di Medardo Pedrini
Ci sono giorni in cui, svegliandoti al mattino, ti accorgi che non solo oggi piove sul bagnato ma che addirittura l’acqua sale dal pavimento. E il livello aumenta, aumenta fino a che una mano di ghiaccio ti afferra i testicoli e li strizza riducendoli come due olive rinsecchite.
Naturalmente ciò vale altresì per le ovaie, anche se, essendo maschio, non mi è data la certezza che le sensazioni siano le medesime, però mi piace pensare che, almeno entro certi limiti, non siamo poi così diversi da quanto vorrebbero farci credere.
Ci sono giorni in cui, svegliandoti al mattino, hai la sensazione che durante la notte ti sia passato sopra un torpedone a due piani stipato di obesi che non vanno di corpo da quattro settimane. Ma non è questo l’importante, ciò che conta è che ogni giorno nella savana una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone per non essere mangiata, così come ogni giorno nella savana il leone si sveglia e sa che dovrà correre più veloce della gazzella per non morire di fame, perciò non importa che tu sia leone o gazzella ma comincia a correre più veloce che puoi.
Certo però che se tu non vivi nella savana, ma in un monolocale nel centro storico di Bologna, che cazzo ti frega di essere leone o gazzella? Meglio che torni a letto e cerchi di riposare meglio, se ti è possibile.
Forse è per questo che al mattino riesco ad abbandonare le lenzuola soltanto con un certo senso di disgusto nei confronti della vita. Il pensiero che anche oggi mi toccheranno le stesse angustie di ieri mi fa venir voglia di abbassare il sipario ancor prima di aprirlo, ma come ogni buon attore so che lo spettacolo deve andare avanti comunque e non mi resta che entrare in scena mio malgrado.
L’unica cosa è che vorrei fare due chiacchiere con quel sadico che ha scritto la mia parte.
No, perché qualcuno deve pur averla scritta, almeno ciò è quanto sostengono molti.
Dice che Dio esiste.
Va bene, prendiamo per un attimo l’ipotesi come realistica e non consideriamo che ci risulta incomprensibile che dal nulla possa nascere qualcosa senza dare a ciò un significato divino.
Dice,” C’è stato il Big Bang, va bene ma chi l’ha prodotto?”
“Come chi? Il bosone di Higgs.”
“A parte il fatto che l’idea di discendere da un bosone non è accettabile per un credente praticante, ma sto bosone chi l’avrebbe prodotto?”
“Come chi? Si è autoprodotto.”
“Non è possibile, se si è prodotto qualcuno l’ha prodotto.”
“Va bene, allora ciò ammesso, chi ha prodotto chi l’ha prodotto?”
“Come chi? Si è autoprodotto, lui può, è Dio.”
Allora va bene, come spiegazione mi pare assai logica e priva di contraddizioni intrinseche, l’accetto di buon grado e la faccio mia, la metto insieme alla collezione delle figurine Panini del campionato 1963/64, l’ultimo vinto dal Bologna, e la conservo come una realtà tanto inconfutabile quanto irripetibile.
Quindi prediamo pur per buono che non si muova foglia che Dio non voglia, e se esiste l’universo, la terra, la natura e l’uomo, è per divina creazione.
E mica c’ha messo tanto a fare tutta sta popo’ di roba, sono bastati sei giorni, poi il settimo s’è riposato.
Ma come, s’è riposato?
“Hai combinato in tutta fretta un disastro in sei giorni e il settimo ti riposi invece di cercare di rimediare?
Va bene che ciò risale a millemila anni fa, ma neppure a quei tempi il miglior sindacalista t’avrebbe potuto salvare dal licenziamento in tronco per scarso rendimento.
Guarda che roba hai fatto.
Nel deserto non c’è un filo d’acqua e di là ci stanno le inondazioni, lì non tira un alito d’aria e là ci stanno i tifoni, lì si brucia di là si gela, metti gli alberi togli gli alberi, e il vulcano erutta e la montagna frana, il mare tsunama, la terra trema, poi c’è chi sodoma e chi gomorra, gli africani ce l’hanno troppo grosso, gli asiatici troppo piccolo e tra americani e europei la diatriba è ancora aperta.
Un disastro.”
“Oh ma mica è tutta colpa mia.
Io ho detto, sia la luce e luce fu, e già mi dovreste ringraziare che altrimenti vi toccava di andare in giro con le lanterne anche di giorno.
Infine ho soffiato sul’argilla e ho dato vita ad Adamo.
Dice che non è venuto bene? Provaci te a fare un uomo di fango che ti scivola da tutte le parti.
Che poi vedi, se quel coglione si fosse accontentato di tutto quel bendiddio che aveva a disposizione, mica le cose si mettevano così male.
Invece, no.
– E mi sento solo, e c’ho le paturnie, e troppo spazio per me soltanto, e con chi condivido questo paradiso terrestre?
Poi più che altro sono stanco di farmi le pippe, vorrei qualcosa di meglio.-
E io che dovevo fare? Gli avevo dato la vista mica potevo lasciare che diventasse cieco.”
“Adamo, io una compagna te la darei pure, ma ho finito l’argilla.
Però c’è rimedio, ti prendo una costola e il gioco e fatto.
Adamo non fare quella faccia. Che vuoi che sia una costola, mica ti ho chiesto un rene, ne hai ventiquattro.
Adamo scegli, o la costola o continui con le pippe, però sappi che ci vorranno secoli prima che inventino gli occhiali.”
“Ma non c’era verso, non voleva accettare. Così l’ho fregato, feci l’operazione di notte mentre dormiva. Però il mattino dopo, quando si svegliò accanto a quel paio di tette, mi fu immensamente grato anche se il costato gli doleva un po’.
Il resto è storia.”
“Beh è storia! Mica è tutto chiaro. E la mela? Dove la mettiamo la mela?”
“Ancora con sta palla della mela?
E che dovevo fare, mica potevo concedergli tutto. Un qualche paletto dovevo pur metterlo, così tanto per insegnargli a vivere.
In principio furono i fagioli, ma non c’era ancora la pasta e chi se li filava i fagioli?
Scartai da subito l’idea dei cocomeri troppo ingombranti, e anche il radicchio trevigiano non mi parve un granché.
Ci dovetti lavorare sopra un po’ ma quella della mela fu una pensata geniale.
Così bella, rossa e succosa, faceva davvero gola.
Ok, vada per la mela. Niente mela.
Ma avevo sottovalutato quel boiaccia del serpente.”
“Ma scusa, e da dove esce il serpente?”
“Da me, è una mia invenzione, io ho creato il serpente per metterli alla prova.”
“Lo vedi che perseveri coi disastri?
Non facevi prima a lasciar perdere la mela e che il serpente se ne andasse per i fatti suoi, invece di creare sta pantomima?
Prima studi i trabocchetti, poi t’incazzi se ci cascano.”
“E certo che mi incazzo, avevo scommesso su di loro.
Lucifero me li aveva dati a tre e mezzo, e io ci avevo messo sopra una cifra. Va bene che più avanti mi sono rifatto con Giobbe, ma anche lì è stata una faticata.
Comunque la colpa è stata di Eva, Adamo era soltanto un coglionazzo, e in ogni caso da quando aveva conosciuto le tette manco le guardava le mele.
Lei invece era curiosa e ambiziosa, troppo ambiziosa, credo che volesse mettere su un’industria di marmellata di cotogne biologiche.
Fu per questo che la scacciai dall’Eden
– Vai e partorirai col sudore della fronte e mangerai il pane con dolore ai denti –
le dissi, o qualcosa di simile, quando m’incazzo so manco io cosa dico. ”
“E Adamo?”
“E Adamo niente, mica l’hanno scritta giusta i giornali dell’epoca.
-Te cosa fai?- gli ho chiesto, – Vai anche te o resti?-
Secondo me era quasi per andare, ma deve essere stato quel riferimento al sudore a frenarlo.”
“Mah, se non ti spiace io resto. Si sta bene qui, poi male che vada c’ho ancora ventitre costole.
Certo però che adesso senza Eva è una noia, cazzo faccio tutto il giorno?”
“Beh, potresti andare a pescare.”
“No, mi fa schifo il pesce.”
“Allora delle belle passeggiate, t’ho creato valli e montagne a perdita d’occhio.”
“Naaa, mi fanno male i piedi, m’hai fatto l’alluce valgo.”
“Magari potresti pure andare allo stadio ma per qualche millennio non ci troveresti nessuno.
Certo ti ci vorrebbe qualcosa figliolo, mica puoi stare in panciolle tutto il giorno.
Hai in mente niente che ti piacerebbe?”
Adamo ci pensò un poco, poi fece un sorriso, allargò i palmi delle mani e disegnò nell’aria con gesto inequivocabile, un paio di tette.
E io che dovevo fare? Ne avevo appena scacciata una mica potevo crearne una seconda.
Non so come mi venne l’dea, ma quando mi ci metto ho delle pensate divine.
Lì per lì, senza chiedermi né tanto né quando, creai un motore da motocicletta con due cilindri a “V” fronte marcia, sodi e rotondi.
Non erano proprio un paio di tette ma ci assomigliavano molto.
Contento Adamo, ti piacciono?”
“Beh, non era proprio quanto avevo in mente ma è bello, e cosa dovrei farci secondo te?”
“Boh, a questo non c’ho ancora pensato.
Potresti attaccarci un cavallo e farti portare in giro, ad esempio.”
“Non mi pare un granché. Almeno si muovesse da solo, potrebbe essere più divertente.”
“Beh, se ti sembra divertente non c’è problema, ti invento le ruote ma non dire nulla ai Maya che mi voglio fare due risate a vederli portare i pietroni in spalla anziché usare i carri.
E ruote furono. Ma Adamo non era ancora soddisfatto.”
“Vabbeh, e adesso, come fa ad andare avanti?”
“Con la benzina.”
“E dove si mette ‘sta benzina?”
“Ah, già, m’ero dimenticato il serbatoio, mica posso ricordarmi tutto.
E serbatoio sia.
E, crepi l’avarizia, tieh pure il manubrio, forcelle, specchietti, marmitte e tutto il resto, sinceramente non so cosa sto facendo ma mi pare proprio una gran figata.
Ti piace Adamo?”
“Insomma, è tutta grigia, almeno potevi colorarla.”
“Di che colore la vorresti?”
“Rossa, decisamente rossa.”
“Rosso papale oppure cardinalizio? Entrambi mi paiono adatti alla mia discendenza.”
“No, facciamo rosso….rossssso, ………rosso Guzzi, vai!”
“E rosso Guzzi, fu.
Contento Adamo?”
“Sì, però mi pare manchi ancora qualcosa, così è un po’ nuda.
Magari una qualcosina sul serbatoio ce la vedrei bene.”
“E non sei mai contento, figlio mio.
Allargai le braccia e alzai gli occhi al cielo.
Fu lì che la vidi volare tra le nubi compiendo larghi giri. Il più bell’uccello che avessi mai creato.
In realtà io l’avevo fatto un po’ più piccolo, tipo un passero, ma poi lui mi guardò e disse:
-Senti amico, o mi fai il becco a punta così che io possa mangiare gli insetti, oppure mi lasci questo adunco e pure gli artigli per trasportare in volo gli agnelli, ma mi fai un po’ più grosso.-
Fu così che nacque l’aquila.
Un attimo dopo era già lì sul serbatoio ad ali spiegate, bella lucente come mai.
Ad Adamo si illuminarono gli occhi, saltò in sella e iniziò a sgassare come un matto.”
“Fantastica, bellissima, grazie. Io vado.”
“Ma andovai? Il casco, hai dimenticato il casco.”
“Macchè casco, mi fanno schifo le banane, tienitele tu… ciao!”
“E sparì in una nuvola di polvere. Da allora non l’ho più visto, penso stia ancora smanettando da qualche parte.
Non ho mai capito dove trovasse il carburante fin d’allora ma mica posso sapere tutto, anche se c’è chi sostiene il contrario.”
“Bello.
Bel racconto davvero, non so come siamo arrivati fin qui, ma per quanto mi riguarda una conclusione vale l’altra. Certo avrei preferito che tu mi spiegassi cosa ti eri fumato quando hai scritto la mia parte, ma va bene anche così, almeno ora mi è tutto più chiaro.”
“Che vuoi che ti dica figliolo, anch’io ogni tanto sono stanco, capirai con tutto quello che c’ho da fare, pensa solo a tenere a bada tutti quei conventi di suore, sono tutte mogli a me mica no, non crederai che raccontino proprio tutto al frate confessore?
E ad essere sinceri, mi spiace ammetterlo, penso che il giorno che sei nato tu non c’avessi proprio voglia di fare un cazzo, devo essermi scordato di collegare qualche circuito nel tuo cervello.
Ma d’altronde, che pretendi, nessuno è perfettissimo.
Lascia perdere tutto, torna a letto e non ci pensare troppo, vah!
Che poi, tra poco, passa pure il torpedone delle 08,35.”