di Francesco Zironi (Minatore)
Nuovo giorno.
Mi aspettano lezioni, professori che arrivano in ritardo, aule piccole per studenti troppo numerosi e una città che ogni giorno si illumina di un sole pallido la mattina in queste prime giornate di ottobre.
I miei dormono ancora quando indosso i guanti e salgo in sella, giro la chiave, aspetto che le pompe benzina e olio si rianimino, spingendo fluidi necessari all’anima meccanica di questa creatura che ho chiamato Piccolina.
Premo quel tasto e Lei si rianima, vibrante di scuotimento piena. (insieme al vicinato sdegnato per l’inusuale sveglia ndr).
Ingrano la marcia, rilascio la frizione, di nuovo felice.
Rapidamente scorro i portici che ogni giorno mi accompagnano in questa città, percorrendo l’asfalto che porta di là dagli appennini, lasciando di qua, prima una Porta, poi l’altra, verso l’autostrada, ho fretta e non posso divertirmi sui passi – scelta obbligata quindi.
Imbocco il viadotto, saluto il santuario di San Luca che dai colli abbraccia Bologna appena illuminata da una rosea alba e raggiungo l’A1.
L’aria frizzante con un brivido scuote anche me, sotto la giacca di pelle, ma i km devono correre veloci, non posso soffermarmi sui particolari, così che sfido l’asfalto, la moto e me stesso lasciandomi dietro solo il rombo degli scarichi aperti.
Raggiungo le vette, presto, i guanti invernali sarebbero stati una scelta migliore.
Sulle curve dell’A1 la v11 è inesorabile, veloce copre le distanze senza chiedere altro e arrivo rapido a destinazione dove annego tra una lezione e l’altra pensando alle nuove curve che mi aspettano… sinuose mi chiamano.
Probabilmente mi si legge in faccia la distrazione, fatico a stare attento ad una lezione di costruzioni quando Piccolina è a pochi metri, nel cortile.
Passa una giornata, ma le lezioni oggi non durano fino a tardi, 17:45, c’è abbastanza luce e tempo per dedicarsi a più ludiche faccende… tiro uno sguardo alle colline di Fiesole, sorrido e ripeto i gesti che donano vita a Lei, ogni volta.
Appena il tempo di riempire il serbatoio di nuova linfa e raggiungo Via Bolognese, voglioso di curve.
Risalgo le colline che sovrastano la città (che vista da lassù, si vede l’opera del Brunelleschi, bella come non mai) e mi lascio definitivamente alle spalle gli studi, i professori, i compagni e gli impegni toscani,
Passo qualche paesino, poi presto raggiungo Vaglia, svolta a sinistra seguendo la E65, costeggio Barberino e sorrido, davanti a questa strada incredibile, perfetta.
Curve Curve Curve!!!
Una dopo l’altra, senza sosta si susseguono mettendo a dura prova me, non certo Piccolina che da settimane non aspettava altro; lei rumba là sotto, felice, assecondandomi, ora che è bella calda. Lei senza incertezze, io ancora non rinuncio a qualche maldestro tentativo di impostare bene una curva – ormai sono due anni che guido, ma ancora devo farne di strada per imparare davvero e la Futa è il posto migliore dove imparare.
Correndo veloci sull’asfalto i pensieri svaniscono, lasciando spazio ad una maggiore percezione di noi, e della macchina sotto di noi. Aprire gas, percepire la spinta, accompagnandola, chiudere gas prima di una nuova curva e poi lentamente riaprirlo accompagnando la moto rapida nel suo correre verso il nostro nuovo obiettivo ecco, finalmente ci riesco.
Tornanti in successione, poi di nuovo tornanti: uno dopo l’altro ti sfidano ed è bellissimo vincere la sfida e ritrovarsi in cima, e ancora ansiosi proseguire più avanti su nuove curve. Anche qui fa freddo, ma qui si sopporta volentieri e presto abbandono il passo Futa, seguendo per la Raticosa. Ancora curve! Ancora felice – io e la mia moto.
Ora so cos’è l’Anima Guzzista.