dalla moto e mi diceva “Vuoi provarla?” e aspettavo che la maestra ci desse un tema libero. Quando volevo parlare di Tenni ci diceva: Uffa Tenni Tenni perchè dovremmo parlare di un pazzo? io devo educarvi e sto Tenni è diseducativo. Io non capivo questa parola, ribattevo: Si si ma Tenni come va forte; eh la madonna! e la maestra mi dava quattro bacchettate due per tenni e due per la madonna tirata in ballo impropriamente. I pionieri come sempre succede, erano, lo capisco adesso, ESAGERATI. Nessuno si preoccupava all’inizio neanche di mettere delle balle di paglia davanti al palo della luce che veniva sfiorato e qualche volta preso in pieno da un corridore che poi all’ospedale al medico che gli chiedeva cos’era successo magari diceva intronato “non so, mi sembra che mi abbia attraversato la strada un palo della luce!”. La maestra che ho fortemente odiato per via di Tenni e delle bacchettate aveva ragione perchè come si può chiamare uno come lui o Montanari che si fratturarono uno 60 volte e l’altro 40 e quando venivano ingessati dopo tre giorni immancabilmente cercavano un qualcosa per liberarsi dell’incomodo gesso? Non per liberarsi del gesso in se ma per appoggiare il sedere sopra il sedile della loro amante. Tenni non so cos’aveva ma so che Alano aveva un punteruolo che se lo portò dietro anche quando ” espatriò ” per qualche anno a Sesto San Giovanni e che usò anche prima delle ultime corse. Avevo dimenticato, nella fretta di usare il nome Tenni, che gli uomini subito cominciarono a usare il mezzo meccanico per misurarsi l’uno contro un altro e quindi erano cominciate le corse, la prima a Cervia di Ravenna e mi sembra giusto, avrete capito perchè. Omobono e Alano ebbero due infanzie e due giovinezze abbastanza diverse perchè una volta scoperta la moto per Tenni finirono tutte le altre cose e se non fosse morto 10 anni prima di Alano, alla fine della carriera, sarebbe sicuramente morto lo stesso subito o al massimo il giorno dopo. Alano scoprì subito la moto ma ebbe da giovane tante altre passioni come la Femmina dove fu campione fino alla morte ma non come pensate; a lui come al figlio Cesare mio coetaneo piaceva essere amati, piaceva vederlo negli occhi di una donna e basta perchè non ho mai visto persone più fedeli di loro. Prima Alano e poi Cesare mi facevano una rabbia vedendo che tutte le ragazze del paese erano o erano state innamorate di loro; soprattutto il fatto che loro due le “snobbassero”. Erano tempi duri per noi in generale e quando mio zio prete mi diceva “attento alle tentazioni!” io dentro dicevo “fanculo, io cerco di non vincerle le tentazioni con tutto me stesso e mi tocca vincerle per forza e… lui che pugnetta che mi fa”. Non mi sono mai permesso di dirlo ad alta voce perchè lo zio aveva una piccola piantagione di canne d’india notoriamente forti e flessibili e come le usava! e nessun padre andò mai da lui a protestare perchè tutti erano fermamente convinti che ciò facesse parte del suo magistero e poi anche i padri avevano assaggiato le sue penitenze; sbaglio una volta e una volta sola andò “a sgridare da lui” l’Anna ad Bigiain (mio amore segreto) che pensava di essersi affrancata dalle sane abitudini paesane andando all’Università. Quando la bacchetta “faceva la stoppa” lo zio ne sceglieva con cura un’altra, la puliva accuratamente delle foglie col coltellino che ha portato in tasca per tutta la vita, la guardava soddisfatto e via a fare il proprio dovere di pastore; quando noi arrivavamo a scappare, lui aveva una memoria di ferro e anche dopo un mese ci redimeva dei nostri peccati con la giusta dose di bacchettate, 2 per non essere andati alla messa, 3 per avere sorpreso me e Cesare nel sottoscala mitica stanzetta dove facevamo le “porcherie” con le bambine; che “baccelli” nelle gambe nude! Io e Cesare inseparabili “deliquenti” eravamo i più gettonati ad essere redenti perchè io vivevo colla famiglia, mia madre era sua sorella, in canonica. Alano a sua volta fra una bacchettata e l’altra dello zio si dedicò a tutti gli sport possibili e a fare altri lavori con una vitalità che lo portò a dare il meglio di se stesso sulla moto a 49 anni! Soprattutto lo entusiasmò quand’era bambino e poi adolescente la rapida ascesa di un suo conterraneo, Benito Mussolini. Bisogna dire che la Romagna de mutor è terra delle facili e focose passioni che poi possono anche sparire senza lasciare tracce nella mente ma l’adorazione per il Duce ad Alano durò fino alla fine di una guerra totale come fu quella del 40-45, poi però Muscoun quando vide che il suo sogno era crollato in un amen si dimenticò del fascismo. E’ normale in Romagna che ad esempio uno si sposi, per lavoro vada a abitare a tre km di distanza e poi non si fa più vedere nel paesello natio e tu l’incontri dopo trent’anni e struggenti sono i ricordi comuni e tu ti domandi con l’amico il perchè di questo stupido distacco e non lo trovi mai. Forse per questo in tutta la Romagna non si trovava un manicomio perchè si vede che siamo vaccinati alla pazzia col nostro “dimenticare facile” e bisognava espatriare a Imola per trovarne uno. Il romagnolo puro da sette generazioni ha una passione enorme che sembra ragione di vita e poi passa nel giro di un giorno. Ho fatto un tragico errore! Imola nella vecchia provincia papalina era Romagna! Essa comprendeva anche il Montefeltro dove parlano il dialetto romagnolo; per cui andate a dire a Capirossi o a Rossi che non sono romagnoli! Come tutti quelli che sono nelle zone di frontiera e hanno la percezione di essere di una razza… eletta sono più realisti del re. Poi siamo blateroni; quando ai tempi della giovinezza e della maturità di Alano si giocava a carte, sempre giochi a 4, due contro due, in coppia sempre con l’amico del cuore e contro lui e lui contro l’altro offese terribili, la moglie e la figlia prostitute, il figlio ladro, l’amico finocchio, ancora oggi la peggiore delle contumelie. Alla fine della partita ciascuno non aveva detto niente e ognuno non aveva udito niente, andavano al bar a pagare o a riscuotere poi tranquillamente prendevano la via di casa con le immancabili caramelle nelle tasche per la moglie e per i bambini e si fermavano a parlare per ore del più e del meno sulla politica, sulla carestia e quant’altro davanti alla porta del più vicino al bar ; ma poi invariabilmente dopo essersi data la buonanotte non era finita. Spesso mia madre mi comandava di andare alla finestra per vedere se era arrivato il babbo e mi chiedeva di cosa stessero parlando e quando dicevo “di motociclismo” allora lei subito “andiamo a dormire perchè quell’insensato non l’avrebbe mai finita” e si sarebbero accompagnati a casa a vicenda quattro o cinque volte. Alano era un’eccezione, taciturno, introverso ma cordialissimo, spontaneamente sincero ma senza alcuna acrimonia quando doveva dire qualcosa che poteva dispiacere all’altro; molto, troppo generoso ma non inflessibile contro chi cercava di approffitarsi della sua generostà. Nella manesca Romagna dove anche da vecchi si scappellotta l’amico del cuore per dire sono qui, sono arrivato ma giammai si fa quando l’amico è concentrato nel tresette e nella briscola. Montanari non l’ho mai visto reagire neanche quando era nel più sublime momento di creazione come era la concentrazione nel gioco delle carte per non dimenticare nulla, al massimo però si girava e guardava lo scappellotaro che stava molto attento per mesi a non ripetersi. Ho detto ancora una cavolata a dire che Muscoun era un'”‘eccezione” ad essere taciturno, non è vero; i Romagnoli sono blateroni o taciturni, magari i taciturni sono i meno. Questa contrapposizione netta c’è anche ai giorni nostri in quasi tutte le caratteristiche della romagnolità e tutti sono una cosa o il contrario esatto di essa, senza il giusto mezzo. Ora però in Romagna si sono gli infiltrati ,gli “oriundi” di altre regioni. che hanno già imbastardito la regione e che si riconoscono perchè ostentano di essere romagnoli, ostentazione che poi si riconosce per non essere vera già dalla prima volta che uno ha il coraggio di non essere o da una parte o dall’altra; allora non sono tanto ben visti allo stesso modo, all’inizio, dei muratori romagnoli che hanno espatriato e che hanno insegnato a tutto il mondo come si fa a lavorare; esagerato? No; provate ad andare in Svizzera a Basilea la città più razzista della nazione più razzista al mondo e parlando con le persone, facendovi raccontare un poco della loro vita, capirete che dopo un poco sono stati accettati dai locali per questo e per la SINCERITA’. Ecco la Sincerità! E’ assolutamente vero che un romagnolo da sette generazioni è sempre, scortesemente anche, sincero. E il contrario, questo sì, è un’eccezione. Alano era il massimo in questo e gli uomini, che stimano e amano molto negli altri questa dote e molto meno in se stessi, anche per tutte le altre qualità ne sono stati sempre soggiogati. Un’altra virtù era la modestia che lo faceva stare bene in mezzo a tutti. Perfetto allora Montanari Alano Edmondo detto Muscoun?, direte voi e vi rispondo SI…. eccetto per quella faccenduola delle donne “snobbate”. Cominciò a correre presto con le moto e poco gli importava vincere ma andare più forte possibile anche con un catenaccio e spesso non sapeva se era arrivato secondo o quinto, vinse una quantità di corse in Romagna (si correva tutte le domeniche in circuiti cittadini). In questa passione per la velocità e solo per la velocità era uguale a Tenni, con lui esponente della generazione dei pionieri, quella circa dei nati negli anni fino al 1910. Cominciò a farsi notare sempre di più cercando di correre sempre colla Guzzi e questa passione per Guzzi non lo abbandonò più per tutta la vita come l’amicizia per il suo coetaneo Carcano che anche lui riferisce di questo fatto singolare. Nei primi annni trenta, a poco più di ventanni, sposò una ragazza molto bella che aveva “studiato” molto il violino poi praticamente abbandonato per lui. E’ stato bello per mio zio, che li aveva battezzati entrambi, li aveva sposati e lo diceva sempre di essere stato molto fiero di aver sposato due “artisti”! Per lui era stata la coppia più bella del mondo e quando lesse ” Love Story” mi fece, violando quei terribili silenzi che erano normali una volta in famiglia, commosso come mai l’avevo visto:”Lè cmè la storia ad Muscoun”. E’ come la storia di Montanari con lei che aveva lasciato lo strumento musicale per lui colla differenza che sopravvisse lei, ben 51 anni, ed è morta a un pelo dai cent’anni 5 giorni fa. Io che avevo fin da piccolo la passione della musica, la ascoltavo, bellissima, in chiesa suonare l’Ave Maria di Schubert con le donne commosse e lacrimanti; questa è stata come una foto che resterà sempre davanti ai miei occhi. Lasciando stare le vicende sentimentali o sentimentaloidi, Alano Montanari già da molto tempo detto Muscoun dopo il matrimonio e la nascita del figlio Cesare nel 33, ha quasi un momento di celebrità quando, in testa alla Milano-Taranto ebbe quasi mezz’ora di vantaggio ma “spaccò” non so dove. Questa storia, sempre raccontata nei 2 bar del mio paese non ha trovato conferma nelle mie ricerche; mi preme precisarlo perchè questo che sto scrivendo non è altro che una cronaca del tutto veritiera di quello che io visto e la mezz’ora mi lascia un poco dubbioso; i miei favolosi conterranei sono anche amantissimi della caccia e quindi bombaroli! Lo era bombarolo anche mio zio prete amante della caccia ed ha avuto un nipote, mio cugino, campione del mondo di tiro allo storno; non solo bombarolo e amante della caccia ma soprattutto il terzo pioniere della moto di questa storia. Un prete direte voi? Si uno che quando poteva scorazzava colla sua B.S.A. come un pazzo per le strade della Romagna specialmente quando faceva visita agli innumervoli parenti sparsi per la Romagna fino ad arrivare ad una sorella “espatriata” a Bologna dove aveva sposato, inorridisco a dirlo, un calabrese. Quando questo tipo veniva lui in Romagna, era lui che inorridiva ad ascoltare le offese al bar fra due amici quando uno dei due sbagliava a “calare” un asso e non doveva, il massimo della delinquenza manifesta ed evidente a tutti! Il calabrese diceva che a Bologna lui aveva costretto ad espatriare in Svizzera uno che l’aveva “disonorato” buttandogli del caffè sui pantaloni e mia zia aveva sempre confermato. Questo fatto mi aveva fatto capire da bambino la presenza in Italia di tante Italie e il tema che feci su questo fatto e che cominciava dicendo: “In Romagna si dicono le più grandi boierie” e non succede niente, in Calabria per un caffè sui pantaloni si ammazzano… ebbe un bel 10 e lode, malgrado Tenni. Mio zio, proprio a Bologna, ebbe la sfortuna di cercare di difendere un socialista ed ebbe una coltellata in pancia da un fascista. Medicato alla meglio dalla sorella ritornò a casa colla B.S.A e col suo immancabile sigaro in bocca e non disse nulla. Alla mattina dopo mia madre, nel riordinare la stanza, vide il letto inzuppato di sangue e domandò poi al fratello se era successo qualcosa a Bologna. Mio zio rispose di no e memore del misfatto che aveva dimenticato durante la messa appena celebrata, subito si prestò a riordinare la sua stanza da solo e mia madre, allora sbottò: “Cut avnes un colp te e tot chit rumagnul stopid e te Mondo tci e pez cun cal cursi! Tan pins a la tu mama, brot pataca quant ve a spachet agli osi in zir pre mond, fascesta ad merda!” Prima si rivolse a mio zio e quindi al presente Alano perchè la casa del prete era tutto: bar, ritrovo per i morosi clandestini, centro organizzativo soprattutto delle trasferte per andare a vedere Montanari ecc. Traduzione: Venisse un colpo a te e a tutti i Romagnoli stupidi come te e tu Edmondo sei il peggiore con quelle corse! Non pensi alla tua mamma, brutto patacca quando vai a spaccarti le ossa in giro per il mondo, fascista di merda! Montanari con quel sorriso timido che incantava vedendola veramente furiosa l’abbracciò e la calmò accarezzendola calmo come fosse una bambina anche se l’accenno al fascista doveva averlo punto di brutto. Ma Montanari era così, era sempre pronto a questi gesti affettuosi, insoliti una volta quando c’era un pudore dei sentimenti eccessivo. Vi dico che l’unico bacio che ho avuto da mia madre e questa è un’altra foto, l’ebbi quando mi recai a Bologna a discutere la tesi di laurea e lei venne in Stazione con me e mi mise nelle mani la sua catenina d’oro, l’unica cosa che aveva e mi baciò ed io: Csa fet mama, Tant vargogn? Cosa fai mamma, non ti vergogni? e scappai dentro al treno a piangere nella toilette e lo feci forse anche perchè era morto da un mese mio padre. Abbiamo lasciato Montanari nel 33 alla nascita del figlio Cesare che come avrete capito è stato anche il mio compagno di banco e che sarebbe divenuto il compagno di mascalzonate enormi. Alano era sul punto di esplodere, di affermarsi definitivamente, quando il suo amico Benito pensò bene di creare un Impero Romano e allora per lui sono cominciati 13 anni di guerre sempre da volontario prima nella guerra d’Africa, poi in Spagna con i franchisti, col fratello Oddino naturalmente per le contrapposizioni dei romagnoli comunista focoso dalla parte dei repubblicani! La leggenda narra che una volta si videro col binocolo e cominciarono a spararsi contro l’un l’altro, cosa sicuramente non vera e sempre sdegnosamente (una volta tanto) smentita da Alano e non da Oddino che fece appena in tempo a tornare dalla Spagna colla bellissima moglie spagnola Maria e la figlia Normita coetanea di Mimma figlia di Alano. e poi ripartì e non tornò più. Non dico l’anno di nascita delle due perchè non mi credereste essendo ancora due stupende donne. Tutti i Montanari erano radunati nel palazzone del padre di Alano ed Oddino, E Ghilin, il Ghilin che era il suo soprannome naturamente. E Ghilin fervente socialista e mangiapreti doc aveva un fratello che naturalmente… era prete e fascista; mio zio mi raccontava che D. Enea Montanari avrebbe potuto fare il parroco a Macerone ma che non volle perchè E Ghilin non aveva il carattere dolce di Alano e credo di Oddino ma poteva essere violento per le sue idee ed era meglio stargli lontano; questa notizia è vera perchè ricordo che quando io e mio zio andavamo a benedire le case all’avvicinarsi della Pasqua, potevamo recarci a casa sua solo quando la mamma di Alano, una signora dolcissima come i figli, ci veniva a chiamare perchè il Ghilin stava facendo la siesta. Ma una volta si svegliò e dovemmo scappare ingloriosamente lasciando sul posto la “gavagna” grossa cesta di vimini che mi serviva per raccogliere le offerte in natura o in denaro, la cosiddetta decima, che i parrocchiani davano dopo che lo zio aveva benedetto la casa e soprattutto parlato con il capofamiglia, comunista, socialista, repubblicano o D.C. che fossero. Parlare con l’azdour (capofamiglia) serviva per conoscere i problemi e cercare con lui la soluzione di questi problemi. Non ricordo se c’erano altri nel paese come E Ghilin ma ricordo che al ritorno andavo di corsa dalla mamma a dire che quelli che avevano dato di meno erano i D.C. pur essendo le persone più abbienti del paese; ma forse contribuivano a parte perchè, fra gli uomini, andavano alla messa solo i D.C. eccetto la notte di Natale quando si faceva un pienone anche perchè l’Isotta (ecco il nome) suonava diversi pezzi. Io ero contento perchè Schubert mi aveva un po’ stancato e poi una volta l’anno potevo azionare la leva, un bastone che gonfiava il mantice dell’organo suonato dalla sorella dell’Isotta, Lucia Lombardi e Cesare mi dava il cambio quando ero stanco. Mio zio non amava la musica che distraeva le persone nella preghiera, diceva lui, ma il rumore della moto sì e tutti i santi giorni andava con la sua grossa B.S.A. a trovare D. Enea parroco di Gattolino a 5 Km di distanza; erano amici perchè avevano fatto il seminario assieme e D. Enea che non amava i motori (l’avevate capito?), si stancava subito perchè lo zio voleva raccontare solo le gesta di Alano che andava a vedere la domenica e che mimava a cavalcioni di una sedia. Ma lo zio andava da D. Enea soprattutto perchè, prima del rettilineo dove si trovava la chiesa c’era e c’è una curva esattamente di 90° e il rettilineo era ed è fiancheggiato da un fossato profondo circa 3 m. Io non so se lo zio era affascinato più dalla curva o dal brivido che gli procurava il fossato pericolosissimo, ma lui provava a fare la curva sempre più forte e quando non c’erano i contadini a guardarlo ritornava indietro e provava 4 o 5 volte sempre più forte dalla parte dove avrebbe “fatto fosso” se avesse esagerato. Nella sua vita ha fatto fosso in quel punto non meno di 10 volte, se sbaglio sicuramente in difetto, essendomi ripromesso di dire solo verità note. Mia madre quando vedeva arrivare uno trafelato e sconvolto in bicicletta o col motore urlava a mio padre: “Gustin, D. Ioli l’ha fat fos” Agostino, D.Ioli (l’ha sempre chiamato così) è andato nel fosso! Mio padre Gustin de prit lo andava a tirare fuori, lui, il motore e il suo sigaro con corde tirate prima da una Bianchi S5 ministeriale e poi da un macchinone americano potentissimo, lasciato da un generale americano alla fine della guerra che nell’occasione era alimentato a benzina mentre di solito andava a metano dato che era circa 7 litri di cilindrata. Non ho MAI visto lo zio ritornare arrabbiato, fradicio sì, ma contentissimo per l’avventura che non vedeva l’ora di raccontare ad Alano. Il Vescovo, anzi i vescovi, sono stati sempre molto arrabbiati con lui a cominciare dal 34. Aveva partecipato contro il loro volere al più grande motoraduno della storia dal momento che andò a Roma da tutta Italia una percentuale enorme di motociclisti, si disse, ma non credo, circa 500.000, come riportò la Gazzetta ma si sa che in quel periodo tutto veniva ingigantito per far piacere al Capo. Il motoraduno “oceanico” fu organizzato per rendere omaggio al Duce e sfilarono ai Fori Imperiali e chi c’era in testa da solo seguito da tutto il corteo a file di 10 moto? L’antifascista quasi feroce, unico prete, D. Salvatore Ioli, col saluto romano che ho in una foto scattata dalla tribuna del Duce e regalata dal Duce stesso allo zio! Era naturalmente andato per la moto e al ritorno a Terni salutando un gruppo di ternani disse:” Speriamo che quel saluto romano e la mano che mi ha dato lui, Romagnolo come me, non mi faccia andare all’inferno. Poi mi disse che pensò: Se hanno speranza Enea e Alano ho speranza anch’io. Perchè al plurale i vescovi? Perchè c’era una regola che vietava ai preti di girare con grosse moto. La notte che morì lucidissimo dopo una lunghissima malattia disse a me che lo vegliavo:”Sono contento di una cosa che fra le mille persone che ho battezzato ci siano quei tre: Ambrosini campione del mondo che poverino è morto giovane, Alano Montanari il grande, che non ha avuto fortuna ma anche lui, fare tutte quelle guerre… hai visto Tenni che cosa ha fatto quando lui voleva fare ed ha fatto il soldato? E poi quel ragazzo, mi ha detto suo padre Ernesto, quello che è andato a stare qui a Cesena, il figlio di Tordi il nostro sagrestano… Mi ha detto che è bravo e che farà strada… Altra bellissima cartolina che ho sempre davanti, la notte che morì! Poi mi disse ancora che il suo unico cruccio fu che le leggi ecclesiastiche gli avevano impedito di correre e anzi, anche solo, di girare in moto con quelle vesti svolazzanti e gli uomini a urlargli dietro “ciavador” (gran donnaiolo) e che smisero quando cominciò ad urlare anche lui. “Chi tlà det, la tu moi?” Chi tel’ha detto, tua moglie? Alla offesa più grande per un prete rispondeva con la offesa più grande per un romagnolo. Poi mi disse avendola in parte trasgredita: “ma cla leza can puteva zirè cun la motocicleta erla po giosta?” Quella legge che mi vietava di girare in moto era poi giusta? Zio D. Ioli riposa in pace con i tuoi tre eroi! Abbiamo lasciato Alano e Oddino di ritorno dalla Spagna e poco dopo ripartire, Oddino medaglia d’oro alla memoria della Resistenza, in montagna con i partigiani e Alano ancora e sempre volontario, in guerra, dalla quale tornò a 1946 avanzato perchè fu preso prigioniero in Africa e rilasciato dopo la Conferenza di Pace nella quale De Gasperi fece quel famoso discorso che io imparai a memoria quasi per intero essendomi convertito dal fascismo alla D.C.in un lampo. Finisce quì la prima parte e rileggendola mi sono accorto che la più parte dei discorsi in dialetto perdono veramente tanto nella traduzione. Pazienza!

SECONDA PARTE

Tenni, finita la guerra, alla quale mi sembra non partecipò, alla soglia dei 40 anni riprese il suo posto perchè era il pilota più famoso al mondo; Alano si trovò invece in una situazione veramente sfortunata e incredibile, almeno per i primi anni. Era successo che intanto in italia era “venuto su” un numero notevole di piloti bravi, quella nati intorno all’anno 1920 e con loro finì l’era del pionierismo; poi fu importantissimo il fatto che il dominio delle case motociclistiche inglesi, massimo fino al 1935, era andato scemando a favore delle case italiane fino al punto che nel 1952 scomparvero completamente annichilite dalla supremazia tecnologica italiana. Tutto questo in un periodo brevissimo, se consideriamo i 7 annni della guerra e della successiva riconversione industriale delle nazioni da guerresca a pacifica. Colloco il 1935 come spartiacque di questo fenomeno perchè anche i circuiti inglesi erano con le loro corse i più famosi e in quell’anno per la prima volta Tenni corse il Tourist Trophy, la corsa che era come il campionato del mondo che invece cominciò nel 1949. Senza preparazione, questa corsa di 362 Km, come tutti sanno(?!), venne dominata da Tenni anche se persa per un guasto meccanico. Ma tutti si accorsero della validità del progetto motoristico italiano assieme naturalmente alla bravura del pilota che fece impazzire gli Inglesi. Questa graduale scomparsa delle case inglesi fu ancora un grave sfortuna per Montanari perchè corridori di tutto il mondo, eccetto gli americani che hanno sempre fatto storia a sè fino agli anni 70, vennero man mano più numerosi a bussare alle porte di Guzzi Gilera e Mondial che con Ducati, Benelli e M.V.nel 1952 restarono le uniche a correre. Quindi per Montanari la concorrenza non era mai stata così grande e questo fenomeno non ha più avuto uguali; di conseguenza Alano si trovò, dopo la cavolata di fare tutte quelle guerre, a 40anni e nel momento sbagliato. Però non completamente nel posto sbagliato perchè Carlo Guzzi era un suo grande estimatore; aveva lasciato la parte tecnica dell’azienda e del reparto corse a Todero e Carcano e si occupava personalmente della scelta dei piloti. Per anni i miei compaesani, quando si incazzavano con qualcuno gli urlavano: Cut avnes un colp a te e a clet! Ti venisse un colpo a te a quell’altro!; quell’altro che entrava in tutte le incazzevoli minestre era Carlo Guzzi che però non aveva per me colpe; Ovviamente la colpa attribuitagli era di ignorare spesso Montanari che tra l’altro qualche anno dopo fu gratificato perchè gli fu aperta la concessionaria Guzzi di S.S. Giovanni. Finissimo conoscitore di piloti, Carlo Guzzi, dicevano di lui che “sapeva contare i peli nel culo ai piloti da sopra le mutande” .Ma bisognava considerare che Alano ripartiva dall’età di 40 anni e quindi puntare su di lui era problematico anche se fosse stato suo padre o suo figlio e poi tanti corridori anche di altissimo livello volevano correre in Guzzi. Carlo Guzzi aveva allora un rapporto con Tenni non eccellente perchè Tenni aveva la pretesa che lui riteneva giustificata di voler fare quello che voleva e ascoltava solo qualche volta Carcano, senza che avesse cattiveria alcuna. Però bisogna dire che quando morì a Berna,nel 48, Tenni ebbe l’incidente mortale forse proprio per quello, perchè volle correre con una moto che Carcano sapeva non essere adatta a lui e, grande disgrazia, quel giorno Carcano era a Roma. Siccome Tenni e Montanari sembravano avere le stesse caratteristiche, puntare su un altro con grande esperienza però forse scomodo era oggettivamente problematico; sullo scomodo si sbagliava di grosso, come vedremo. Quando poteva Carlo Guzzi fece in quel periodo correre come “ufficiale” Montanari perchè era in possesso di un regolare contratto fin dal 1950 e se ci pensiamo, con tutto quello che ho detto finora era segno di un’enorme stima da parte della sua dirigenza. I 40 anni e il nugolo di piloti alla Guzzi erano due sfortune ma erano superabili se non che ebbe un’altra sfortuna ancora come tanti: quella della clausola, nei contratti, dell’ordine di scuderia. Avrebbe potuto farcela ad emergere perchè era in grado di spolverare tutti, come poi si vide ma ne fu impedito dalla crudele, terribile legge che prevedeva che uno sapeva già in partenza, a meno di eventi sfortunati per gli altri, che non poteva vincere. Io non ero mai riuscito a capire questa legge che per me come per tanti altri era anche inutile. Ora non esiste più (avete presente il muro fra Rossi e Lorenzo?) ma allora era inflessibile. E’ vero che durante la corsa l’ordine poteva essere cambiato ma il “gregario” aveva sempre almeno due capitani e la “carta bianca” non l’ho mai vista sventolare in corsa. La CARTA BIANCA era una bandierina o il più delle volte un foglio che veniva fatto sventolare al passaggio dello schiavo per liberarlo dalle catene e così poteva fare la sua corsa. Naturalmente l’ordine di scuderia aveva una sua ragione d’essere che ho capito tardi anche perchè Alano non si sognava neanche di spiegare; all’inizio si pensava fosse dovuta al fatto che essendo costruite in modo artigianale le moto potevano essere anche notevolmente diverse come prestazioni e però durante le prove si vedeva e allora il gregario disciplinatamente lo faceva presente e alla sera venivano scambiati i numeri già assegnati dalla Direzione gara. Poi si capì che, esssendoci tanti galletti in una squadra, eventuali lotte intestine potevano essere dannose alla marca e allora veniva stilata una lista di preferenza ben ponderata dallo stesso Carlo nel caso dellla Guzzi. Questo modo di procedere era dovuto anche all’equilibrio fra Guzzi e Gilera nella 500 con buona prevalenza Gilera, il contrario nelle 350, equilibrio fra Guzzi e Mondial nelle 250 con leggera prevalenza Guzzi e apparizioni significatve della Benelli, moto di altissima qualità ma con presenze un poco a “singhiozzo”; questa approssimazione e schematizzazione penso sia abbastanza valida. Per parlare dei piloti Guzzi italiani (per tutti gli altri anche di altre case, c’è il web!) i migliori nati come ho già detto attorno al 1920 erano Lorenzetti e Ruffo ma vi parlerò solo di Lorenzetti. Lorenzetti pur essendo poco più giovane di Tenni e Montanari, avendo cominciato a correre un poco tardi, era di un’altra generazione rispetto a loro, diciamo che il suo modo di correre non era pionieristico come quello di Tenni e Montanari che correvano con l’istinto, magnificamente con l’istinto e la follia della velocità per la velocità era troppo prevalente ripetto alla fredda determinazione a vincere dei corridori post pionieristici come erano quelli nati nel 1920. Lorenzetti abbastanza alto e magro pressapoco come Valentino Rossi, taciturno come Montanari si “innamorò” subito di lui come fece Carcano. D’altra parte le caratteristiche di Alano lo facevano apprezzare da tutti, era quello che faceva “spogliatoio” come si dice nel calcio, sempre pronto a dare consigli per la sua esperienza, a consolare i compagni perdenti e d’altra parte tutti i piloti, che avvertono istintivamente la grandezza come pilota di un collega, l’hanno sempre considerato un grandissimo e questo gli bastava come gli occhi innamorati delle ragazze. Non poteva esistere ancora, non era pensabile un Rossi che cerca di distruggere psicologicamente un avversario o il suo stesso compagno di squadra. E’ una caratteristica di Vale però discutibile ma non più tanto perchè l’uomo è cambiato e la lotta per emergere è diventata più dura di un tot e il voler emergere a tutti i costi è diventata una qualità mentre una volta era un difetto grave. Diceva Lorenzetti che bastava che Alano ti guardasse senza parlare per capire che la sua solidarietà C’ERA, CHE LUI CI SAREBBE SEMPRE STATO nel caso tu avessi avuto bisogno di lui. I corridori del 1920 avevano studiato la tecnica e soprattutto Lorenzetti è stato in Italia il primo pilota intelligente in corsa. Come pressapoco dice anche Carcano, la sua intelligenza si vedeva col fatto che quando era in grande vantaggio è stato il primo a staccare, levare il gas, 20 m prima del solito prima di affrontare la curva. Per Tenni questo era meschino perchè la gente lo stimava anche e sopratutto quando perdeva perchè in vantaggio di un mezzo giro staccava invece 5 metri dopo e questo per lui era rispetto per chi pagava; quando per questo osare sempre di più cadeva aveva una ovazione massima. Lorenzetti è stato tanto inteligente da essere stato il primo a liberarsi di un eventuale cappio della legge di scuderia; si comprava dalla Guzzi i motori col patto di essere assistito in corsa dalla casa. Alano pur consigliato da Lorenzetti in tal senso, l’ha fatto solo nel 1957. Avrebbe avuto qualche occasione per emergere perchè allora si correva sempre, fra campionato Mondiale e Italiano e altre corse varie, almeno una volta la settimana, ma anche lì in Guzzi c’era l’inflessibile mannaia della legge di scuderia. Soprattutto il campionato italiano era importante per i corridori italiani e parecchi piloti preferirono per tanti anni rinunciare alle lunghe trasferte del mondiale, come il grande Libero Liberati, penalizzato anche lui come Alano dalla legge degli ordini di scuderia. Si incontrarono in Guzzi e assieme fino al 1951 praticarono il “gregariato”, ma Liberati, giovane rampante, nato nel 1926, come dice il nome Libero, mal sopportava questa legge e passò alla concorrenza meno rigida, cioè alla Gilera dove dominava il grandissimo Masetti vincitore del campionato 1950 e che Liberati pensava di potere far fuori. Ma Masetti vinse anche il campionato nel 1952 e alla fine dell’anno la Gilera si dovette arrendere alla moltitudine degli stranieri e ingaggiò l’immenso Geoff Duke che nel 1951 aveva umiliato la potentissima Gilera e Masetti correndo con una Norton poco potente ma maneggevolissima. Questa fu la fine per Masettti alla Gilera e passò alla M.V.; Liberati allora scopri le grandi qualità della monocilindrica Gilera Saturno e si rifece nel campionato italiano cogli interessi. Montanari restò per il suo amore per la marca e l’amicizia con Lorenzetti e Carcano e tutto lo stuolo dei piloti Guzzi; continuò quindi nel suo lavoro preziosissimo per la squadra, ma difficilissimo, di tenere a bada gli inseguitori del proprio capitano ma che non dava certo la gloria. Una volta trasgredì l’ordine e in testa di molto si fermò in una curva, per fare passare i 2 capitani e si accese l’immancabile sigaretta. Un’altra volta si ritirò per aver “bruciato” i freni, me lo disse Lorenzetti, per non sopravanzare il suo capitano! Sarebbe potuto andare forse nel 52 alla nuova grande marca, la M.V., che entrò in lizza nel mondo delle corse appunto in quell’anno. Ma Alano non capiva neanche la grande importanza del suo lavoro oscuro, pensava forse che i tempi erano cambiati, che c’era stata una evoluzione nel modo di correre e quindi era contento di correre con la sua amata Guzzi e questo gli bastava anche se vedere Liberati dominare nel campionato italiano forse un poco gli pesava ma non lo fece mai vedere anche perchè aveva sempre di più la stima di Carlo Guzzi AL QUALE NON CHIESE MAI NULLA.
E gli altri eroi della nostra storia? Mio zio continuava a correre anche se, essendo del 1885, sui 60 era meglio che la smettesse “con i bollori” e di “fare fosso” come gli diceva tutto lo stuolo dei fratelli e sorelle, ben 8, e dei nipoti e a un certo punto trovò un amatore e vendette la B.S.A. anche per pagare i debiti che mio padre aveva contratto nell’acquistare una specie di limousine di marca Plymouth che era stata di un generale americano. Ormai avete finito di stupirvi e quindi spiego subito: mio padre era autista di rimessa, cioè era cercato dalle persone che non avevano l’auto e che grosso modo erano il 90% in paese. Il lavoro più grosso era quello di fare servizio nei matrimoni; poi portava la gente all’ospedale e quasi sempre a Bologna perchè “per affogarsi ci vuole dell’acqua” e allora convinceva tutti dell’opportunità di andare da professori dell’Università facendo fieri quei contadini che poi più tardi cercarono, comprandosi l’auto, di preferire anche vecchie ma immancabilmente le Mercedes colle quali la domenica portavano la famiglia a spasso e che riposavano durante la settimana sotto il porticato e d’inverno nella stalla perchè l’acqua del radiatore poteva gelare; poi d’estate portava tutte le mattine la gente al mare a Cesenatico al Bagno Venezia e alla sera la gente al cinema a Cesena. Soprattutto era necessaria la Plymouth per portare la gente a vedere al cariri (le corse) di moto; niente calcio o altri sport anche perchè in paese e nei bar si parlava SOLO DI MOTO. la Plymouth ha contenuto, a zur sora e signor e la madona (Giuro su Dio e la Madonna) con bambini fino a 16 persone! (a pieno carico). Era conosciuta in tutta la Romagna come la “macchina di Ridolini” perchè in una comica Ridolini aveva appunto un’auto da cui uscivano una dietro l’altra 50 persone! Nella settimana venivano raccolte le prenotazioni delle 12 o 13 persone che la domenica sarebbero partite alla mattina prestissimo per andare alle “cariri”. Bisognava andare presto perchè ci voleva del tempo a trovare il posto per montare delle tribunette in legno che smontate trovavano posto sopra la Plymouth legate nel portapacchi. Nel bagagliaio viveri in abbondanza e specialmente bottiglioni di sanzves (Sangiovese). All’estero (fuori dalla Romagna) si ricorda la trasferta per Ospedaletti quando “traversammo gli Appennini” e la Plymouth alla fine della salita non ce la fece più perchè andava a metano e nell’occasione il babbo si era dimenticato di mettere un po di benzina. Dovemmo scendere e fare 3 Km di corsa e al ritorno per mettere la benzina mio padre tassò tutta la comitiva facendo i conti due volte perchè c’erano due non paganti, io e Luis ad fracul che era ubriaco fradicio. Partimmo al sabato sera dopo il cinema e tornammo al lunedì mattina! A Monza nel 50 non avemmo problemi ma perdemmo Mas-cin detto anche Angammà che ritornò in treno dopo 3 giorni; non “trovava” il treno perchè l’italiano era per lui una lingua straniera e chiedeva alla gente del “vapore” finchè non si imbattè in un romagnolo che lavorava alla Braun-Boveri che Mas-cin chiamava SBRAMBOVERI come chiamava Oliver (sidecarista) OLIVUD e la curva di lesmo L’ESMA(L’asma!) quando mimava le corse per quelli rimasti a casa. Più tardi andammo anche a Salisburgo e partimmo al lunedi perchè volevamo vedere tutto dal momento che le prove cominciavano al mercoledì e fummo seguiti da un camioncino con i viveri e il vino per una settimana. Il camioncino si chiamava “Giulio” perchè una volta senza freni aveva fatto la” funzione” ad una Giulietta Alfa Romeo investendola da dietro. Giulio ogni 40 km si doveva fermare per fare acqua che bolliva essendo un residuato bellico e arrrivò il giorno dopo e non morimmo di fame perchè fummo salvati da una comitiva di tedeschi che, pieni di birra, disboscarono un mezzo bosco per riscaldarsi e vicini ai carboni mettevano a cuocere un tot di patate (cos’altro se no?) che furono in parte usate per la nostra sopravvivenza. In compenso questi crucchi i cui padri ci avevano “per” la guerra razziato tanti maiali, fecero fuori nella settimana molta parte dei nostri viveri forse per non essere inferiori ai loro genitori. Noi a nostra volta ci rifacemmo perchè quando ubriachi fradici i “doic” si addormentavano vicino al fuoco, noi soddisfacevamo le brame delle morose a cui l’alcool dei morosi aveva tolto l’amore nel senso più bello ma non il più puro del termine. Dopo la guerra germogliò, si sviluppò, divenne pronubo di botte, sempre per educazione fuori dal bar, cosa?: il TIFO. Per Ambrosini, per Liberati, per Valdinoci? No per la Guzzi o per la Gilera che erano le case principali e anche la M.V. prendeva paga anche se correva in tutte le categorie, ma regolarmente vinceva a Cesena mandandoci a casa tutti scornati. Il tifo era quasi solo per le marche e ancora adesso mi riesce incomprensibile; si poteva tenere, al limite, anche per un corridore del campo avverso ma raramente e con discrezione. Il tifo era pressapoco diviso in questo modo: i padri dell’età di Alano erano guzzisti e naturalmente i figli erano convinti gileristi. Anch’io tradii Tenni ma non Montanari anche perchè non lo consideravo moltissimo essendo lui guzzista e questo per molti anni. Cesare? Beh Cesare quando rubava il motore al padre, specialmente una Guzzi da motocross colla quale Alano vinse a Parigi, a 15 anni faceva cose incredibili. Motocross? Parigi? Montanari correva dappertutto e con qualsiasi mezzo. VI SPIEGO: Macerone ha un fiumiciattolo, il Pisciatello che corre dietro le case dalla parte destra della strada Cesena-Cesenatico e continua poi attraverso i campi. Il nome Pisciatello vuol dire piccola pisciata ma fu scoperto dagli studiosi essere il vero Rubicone dove” l’altro” Cesare gettò il dado che nientepopodimeno cambiò la Storia. Gianni Brera, commentando la perdita del Giro d’Italia da parte di Charlie Gaul per essersi fermato a orinare, scrisse un memorabile articolo intitotolato “Piccole cause grandi effetti”, sulla Gazzetta paragonando la pisciata di Gaul al fiume Pisciatello, entrambi responsabili di grandi eventi. Per sentirsi importante, come meritava, questo Pisciatello, sempre quasi secco, quando pioveva tracimava tutti gli anni; fu creato un apposito consorzio che alzò gli argini di 2m sulla campagna. Sull’argine destro c’era un sentiero, largo 20cm che arrivava fino ad un punto dove il Pisciatello si allarga, AL BOTI, bel posto nascosto dalle piante dove noi portavamo le ragazze. ECCO: Cesare percorreva questo sentiero ai 100 all’ora colla moto da cross del padre. Era pericolosissimo perchè da una parte c’era la recinzione dei campi col filo spinato e dall’altra il fiume profondo. Aveva visto Alano farlo per allenarsi per il cross e lui tranquillamente lo faceva 100 volte al giorno.Nel tifo era agnostico però diventava gilerista quando il padre veniva a sapere di tante cose che facevamo e sgridava Cesare in modo quasi violento e però intanto strizzava l’occhio a me perche era buonissimo. Cesare, colla scusa di essere miope, non pensava alla moto ma cantava tutto il giorno e suonava di tutto. E’ diventato un grandissimo cantante, commercialmente era pressochè nullo perchè come il padre ignorava il denaro, non si è saputo gestire, ma continua a cantare a 75 anni e la gente si chiede sempre perchè non è diventato famosissimo. Si vede che questo è nel D.N.A. dei Montanari, sempre calmi, sempre tranquilli,sempre silenziosi e sempre un poco sfigati. D. Enea aveva continuato ad essere superfascista, aveva ereditato da un soldato tedesco in fuga un fucile con molte cartucce che teneva pronto per quando i comunisti si fossero presentati per “venirlo a prendere”. Questo fucile se lo portò dietro a Gaibola di Bologna dove fu esiliato dal vescovo per una faccenda enormemente stupida e crudele dove era evidente la mancanza di qualsiasi colpa da parte sua. Lui che aveva un po’ il carattere del fratello, ubbidì ma io che ho vissuto con lui il primo anno d’Università come ospite sono ancora straziato dalle sue urla nel sonno per la mancanza degli amici e dei suoi vecchi parrocchiani. Alano appena poteva non mancava di recarsi da lui ed essendo una persona di grande umanità gli era di grande conforto assieme alla figlia Mimma, a tutti i suoi parenti e a mio zio. Fra i suoi tifosi Alano aveva un idraulico, un certo Fracul che era protagonista di tutte le storielle che poi venivano raccontate agli altri corridori e a Carcano. Balbuziente, simpatico, pronto allla battuta come nessuno, sempre con la tuta da lavoro unta e bisunta, Fracul era conosciutissimo nel mondo della moto per le battute e i numeri che faceva. Carcano riferisce un po’ male un episodio al quale bisogna fare giustizia. Un giorno Alano percorreva la statale Cesena-Cesenatico in direzione Cesenatico con una delle sue Guzzi e nel sedile dietro aveva Fracul. Dopo pochi km si vede superato da una Gilera, il più grande disonore per lui; si abbassa e dà tutto il gas urlando:”botat zo Fracul!”, Buttati giù Fracul intendendo dire che si doveva abbassare per avere più velocità. Fracul che non capiva la ragione delle urla, restava interdetto e allora Alano più volte ripetè arrabbiato: “botat zo Fracul, botat zo Fracul!” Fracul non capiva il perchè però “per stare dalla parte del sicuro”(?!) come disse poi, arrrivato ad una curva e approfittando di un rallentamento della moto si buttò letteralmente giù dalla moto e, tutto ammaccato ma illeso, al primo che lo soccorse e che gli chiedeva cos’era successo rispose “sut ca sepa, a so arivè ades” (cosa vuoi che sappia, sono arrivato ora!). Intendeva dire che ancora non sapeva cosa era successo veramente perchè l’avrebbe saputo da Montanari più tardi. Il soccorritore che lo conosceva capì dalla battuta che restò famosa che era illeso e allora gli ripetè la domanda e allora Fracul disse “a ne so propi, u ma det ad butem zo” “non lo so proprio, mi ha detto di buttarmi giù” e l’altro pensò che fosse un’altra battuta perchè equivocò anche lui e ripetè ancora la domanda e allora Fracul si arrabbiò: “Aloura tci sourd! me an so miga sourd! um la det dis volti” Alora sei sordo! io non sono sordo; mel’ha detto 10 volte! il soccorritore perplesso ma non convinto si arrese e lo portò in casa e, come era uso nei casi di spavento, gli portò un bicchiere d’acqua e allora Fracul perse proprio la pazienza e da buon bevitore gli fece: “aloura tan si sol sourd ma tci anca scioc! cma vut ca feza ad arfem cun un bicir d’aqua! portum de sanzves a sem in Rumagna!” (allora non sei solo sordo ma anche sciocco; cosa vuoi che mi riprenda con un bicchiere d’acqua! portami del Sangiovese! siamo in Romagna!); si riferiva al detto che si “vedeva” quando uno arrivava in Romagna perchè quando chiedeva da bere gli portavano del vino mentre fuori, al confine della Romagna gli davano dell’acqua. Tutto il discorso era condito dal fatto che, spaventato, era diventato più balbuziente del solito e questo colloquio durò più di una mezzora. Alano che non si accorse della caduta, era tutto impegnato nel suo “dovere”, e quando lavò l’onta, si accorse dell’inopinata assenza di Fracul e ritornò indietro a cercarlo più perplesso che mai e dal gruppo di persone che si era radunato ebbe la notizia che l’amico si era buttato giù dalla moto perchè era stato lui a dirglielo e allora spiegò l’equivoco e fu abbastanza contrariato perchè sostenne con l’amico che doveva capire cosa voleva dire perchè era sicuro che Fracul avesse visto la Gilera e Fracul allora si prese la colpa, fece spallucce e disse “Te rasoun unainta volta a staro piò ataint a la merca di mutur !” (Hai ragione, un’altra volta starò più attento alla marca dei motori!) Fracul come ho detto faceva l’idraulico ed era un gran lavoratore ma quando ritornava a casa Muscoun, subito sospendeva i lavori e faceva “cappella” (vacanza) e a quando uno gli chiedeva un intervento faceva un cenno al fratello che spiegasse lui perchè, essendo balbuziente aveva paura di perdere un secondo di tempo. Appena Alano arrivava nei circuiti tutti i corridori smettevano di fare anche le prove per andargli a chiedere le ultime nuove su Fracul che era ospite fisso del suo sellino, stava attento ai motori però regolarmente bussava sulla spalla di Montanari e gli chiedeva che marca era perchè “uns sa mai” non si sa mai! Fracul era ospite fisso nella Plymouth e “non pagante” perchè tutti si “tassavano” per averlo con noi e Montanari durante la corsa trovava il modo di fargli un cenno di saluto! Quando partì soldato fu un dramma per noi ma anche per lui perchè non capiva gli ordini e li considerava quasi sempre contrari al “suo” buon senso e allora faceva quello che gli pareva. Intendiamoci non è che sbagliava Fracul, ma il sergente o il tenente, per i quali, come militari, la logica era ed è sempre stata una materia estranea alla loro mentalità. Gli dicevano di fare una cosa e gli volevano anche dire come doveva fare; essendo meridionali o bassitaliani lui non capiva e faceva le cose nel “suo” modo migliore. Ritornò a casa due mesi e 22 giorni dopo il dovuto perchè dovette scontare 2 mesi e 22 giorni di punizioni. Riuscì a “imparare” non so come il telefono e un giorno mi telefonò tutto concitato dicendo: “Luvigino cosa vuol dire “TRAINE”? e io naturalmente dissi che non lo sapevo e allora lui taglio corto (per modo di dire): “Domani vengo a casa e ci spieghiamo bene” Mi scervellai tanto ripensando a tutte le cose contrastanti, che era spaventato e che però veniva a casa dal momento che, dopo un anno e mezzo, non aveva avuto mai una licenza. Il giorno dopo naturalmente venne da me, fece le condoglianze a mio padre perchè aveva speso male i suoi soldi per mandarmi a scuola dal momento che non sapevo l’italiano; poi mi spiegò che il comandante del campo aveva ordinato a tutti di lavare PER BENE il carro armato perchè doveva” venire” il generale. Lui per quella strana logica dei militari era passato da idraulico a carrista e una volta tanto i miltari ci presero perchè Fracul aveva fatto anche il trattorista. Dopo aver visto che la morchia di olio e polvere usando il compressore non andava via coll’acqua, se ne andò col suo carro armato a distanza di un km dove c’era il deposito del gasolio. Col compressore che collegò alle botti di nafta da 200 litri, di botti ne consumò quattro o cinque e ritornò al campo tutto felice. Il generale passò in rivista tutti i “carrarmati” ma poi il comandante bassitaliano di nome Calogero chiamò a raccolta tutti e Fracul disse che urlò incazzatissimo per mezz’ora. Lui non capì quasi nulla se non che ogni tanto diceva: TRAINE FRACUL e poi lo chiamò in ufficio gli diede un foglio e lo mandò a casa. Lui pensò che avessero scoperto tutto, che lo mandassero a casa per salutare il babbo e la mamma perchè poi lo avrebbero tenuto tutta la vita “nei” militari o che si fossero stancati di lui e considerandolo matto per non andare nei matti loro si fossero liberati di lui! Fracul sperava su questo perchè un suo amico di Conselice non aveva fatto il militare perchè arò alla notte col trattore la piazza sterrata davanti al municipio, ma per via del comandante incazzatissimo… aveva capito che il nocciolo del problema stava in quel TRAINE. Io guardai il foglio che gli aveva dato il comandante e che aveva ripiegato 10 volte per la paura di trovare cattive nuove. Era una licenza premio di 20 giorni! Aveva confuso TRAINE con TRANNE! Volle vederlo nero su bianco sul “VACCABOLARIO” dizionario e per un po lo chiamammo trainefracul ma poi era troppo lungo e ritornammo a Fracul.

TERZA PARTE

Montanari intanto continuava a fare il suo prezioso lavoro durissimo perchè passare davanti al principale avversario del suo capitano e rallentare poi e fare questo gioco 100 volte ogni corsa è da campioni e lui lo era. Capimmo più tardi che Carlo Guzzi aveva visto giusto anche come stratega ma fare delle staccatone per passare davanti a un campionissimo è naturalmente da campionissimi ma era rischioso; naturalmente pensava che solo Alano lo poteva fare. Montanari pensava che era l’unico rimasto, data l’età, dei PIONIERI, modesto com’era non aveva ambizioni perchè correre con la Guzzi era il massimo per lui, alla sua età e come tutti i pionieri aveva uno straordinaio coraggio e una spericolatezza estrema. Nel 1953 già aveva uno stipendio uguale a Lorenzetti e a tutti gli altri, perchè naturalmente non aveva i premi per la vittoria; se qualcuno che aveva vinto soprattutto per merito suo ci provava a fare a mezzo aveva sempre rifiuti, sempre una volta tanto sdegnati. Ha corso nel 1956 anche con la Ducati 100 cc, che partecipava alle gare della 125, straordinario gioiello, opera di Taglioni che era di Lugo di Romagna; ma non era la Guzzi, trovò il feeling (mica era Melandri) ma ritornò a piena disposizione della Guzzi. A 48 anni “ufficiale” in due case! Allora per molto tempo e fino quasi al 1980 si correva in più classi, le gare erano molto più lunghe e le moto erano molto meno maneggevoli delle attuali. Si scendeva da una moto e si saliva su un’altra. Ricordo la corsa di Alano un poco claudicante per andare dal box Ducati al box Guzzi perchè le gare si susseguivano una dietro l’altra e se si aspettava un poco tutto il circuito era un unico fischio. Il massimo delle corse fatte in un giorno è stato stabilito a carriera praticamente finita da Hailwood (in romagna olivud) a Pesaro dove dalla mattina alla sera corse le quattro gare 125, 250, 350 e 500 vincendone tre e arrivando secondo nella 125! Nella 350 e nella 500 con la Benelli battè Agostini e quindi non era una gara di comprimari, anche se da grande tifoso di Agostini il fatto di correre a Pesaro dove la Benelli era di casa e aveva organizzato la corsa, per me puzzava un poco! Il meccanico di Fosso Ghiaia RA, che era stato il Fracul di Agostini che a sua volta, per farsi capire da lui, dovette imparare il Romagnolo altrimenti non si sarebbero compresi se non a gesti, disse che Ago non si era certo dannato l’anima. Nel 53 ci accorgemmo che qualcosa era cambiato in Montanari; a 45 anni aveva assorbito il modo nuovo di correre, aveva acquisito forse senza rendersene conto una tecnica sopraffina; così poteva far meglio il suo lavoro senza la straordinaria ma pericolosa spericolatezza. Reinventarsi a 45 anni non è straordinario? Eravamo tutti speranzosi che qualcuno dei big della Guzzi avesse una influenza e auguravamo anche una caduta di qualcuno, noi gileristi anche con conseguenze gravi e i guzzisti invece colla rottura di un ossicino piccolo piccolo ma Montanari che aveva già avuto tanti parametri di sfiga, fino al 1957 non ebbe neanche quella fortuna anche perchè alla Guzzi facevano il turnover 10 campioni anche se nessuno era in grado di fare il lavoro di Alano che per tutta la gara faceva una Laguna Seca del 2008. Nel 1956 Carcano, che aveva creato il più grande capolavoro della storia, la 8 cilindri Guzzi era ancora perplesso, perchè la potenza del mezzo non era pari alla sua affidabilità; i materiali non erano ancora all’altezza e cosi anche i telai di allora. Provava e riprovava con Alano e si stava convincendo che il suo progetto era troppo avveniristico, riprovò ancora a diminuirne la potenza e la macchina che aveva corso anche nel 1955 con risultati deludenti per l’affidabilità, trovò un discreto equilibrio. Naturalmente Carcano non era contento perchè giustamente prevedeva che con materiali migliori, anche per il telaio, si potesse elevare la potenza della 8 cilindri in modo impensabile. Di questo non abbiamo la riprova, però mi fido ciecamente del genio di Carcano tanto più che dal 57 al 2008 concettualmente non è stato creato nulla di nuovo anche se sono migliorati tantissimo i materiali e la componentistica ha fatto enormi passi come aveva previsto il Mago. Nel 1956 a Imola Ken Kavanagh colle ultimissime innovazioni mise in riga tutti ma in modo straordinario e si ritirò perchè vide il manometro dell’acqua salire molto e pur continuando a correre e sempre in testa con cenni o urlando a Carcano “Water High”, fece sì che fu fatto fermare. Questo dice molto sulla ancora poca fiducia di Carcano nella macchina. Giustamente Canavaz (strofinaccio) fu fatto fermare perchè la cosa poteva essere pericolosa, ma si scoprì in fabbrica che quello che non andava era il manometro! Noi gileristi non ci credemmo anche dopo il giuramento di Alano (una sola volta e poi lasciò perdere) e all’inizio del 1957 eravamo pronti alla battaglia convinti che stavolta Carcano ” l’avesse fatta fuori ” cioè avesse fatto un bidone. All’inizio della stagione 1957 eravamo pronti alla battaglia e la settimana prima di Siracusa (apertura della stagione e prima gara del campionato italiano) preparammo un grande cartello da affiggere al bar. Scrissi” ELLA FU! SICCOME MERDA/ DATO IL MORTAL SOSPIRO/ STETTE LA 8 IMMOBILE/DOPO AVER PRESO IL GIRO… parafrasando il Manzoni. Il tutto in gran segreto perchè anche i forti devono avere la giusta prudenza. Ma al sabato sera nelle veementi discussioni a qualcuno scappò detto qualcosa, qualcuno furtivamente si introdusse in casa mia sempre aperta giorno e notte. Alla domenica eravamo a casa perchè Siracusa è in BASSAITALIA e la corsa che si svolgeva a Rimini delle 175 non era importante anche se la Plymouth fece egregiamente il suo lavoro anche in quella circostanza. Al pomeriggio alla radio calcio e ciclismo, ciclismo e calcio non riuscimmo a sapere niente. Andai anche nel circolo dei Comunisti dove mi era vietato l’ingresso come nipote del “prete”, ma il “prete” vi andava a giocare a carte e rubava spudoratamente e guardai da fuori per vedere la televisione. Niente di niente. Bisogna dire che la televisione in paese l’avevano solo i Comunisti notoriamente poveri e questo per la comprensione e il circolo era il covo dei guzzisti e ancora per la comprensione del divieto al nipote mentre mio zio per la prudenza che la chiesa deve avere nel dirimere le cose più importanti era solo tifoso di Alano! Alle sei a circoli deserti perchè a quell’ora si mangiava, andai col papiro arrotolato nell’altro circolo dei repubblicani, dove in una stanzetta si riunivano i gileristi per decidere in segreto le punizioni corporali da dare ai guzzisti. Quel circolo era abbastanza agnostico perchè era “bipartisan” e prima o poi capitavano anche i guzzisti dell’altro circolo, anche i guzzisti di fede marxista perchè la barista era chiamata “patacca di ferro”, bella da morire e si sa che questo fa sparire anche le divisioni politiche. Lasciai il papiro arrotolato sotto il banco della patacca di ferro perchè c’era solo la barista, ci provai con lei per l’ennesima volta e per l’ennesima volta andò buca e andai a mangiare. Ritornai nel circolo subito perchè “dai” comunisti, naturalmente… “attaccati” alla chiesa, non veniva nessun suono e quindi era buon segno. E’ vero che quando vi passai davanti il silenzio era troppo ma non capii e andai “dai” repubblicani e entrai in fretta per fare il mio lavoro di attacchino. PRIMO mi arrivò in faccia il papiro arrotolato e straordinariamente pesante perchè pieno di sterco SECONDO pacche dappertutto TERZO pernacchie e insulti vari di prete falso da parte dei guzzisti comunisti, gli altri si limitavano ai soliti insulti normali perchè i repubblicani erano al governo con la DC. I due capi del guzzismo, persone altolocate perchè uno era il farmacista e l’altro il ragioniere del comune, non si potevano abbassare a livello della plebe mi guardarono con sorrisi sardonici: mio padre, appena arrivato da Rimini, si limitò a dire “i mi boch a mandet ai studi” i miei soldi per mandarti a studiare! facendomi così capire di essere guzzista mentre di solito diceva di essere agnostico; forse perchè nella Plymouth entravano tutti e durante i viaggi l’auto traballava dalle botte che si davano e traballava poi anche la piccola gradinata in legno autocostruita e automontata da un falegname di fede gilerista. Solo il fratello di Fracul non si accorgeva che ballava perchè dopo un’ora era ubriaco fradicio ed era andato a dormire sotto il trabiccolo. Quando era finita la corsa e il falegname gilerista aveva smontato la gradinata da solo perchè aveva paura che gli altri gli rovinassero il capolavoro, Fracul lo andava a svegliare perchè era ora di partenza; invariabilmente il fratello gli chiedeva se era l’ora della partenza delle moto! Ritornando a Siracusa era successo che la 8 cilindri aveva vinto dominando e i guzzisti l’avevano saputo via telefono. La guidava Giuseppe Colnago, un bravo corridore ma modesto e riservato e allora gli veniva data normalmente la moto peggiore. Intanto si venivano delineando le nuove prospettive. Bill Lomas (LOMAN l’uomo) che aveva vinto nella 350 nel 55 e 56 fu destinato allo sviluppo della 8 cilindri che avrebbe potuto ribaltare la supremazia Gilera in quella classe, si apriva un buco nella 350 che poteva essere buono per Alano. Nel frattempo seguendo finalmente i consigli dell’amico Lorenzetti che da una vita faceva così, Alano a 49 anni (!) si mise in parte in proprio acquistando la sua Guzzi 350 con una forma di contratto speciale che prevedeva il supporto tecnico della casa. Nel campionato italiano delle 350 fu ripagato con la vittoria abbastanza netta su Liberati che intanto aveva avuto carta bianca dalla Gilera nelle classi 350 e 500 nel mondiale e nel campionato italiano. Fu un anno trionfale per Liberati che si aggiudicò il mondiale della 500 classe regina. Alano nel mondiale non poteva sobbarcarsi l’onere organizzativo per correre colla sua macchina e restava a disposizione della Guzzi e quindi non era cambiato niente. RIPOSO, RIENTRA FRACUL. Nell’ultima gara de campionato italiano Montanari colla sua 350 mono (come diceva il ragioniere) battè ancora nettamente Liberati colla 4 cilindri Gilera. Io guardavo la televisione dai comunisti perchè la F.G.C.I. del paese aveva fatto una mezza rivoluzione e gli anziani soccombettero e quindi zio e nipote fecero il primo compromesso storico d’Italia! All’arrivo della corsa sento una pacca nella schiena e chi poteva essere se non Fracul? Te vest che Muscoun lè mei cne Pateta (Hai visto che Montanari è migliore di Liberati “Patata” per la forma del naso)? Io già lo sapevo ma essendo Gilerista non lo potevo dire e ribattei: “Si ma Patata è campione del mondo… ” E allora Fracul: “Perchè Patata cos’è? non è forse italiano? E allora se Alano è il migliore degli italiani, sarà più migliore di Patata!” E allora io tagliai corto dicendo che io e Giorgio avevamo avuto l’idea di fare una grande festa in onore di Montanari e che sarebbe venuta un casino di gente importante. Fracul ci pensò un po’ e poi chiese: “Dove fate questa festa?” Io pronto: “nel cinema dei Repubblicani” che già aveva avuto l’onore di organizzare grandi veglioni come Notte a Venezia e Notturno Hawaiano! E allora Fracul ” Vengo anch’io!” e un “compagno” dell’alta aristocrazia: “Verranno persone importanti e tu con la tuta sporca che ti fa la notte da pigiama…. valà non sai che ci vuole il frac?” e Fracul pronto: “Io mi chiamo Fracul, mi levo il cul e resto in frac!” Finito l’intervallo fraculesco. Noi speravamo che Alano avesse carta bianca nel mondiale 350, ma Carlo Guzzi preferì ingaggiare Keith Campbell al suo posto. Questo australiano giovane, bravo e molto aggressivo, correva indifferentemente con le auto e le moto ed era affidabile; in romagna fu sicuramente il corridore più odiato dai guzzisti e segretamente dai gileristi che però si mostravano apparentemente indifferenti. Fu il primo fra gli australiani a vincere un mondiale e finalmente i malauguri contro di lui ebbero effetto almeno per una volta perchè in vista della prova mondiale di Monza si fratturò, penso in modo non grave perchè l’unica gara che saltò fu quella. Ma Montanari si era fratturato anche lui 15 giorni prima ad una gamba ed era ingessato. Fracul che vedeva Alano espatriato a Sesto San Giovanni solo ogni tanto, fece “cappella” per piangere calde lacrime imprecando all’ennesima sfortuna assieme al fratello Luis che se non capiva il motivo di questa “piangeria” era perchè era sempre ubriaco, non per questo però lesinava il suo appoggio morale al fratello. Ma… RULLO DI TAMBURI… MONTANARI DOPO 10 GIORNI naturalmente con il suo punteruolo si era tolto il gesso, era andato da Carlo Guzzi a dargli la sua disponibilità facendo finta di stare bene ma la gamba gli faceva male e non poco; tra l’altro Alano era quasi sempre stato claudicante perchè si fratturava la gamba, si tirava via il gesso, la gamba non era guarita e si rifratturava con niente e poi ricominciava di nuovo il ciclo. Guzzi probabilmente non era convinto ma se il più fedele dei suoi scudieri gli assicurava l’appoggio allora poteva stare sicuro! Quando si seppe in paese si radunarono gruppi bipartisan tutti accomunati dalla gioia e i guzzisti accolsero fra loro anche Miglin che aveva tradito la causa qualche anno prima; stanco di pagare casse di birra perse in scommesse tutte le domeniche sera, passò alla Gilera e ufficializzò il suo passaggio, in piedi sopra un tavolo del bar con un discorso che restò celebre. Cominciava: “Popolo di Macerone e paesi limitrofi Gattolino, Capannaguzzo, Ponte del Cucco fino ai confini estremi della repubblica della Romagna, (Pausa di 10 interminabili secondi) ho pazientato abbastanza! Ora basta! Comunico uffucialmente… ecc. ecc.” discorso che avevo scritto io e dovevo stare vicino al tavolo a fargli da suggeritore perchè non riusci a impararlo a memoria. Ma Miglin restò fedele ad Alano che assistette divertito alla sua “conversione”. Mio zio prete stava dicendo la messa e allora gli fu bisbigliato in un orecchio dal ragioniere; per avvertirlo entrò in chiesa la prima volta dopo il giorno del matrimonio, era il momento della comunione, si mise in fila e quando” toccò” a lui gli diede la notizia e poi rifiutò l’ostia benedetta salvando così il suo onore di anticlericale. Fu organizzato il viaggio, lo si preparò con cura, davanti nella Plymouth con mio babbo Fracul (non pagante) suo fratello (non pagante ma che doveva portare il vino per tutti) e il Gig siccome era piccolo accanto a Luis e andava bene perchè erano parenti dal momento che Luis e la moglie del Gig ecc… ma Pilusain, soprannome di mio padre, li guardò tranquillo impegnati nella loro logistica e poi alla fine disse che era impegnato sabato e domenica con matrimoni. Allora Giorgio ad Prazain, già citato studente di ingegneria che era diventato il mio amico del cuore dopo la partenza di Cesare a Sesto San Giovanni, mi propose di andare in treno ed avemmo il netto rifiuto dei genitori perchè era il momento degli esami e “dovevamo” studiare. Io naturalmente ero interessato alle moto, Giorgio era poco interessato alle moto ma molto molto alla figlia di Muscoun e attraverso una telefonata a lei andammo ospiti da Montanari a Sesto. Pur perpetrando un furto nelle cassette delle elemosine in chiesa, non riuscii a trovare quasi niente forse perchè prima era passato mio fratello. VI SPIEGO: Mio zio prete come tutti i piloti pionieri anche potenziali disprezzava il denaro, anche quando diventò monsignore presidente della Curia, non ebbe in dote nessun podere. Chi doveva assegnare i poderi ai parroci? Il presidente della curia! Ma lui, per non far dire alla gente che si approfittava dell’incarico, non se ne assegnò neanche uno! Più tardi sì, uno solo in montagna che non lo voleva nessuno e però lo diede in gestione al Consiglio parrocchiale che con i proventi restaurò il teatro e costruì il bar parrocchiale. Allora lo zio che si faceva pagare le messe poco, aveva solo un piccolo stipendio chiamata Congrua che era una miseria e era di fatto quindi non congrua; perciò non ne avrebbe avuto abbastanza per sé e per il mantenimento della chiesa e quindi quando tornava a casa mio babbo colla Plymouth “incamerava”. Mio padre era andato sposo molto giovane alla sorella del prete nubile anzianotta sperando nel detto che in casa del prete c’è sempre il pane; così quando la Plymouth non andava imprecava anche per la doppia fregatura ed essendo molto giovane era praticamente il quinto fratello; anche lui, se “perdeva” la messa restava senza cena anche se aveva un’urgenza e con l’ambulanza Plymouth doveva portare la gente sempre a Bologna e sempre per il detto che per affogarsi ci vuole dell’acqua! Quando mio padre protestava timidamente mio zio diceva che per stare dalla parte del sicuro c’era sempre la messa delle 6 e mio padre doveva abbozzare perchè spesso tornava tardi il sabato sera quando la Plymouth benedetta da Dio era prenotata in segreto per andare in te casain, nel casino a Forlì e allora mio padre dichiarava al fisco pretesco di essere andato a Cesena così lucrava extra perchè Forlì era molto più distante. Poi i professori della clinica universitaria qualcosa gli davano e anche il dott. Bisulli padrone della clinica S. Lorenzino “contribuiva agli extra” perchè mio padre aveva a disposizione un vasto bacino di possibili pazienti e lui “conosceva bene tutti i dottori” e quindi la gente si fidava di lui per cui faceva un doppiolavoro. Mio zio pensava che anche gli altri disprezzassero il denaro e allora era superipertirchiissimo e anzi non si mangiava neanche perchè “ne uccide più la gola che la spada” e mio fratello che non accettava il fatto e forse preferiva morire di spada ma a pancia piena andava a bestemmiare nel gabinetto e salvava la sua buona “lomina” reputazione da tenere cara per quando ci si arrangiava andando in chiesa a perpetrare qualche furto sacrilego. Io avevo scoperto il segreto di mio zio che fermava le cassette dell’elemosina con una vite da sotto non visibile ma si sa che la fame agguzza l’ingegno e della scoperta ne feci partecipe il fratello più giovane, bello come un angelo e all’apparenza buono come un angelo. Come sempre la generosità non paga e forse mio fratello aveva più fame di me e aveva il vantaggio della buona lomina e allora i miei furti erano modesti, saggiamente modesti per via della bacchetta di canna d’india, mentre mio fratello razziava tutto. Allora mio zio quando tornava dalla chiesa a mani vuote calmo col sigaro in bocca senza parlare mi infliggeva la giusta punizione che era maggiore di quella del sottoscala. Io non protestavo ma non ritenevo giusta la punizione 1) perchè mio fratello con i proventi mangiava 5 paste al bar e io due 2) io ero stato picchiato per colpa sua 3) perchè le 5 paste necessarie capisco per la sua soprvvivenza erano merito mio. In silenzio quindi pure io “incantonavo” mettevo in un angolo l’angioletto e pugni nei fianchi fino a stancarmi. Mio fratello in silenzio prendeva la sua razione e si sentiva solo la voce di mia madre calma perchè era nel rito sacro della sfoglia che diceva: “parchè de tot chi casel a che burdel?” perche dai tutti quei pugni a quel bambino? e non ricevendo risposta continuava nel suo dovere forse comprendendo che si trattava di una regolazione di conti fra uomini. Penso che sarò perdonato anche perchè avevo con le mie orecchie sentito mio zio infervorato dire che i poveri hanno anche il diritto di rubare; se non era vero e se Dio non farà i conti giusti lo farò presente. Mio fratello, morto l’anno scorso, più colpevole, sarà in Purgatorio per un po’ e questo mi sembra giusto! Mio zio se avrà fatto il purgatorio per la bugia riguardante i poveri, gli sta bene anche a lui! Tutta questa storia per spiegare al colto e all’inclito perchè Giorgio e io, presi dal sacro fuoco di due amori diversi ma entrambi grandi facemmo tutto il viaggio nella toilette del treno e la Mimma preventivamente avvertita venne a pagare il taxi che prendemmo alla Stazione. Così la sera prima del giorno fatidico ebbi la conferma che l’amico del cuore era amato! Giorgio era riservato e aveva taciuto mentre io che ero scarsissimo nello sport della femmina, quando riuscivo a baciare con la lingua una ragazza, la facevo aspettare un poco con una scusa e correvo nel bar a raccontarlo e l’amico del cuore dell’interregno fra Cesare e Giogio mi faceva tutto serio e annuendo colla testa: “Te dla doga” Hai della classe! Quando entrammo in casa Alano e Cesare mangiavano, Alano ci fece un cenno di saluto e un sorriso e con la mano ci pregò di sedere, Cesare ci diede un’occhiata distratta perchè naturalmente della grande fratellanza che ci unì e che doveva essere cementata dalla comunione delle bacchettate non ci era rimasto niente. E pensare che, quando decisi di andare in Seminario, Cesare che era stato in chiesa solo al battesimo e la notte di Natale per aiutarmi col mantice delll’organo, subito decise di venire anche lui con me e ci pensò il Ghilin a metterlo sulla giusta strada “perchè non voleva morire 10 anni prima da e guai dal dolore”; già che c’era stata quella storia del fratello “prete”… La Mimma come tutte le donne prima del matrimonio non mangiò e di solito non è l’amore che le porta a questo ma l’istinto atavico ereditato dalle madri e dalle nonne dal momento che una volta il fidanzato povero quando vedeva la morosa mangiare molto ci pensava su due volte a sposarla; una volta tutti erano poveri e per giunta… non avevano neanche i soldi! Poi dopo sposate, le donne sì che mangiavano! Noi andammo a letto subito stanchissimi e nauseabondi dall’odore della toilette del treno e più tardi la Mimma ci portò da mangiare in camera e da un piccolo gesto affettuoso ebbi un’ulteriore conferma dell’idillio. Giorgio dormì beato perchè per lui si avverava un sogno e anch’io beato, presago del grande giorno che sarebbe venuto!

QUARTA PARTE: IL GRANDE GIORNO

La domenica mattina 10 settembre 1957 ci alzammo tutti presto. Cesare era andato via con il motore e un suo amico che speravo fosse bravo come il precedente amico; Giorgio e la Mimma forse vennero alla corse da soli col bus o forse rimasero a casa. Questo proprio non lo ricordo, non vorrei maliziare e il mio dubbio non è mai stato sciolto dall’interessata e lo riferisco perchè se rimasero a casa da soli il tutto poi non ebbe importanza perchè più tardi convolarono a giuste nozze. Io e Alano andammo al circuito in silenzio forse perchè io ero gilerista o forse perchè era normale per lui. Lo guardavo e lo vedevo “carico” per il fatto che al sabato aveva stracciato tutti nelle prove ma però non potevo manifestare apertamente la mia gioia per via della mia ” fede”. Mi fece avere il biglietto omaggio per il “prato” e andai come al solito alla curva di Lesmo vicina a quella del Porfido che come tutti sanno immette sul rettilineo del traguardo. Lì vi trovai il farmacista coi due figli piccoli e il Ragioniere assieme ad una combriccola di bolognesi fra i quali c’era Gigi il meccanico di Alano quando correva da “isolato” e che era veramente un genio e un corridore di nome Patrignani che diceva sempre dell’emozione che aveva avuto “nello stringere la mano al grande Montanari” l’anno prima al Giro d’Italia motoclistico, vinto da Muscoun colla Ducati. Riferisco questo fatto perchè significa la grande stima di tutti i piloti per un corridore che aveva vinto pochissimo, molto meno di quello che meritava, ma era già un mito. Il ragioniere gran bugiardo e gran mangiatore era con suo parente di Milano e durante la 125, l’intervallo e la 250 aveva “fatto fuori” 19 delle 20 “rosette” con prosciutto che avevano con loro e aveva lasciato “per compassione” la ventesima al suo parente. In compenso nell’intervallo, sdraiato sull’erba, a bocca aperta, fu ulteriormente rimpinzato dai due figli del farmacista con chili d’uva comprata in loco. Poi arrivò il grande momento aspettato per anni. Con la Guzzi c’era anche il buon Colnago, con le Gilera c’era Liberati già in testa al mondiale delle 500 e Mc Intyre con le 4 cilindri, Surtees con la M.V. colla quale vinse poi diversi campionati del mondo e poi uno stuolo di altri “privati”. In tutto partirono in 22… in verità solo 21. Si partiva a spinta e Alano per il dolore alla gamba riuscì a mettere in moto il motore dopo 12 secondi. Quasi alla fine del primo giro passò davanti a tutti Mc Intyre (macintre) che aveva sostituito Duke nella 350 e tutti gli altri e alla fine staccatissimo Montanari. Noi eravamo tutti costernati, senza parola eccetto il farmacista anche lui verde in faccia ma proferiva: “questa è la volta che si ammazza, io lo conosco…” Noi lo vedemmo incarognito perchè fece la curva come un pazzo e io di corsa feci quei dieci metri necessari per vederlo nel Porfido. Così tutta la gara, lui andava sempre più veloce ma anch’io di corsa facevo quei 10 m.sempre più veloce. La curva di Lesmo è bellissima, adatta a chi vuol sorpassare e lo vedemmo stracciare prima tutti i privati e poi pian piano Colnago, poi Surtees e Liberati in quella curva. Davanti c’era Mc Intyre protetto da Liberati che non potè fare niente. Pian piano il distacco diminuiva 5 secondi, il giro dopo 4 secondi fino a quando a poco più di un giro dalla fine si accodò a Mc Intyre e fra Lesmo e il Porfido lo vidi rialzarsi perchè aveva rotto il cambiò! Come mi avessero ammazzato un genitore! Penso che mio zio mi avrà perdonato per tutte le bestemmie che dissi nel ritornare dagli amici; infatti quando raccontarono a lui il fatto non fece una piega e penso che non abbia dormito un mese per il dolore “più grande della sua vita”. Mia madre tutte le mattine tornava dalla sua stanza e mi parlava del nugolo di mozziconi di di sigari che vi aveva trovato. Noi corremmo di corsa al traguardo e vedemmo Mc Intyre svenire sul podio per la tensione perchè le segnalazioni gli davano Alano avvicinarsi sempre più e poi lo volle come covincitore sul podio, con lui che si scherniva. Io non ho più visto una corsa come quella dal 1957 fino al 2008! Dopo 20 anni il mitico cronista dello Stadio, De Deo Ceccarelli, a un lettore che gli chiedeva quale gara, secondo lui, era stata la più bella e la più emozionante del 900 rispose:” Senza dubbio la 350 a Monza il 10 settembre del 1957″ e la risposta fu più lunga di un articolo! Tutto il tripudio della fine corsa fu tanto grande che la gara delle 500 partì con 15 minuti di ritardo e noi ci rinfrancammo e io ripresi un poco il self control da… gilerista. Col farmacista ritornai a casa di Alano, a Sesto S. Giovanni commentando col ragioniere e dicendo che Carlo Guzzi avrebbe sicuramente capito per il futuro cosa era giusto che facesse. Il ragioniere mi disse che non l’aveva capito dopo la gara di campionato italiano di Ravenna dove Liberati era in testa perchè la 4 cilindri Gilera, messa finalmente a punto, era velocissima. Caddero poche gocce d’acqua e Alano in pochi giri recuperò lo svantaggio e vinse. Corse quella volta anche anche nelle 500 colla 8 cilindri e in testa volle spingere forte e cadde in una curva. Il farmacista non parlò perchè era ancora affranto, ma arrivato a casa fu consolato da Montanari che considerava “normale” la sua corsa. Poi invitò tutti a mangiare e il ragioniere disse una battuta, all’invito, che fu celebre: “l’è mei chet compra un caputin a Cesarino” “E’ meglio che tu compri un cappottino a Cesare!”. Poi restarono e il ragioniere non mangiò molto dopo i 19 panini e l’uva della giornata. Giorgio e la Mimma gli chiesero, conoscendolo, se stava poco bene e lui, schermendosi: “A voi che a mondo ui aresta un po ad baioc pre caputin ad Cesarino” “Voglio che ad Edmondo gli restino un poco di soldi per il cappottino di Cesare”. Montanari, sapendo della mia fede gilerista, mi chiese se secondo me, se non avesse rotto il cambio, avrebbe vinto e io risposi subito: “si al 100%” e contento azzardò: Ti e dispiaciuto che io abbia rotto?” e io ” Si, tanto” ma poi ricordando i sorrisi sardonici del ragioniere e del farmacista nell'”affaire” papiro aggiunsi: viva sempre e comunque Gilera! Lui ci rimase male ma poi giunti al rito del caffè me lo portò lui con un sorriso facendomi capire che mi aveva perdonato, perchè lui era così. Agli altri lo portò la Mimma con una furtiva carezza a Giorgio sempre e comunque smentita dall’interessata. Il campionato mondiale lo vinse Campbell con tre vittorie e il resto della stagione fu apppannaggio della 4 cilindri Gilera eccetto che… a Monza dove vinse ma fu dominata da un quarantanovenne rabberciato da 40 fratture! Il ragioniere in piedi appoggiato al banco del bar col bicchiere di Sangiovese in mano ha descritto per un mese la corsa una volta dicendo che era in una curva e il giorno dopo era stato in un’altra curva con delle invenzioni mirabolanti, ma dovevamo ascoltarlo seri perchè se si accorgeva che sghignazzavamo, erano guai. Una volta raccontò che in Africa (dove non era mai stato) il suo tenente si lanciò fuori dalla trincea urlando “All’attacco” e prese una velocità tale che una granata gli staccò di netto la testa e lui colla spinta che aveva percorse altri cento metri. Fracul allora tutto serio gli disse:” si vede che si accorse solo allora che non aveva più la testa, sennò (altrimenti) se non se ne accorgeva, avrebbe fatto in tempo a ammazzare una divisione di inglesi” L’altro infervorato: “me l’hai tolto dalla bocca!”; tutti eravamo corsi fuori a ridere. Ma quando parlava di una mangiata pantagruelica che aveva fatto, dopo Monza, io gli ho sempre creduto. Alla fine di settembre noi gileristi avevamo chiuso i battenti, parecchi di noi avevamo fatto il passaggio alla Guzzi che comunque aveva perso le caratteristiche di marca; Guzzi voleva dire Montanari e quindi avevamo scelto il binomio non inscindibile. C’era però sempre l’ammirazione per Liberati e la 4 cilindri Gilera con la loro supremazia netta nella 500. Rimase praticamente uno solo ad essere gilerista Ligio ad Bigiain ex mio fidato scudiero, già da qualche mese diffidato da tutti noi perchè ebbe una storia poco bella con Alano. Quando Alano tornò dalla corsa vinta a Ravenna nel bar chiese a Eligio: “Sarai pur contento che ha vinto un tuo compaesano!” La risposta ci fece inorridire: “No, io voglio che vinca sempre la Gilera anche quando ci sei tu!” Alano, da quella persona semplice che era ci rimase male ma poi dopo 5 minuti, parlandogli, gli sorrise come prima. LUI ERA COSI’.

QUINTA PARTE: LA FINE

I nostri sogni, segreti per i gileristi e manifesti per i guzzisti, si stavano avverando. Campbell aveva il contratto di un anno e non faceva più paura. Ma la sfiga che ci vede benissimo continuò a fare egregiamente il suo lavoro. Infatti le case italiane si ritirarono improvvisamente dal mondiale e in un comunicato congiunto della fine del 1957, Gilera, Guzzi e Mondial scrissero che era inutile continuare a correre perchè tutto era stato inventato e confermato nella moto. Avevano ragione in parte perchè concettualmente è verissimo dal momento che la 8 cilindri Guzzi è stato sì il monumento ad un mondo che stava per morire, ma è andato oltre perchè come idea non è stata più superata. Da allora solo la componentistica cioè la parte che riguarda tutti i componenti della moto ha fatto passi da gigante come i materiali che ora arrivano anche a sfruttare le innovazioni aerospaziali, ma le moto concettualmente sono sempre le stesse. I giapponesi si sono subito appropriati delle ultime innovazioni della Gilera e hanno sviluppato quel progetto. Restò a correre delle marche italiane la sola M.V., che a sua volta aveva copiato la Gilera, assieme alla Ducati e alla Benelli, le ultime due non con una presenza costante. La verità che non viene mai detta nei comunicati ufficiali è che i costi erano diventati troppo gravosi e ancora non c’erano gli sponsor a dare una grossissima mano ai costruttori. I maghi della pubblicità si sono accorti poi che una scritta sui pantaloni di un pilota è più “visibile” di una pagina di un quotidiano che “vive” un giorno solo e non viene neanche guardata. Ora la pubblicità resta in eterno nelle foto che teniamo in casa dei nostri campioni preferiti. Bisogna dire che il motociclismo italiano in gran parte morì ma da vincitore mentre gli inglesi erano morti sul campo sconfitti dalla nostra supremazia. Carcano non si ritirò e fece in tempo a creare moto per la Polizia e l’Esercito, non volle andare alla M.V. e la sua incompiuta 8 cilindri è rimasta nei musei e ogni tanto viene tirata fuori nei motoraduni dove stupisce ancora. Stupisce di più ancora che nessuno abbia provato a portare avanti quel progetto; in fondo l’uomo non è poi quella creatura intelligente che crede di essere. Carcano si ritirò all’età canonica, aveva dimenticato le corse ma continuò a lavorare fino alla morte, a 95 anni, nel 2005. Nel suo cassetto è rimasto un progetto di una moto che con le ultime innovazioni del diesel avrebbe permesso alla polizia di girare un mese con un pieno di gasolio! Alano contnuò a correre colla sua vecchia 350 che continuava ad andare per la bravura di Gigi, vinse a 50 anni diverse corse fra le quali la famosa Coppa d’ Oro Shell a Imola sotto la pioggia battente. QUI FRACUL FECE IL NUMERO PIU’ GRANDE. Sapemmo che aveva deciso di passare allo stato di schiavitù sposando la Paciavina. Io mi misi in ginocchio davanti a lui dicendo in italiano, perchè il momento era solenne, che per noi era la fine della nostra giovinezza. Lui sorridendo ci tranquillizzò e fece le prenotazioni per la Plymouth per sé per suo fratello e per la Paciavina. Alla mattina si sposò alla “famosa” messa delle 6, ma un rinfreschino e poi andare al cimitero com’era di norma, partimmo un po’ tardi per il viaggio di nozze a Imola “per” le corse. Allora io spinsi al massimo la Plymouth colla Paciavina che mi urlava: “Sa sit Nuvolari?” Cosa sei Nuvolari? col risultato che essendo le strade ancora molto dissestate i 10 bottiglioni di vino si ruppero. Disastro colla Paciavina ancora con i capelli dritti per la paura e Luis ad Fracul a piangere per il vino! Allora lo sposo prese gli ombrelli e portò la Paciavina a fare un giro e non si vide più fino a sera. All’ora di partenza arrivarono in stato pietoso perchè avevano fatto nei campi sotto l’acqua 4 volte il giro del circuito! Durante il ritorno Fracul spiegò che aveva sempre sentito le mogli degli altri lamentarsi perchè i mariti andavano “via” senza loro; siccome voleva essere un buon marito aveva cominciato a fare il contrario degli altri fin dal giorno del matrimonio. Poi aggiuse: Domenica dove si va? Tre posti prenotati per me, Luis e la Paciavina! Lei urlava “No no no!” Lui insisteva ancora e lei per tutto il viaggio a dire “NO! NO! Faccio il Divorzio!” FRACUL ERA COSI’ Avemmo una bella prima prima parte dell’anno, ritornavamo vittoriosi e così dimenticammo il dispiacere che ci era stato causato dal ritiro delle 3 grandi case. L’unica cosa che era cambiata per Alano era il suo numero di corsa che prima era il 71 e poi divenne il 41. Aveva voluto sempre il 71 perchè è il contrario del 17, numero che lui odiava essendo superstizioso. Alla fine di luglio ebbe un incidente con l’auto e “cappottò” sotto l’acqua per non investire un’autoambulanza nella quale fu caricato e portato all’ospedale dove gli fecero un busto di gesso perchè si era rotto delle costole. Naturalmente dopo qualche giorno col punteruolo si tolse il gesso per correre e cadde facendosi male ad una spalla strisciando sull’asfalto ma lui come al solito non ci fece caso. Per giunta da tempo si era infettato un grosso foruncolo, probabilmente una fistola, che gli dava fastidio ma non se ne curò. La sera del 6 Agosto fece una mangiata di pesce con gli amici e ritornò a casa che non stava bene e subito gli venne una febbre altissima, con dolori lancinanti per tutto il corpo e fu portato all’ospedale Bufalini di Cesena, dove, ennesima enorme sfortuna, l’assistenza medica era molto insufficiente per via del Ferragosto. Non si è mai capito quale causa ha scatenato l’evento, forse le costole rotte che avevano leso qualcosa, poi la caduta che aveva acuito la lesione interna, forse il pesce avariato, forse l’infezione del foruncolo che provocò setticemia ma probabilmente tutto fu concausa ed anche l’incuria all’ospedale. Il 17 sera stava molto male ma continuava a far coraggio agli altri dicendo: Se arrivo a mezzanotte non ho più la maledizione del 17 e me la cavo. Invece morì alle 11.30 del 17 Agosto 1958. I due grandi pionieri del motociclismo sono morti così, Tenni forse perchè quel giorno non era presente Carcano, Montanari per una serie di maledette circostanze dopo che per tutta la vita, anche per colpa sua, non ebbe quel riscontro che la sua enorme bravura avrebbe potuto avere. Mio padre morì poco dopo, poi la laurea e LA VITA! Per 7 anni mi disinteressai delle corse e tutte le volte che andavo al cimitero e vedevo il monumento di Alano rimpiangevo di non essermi affezionato a lui in vita. La sua morte e quella di mio padre segnarono la fine della mia giovinezza.

EPILOGO

Questa sciocchezzuola è stata scritto in Marocco nel mese di gennaio 2009. Non ho quindi consultato testi e tutto è venuto fuori dai ricordi che man mano si sono affollati. Eccetto le correzioni ortografiche lo lascerò così colle imperfezioni storiche che possono esservi. In queste notti ho sognato almeno 10 volte tutti gli eroi del motociclismo che sfilavano davanti a Dio con tute bianche immacolate e in testa Montanari e Tenni ma poi guardavo bene e 10 cm avanti a tutti c’era Montanari Alano Edmondo detto Muscoun.!