di Paolo Gambarelli (Mototopo)
Immobile
goccia dopo goccia
la mia Guzzi
instabile da tempo
in attesa dell’eterno congiungimento
di oleose stalattiti e stalagmiti.
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Si dice che l’amore sia lo specchio della nostra anima.
Forse ci si dovrebbe innamorare fino a perdere la testa.
…per poi guardarsi allo specchio e non più trovarsi?
Sarà forse questo il dilemma di un guzzista quando, sfuggente in moto,
si cerca allo specchio di una vetrina?
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Una pedana che incide l’asfalto di una curva è un po’ come il bisturi di un chirurgo nel mezzo di un’incisione circolare attorno al battito di cuore.
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Spesso non è importante dire quello che si pensa della propria moto e nemmeno che gli altri condividano quello che pensiamo della nostra moto.
Alla fine è sempre più importante portare gli altri a dire ciò che vorremmo pensare della nostra motocicletta.
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“Toglietemi ciò che è utile, ma lasciatemi il superfluo”
Oggi sono un uomo etico!
La mia coscienza si è fatta arbitro del libero arbitrio.
Domani sarò un guzzista etico! Lascio la moto a casa o rileggo con consapevolezza Baudelaire.
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C’era un tempo delle caduche pagine di carta.
Oggi è il tempo delle volatili pagine dei siti Web.
Trovo di un certo fascino come in Anima Guzzista questa trasmigrazione di pagine avvenga su di un’aquila alata.
C’è chi ha scritto che il guzzismo è quella malattia mentale di cui ritiene di essere terapia.
Finalmente è arrivato il tempo dell’accanimento terapeutico.
E’ probabile che verrà anche il giorno dell’eutanasia?!
Una motocicletta rappresenta sempre il massimo sincretismo tra tecnica motoristica e tecnica ciclistica. Pare altresì che un V11 sia spesso l’estrema apologia di un rito Vudù, anche se alcuni sostengono che il sincretismo espresso nel culto Macumba sia più appropriato.
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Ci sono periodi in cui, in modo alterno ed incessante, il mio sguardo è rivolto verso l’alto alla ricerca di una Fonte di Salvezza e verso il basso alla costatazione del personale Pozzo della Perdizione, impedendomi di fatto di fermare l’occhio all’altezza mediana dell’orizzonte. A quella altezza che è dell’alba e del tramonto e di ciò che vi è nel mezzo; a quella altezza che è di altri occhi e di un altro sguardo. A quella altezza che è di ciò che non ho.
Alle volte essere anche un solitario motociclista dal vigile occhio rivolto all’orizzonte è di aiuto.
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E’ strano come ai piloti sia dato il compito di lasciare un segno di sé gommando e poi sgommando le tracce del loro passaggio.
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Sentire l’urlo che riempie il vuoto è vedere il vuoto riempire la nudità.
Sentire il rombo che riempie il vuoto è vedere il vuoto riempire la velocità.
TRILOGIA SU DUE RUOTE
In garage |
In strada |
In pista |
organi malfermi serro comprimo e come prima sbucano, sbocciano dal carter, tubi torti a vista, liquidi nei punti morti colano, calci e urti di bielle che non stanno, snodi su cui accanire incastro di anni, e vanno a vuoto i colpi d’occhio, dadi rotti le pupille senza fuoco, nebbia di nervi che si stringono addosso: tra schiacciate ali volo imploso le mie marmitte aperte |
paesaggi malfermi guardo comprimo e come prima sbucano, sbocciano all’orizzonte, lamiere torte a vista, corpi nei punti morti colano, calci e urti di guard-rail che non stanno, incroci su cui accanire incastro di anni, e vanno a vuoto i colpi d’occhio, semafori verdi le pupille senza fuoco, groviglio di nervi che si stringono addosso: tra schiacciate ali volo imploso le mie marmitte aperte |
avversari malfermi inquadro comprimo e come prima sbucano, sbocciano alla curva, carene torte a vista, sudori nei punti morti colano, calci e urti di traiettorie che non stanno, frenate su cui accanire incastro di anni, e vanno a vuoto i colpi d’occhio, record sfumati le pupille senza fuoco, elastici di nervi che si stringono addosso: tra schiacciate ali volo imploso le mie marmitte aperte |
Si dice che il modo migliore per avvicinarsi all’essenza delle cose sia quello di immedesimarsi totalmente con esse.
A pieni polmoni e con bocca aperta come carburatore ho provato il più possibile a respirare aria, bevendo i liquidi più energetici fino a riempire il serbatoio del mio stomaco. Ho poi corso e corso con i più disparati moti alterni dei miei organi interni fino ad esaurimento delle mie suole di gomma; ma la mia defecazione non è ancora di biossido di carbonio.
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Ogni volta che mi capita di entrare dall’ingresso principale di una concessionaria rimango sempre interdetto da tutta quella verginità motociclistica così ostentata. Forse è per questo che preferisco sempre entrare dall’officina.
Anche se, a dire il vero, quando andai all’EICMA ebbi più l’impressione di essere a una convention porno.
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Parole d’amore alla mia Moto Guzzi
Il gioco con le parole può essere a volte come una droga. Un po’ come continuare a sfregarsi un prurito pur sapendo che poi complicherai la situazione. Il gioco di parole viene a volte lieve e senza sforzi ma poi spesso ti violenti a rileggerlo avanti e indietro, avanti e indietro con lo stesso immobile significato, proprio come uno sfregamento continuo che ripercorre con ostinazione il proprio solco. Lo starnuto è differente. Per lo starnuto ci vuole una grande e faticosa preparazione, un grande impegno preliminare sia fisico che mentale. Ma l’appagamento, il piacere e la serenità che ti dà lo starnuto ti ripaga sempre dell’impegno che hai dovuto precedentemente donargli.
Ecco perchè cerco di rifuggire lo sfregamento da prurito, del fraterno prurito. Sì, perchè lo sfregamento è fraterno, è sempre più o meno identico a se stesso e non ti conduce da nessuna parte. E’ tuo, te lo tieni e rimane comunque lì, immobile senza chiedere e dare nulla di più di quello che esso è. L’avvicendarsi dell’atto dello sfregamento può essere a volte come l’avvicendarsi delle parole in un cartiglio.
Lo starnuto invece è potenza, è vita, è liberazione. Dopo lo starnuto tutto è in qualche modo nuovo e libero da condizionamenti. E’ per questo che lo starnuto è spesso pericoloso, di questo bisogna essere comunque consapevoli; lo sfregamento da prurito fraterno, mai.
L’effetto dello starnuto è un po’ come il Big Bang. C’è un prima e un dopo, e il dopo non può che essere vita; un prima e un dopo così diversi e al contempo complementari. Lo starnuto, come il Big Bang è immediato; immediato come lo sono due sguardi che si incontrano.
E’ per questo che io ora non me la sento di accettare lo sfregamento del prurito fatto di parole fraterne e ritengo giusto e onesto credere alla favola dello starnuto, che è la favola della libertà; la libertà di ognuno di noi di decidere del suo futuro.
Che ci facciamo in fondo io e te delle parole? .