5° Trofeo Deccla Cartagena, Settembre 2003
di Mauro Iosca, Alberto Sala, Roberto Masperi
TUTTO E’ COMINCIATO CREDENDOCI E PER UNA VOLTA PROVANDO A FAR FINTA DI ESSERE NEL “FILM”.
Mi chiama Roby: è telegrafico, mi avvisa che mi sta “girando un’ e-mail che gli è arrivata dalla Spagna, leggila” mi dice “e poi dimmi cosa ne pensi. Ciao ciao”.
Capisco immediatamente che chi gli ha scritto è Mauro Abbadini, ma ancora non riesco a immaginare cosa sta per succedere.
Mauro è un vero appassionato, un entusiasta dei peggiori, di quelli che ti contagiano, che ti fanno sorridere, che ti raccontano e ti fanno sognare; sì, Mauro è uno con cui non bisogna scherzare se pensi che le “cose” siano complicate, perché stai sicuro che lui non le vede così.
Rientro e corro ad accendere la “scatola” per leggere le ultime notizie dalla Spagna: il messaggio è breve ma efficace e dice: “ciao Roby …bla bla bla… facciamo questa gara di endurance a Settembre: “la sei ore di Cartagena”: perché non venite tu con Mauro (che sarei io) e magari con Alberto… sai ho visto i tempi che ha fatto a Monza durante le giornate Guzzi, quello lì è un bel manico, dai fate uno sforzo: la moto ve la do io, voi vi portate Bruno come meccanico e il gioco è fatto”.
Mentre sto già per archiviare il messaggio mi volto a sinistra e vedo la mia faccia riflessa nel vetro della vecchia cartina Michelin dell’Europa e comincio a pensare… uhm, Cartagena, La Manga, il Mar Menor… ci sono stato da ragazzo, sì nel ’87 dopo il diploma, senza una lira, mi ricordo mangiammo pane e pesche quella volta per giorni e giorni… La Manga è lì; ma sì ma certo, Cabo de Palos, è dove partì quello spagnolo, quello famoso che ha scoperto l’America, Cristobal Colon.
Ehi, un momento: ma nel 1987 io mica avevo questa faccia da “impiegato del catasto”!
Prendo il telefono e chiamo la Classic.Co (www.classicco.biz), il quartier generale di Mauro Abbadini: “Hola buenas tardes, soy Mauro de la Italia …Mauro Abbadini estas?” “Oh ciao Mauro que tal?” “Bene bene grazie… hei -dico io- ho letto l’e-mail che hai mandato a Roby: ma dico stavi scherzando?” “Scherzando?!? No no Mauro, siete voi che scherzate: qui in Spagna si fa sul serio… sta a voi di decidere; per me è tutto pronto: se volete la moto c’è”. “Mi regali un sogno, lo sai Mauro? Devo ancora parlare con gli altri, ma per me io sono già lì”. “Fatemi sapere, vi aspetto, hasta pronto!”
Stavolta si fa !!! Devo convincerli, questa non scappa, solo un “minchia” non approfitta di un’occasione così. Chiamo Roby ma è sicuramente al lavoro, non posso chiamarlo in banca: sarà impegnato… me ne infischio della banca! “Tut-tuut! Sì buongiorno, è la Deutsche Bank? Saalve, sono il cardinal Tettamanzi, vorrei conferire con il signor Masperi…” “un momento glielo passo subito glielo … he chi ? .. Mauro ?… Si ma non posso parlare molto… si come dobbiamo farlo?… Sì a tutti i costi, dobbiamo andare a fare la gara sisi d’accordo poi ti chiamo ciao ciiiaaooo!”
Roberto ci sta, sono sicuro che ci sta; controllerà i giorni di ferie che gli rimangono e poi lui per girare in pista di certo non si tira indietro.
Devo chiamare Alberto, lo devo convincere: poi domani vado in officina e parlo con Bruno.
Con Alberto devo fare in un altro modo, meglio andare da lui a casa tranquilli e esporre i fatti con calma; lui è un precisino: se lo chiamo ora eccitato come sono va a finire che non mi spiego bene e lui sicuramente mi manda a quel paese: meglio stasera. La sera stessa passo da casa di Alberto, ci sono anche Rosella (sempre sorridente, beata lei) e Lorenzo (amore grande, come lo chiamano mamma e papà): mi siedo a prendere il caffè, ora sono molto più calmo ed espongo “la novella” ad Alberto, lui mi ascolta placido e silenzioso, riesco a cogliere ogni minimo impercettibile movimento dei suoi muscoli facciali è come se stessi leggendo il suo recondito percorso emozionale e riconosco quel mezzo sorriso e l’occhietto lucido, so già che non mi dirà subito “va bene ci sto”, ma so che sarà “SI”; ne parleranno, lui e Rosella, Rosella si preoccuperà ma senza darlo troppo a vedere e non gli dirà di no; ne sono certo (è il premio that’s amore 2003!).
Il sabato è il giorno del caos in officina per parlare con lo “zio” (Bruno): meglio andare in mattinata, gli dico serio che devo parlargli di una cosa importante e che deve tenersi libero per pranzo; sennò il farfallone non m’ascolta con attenzione e chissà quanto ci metto a convincerlo. Mi fa segno di sì con la testa e continua la sua opera di convincimento di un avventore a cui sta spiegando che con il suo albero a camme non volano solo gli asini ma anche i Nevada.
Andiamo a mangiare al Disco Volante e io sto viaggiando su una nuvola; gli dico “Bruno dai, raccontami di quella volta del Bol D’Or… dai zio… che tempi eh, zio? Che forza quelle moto?… Ma senti un pò… ma cosa ne dici se ci fosse la possibilità di fare una gara così? Eh zio, come la vedi? no perché sai in Spagna… Mauro…”
Lui sorride, anzi ride, anzi fa quella specie di pernacchia o insomma ognuno ride come vuole; accampa qualche scusa poi ritorna serio e dice: “io lo farei ma deve venire anche Tiziano” Ah, sarebbe fantastico, un vero team al completo, ma non sarà facile convincerlo; per convincere Tiziano bisogna fare in modo che tutto sia a posto, tutti d’accordo a chiedere a gran voce che ci sia. Intanto lasciamo decantare qualche giorno, poi mercoledì sera c’è la riunione del Moto Club e lì tiriamo le somme.
E’ mercoledì sera e l’aria è calda, tutti sono seduti fuori dalla porta dell’officina con le sedie disposte in circolo. Sarà per le mamme che rincorrono i bambini o per la cinquecento del Renato tirata a lucido, come appena uscita dalla Fiat o per le paste mangiate così sotto le stelle, ma stasera sembra di essere davvero negli anni settanta o forse sono solo le seppie ripiene di mamma, che mi fanno vivere sempre nuove allucinazioni.
Arriva il momento a fine riunione in cui gli sguardi si trovano e i complici si spostano nell’ufficio del Bruno. “Ehi Tiziano, puoi venire qui un momento?” Arriva scrutandoci con sospetto, poi si siede e ascolta. Mentre gli spieghiamo le intenzioni fa come per trovare la solita sequela di obiezioni che in realtà non esistono, tutti sono lucidi e tutti lo guardano con amichevole severità: “se tu non vieni non si può fare!” Lui… abbassa la testa, prova a brontolare, ma non ce la fa e ride.
“ Cavolo ragazzi bisogna organizzarsi bene! Mica possiamo andare a fare figuracce!” Tutti ridono e con fare birichino, abbracci e pacche sulla spalla usciamo dall’ufficio con l’accordo raggiunto, SI VA!
E’ cosa fatta. Bisogna avvisare Mauro, prenotare volo e albergo, capire cosa come e quando, ma il più è fatto, niente dubbi nè incertezze, stavolta si fa!
E’ tempo di vacanze, di relax e spensieratezza e l’idea che Settembre presto arriva, per quest’anno non m’angoscia. So che una piccola riserva di immenso piacere, prima che l’inverno come sempre ci divori, mi sta aspettando e che sarà un sogno che s’avvera, fosse anche per una volta sola.
[Mauro]
GIOVEDÌ
Si parte! Dopo un breve volo atterriamo a Valencia, dove noleggeremo un auto per scendere fino a Cartagena. Appena scesi ci accoglie il magnifico clima spagnolo: qui è ancora estate, e soprattutto ci invade quello ‘spirito’ leggero, divertente e allegro che sembra regnare in ogni abitante di questo solare paese. Il viaggio contribuisce anche a rafforzare il nostro spirito di gruppo; non che ce ne fosse bisogno, ma vuoi la Spagna, vuoi il viaggio, vuoi il fatto che stavamo procedendo verso il nostro sogno… beh, era un ‘gasamento’ continuo a vicenda.
Prima di arrivare al nostro Hotel ci fermiamo nei pressi di Murcia, dove incontriamo Mauro Abbadini, che dopo i rituali abbracci ci conduce da Miguel Angel, suo compagno nell’organizzazione della gara, e soprattutto malato perso di moto italiane. Le loro simpatiche e gentilissime consorti ci rifocillano in abbondanza, ma il ‘pieno’ lo facciamo quando Miguel Angel ci apre le porte del suo garage, che sarebbe più appropriato definire ‘atelier’. Alla vista del contenuto si sentono cinque ‘TOK!’. Sono le nostre mascelle cadute a terra dallo stupore e meraviglia nel vedere (e odorare) Ducati, Laverda e Moto Morini della nostra epoca motociclistica preferita (i mitici anni ’70). Spettacolari. Peccato che manchino Moto Guzzi, ma Miguel Angel non apprezza il cardano…
Raggiungiamo dopo esserci congedati l’Hotel, dove ci addormentiamo pervasi dall’atmosfera bellissima appena vissuta, e pregustandoci (senza però immaginare davvero quanto) le giornate seguenti.
[Alberto]
VENERDÌ
Stranamente il venerdi appena alzati non si registrava una tensione apparente: tutti erano calmi e rilassati. Uno dei momenti più belli è stato quando siamo arrivati al paddock del circuito. Era deserto, ma l’atmosfera che si respirava una volta entrati ed avvicinatici ai box era di quelle mai provate!!
Effettivamente si stava realizzando per noi un qualcosa che mai e poi mai ci saremmo immaginati di vivere in prima persona. La nostra voglia di cominciare era così alta che siamo arrivati almeno due ore prima di tutti gli altri partecipanti!!!
Allora ci siamo rilassati sia preparando le nostre tute da gara che chiaccherando tra di noi: Bruno ha aperto il libro dei ricordi e… ci sembrava di essere fuori dal tempo in un altra vita meravigliosa, in cui potevamo fare finalmente una delle cose da noi preferite: guidare una moto in pista.
Abbiamo vissuto quattro giorni in uno spazio temporale separato dalla nostra vita quotidiana!!!
Man mano che i vari partecipanti alla competizione cominciavano ad arrivare l’adrenalina in corpo saliva sempre più fino all’arrivo di Mauro con il suo prezioso carico: ben quattro moto, di cui una tutta per noi.
Ci siamo svegliati dal nostro sogno ma… era tutto vero!!! E c’era anche da lavorare: scaricare le moto, allestire il box, fare le iscrizioni etc. etc.
Per noi era tutto nuovo ma molto stimolante, un pò meno nuovo ma comunque stimolante per Bruno e Tiziano che si sono ritrovati per le mani una moto fantastica ma con qualche acciacco dovuto ad una precedente caduta.
La mattina è volata in un attimo aiutando sia Bruno che Tiziano nei loro lavori…
[Roberto]
Le Guzzi preparate sono tutte più o meno con le stesse basi: telaio tipo Le Mans con la culla inferiore segata, qualcuna con il canotto di sterzo risaldato più chiuso, motori pompati assai, teste a doppia candela, valvole maggiorate e così via di questo passo, con Bruno che inizia a fiutare suoi componenti e gli vedi gli occhi che brillano, mentre noi ci limitiamo ad ammirarle da un punto di vista estetico. Il fascino di queste moto è semplicemente irresistibile. Sono le moto da gara più belle che abbiamo mai visto, e ognuna di queste meriterebbe la copertina di Cafè Racer, tanto sono curate e spigliate, leggere nella linea ed essenziali nella loro destinazione d’uso. Che meraviglia…!
Mentre Bruno e Tiziano, come due chirurghi di fama mondiale cominciano ad armeggiare con gli attrezzi per la messa a punto, Mauro Iosca mi invita a fare un giro di pista a piedi, tanto per dare una prima occhiata, e così, a torso nudo per gustarci il caldo sole spagnolo percorriamo la pista, che subito si rivela bellissima e difficile, con una dozzina di curve (!), alcune in saliscendi e almeno due staccate in piega difficili da capire appieno, come poi constateremo in sella al bolide. Il gasamento sale sempre di più…
Rientriamo ai box mentre i nostri ‘dottori’ cominciano a sistemare la nostra moto, la Guzzi numero 5, dalla bellissima livrea bicolore rossonera divisa a metà da una fascia bianca, che a seconda del lato in cui la osservi dà l’impressione di vedere due moto diverse. Mauro Abbadini ci spiega che è appena caduto con questa moto, e che quindi ha bisogno di un po’ di cure. Poco male. Ci poteva portare anche un catafalco devastato che non avremmo battuto ciglio, pur di poterlo pilotare lungo quelle curve là dietro le gobbe del terreno. Nel frattempo il paddock si riempie di moto… di moto… di motociclette bellissime, sempre di più, e riempendosi assume le fattezze d’autentico paradiso motociclistico. Guzzi sempre più affascinanti, una Honda CB750 gialla di una bellezza mozzafiato, due Laverda meravigliose, soprattutto quella di Miguel Angel che pare una bomboniera, Norton a profusione, Ossa e Bultaco che non farei quasi uscire dal box per paura di danneggiarle… Invece qui le moto le usano, e meno male, e la passione e semplicità di tutti ci mette talmente a nostro agio che inevitabilmente ci chiediamo perché da noi (inteso come Italia) riscontriamo spesso tanto fighettismo inutile. Mah. Qui è meraviglioso, si sta tanto bene, sembrano tutti amici. E lo sono.
Purtroppo la messa a punto dura parecchio, anche per via di una candela col filetto spanato, e Tiziano è costretto a piazzarci un bullone per tappare il buco (si tratta della seconda candela, per cui giriamo in pratica con tre candele, un nuovo trend, dopotutto noi valiamo :-)), e inoltre uno degli attacchi del collettore di scarico alla testa cede, ma l’altro regge a sufficienza. Alla fine, quando manca solo un’ora e mezza alla fine delle prove libere del venerdì incominciamo a girare, con la moto che dimostra immediatamente di avere tonnellate di coppia e stabilità notevole, ma anche di essere piuttosto ‘maschia’ nei cambi di direzione, e spara certe rivoltellate in rilascio che parecchia gente alza le mani istintivamente! Giusto il tempo di assaggiare la pista, di capire che è bellissima e a tratti veramente difficile, con pochi punti di riferimento (è talmente secco che mancano anche i sassi, mannaggia), curve a raggio alquanto variabile e almeno un paio di staccate in piega, le più difficili. Però si gode di brutto, si sta ginocchio a terra per la maggior parte del tempo (se non erro le curve sono dodici) con un unico rettilineo degno di tal nome.
Insomma: a fine prove, pur col dispiacere di non essere riusciti a girare molto (mentre Bruno e Tiziano hanno lavorato senza sosta) siamo comunque assai soddisfatti, e prima di lasciare il circuito giriamo tra i box con la luce ormai al tramonto per gustare l’atmosfera della vigilia, con diversi team impegnati nelle ultime operazioni di messa a punto e con improvvisati accampamenti di sedie dove le donne passano il tempo chiacchierando allegramente… insomma, se avessimo lì da mangiare e qualche branda probabilmente non ci saremmo manco mossi di lì.
Invece facciamo in tempo, nonostante la grande stanchezza, ad assaporare una fetta della festa di Cartagena, con chilometriche sfilate di centurioni, donne in costume romanico e barbaro e così via, assai suggestive come sempre in terra spagnola, e a meritarci una cena deliziosa in un ristorante del centro. Prima di crollare a letto, in attesa del grande giorno.[Alberto]
TEMPI DI VENERDÌ (MOTO 1)
SABATO
Il grande giorno ci sorprende da una parte ansiosi del momento della verità, e dall’altra un po’ intimoriti, anche per i pochi giri percorsi nella giornata precedente. Chi certo non è stato con le mani in mano sono Bruno e Tiziano. Arriviamo al circuito, già animato, e Mauro Abbadini, dispiaciuto per i problemi tecnici della moto, addirittura ci mette a disposizione una delle sue moto di riserva, che non dovrebbe avere i problemi riscontrati nella ‘bicolore’. Si meriterebbe un monumento lì seduta stante: noi sulle prime non accettiamo, ci sembra troppo, ma il suo dispiacere è sincero e quello che desidera è vederci liberi e felici di far correre la sua moto. Si merita un monumento. Dobbiamo ricordarci appena tornati in Italia: comprare marmi, cemento e bronzi.
La ‘seconda’ numero cinque è ovviamente un gioiello come la prima, con alcune differenze: se da una parte è meno generosa di motore (che però gira come un orologio), ha una ciclistica ben più svelta, visto che dispone di un cannotto di sterzo più chiuso con in più il cuscinetto Ghezzi, tant’è che sul coperchio dell’alternatore sono ben visibili residui gommosi di grattate in staccata. Ciliegina sulla torta, una pompa del freno anteriore più efficace (altro problema della moto di ieri) e, complice una impostazione in sella più alta, si rivela assai maneggevole (perlomeno nei limiti di una Guzzi, s’intende), cosa assai positiva su questo tracciato che ti massacra di curve. Unico difetto: la forcella scarica di idraulica, ma lo vedremo più avanti. Certo che per noialtri ‘piloti’ c’era da riimparare tutto daccapo… ma chissenefrega: una volta saliti in sella senza più forzate soste ai box, si viaggia a meraviglia e pian piano tutti miglioriamo i tempi di ieri.
[Alberto]
Devo dire che la notte tra venerdi e sabato non è stata delle più tranquille, forse era la stanchezza o forse era la…
Comunque di primo mattino ci siamo presentati in autodromo dove ci aspettava un vero tour de force: prove libere, prove ufficiali e infine la gara!
Per fortuna ci aspettava anche una buona notizia: la nostra moto che tanto ci aveva fatto tribolare il giorno prima, su intercessione di san Mauro da Madrid, era stata sostituita con un’altra che serviva di scorta ad un altro team del nostro gruppo.
Dunque uno dei nostri primi pensieri che ci aveva fatto passare la notte in bianco si era dissolto. Ora rimanevano tutti gli altri.
La nuova moto era fantastica per noi debuttanti: infatti a fronte di un motore un pò meno potente aveva un comportamento di ciclistica più sincero e facile che permetteva una guida meno stressante e più redditizia.
Infatti, grazie al talento di Alberto, ci siamo ben qualificati potendo dedicarci all’aprendimento di tutte le curve della pista di Cartagena che sono una più difficile dell’altra…
[Roberto]
QUALIFICA
Finite le prove libere, si incomincia a fare sul serio. Un’ora di tempo, con tutti e tre impegnati a darci dentro per strappare il tempo migliore, che varrà per la griglia di partenza. Ripercorro mentalmente il circuito: rettilineo del traguardo non lunghissimo, si inserisce la quinta solo per pochi metri, poi staccatona buttando giù due marce per la prima bellissima curva sulla destra in salita, senza vederne la fine. Va presa la corda lasciando scorrere la moto in rilascio per la curva successiva senza pausa, sempre a destra ma in discesa; poi appena raddrizzati, dentro la seconda e lieve pinzata per affrontare la seguente a sinistra, la più lenta del circuito. Brevissimo rettilineo e variante non lenta ma insidiosa anche per l’assenza di cordoli e per la fatica nel raddrizzare la moto in uscita per gettarsi in un curvone ampio a destra tutto in accelerazione, aah bello, ma quando hai messo da poco la quarta ti accorgi che là avanti la curva si chiude, e però non c’è modo di raddrizzarsi né di capire dove staccare, visto che i cartelli sono interni e lontani; vabbeh, mi baso sui segni di frenata sull’asfalto: dentro la terza e vvaaaaiii in un bel curvone a destra in appoggio, per poi andare di quarta in una semicurva a sinistra e in fondo staccare sempre un poco inclinato; dentro di nuovo la terza per salire su un semitornante secco a sinistra in salita, uscendo spalancando anche se di là non si vede dove diavolo vada l’asfalto: appena scollinati si vede che piega a sinistra e si tiene la terza su di giri, per staccare appena dopo poiché già si ricurva a destra in discesa, anche questa mozzafiato, e poi giù in breve rettifilo fino ad una curva a sinistra un po’ bastarda dentro, perché veloce ma non sai subito bene quanto puoi osare. Si prosegue tirando un po’ la quarta fino alla staccata per il tornantone bello godurioso super plus in appoggio in salita a destra da fare in progressione in terza, per poi sbattere la quarta di prepot… aaalt che siamo in piega a sinistra e vedo là in fondo i segni di una bella staccata ancora in piega, ma dove boia Faust devo staccare, che sono sempre o in anticipo o in ritardo?!? Questa è bella difficile: si piega secchi a sinistra obbligatoriamente in seconda rasoterra, tirata di terza fino a stracciare l’ultima staccata, quella del tornante di ritorno a destra che immette sul rettifilo. Qui si fanno urlare le saponette fino al bordo esterno, per poi lasciar sopravanzare l’urlo del bicilindrico palpato di bestia per trapanare i tappi alle orecchie (scarico liberoooo!!!) e via sul traguardo. Bello, bello da morire (metaforicamente, of course).
Ora si comincia a fare sul serio e non vedevamo l’ora: parte Roberto, tira i suoi venti minuti e strappa un 2’13″92: rientra e mi cede il ferro caldo, salto su, porca putrella, con una voglia tremenda che ieri mi ha lasciato un po’ d’ansia: la moto comincio a sentirla, so che in quel curvone d’accelerazione devo stare ancora attento che soffre le sollecitazioni dell’asfalto, ma d’altra parte si lascia gettare alla corda come un fuscello, e la pompa davanti mi dà fiducia: via! In cinque-sei giri continui scendo fino a 2’08″5, per poi cedere il testimone a Mauro, che non vedeva l’ora manco lui. Macina i suoi giri scendendo anche lui dai tempi di ieri e di prima mattina fino a 2’14″61. Bene! Siamo affiatati, ci stiamo divertendo, Bruno e Tiziano hanno gli occhi che ridono, ci sentiamo finalmente liberi, dopo mesi a pensare alternativamente se avremmo fatto una cazzata solenne o se saremmo saliti alla gloria (non quella eterna, sticazzi), e siamo a metà classifica nello schieramento! Chi l’avrebbe mai detto, noi che pensavamo che gridassero “SI CHIUDEEE” prima che arrivassimo ai box!
[Alberto]
LA GARA
L’inizio della gara è stato uno dei momenti più emozionanti: che bello vedere tutte le moto schierate per la partenza stile Le Mans con i piloti schierati dalla parte opposta della pista pronti allo scatto per raggiungerle!
Il piacere di poter iniziare la gara ci ha fatto passare ogni titubanza o timore: per un giorno eravamo dei veri piloti!!!
[Roberto]
Io mi cago sotto. L’ho detto subito, la partenza mi fa paura, non so se ce la faccio a partire io per primo. Roberto, sei un santo, braaaaaaavo che parti tu per primo, mi togli un bel sasso, forse l’unico. Siamo pronti, tutto è pronto: la moto, Bruno al muretto con l’inseparabile cronometro e le sue tabelline; Tiziano di là del muretto con in mano l’acceleratore tiene il motore sveglio, Roberto dall’altra parte della pista in piedi schierato con tutti gli altri piloti a fianco… E’ il momento tanto sognato: tre, due, UNO… VIAAAAAAA!!! In un bordello assordante di sgasate tutti partono a razzo (più o meno), tranne uno: Javier, che tradito dal non sentire la propria moto in mezzo all’urlata globale la spegne, così perde tempo a riaccenderla aiutato da Alberto (cosa che risulterà fatale alla loro classifica). Noi siamo tutti appiccicati come poster al muretto, in attesa delle passate di Roberto davanti al traguardo e tesi al responso cronometrico di Bruno, unico termine di riferimento dato che è impossibile capire a lungo la posizione tenuta.
Allo scadere della mezz’ora (tale è il tempo concordato tra noi per i turni) cambio pilota: Roberto mi cede la moto, ora tocca a me, ma tutta l’apprensione svanisce appena tocco l’acceleratore. Ora sono solo io e la moto: tutti gli altri pensieri svaniscono all’istante. Mi fiondo in pista e comincio a macinare curve, pian piano sempre più sciolto, e mi accorgo che di gente che mi supera ce n’è pochina; peccato che quei pochi siano quasi tutti parecchio più svelti di me, si vede da come entrano veloci in curva che la pista la conoscono bene. Io cerco qualcuno da inseguire, da cui imparare bene le traiettorie, dove staccare, soprattutto in quelle due bastardissime staccate in piega dove perdo tempo. Ecco che mi supera la numero 37, però riesco poco a seguirla, perché Tiziano implacabile, dopo avermi segnalato un bel 2’06” come miglior tempo, mi intima la sosta ai box per il cambio pilota e il pieno di benzina. Non importa. La gara è lunga, ho tutto il tempo.
[Alberto]
La fortuna dei debuttanti ci stava dando una gran mano: viaggiavamo ampiamente a metà classifica facendo la nostra bella figura girando in tempi sempre migliori man mano che imparavamo le strane curve del circuito, finchè la dea bendata, come capita spesso nelle gare di durata, decide di andare a bersi un caffé.
Proprio davanti al nostro box la moto con alla guida Mauro tira una sfollata tremenda seguita da fiammata allo scarico e successiva fumata nera.
Sfortuna vuole che noi dal muretto abbiamo visto tutto e chiaramente, come la natura umana vuole, abbiamo subito pensato al peggio.
La moto poco dopo si fermava in una via di fuga del circuito. Era finito tutto, da ciò che avevamo visto sembrava chiarissima la rottura di una valvola!!
Erano appena trascorse meno di due ore e noi pensavamo che la nostra gara fosse finita: recuperata la moto in effetti il motore sembrava dare sintomi di quella rottura che noi pensavamo di aver sentito durante il transito della moto davanti ai box.
Eravamo tutti un pò delusi, anche se contenti di aver partecipato alla gara in maniera dignitosa.
[Roberto]
“ Non voglio e non posso credere che finisce qui, e poi va bene la sfollata, va bene la fiammata, i draghi il leocorno, ma adesso non esageriamo: non erano i sintomi di una rottura, perché non mi credete? No eh? Non capisco, mi sbaglio… va bene va bene però possiamo cambiare moto, dai, datemi una mano, tiriamo fuori la bicolore”. Che bravi: nessuno vuole accettare la sconfitta e in dieci minuti spostiamo numeri e trasponder sulla prima moto, mentre Bruno e Tiziano (drogati) provano a sistemare la carburazione che, maledizione a lei, ci aveva fatto optare per la seconda moto fin dalla mattina.
Esco dal box con una “belva” inguidabile, scoppiettante con l’aggravante che quando “brucia bene” non ti avvisa; è come essere sul calcinculo alla festa del paese.
Faccio tre giri, forse quattro, con tempi non ridicoli ma che a questo punto e con questa moto non sono accettabili; e dato che il feeling ormai è totale rientro ai box, nel momento in cui gli altri stavano per richiamarmi con la tabella “affinità elettive nell’interpretazione della sfiga”.
[Mauro]
Ma Bruno e Tiziano (quelli hanno la mentalità giusta) non si fermano davanti a niente e anche se la gara era finita hanno detto “proviamo a vedere il guasto, tanto siamo qui a far niente!”
E allora smonta la prima testa: niente di rotto. Smonta la seconda: niente; controllano l’accensione ed è tutto ok… allora nelle loro menti diaboliche comincia a serpeggiare qualche dubbio: vuoi vedere che…
Alla fine di tutto si scoprirà che era un filo dell’accensione che faceva un falso contatto: incredibile!!!
Ma ancor più incredibile è stato il fatto che questi due pazzi in meno di due ore hanno rimontato tutto permettendoci così di finire la gara!
[Roberto]
La gioia di rivedere la moto funzionante era enorme. Mauro poi, che aveva potuto fare solo pochi giri, e si sentiva addosso la responsabilità del danno (“ecco, lo so cosa pensate, che sono il solito minchione sfasciatutto, ma io non ho fatto niente, bastardi!”) ora è libero di correre, e non se lo fa dire due volte: salta su e finalmente può concludere bene il suo turno. Quando rientra al box per cederla a Roberto gli esce un “va benissimo” liberatorio. Evviva!!!
Terminata la sgroppata di Roberto, rientra per il pieno e il cambio col sottoscritto. Ora vediamo se riesco a limare ancora qualcosa da quel 2’06”, me la sento. Unico dubbio, la tenuta della forcella, che manifesta saltellamenti soprattutto in una curva, che difatti non riesco a fare certo in pieno. Dentro! Stavolta solo due riescono a superarmi in questo turno: la numero 1, che sia Alberto o Javier alla guida non so ma loro sono su un altro pianeta, provo addirittura a tentare di seguirli e devo dire che per una curva ci riesco, ma a quella dopo la numero 1, tesa a recuperare il tempo perduto alla partenza svanisce all’orizzonte. Chissenefrega, farò tutto da solo. Pian piano comincio a forzare il ritmo, ma più entro veloce nelle curve più aumentano i saltellamenti della forcella, e mentalmente mi tengo bene a mente che questa è una gara di durata dove conta arrivare, non fare il tempone, per cui accetto i saltellamenti come limite massimo invalicabile. Comunque Tiziano mi segnala 2’05”, e sono contento come una Pasqua contenta! C’è però la prima curva, quella in fondo al rettilineo, che mi attizza particolarmente, dato che è una bella goduria riuscire a raccordarla con la curva immediatamente seguente, e allora mi diverto a forzare sempre più la staccata, ormai stacco ai 100 metri, entro come una lippa, ben… ooops FORSE TROPPO LIPPA… mi strizzo un po’ e istintivamente raddrizzoooOOOO… niente da fare, non posso più buttarla dentro nella curva dopo, mi tocca finire nella sabbia, speriamo di non fare danniiii…! La moto mi cade nell’ultimo metro di abbrivio, ma aiutato dal commissario la rialzo, cielo dimmi che non ho rotto niente… che culo si riaccende al primo colpo e VIA! Immediatamente penso che sia meglio rientrare ai box, forse mi devo calmare un po’, ma dopo poche curve mi sorprendo a ripensarci. Io il mio turno lo finisco tutto, e anzi rientro ancora veloce in quella curva, so che si può fare senza pericolo. Potere dell’adrenalina…
Ormai viaggiamo con sorrisi larghi trenta centimetri: concludiamo i turni limando sempre più i nostri tempi, sentendoci finalmente leggeri e in sintonia con tutto, che bello! La stanchezza comincia a farsi sentire, ma vuoi anche per la pausa forzata, in realtà vorremmo che le sei ore non finissero mai…
Per via della sosta, l’ultimo turno tocca a Roberto. Lui però prima di salire in sella mi dice: “senti, io ho già fatto la partenza, non è giusto che faccia anche l’arrivo: se vuoi ti cedo l’ultimo quarto d’ora, così ti godi la bandiera a scacchi”. Roberto sei un grande. In quel momento non immaginavo cosa significasse davvero vedere sventolare la bandiera a scacchi, e gli rispondo che sono stanco, mi fa un male cane la mano sinistra per via della frizione, vediamo. Lui riparte, ma dopo il quarto d’ora rientra e mi cede la moto.
Percorro gli ultimi giri di gara senza tirare troppo, pensando a gustarmi le ultime, bellissime curve, col sole ormai basso sull’orizzonte, pensando alla fortuna di aver potuto fare una cosa del genere, fino a che, spuntato dall’ultima piega, percorro il rettilineo d’arrivo con tutte le persone ai box a braccia alzate a sventolare e festeggiare l’avventura, e vedo il direttore di corsa che agita davanti a me la bandiera a scacchi tanto sospirata e mi assale una gioia irresistibile, a tal punto che non riesco a trattenere le lacrime, e piango di gioia come un vitello mentre finisco il giro prima dei box, salutando tutti gli altri piloti, anche loro felici e festanti… e rientro ai box con Bruno, Tiziano, Roberto e Mauro che mi vengono incontro ad abbracciarmi… beh, mi fa venire un brivido enorme anche ora mentre tento di tradurre in ASCII questi ricordi. E’ bellissimo e meraviglioso quant’è bella la vita.
Il resto è grandi pacche sulle spalle tra tutti, sorrisi di felicità sulla stanchezza della gara, che è lunga ma da vivere tutta, col sole che cala su questa bella arida Cartagena.
Chiuso il box e caricate le moto sui carrelli ci attende la cena conclusiva, sempre in circuito, dove tutti restano a chiacchierare sulla gara e a gustarsi la premiazione e dove addirittura veniamo tirati in ballo e premiati, compresi Bruno e Tiziano che ricevono un premio speciale.
E’ stata una avventura indimenticabile. Ed è stata bellissima anche perchè siamo stati splendidamente insieme tra noi, con un affiatamento e incoraggiamento continuo. Tutto lo dobbiamo ai componenti della Deccla che si sono inventati questo angolo di paradiso, a Mauro Abbadini che ci ha dato le moto (non ci sono parole per descrivere il suo gran cuore) e a Bruno e Tiziano che hanno lavorato come pazzi consentendoci di divertirci con le moto. GRAZIE.
[Alberto]
Una cosa che mi ha colpito molto è stata la premiazione. Qui sì che la gente ha la giusta mentalità.
Erano le 10 di sera e i partecipanti alla gara, provenienti da tutta la Spagna e quindi anche da molto lontano, erano lì dal primo all’ultimo momento.
Nessuno che se la tirasse; un’atmosfera fantastica. Potevi parlare tranquillamente con i primi arrivati così come con gli organizzatori senza nessun problema.
C’erano premi e ringraziamenti per tutti e nessuno si è permesso di andare via prima della fine della premiazione.
E’ stata la degna conclusione di una giornata fantastica che penso mai dimenticheremo così come non potremo mai ringraziare abbastanza Mauro Abbadini che si è fatto in mille per aiutarci e metterci a nostro agio; mai conosciuta una persona con così tante risorse da mettere a disposizione di chiunque ne avesse bisogno. Un grande.
Penso abbia contagiato tutti con il suo amore smisurato per la Guzzi e le competizioni; forse qualcuno a Mandello dovrebbe prendere esempio da lui.
Per quanto riguarda noi, beh: non vediamo l’ora di ripartire per la Spagna per la prossima gara!!!
[Roberto]
“Mira, mira a los italianos, mira che hambre… se parece son años que no comen!” staranno senz’altro pensando i nostri ospiti. Ebbene sì! Questo è senz’altro il ritratto più vero di noi e di come siamo oggi, tristemente abituati molto più all’apparire che non all’“essere”, istintivamente votati alla bellezza di ardite presentazioni da “nouvelle cuisine”, attratti dalla moda e dalle novità e di esse globali promotori come unico comprensibile stimolo all’esistenza, genti che di moto e corse, ma non solo, han storia e tradizione e che oltre al verbo si sazian con un piatto di zuppa di fave. Sì, le fave, le fave che mia madre da piccola non voleva mangiare e quante botte han preso per le fave, simbolo controverso della miseria di un’Italia degli anni cinquanta e allo stesso tempo pietanza ricca e vigorosa che dava la forza per andare avanti e per arrivare qui, dove ora siamo e dove a volte un piatto di fave con la sua semplicità ci fa provare emozioni che sanno di vero, autentico, genuino piacere.
[Mauro]