Dietro le quinte
Tutta colpa di “Ardito”. Il 5 dicembre ha postato sulla bacheca incontri il link dell’AgnelloTreffen 2016 e la pulce è entrata nell’orecchio. La scimmia non è salita subito, ha atteso. Tempo una settimana scarsa e poi è montata con tutta la sua forza.
Ho passato sette giorni a pensare, leggere, vedere foto. Non sapevo che avrei continuato a fantasticarci sopra per poco più di un mese
Ero un po indeciso, da solo non mi andava di andare. Con Liliana come passeggera non mi sembrava il caso, prevedere una caduta con lei dietro non mi sembrava il massimo. Anche se è stata la prima a dire: Andiamo.
Con mio fratello Luca sono anni che ogni tanto buttiamo li la parola “Elefante”, sorrisetto, battutina…ma tutto finisce nel giro di poco. Cuneo invece è molto più vicino, meno dispendioso in tempo e soldi. Insomma più fattibile.
Sabato tredici l’ho quindi buttata li. Eravamo a pranzo, come se niente fosse ho gettato l’amo.
Sono stato fulminato nel giro di dieci secondi netti.
Ma evidentemente ho colpito
Da quel momento non c’è stata telefonata, incontro, messaggio che non cascasse sull’agnello. Non era del tutto deciso che partecipassimo, non era sicura la data della partenza, non era delineato il percorso. Però ho sognato di poter partecipare, di poter viaggiare. Di poter inforcare la moto e in qualche modo andare.
Inforcare la bigommata e andare si, ma non del tutto impreparato. Cercare di prepararsi un minimo al viaggio è cosa buona e giusta, in questo caso occorreva essere pronti almeno per alcune situazioni prevedibili, ovvero: Freddo in viaggio, freddo in loco, freddo in notturna, plausibile neve sulla strada e plausibile neve in caduta andando al raduno.
La preparazione si è quindi divisa in due aree, preparazione della moto e preparazione del bipede. E questo ho cercato di fare in ogni minuto libero trovato. Tra acquisti su internet e nei negozi ho infilato una serie di botte di fortuna che la metà bastava. L’ultima è stata l’arrivo degli stivali Dainese il giorno prima della partenza. Ma anche aver azzeccato la misura delle Michelin Easy grip prese usate su Subito non guasta mica.
Per farla breve, riassumo: nei w.e. tra metà dicembre e il giorno della partenza la Brevona ha ricevuto una certa dose di cure, date dalla somma delle solite operazioni periodiche e di qualche aggiuntina. Ovvero: controllo gioco valvole, sostituzione candele, cambio olio motore e coppia conica, sostituzione olio cambio con gradazione diversa (invece che 85w140 un 700 e passa cc di un miscuglio tra 85w140 e 80w90). Spurgo totale liquido freni e frizione, controllo freni, controllo dell’attrezzatura di bordo inclusa sostituzione del compressorino sottosella (entra il compressore della Smart, debitamente rimpicciolito, esce cinese rotto). Installazione del cablaggio per i sottoguanti riscaldati. Montaggio dei paramani della stelvio, ottimo acquisto! Sostituzione della batteria che oramai era alla frutta. Sostituzione sella con quella vecchia …non si sa mai.
Per la possibile neve ho pensato di utilizzare e modificare delle “catene” da macchina, leMichelin Easy grip. Testate su erba bagnata (zuppa) e terra hanno dato ottimi risultati. Fortunatamente non è stato necessario utilizzarle per strada.
La preparazione del bipede è avvenuta tramite tre soli acquisti “seri”. Delle ottime ginocchiere della Zandona, veramente ottime , dei pantaloni da neve e dei fantasticherrimi stivali Dainese.
Le ginocchiere mi mancavano, e non so il perché. Dei pantaloni da neve non ne ho mai avuto necessità, mentre gli stivali li avevo ma non erano molto in linea con un viaggio invernale, anche solo fosse per il semplice fatto che una delle due suole non era propriamente in sede, ma su un altro ripiano della scarpiera…
Senza neanche accorgersene è quindi passato natale, capodanno e l’epifania. Tra il lavoro e le feste…non ho pensato ad altro che all’Agnello.
In parallelo alla preparazione della moto il divano di casa si è iniziato a riempire di cose che potevano servire. Ripesca il vecchio saccopelo invernale della Ferrino, sostituito oramai da un leggerissimo e compattissimo saccopelo Decathlon. Via tutti e due sul divano. Stuoino. Cambi. Sotto vestiti antivento. Doppie scarpe, telo impermeabile con paleria supplementare, per aumentare la zona coperta fuori tenda. Torcetta, cappello di lana (mai usato in vita mia) ex guanti invernali da moto, pantaloni da sci.
L’ultima settimana si è attivata Liliana (santa donna). Ha trasformato la cucina in un laboratorio di pasticceria sfornando biscotti di ogni tipo: cantuccini, tortini di mela, cosi tondi con cioccolato in chicchi, cosi quadrati al grasso di foca (specificatamente fatti per le arterie di Mauldinamica), ciambelline al vino. Non contenta ha aperto una linea parallela per la pre-grigliatura di vegetali come zucchine, funghi e melanzane. Siccome non bastava ha svaligiato la norcineria di Moricone portando via salsicce, spuntature, pancetta, salsicce secche, coppiette e un ciauscolo. Giusto per non farsi mancare nulla ha sformato un paio di pagnottelle di pane.
Birra, caffè e moka (inutilizzati) sono stati invece prelevati da un banale supermercato.
Sabato mattina, settimana prima della partenza passiamo, con Luca, allo store Dainese di Roma in cerca di stivali. Li troviamo. Belli, Bellissimi. Prezzo “abbordabile”. Peccato manchi il mio numero. Luca li prende, io rimango scalzo e li ordiniamo rapidamente on-line.
Domenica 9 è sfruttata per la ricerca e l’adeguato test della griglia da portare all’agnello. Non ero sicuro funzionasse bene, sicchè l’ho testata almeno un paio di volte. Con ottimi risultati.
La partenza è prevista per la mattina di venerdì 15, in modo da esser su nel pomeriggio.
Passa il lunedì. Lavoro ma sbircio furtivamente il sito della Dainese per avere info sugli stivali. Mi sento scalzo e con i piedi al freddo. Nel frattempo Liliana porta dal calzolaio i miei vecchi Alpinestar.
Il martedì le borse inziano a prendere timidamente forma, mentre Luca mi annuncia che la partenza è anticipata a giovedì pomerigio, anziché venerdì mattina.
Mercoledì mattina stacco la batteria nuova dal mantenitore di carica e la attacco alla moto, già che ci sono pulisco bene i capicorda, attacco il cablaggio dei sottoguanti riscaldati (non usati) e ripasso i contatti di tutti i fusibili. Spruzzo svitol in tutte le serrature. Anche quelle del trattore che è parcheggiato li a fianco, crepi l’avarizia!
Salgo a casa per pranzo, appena seduto suona il citofono. Scatto su come un grillo, cinque minuti dopo ho ai piedi i miei nuoverrimi stivaloni della Dainese. Figata pazzesca. Faccio in tempo a pranzare che sono dal fornitore di ricambi moto per prendere un pezzo del casco, per la chiusura della visiera, ordinato solo a fine novembre..e già arrivato (?!). Lo monto in ufficio mentre sento freddino. No non sono così facilmente impressionabile, gli 11° sono colpa dei termosifoni rotti…non dell’agnello che si avvicina.
Mercoledì sera vado a dormire e l’ultimo sguardo è per le pessime previsioni meteo in Liguria. La tappa di avvicinamento prevede la sosta a LaSpezia.
Giovedì lavoro solo la mattina, mi ero organizzato per comprimere le borse nel pomeriggio. Invece si parte prima. Anticipo l’entrata a lavoro e all’una schizzo in sella verso casa, neanche Rossi avrebbe messo meno tempo nel mio tragitto lavoro-casa.
Mentre arrotolo gli spaghetti al pesto comprimo le cose nelle borse. L’appuntamento è alle 16e30 all’ingresso dell’A1 di Guidonia. Chiudo le borse laterali, riempo il bauletto, arrotolo alla meglio la sacca ermetica e fiondo tutto sulla moto. Aggangio la borsa da serbatoio che sono già le tre e trequarti, posiziono la griglia subito dietro il bauletto, sacca cilindrica a tamponare e via di cinghie ed elastici.
Risalgo a casa che sono le quattro passate, pronto per una doccia rapida e per la vestizione.
Squilla il cellulofono. E’ Luca. Ha sentito l’affittacamere di LaSpezia che ci sconsiglia di partire, ci avverte che a LaSpezia diluvia di brutto, pare che a pochi km da li nevichi.
Con un ottimismo da far invidia ad un gatto nero vestito di viole che rompe uno specchio sotto una scala di venerdì diciassette elabora la sua folgorante teoria secondo la quale non avremo avuto speranze di arrivare fin li in moto.
Mentre io sono già praticamente dentro la tuta antipioggia Luca non si scoraggia e pensa al piano B. Propone di buttare le moto sul furgone e poi via in terra Ligure. Rosico un pelo, ma non ha tutti i torti (e di questo ne avrò coscienza due o trecento km più in la).
Il furgone ha ancora su i sedili, mi fiondo in garage a cercare le torx per levar via quegli inutili orpelli. Passo un ora a cercare ma della T60 non si vedono tracce. Sono oramai le cinque passate, innervosito prendo le chiavi della macchina e sotto una leggera pioggerella mi fiondo a comprare la torx necessaria. Con soli 44€ ottengo una cassetta di chiavi che contiene anche l’unica necessaria, che culo. Torno a casa dopo una mezz’ora abbondante e con Luca smontiamo lo smontabile dal vecchio transit.
Carichiamo il VFR mentre slego i bagagli dalla mia. Fiondiamo dentro il brevone, stando attenti a ripiegare su se stessi i delicati specchietti. Per la mezzora successiva è un turbinio di cinghie e cinghiate. stringi qui e annoda la. Telo sulle moto e via, Liliana ci tira un cartone di pizza mentre il furgone da zingaro in pensione si sta praticamente già allontanando da casa. Santa Donna, ci ha salvato evitato la sosta per cena.
Imbocchiamo l’A1 che ormai sono le 20 passate.
La pioggia ci accompagna. Il diluvio gli fa compagnia. Non cessa di piovere fino circa a viareggio credo, tanto non si vede quasi nulla. Arriviamo a La Spezia poco prima di mezzanotte, abbeveriamo la cariola e ci mettiamo in cerca dell’albergo prenotato per strada.
Un paio di biscottini prima di affrontare la notte e già una nuova e splendente alba è su di noi. La mattina promette bene. Non si vedono nuvole e non sembra ci sia vento. Promette una bella giornata.
Ci fiondiamo a fare un abbondante colazione mentre guardiamo divertiti dei turisti giapponesi che commentano il VFR, guardano dai vetri del furgone come se dentro ci fosse chissachè (e in effetti c’è…ma stanno guardando dal lato sbajato).
Parcheggiamo il furgone in un luogo più isolato, d’avanti alla “grigliata” dove avremo dovuto mangiare la sera prima. Scarichiamo le moto e finalmente verso le dieci e mezza siamo in partenza su un numero adeguato di ruote.
Il raduno
La temperatura è buona, ci sono 12-13°. Le ginocchiere e gli stivali fanno il loro lavoro, non sento nulla. Dopo Genova la temperatura scende un po ma siamo sempre intorno ai dieci. Il vento inizia a farsi sentire, ma il cielo è sereno. Non c’è una nuvola. Passiamo Genova e poco dopo prendiamo la Savona-Torino. Al primo benzinaio ci fermiamo per caffè e benzina. Con l’occasione Luca abbandona i guanti estivi optando per quelli invernali, come dargli torto.
Approfitto della sosta per indurire ulteriormente il mono posteriore, quando viaggio da solo con i bagagli ho sempre difficoltà soprattutto sui curvoni oltre i 110-130km/h.
L’autostrada è praticamente libera, ma in alcuni punti il sale abbonda e non è piacevole la sensazione allo sterzo. Forzo il rallentamento della truppa (che vorrebbe viaggiare a ben altri ritmi), non riesco proprio a viaggiare in tranquillità. Proseguiamo uscendo a Cuneo, la temperatura si mantiene intorno agli otto gradi. Il traffico è inesistente e le montagne si avvicinano. La giornata è talmente bella che verrebbe quasi la voglia di farsi un giretto in moto
Passiamo una serie di paesini di cui non ricordo assolutamente il nome. So solo che da un certo punto in poi puntiamo i cartelli marroni con su la scritta ValVaraita.
Superiamo Salluzzo e prendiamo la strada in fondo valle. Il termometro scende. La strada è sempre più bianca (di sale). Il fondo è un po viscido ma assolutamente percorribile.
La strada inizia a salire ed il termometro inizia ad andare in negativo. Ai bordi strada si inizia a vedere la neve, orse residuo della nevicata (?!) del giovedì. Ogni tanto un po di ghiaccio e tanto tanto sale.
Riduco la velocità seguendo un po a distanza Luca che invece sembra essere del tutto a suo agio tra curve e curvette in salamoia.
Il freddo inizia a sentirsi, ma è del tutto sopportabile. Ormai sono un po di km che siamo tra meno uno e -3 gradi. Dopo un ultima curva ci troviamo d’avanti ad una diga. Cacchio…ora che ricordo l’Agnello si faceva sulla riva di un lago. Faccio in tempo a pensarci che alla nostra sinistra si vede il lago ghiacciato. Poco più avanti scorgiamo il portale giallo di benvenuti all’agnello :celebrate:
Parcheggiamo le moto a bordo strada, appena spente le moto iniziamo a battere i denti come due deficienti. Come se sulla moto ci fosse il riscaldamento!
Ci guardiamo in torno, vediamo delle tende sulla riva del lago, ma non capiamo bene come ci si possa arrivare. Chiedendo informazioni sull’iscrizione ci mandano giù per un violottolo in discesa, pieno di sale, che costeggia una casa. Forse dovremo scendere in moto, mi dice ridendo. Infondo da li si scende verso il lago. Fortunatamente la stradina finisce dentro un bar (che poi individuiamo come lo sciabolatore incallito). Li ci danno una bustina di benvenuto indicandoci la via, agibile, per le moto.
Ripartiamo con le moto dirigendoci verso il paese, mentre il mio specchietto sinistro rimane a terra. Non ha retto ad un’innocua carezza del bauletto di Luca. Timidone!.
Alle prime case del paese c’è una stradina in discesa sulla sinistra che porta alla riva del lago. Giù vediamo delle moto. Scendiamo, l’asfalto diventa terra brecciolinosa con belle pozzangherone di ghiaccio. Parcheggio la brevona e facciamo un breve e rapido giro per vedere dove montare la tenda.
C’è una stradina che divide in due quello che dovrebbe essere un prato in riva al lago. C’è un po di neve a terra, copre una buona parte di prato. Sulla destra della stradina, verso il lago, sono piantate alcune tende. Più in fondo si vedono dei giochi per bambini e ancora più giù il bar dello sciabolatore. Sulla sinistra non c’è nessuno.
C’è spazio a sufficienza sia per noi che per Mauldinamica, quando arriverà. Decidiamo di non inoltrarci troppo e da bravi asociali ci posizioniamo alla sinistra della stradina, pochi metri all’interno rispetto alla strada brecciolinosa.
Cavallettiamo le moto e andiamo in cerca di paglia e legna. Poco dentro il paese troviamo un camion con le balle di fieno. Per 5€ accattiamo una balla, altri 4 per un agglomerato di legna di dimensioni buone per un altoforno. Tornando indietro rimaniamo agganciati ad un mezzo fusto di metallo, ottimo per il fuoco, che viene quindi trasportato verso le moto.
Sparpagliamo la balla a terra. Un po più della metà è sufficiente per coprire l’area del catino con un altezza di una decina di centimetri, o forse più. Iniziamo quindi a montare la tenda. Il freddo si sente. Siamo a -3 ma rimaniamo vestiti da “moto”. Ovviamente i guanti più “sottili” e l’abbigliamento da freddo sono dentro le borse laterali. Genio!.
Iniziamo a picchettare la tenda, peccato che i picchetti non hanno alcuna voglia di entrare nel terreno gelato. E dire che oltre ai soliti inutili spilloni avevo comprato dei picchetti in alluminio esagonale, sicuramente più resistenti degli spilloni classici. Ma anche questi non entrano e tendono a piegarsi. Non c’è soluzione. Per il momento non picchettiamo il catino e montiamo direttamente il sovratelo.
Riproviamo a picchettare. Dei sei picchetti necessari al montaggio standard: 1 si piega, 3 non danno cenno di abbozzare un entrata nella terra gelata mentre due entrano per buoni cinque cm.
Poco distante dalla tenda troviamo due pali di legno da una decina di centimetri di diametro e lunghi a sufficienza, fanno al caso nostro. Li mettiamo a terra tra catino e sovratelo legandoci gli angolari del catino.
Spostiamo le due moto ai lati della tenda e vi ancoriamo i tiranti della tenda, che finalmente assume una forma decente.
Superato il montaggio, pensiamo al pranzo. Recuperiamo legnetti di piccole dimensioni in modo da poter accendere il fuoco, mettiamo nel bidone della paglia e un bicchierino di benzina gentilmente offerta dal VFR come accelerante all’accensione. Un piccolo timido fuocherello inizia a prender forma. Ma è ancora troppo piccolo, la legna rimediata in giro è umida e quella comprata è troppo grossa per potersi accendere con quel fuocherello. Portiamo il fuoco ad un livello decente, carichiamo con un po di rametti il bidone e ci dirigiamo verso il paese alla ricerca di una bottiglietta di alcool che ci possa aiutare. Oltre al denaturato incontriamo un paio di bottigliette di menabrea che sono sempre ben accette. Scendendo verso la tenda prendiamo un’altra balla di fieno che usiamo per imbottire tutto il contorno della tenda, a formare un cordolo in modo da fermare il vento che potrebbe passare da sotto. Grande idea.
Mentre la birra ci disseta l’alcool fa il suo lavoro con la legna e i tronchi iniziano a prendere fuoco.
Non è un falò ma è abbastanza per scaldare la griglia.
Oramai si son fatte le quattro. Mauldinamica ancora non si vede. Ho scritto un messaggio su AG nella speranza che lo veda…senza pensare, come un idiota, ne a chiamarlo ne tantomeno a mandargli un messaggio.
Con il passare del tempo il “pratone” inizia a riempirsi. La densità di moto e tende aumenta a vista d’occhio. E dire che per strada non abbiamo incontrato praticamente nessuno.
Sono circa le cinque, i meno tre son diminuiti e il fuoco ancora non è sufficientemente allegro. Un paio di ragazzi, con california e transalp (di cui mi scuso…ma non ricordo i nomi) si posizionano vicino alla nostra tenda. Montano la loro, decisamente estiva, sul classico zoccolo di paglia mentre la nostra griglia inizia a scaldarsi sul fuoco. Tirano fuori un fantastico materassino matrimoniale, che la metà basta per riempire la tenda in altezza, ed iniziano a cercare in giro una pompa per il “rapido” gonfiaggio evitando il collasso polmonar. Faccio in tempo a tirar fuori il compressore dal sottosella che inizia a squillare il telefono.
Cacchio è Maul.
Si sono arrivato, te ‘ndo stai?
come sei qui, ma qui dove?
si vabbè anche noi siamo sulla riva del lago, ma voi ndo state?.
Ah. Voi siete dietro i giochi per i bambini?!! cacchio.
Effettivamente intravedo Mauldinamica tra uno scivolo e la griso. In pratica in un parco giochi.
E’ li con Vito delle Aquile del Seprio detto anche Er Sciabbbola (o lo sciabbbolato, pe l’amici).
Purtroppo a causa della mia demenza senile è troppo tardi per fare na tendata de gruppo, sia noi che loro abbiamo le tende piazzate e non ha senso smontare per rimontare. Il nostro “fuoco” ormai è acceso e si avvicina l’ora del nostro pranzo, sarà la temperatura ma inizio ad aver fame.
Torno alla tenda mentre sento il compressorino che rumoreggia alla grande. Inizia un leggero venticello e la temperatura pare si sia abbassata ulteriormente. Decidiamo di montare il telo supplementare come tetto al bidone con il fuoco. Alziamo su i suoi due paletti, un terzo ci viene prestato dai baldi brianzoli decompressorati, il resto è tutto un lavoro di tiranti e ricerca di sassi per tener su la struttura, che alla fine sta in piedi senza l’ausilio di essere umani.
Mettiamo un paio di salsicce sul fuoco facendo quattro chiacchiere con i nostri vicini, nel frattempo si avvicinano Maul e Vito che si posizionano sotto la copertura. Il gruppo si allarga e inizia a prender forma.
Vito tira fuori un fichissimo braciere montabile, accende un piccolo fuoco e lo riempie di ovetti carbonellosi. In pochi minuti le pareti di acciaio diventano roventi. La nostra copertura volante e semovente ospita ora due fuochi che scaldano l’ambiente, tanto che la temperatura inizia a farsi accettabile sotto al telo. Peccato che l’aria sia irrespirabile dal fumo. Si viene a creare una scena irreale composta da sei idioti e un telo. Per combattere il fumo abbandoniamo presto il piccolo ritrovo caldo, ritrovandoci o fuori dal telo o con il corpo sotto al telo e la testa che fa capolino dalla copertura, sei idioti, per l’appunto.
Gli amici dalla tenda estiva e diversamente compresso muniti mostrano le loro armi per aggredire la cena. Presto gli sforzi e l’attenzione si focalizzano sull’accensione del micidiale bbq portatile. Passano svariati minuti e innumerevoli tentativi di accensione. Il braciere è composto da una teglia di alluminio contenente un qualche materiale incognito ai più, inzuppato (credo) con un misterioso accelerante che però non vuole accendersi. Alla fine riescono ad accenderlo, almeno per una buona metà.
I tre “fornelli” iniziano timidamente a scaldare la cena. Gulash o similare per lo sfizzero, Agnello (o abbacchietto) per Vito, due ottimi pezzi di pizza alla cipolla (?!) per i brianzoli e una zuppa di fagioli con salsicce alla griglia per i romani. L’agnello era un qualcosa di divino, cottura ottima, consistenza fantastica e sapore spettacolare. La pizza credo che, almeno la metà non abbrustolita, fosse decente. Al momento della partenza abbiamo trovato ancora sue tracce…ma credo che un buon 15-20% sia stata eroicamente mangiata.
I fagioli non erano male, peccato che il tempo di tirar via una cucchiaiata era sufficiente a raffreddare la brodaglia. Le salsicce invece hanno avuto un surplus di cottura passando dalla griglia…alla brace. Sicchè, tolto quel minimo residuo di cenere, erano assolutamente mangiabili. Magari con un po di pane.
La serata passa tranquilla. Tra i racconti di esseri che sbagliano tenda e il continuo rinforzo alla struttura il gruppetto inizia ad essere colpito da una raffica di cazzate che la metà sarebbe bastata per una settimana intera.
Finita la cena cerchiamo un po di riparo nel bar in fondo al pratone. Il locale è affollato, caldo, caldissimo…passare istantaneamente dai -6 ventosi ai circa 20°C umidi del baretto fa esplodere le lenti degli occhiali, il sangue ribolle istantaneamente nel corpo. Non ho neanche il tempo di capire dove fosse il bancone che già sto sorseggiando un bicchiere di roba gialla e calda, detta così non fa una grand’impressione… lo so. Tra l’altro che fosse bollente te ne accorgi solamente quando senti puzza di bruciato che esce da sotto al naso. Apri la bocca per riprendere un po di fiato ma già che ci sei istintivamente ne bevi un altro sorso, nella vana speranza di recuperare. Bono, pare si chiami Bombardino, la gola è assolutamente inservibile ma piano piano il bruciore scivola giù lasciando addirittura il tempo per assaporare un retrogusto di Vov arricchito con qualcos’altro e ovviamente scaldato.
Da dietro al bancone si vede il barista armeggiare con qualcosa pochi attimi dopo, sincronizzato ed incoraggiato probabilmente, da un coro incitante sangue, zompa in aria il primo collo di bottiglia portato via da una netta sciabolata.
Usciamo dal bagno turco usando una buona dose di gentilezza e gomitate. Ci dirigiamo verso pontechianale alla ricerca di un posto meno affollato che possa accogliere una buona dose di vaccate.
Il bar Monviso fa al caso nostro. Anche questo è pieno zeppo, ma c’è un tavolo in fondo al locale disposto ad accoglierci. Un simpaticissimo bmwista non evita l’occasione per farsi riconoscere, ma si allontana in fretta lasciandoci un po di posto.
Prendiamo una birra, o due, e continuiamo con le chiacchiere. L’argomento si sposta leggermente ma le boiate sono abbondantemente sopra la media. Grandi risate alla faccia di una povera nonnina.
Torniamo verso la tenda intorno all’una, ormai son circa meno sette gradi ed è l’ultima temperatura vista dalla brevona per il venerdì. Riaccendiamo un minimo la brace, inserendoci dentro il residuo del bbq portatile…si sa, l’alluminio è un buon conduttore di calore…sicuramente ora il fuoco farà più caldo (?!)
Il bidone fa sufficieniente luce, o comunque quel che basta per prendere la mira tra la bottiglia di grappa ed i bicchierini.
La rapida degustazione di ciambelline al vino, canestrelli congelati ed una giusta dose di vento ghiacciato ci porta a salutare Maul con tutto l’intento di andare a dormire, se non fosse che una strana coppia di motociclisti francesi decidono di venir da noi a fare quattro chiacchiere. Appurata la nostra totale ignoranza del loro idioma, iniziamo una piacevole (?!) chiacchierata con i due nuovi amici. Loro sono assolutamente più zuppi di noi, ciò nonostante in segno della più profonda amicizia motociclistica gli offriamo della grappa, riempiendogli il bricchetto. Credendo che, una volta spiegatagli la natura della bevanda, la usassero a piccole dosi.
E’ stata evidente la totale incompatibilità linguistica quando, dopo circa un quarto d’ora di dilungamenti sul processo di distillazione il più anziano dei due, bevuto di getto l’intero bricchetto, ha tentato di restituirci (non riuscendoci fortunatamente) l’intera dose di grappa, più qualche cos’altro.
Passate le due di notte e probabilmente i meno otto gradi, i due amici franzosi si sono allontanati barcollando nel buio dell’accampamento lasciandoci alle nostre tende.
Dal punto di vista del freddo la notte è passata ottimamente. Sono rimasto con il vestiario a pelle anti vento, preso alla lidl un paio di anni fa, Sacco a pelo ferrino invernale infilato nel sacco a pelo decathlon estivo. Chiuso tutte le zip che potevo chiudere, scalda collo in pile leggero e zuccotto di lana fino al naso. Fantastico. Mai dormito così caldo in inverno. La paglia sotto la tenda è stata di una comodità incredibile, sembrava di stare su un materasso.
Più avanti nella notte un garelli a marce ha fatto gioire qualche bipede, evidentemente era molto divertente guidarlo al gelo sul ghiaccio, tanto che ad un certo punto sono iniziati dei cori che lo inciatavano ad andare a prendere il gatto delle nevi che stava sulla montagna a badare ai cannoni sparaneve. Non l’ho più visto. Temo abbia vinto il gatto.
Verso le cinque parte dei teli di protezione ci ha abbandonato, ed ha continuato a fare casino con il vento. Fortuna che qualcuno è emerso dalla tenda ed ha sistemato la faccenda (applausi per Luca).
L’uscita dal saccapelo non è stata indolore, ma poteva andare peggio. Verso le otto e mezza, sotto un bel sole, il termometro della brevona segnava -1, non so se la temperatura fosse corretta, ma di sicuro si stava decisamente meglio rispetto alla notte prima, con una vaga sensazione di caldo.
Abbandonata l’idea di farci il caffè con moka e fornelletto, io e Luca ci siamo avviati in paese, scelto un bar isolato abbiamo fatto un abbondante colazione a suon di caffè, crostata, doppio caffè e piadina prosciutto e formaggio. Il tutto ovviamente sfruttando l’apprezzatissimo bagno per un minimo di conforto mattutino.
Il residuo della mattinata è passata prima per un terzo caffè dal monviso e poi girellando per il paese, tra una visitina alle moto esposte nella piazza centrale e un girello per l’accampamento che nel frattempo ha iniziato a riempirsi di brutto.
Le moto continuavano ad arrivare, senza soluzione di continuità. Tornati in zona tenda e salutati gli amici brianzoli in fase di rientro, ci siamo accorti presto che la quantità di tende era già praticamente raddoppiata.
Con i nuovi arrivi abbiamo conosciuto il mitico LinoLino, arrivato all’Agnello con la sua Stelvio in tarda mattinata.
Prima di trasportare il braciere in zona parco giochi, debitamente protetta dal vento, abbiamo smontato il rimanente della copertura e ridimensionato un po i “nostri spazi”. Al nostro ritorno in zona, nel tardo pomeriggio, la dove c’era l’area cucina della sera precedente erano cresciute tre tende, e molte altre nelle immediate vicinanze. Una rapidità di crescita più alta dei funghi nel sottobosco umido.
Mentre il fuoco riprendeva vita, Vito Maul e LinoLino, han ben deciso di andare a far visita allo sciabolatore, che anche questa volta li ha evidentemente omaggiati con il suo spettacolino tutto bottiglia e spadone. Vito è rimasto particolarmente colpito da quest’ultima performance live, tanto che è uscito dal bar con un meraviglioso sfregio, in pieno stile omo vissuto, sulla guancia destra. Segno evidente che è riuscito a prendere al volo tappo e collo di bottiglia lanciati via dal colpo di sciabola.
A pranzo la faccenda s’è fatta seria, antipastino di pecorino romano non stagionato mentre la griglia è stata riempita di salsicce spuntature e a più riprese da delle enormi bisteccone portate da LinoLino. Cetriolini e salse al contorno, tutto condito da un vinello rosso che ci stava proprio bene (la prossima volta abbandono l’idea di portarmi la birra). Come dolce un po di immancabili biscottini surgelati. Al posto delle scomode sedute della sera prima, eravamo infatti ospitati da tavolo e panche in legno, moooolto più comode.
Il pomeriggio passa via tra gironzolamenti vari fino ad approdare al calduccio del bar isolato per un “rapido” caffè pomeridiano e quattro cazzate in libertà, che fan sempre bene. Scopo primario non era di certo il caffè, ma la ricerca di un comodo e accogliente luogo dove poter liberare le più basilari funzioni del corpo umano. Peccato che la parte idraulica del piccolo paesino non fosse stata dimensionata per le umili necessità del branco di motociclisti che lo hanno occupato per quei tre giorni.
Non è mancata la fase rimorchio durante la pausa caffè. Il fascino da “omo vissuto” dello sciabbbolato non è passato di sicuro inosservato. O meglio, la barista non ce s’è filata de striscio… in compenso il diversamente giovinotto del tavolo accanto, ammaliato dalle parole di Mauldinamica e senz’altro attratto dall’omo vissuto, ci ha amorevolmente omaggiato del caffè. Queste si che son cose che fanno piacere.
La preparazione della cena è partita dal riallestimento delle protezioni antivento nell’angolo giochi. Issati i centocinquanta e rotti metri lineari di telo cerato sulla struttura dello scivolo, siamo riusciti ad ottenere un buon angolo, pressoché privo di vento, dove installare il bidone fuocoso sormontato dal treppiedi reggigriglia di Maul, oltre al braciere di Vito.
Per la cena ci siamo andati leggeri. Pancetta alla griglia, un certo numero di salsicce e qualcosa di brodoso per l’anziano del villaggio. Oltre a delle ottime bistecchine di agnello marinate in non so bene cosa, lasciateci in Eredità da uno stelvista (credo) tornato a casa prematuramente…ovviamente non ricordo il nome ma lo saluto e lo ringrazio di cuore per il suo prezioso lascito, sappi che ne abbiamo fatto buon uso.
Vinello rosso in via di cristallizzazione e a completare l’esiguo pasto un certo numero di biscottini al ripieno congelato di mela. Per finire dell’ottima grappa re-distillata al leggero retrogusto di caffè bruciato, ottima per ravvivare il focolare, che nel frattempo era passato in versione piedo-deumidificatrice.
La serata è proseguita con un “ottima” birra calda nel più maleodorante bar che potessimo trovare, lo stesso che probabilmente detiene i due record mondiali del paese…vinti per – locale con il più alto tasso di umidità da fiatella da vino e locale con il maggior tempo tra un areazione e l’altra (record rotto da Maul che ha incautamente aperto una finestra di straforo. Era dal ‘56/57 che non veniva aperta).
Per liberarsi della calda bevanda credo proprio di aver notato un tale nel frettoloso, quantomeno dovuto, atto liberatorio di spisciacchiare in un cannone sparaneve. Preso dal lato giusto, ovvio.
Sebbene LiniLino si fosse già prontamente buttato in un semi ballo scatenato, il passaggio nel tendone ufficiale dell’evento non ci ha soddisfatti ne per la fauna, livici residente, ne per la tipologia di ritmo musicale pseudo latinoamericano_ballodigruppo o simile.
Tornati in zona bar-sciabolante ho preferito salutare la truppa e proseguire la serata nelle mie stanza. Un po di malditesta e un lieve dolorino al ginocchio hanno avuto la meglio sul proseguimento della serata.
La mattina della domenica, il tempo di far colazione e la metà delle tende era già stendata. Siamo stati presi dallo smontaggio e dal caricamento delle bigommate che non abbiamo avuto modo di salutare Lino e Vito, sarà per la prossima :celebrate:
Viaggio di ritorno tutto entro i canoni. A parte i primi km con le gomme ghiacciate, il resto è stata un piacevole giro in moto, fino a LaSpezia.
Poi un meno piacevole giro in furgone
Esperienza sicuramente da rifare.
Quest’anno pare ci abbia detto bene tra “poco” freddo e niente neve sulle strade, in ogni caso una tre giorni da applausi.
Qualche cosina si poteva organizzare meglio (tra di noi) ma ci rifaremo l’anno prossimo.
Un Grazie agli amici incontrati al raduno: i due Brianzosi, Vito, Lino, Maul e ovviamente Luca.
Scusate la lungaggine
Doppi Lamp
Marco