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Was Ist Das

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di Rinaz
Dedicato a Lorenzo Camunci.

In piedi, ritto sul parapetto, osservavo la statale curvare ed entrare nel paese, dietro di me nel parcheggio il vento della primavera a scatti puliva l’aria alzando vortici di sporco.
Ogni tanto davo un’occhiata al grosso bicilindrico nero della Guzzi, non avevo paura che me lo rubassero, che le Guzzi non se le frega nessuno, solo un matto può pensare di fregare un California vecchio di cinque anni con la statua della madonna inchiavardata sul parafango, ma c’è sempre qualche testa di cazzo che si frega il casco o i guanti, magari non gli servono, lo fa così per spregio o chissà perché.

Alle quattro calcolai che erano tre ore che aspettavo e mi rassegnai, Woizec non sarebbe più arrivato. Facevo fatica ad arrendermi all’idea, non per le cose che mi aveva promesso, cioè anche per le cose ma se non arrivava con il suo furgone bianco significava che era finito nei guai. ” …merda d’un Woizec mi sei finito in gabbia un’altra volta..”, saltai giù dal parapetto con un “… ma vaffanculo…”. Alla moto mi aspettano i soliti due vecchietti. Fateci caso quando lasciate parcheggiato un Guzzi al ritorno trovate sempre due vecchietti che parlano di moto e dei bei tempi andati. I miei stavano dicendo
“… macchè ì Galletto, Nedo aveva ì Falcone… ì Galletto… te tu ci avevi ì Galletto…”
” ettu ti sbagli… ti dico che ni cinquantasei alla festa a Campi del primo maggio Nedo venne co ì Galletto… “.

Il mio arrivo li zittisce e gli stampa in faccia un sorriso ebete. Brutta bestia la pensione, forse peggio della galera, così la compassione me li fa salutare per sentirmi chiedere le solite cose “…ma la Guzzi esiste ancora…”, “… indollè ì volano…”, ma oggi non ne ho proprio voglia, il bidone di Woizec mi pesa, così conto i miei soldi e decido rapidamente il da farsi… andrò a San Giovanni da Maurizio, da Maurizio c’è sempre un buon motivo per sbattere via i soldi. Deludo i nonni facendo girare i pistoni. La polpetta di carne congestionata che è la faccia di Maurizio mi aspetta giusto sulla porta.
“Oh zingaro! dove tull’hai lasciato ì carrozzone?”
“L’ho lasciato alla tu mamma che aveva da ricevere dei camionisti, mi ha detto di dirti di non aspettarla che farà tardi”.

A Maurizio la mia Guzzi piace molto, esce dal suo magazzino e si avvicina alla moto mentre scendo e metto il cavalletto.
” … la mi mamma l’era una maiala ma la tua un si sa manco chi l’era, per me te non sei zingaro, te tu sei un bimbo rubato dagli zingari in un bordello!”
” oh brutta merda vuoi vedere che sono il tu fratello… Maurizio fa un piacere al tu fratellino vendimi qualcosa di bello… che ci hai oggi di bono?”
” io ci ho tutta roba bella… sei te che fai fatica a tirare fori ì quattrino, si vede che ì bordello della tu mammima l’era frequentato da un rabbino”
” rabbino icché? ci ho un nome arabo”
” si vede l’era di bocca bona e sbocchinava gli uni e gli altri”
” ma vattela a stroncare al culo, sei il solito pezzo di merda…”

… sbrigato il protocollo dei saluti e dei convenevoli entriamo nello schifo del suo capannone dove nel caos più totale trovi veramente di tutto, affogati nel lerciume più assoluto trovi oggetti sublimi e cacate inutili. Fingo di girovagare a caso nel suo universo arredato alla rinfusa da grandi armadi d’epoca ma anche rottami di moderni frigoriferi, improbabili lampadari e divani sfondati di ogni era e stile. Maurizio mi segue… cerco di depistarlo zigzagando ma so esattamente dove voglio andare a parare, Maurizio ha un oggetto che tengo d’occhio da diverso tempo e io so che più passa il tempo più Maurizio è disposto a trattare il prezzo.

È un inginocchiatoio francese di fine ottocento. A ben guardare è un oggetto troppo pesante ed è il motivo per cui Maurizio fatica a venderlo, troppo grande, tutto di noce ebanizzato con il nero che ha preso una patina grigio scuro. Le corte gambe a tortiglioni tozzi reggono una seduta imbottita in velluto rosso, liso e consunto da chissà quante ginocchia dolenti, ogni volta che lo vedo cerco di immaginare quanti peccati siano stati espiati su questo oramai sudicio velluto rosso fermato al bordo da grosse borchie d’ottone; nell’alto schienale campeggia un grossa croce nera, sempre a tortiglioni, sovrastata da un cassettino anche lui nero come la morte ripostiglio dei libretti liturgici e come se non bastasse all’interno del cassettino è fissato un piccolo crocefisso in metallo di epoca più recente, forse un ex-voto per una grazia ricevuta in cambio delle tante orazioni; lo schienale termina in un fagiolo imbottito ricoperto dello stesso velluto rosso rubino anche lui con la trama sfinita dal continuo appoggiare di mani giunte in preghiera … un oggetto difficile da mettere da qualche parte in una casa, però se si arriva al prezzo è un oggetto sicuramente da comperare. Girato un angolo mi trovo davanti l’oggetto dei miei desideri…
“toh guarda chi c’è!… oh Maurizio, figlio di un cane, ma questo inginocchiatoio non lo dovevi vendere la settimana scorsa agli americani?”
” un cominciamo a fa i bischero… lo voi o no?”
” quanto costa oggi?”
” un mi fa girà i coglioni che oggi non è il giorno… tu lo sai quante costa… costa uguale a ieri”
“non mi ricordo più… e qui da così tanto tempo che ti si fa un piacere a portarlo via”
” ma va a cacare… sono sempre cen’cinquanta euro…se tu lo voi, se poi tu sei venuto a far girare i coglioni e un altro par di maniche”
” cencinquanta sta merda che non riesci neanche a regalarla?”
” sai zingaro che a volte riesci a starmi sui coglioni? siccome t’hai studiato tu pensi io sia bischero?”
” ma che cazzo dici? sei figliolo di una lorda ma il tuo lo sai fare… ma cencinquanta non te li darò mai!”
” senti, brutto muso di merda, si fa centoventi lo metti sulla tu moto del cazzo e tu ti levi di culo! va bene?”
” non ci penso nemmeno a centoventi lo si lascia qui che quando la tu mammina ha finito co’ camionisti ci viene a recitare il rosario”
” sarai figliol di troia eh? “.

Ma detto questo Maurizio si accorge che sono entrate due clienti, due ragazze sui quaranta, una è un un vero cesso con un grosso naso torto e i denti da cavallo, i blue jeans neri attilati non gli nascondono le brutte gambe secche. L’altra è un vero angelo, un apparizione di grazia ed eleganza che stride nella fogna che è il magazzino di Maurizio, la signora ha lunghi capelli biondi a incorniciare un viso bello e regolare illuminato da due occhi grigi che irradiano tristezza ed infelicità nell’ambiente, una gonna al ginocchio lascia vedere due belle gambe ben disegnate infilarsi in scarpe basse un pò scollate, l’angelo parla anche e dice ” ciao Maurizio” “buon giorno a voi bella donna”.
La ragazza vestita di sensualità scivola, matura e consapevole, sullo schifo circostante accompagnata dallo scorfano goffo, posando la sua tristezza educata sugli oggetti di Maurizio. E’ così bella che né io né Maurizio riusciamo più ad insultarci, ci guardiamo a vicenda vergognandoci di essere così brutti e malridotti. Due veri straccioni. Mentre la bellezza naturale e pulita della signora levitando avanza lentamente tra la merda di Maurizio spargendo i suoi malinconici feromoni su tavolini e comodini dalle gambe spezzate e i cassetti mancanti, noi come ipnotizzati sentiamo tutto il fallimento della nostra vita dove certi piaceri e certe bellezze ci sono sempre stati preclusi, ci risvegliamo solo quando ci ripassa accanto ” ciao Maurizio ” ” ciao a te bella signora ” in una scia di profumo e tristezza esce con il suo scombinato cavallo al seguito.
” … maiala che topa!..” esclamo io, Maurizio fa ” pensa zingaro s’era ragazzi assieme… poi… una fica a quella maniera… c’era da aspettarselo… ha sposato ì figliolo avvocato del Moretti… prima cì fatto du figlioli e adesso l’ha mollata…”
“ma chi lei o lui?”
“no… no… l’ha mollata lui… il vecchio Moretti l’è morto e lui se messo con la ragazzina moldava che, dice, gli faceva da segretaria… pensare che da ragazzi ci ho avuto una mezza storia”
” ma va a cacare, merdaiolo, ma ti sei guardato? ma sei proprio una testa di cazzo”
” che c’entra? s’era ragazzi mica contava ì quattrino…”
” allora se il quattrino non conta perchè non mi lasci sto sgabello merdoso per cinquanta euro? ”
” muso di merda un tu sei altro, bastardo fatto e finito, cinquanta euro per un mobile francese dell’ottocento! ”
” Maurizio ma chi lo vole? chi te lo piglia? ”
” ci posso fare trecento euro quando mi pare ”
” e allora perchè è ancora qui? cosa fai… ti ci sei affezionato? ”
” senti, pezzo di merda che un tu sei altro, tu mi dai settantacinque euro, te ne vai a fanculo, te e la tu moto Guzzi di merda, che un posso più vederti. E unne voglio più parlare, chiaro!?. Ultimo prezzo!”
” Si ma c’è un problema… ”
” basta problemi! settantacinque prendere o lasciare! ”
” oh Maurizio! cerca d’ascoltarmi ti dico ho un problema! ”
” icché t’hai? ”
” ne ho solo cinquanta “…………………………………………..

Maurizio resta impietrito, mi guarda fisso con rabbia, ho paura che la polpetta congestionata della sua faccia esploda e mi insudici con un paio di chili di carne trita di prima scelta ed invece esplode in un ” PORCA MAIALA! ” teso sulle gambe si gira ad osservare l’ingombrante ed incolpevole inginocchiatoio nero ” PORCA MAIALA! D’UNA PORCA MAIALA! ” un po mi spaventa ma non trovo niente di meglio che dirgli
” …dai Maurizio non fare così… ”
” QUELLA PORCA D’UNA MAIALA CHE T’HA MESSO AI’ MONDO! CINQUANTA EURO! ”
” … allora Maurizio lo porto via? “,

Maurizio sta per cedere. Come lo conosco… sta per cedere. Non sembra ma io lo conosco, con Maurizio bisogna fare così, portarlo sul prezzo… se ci arrivi è fatta.
” … allora Maurizio lo porto via? ”
” … per quella troia della tu mamma che non hai mai conosciuto portatatelo via! “.
Maurizio con dispetto mi lascia solo a portare il pesante inginocchiatoio fino alla porta dove tiene la cassa. In silenzio aspetta che metta mano al portafoglio. Dopo aver estratto lentamente il portafoglio sono costretto ad ammettere ” … Maurizio ne ho solo quarantasei… ” Maurizio molto calmo risponde ” … bene l’ho riporti indoe tu l’hai preso… oppure tu mi dai cinquanta euro. ”
” Ma ne ho solo quarantasei! non fare lo stronzo… ”
” che me ne frega? hai detto che ne avevi cinquanta? ”
” Si ma mi ero dimenticato che ho giocato al superenalotto… Maurizio lasciami andare via con lo sgabello… se vinco ti compro tutto il magazzino e ti compro anche la moglie dell’avvocato…”
” sarai un pezzo di merda? ”
” ma Maurizio… ”
” sei un gran pezzo di merda? ”
Maurizio prende i soldi, due da venti, uno da cinque e vuole anche la moneta da un euro, senza dire una parola prende l’inginocchiatoio per le gambe io mi precipito a prenderlo per la testa dalla croce nera e ci avviamo alla moto senza parlare. Appoggiato per terra il pesante catafalco risulta evidente che non sarà facile portarlo via sulla Guzzi. Maurizio non muove un dito e con un sorriso vendicativo guarda i miei goffi tentativi di carico. Non c’è verso che vada bene, se lo sdraio al centro sono largo come un furgone e poi pesa troppo sulla parte inferiore e di sicuro lo perdo anche se lo lego bene. Se lo metto bilanciato sbuca troppo fuori dalla parte dell’alto schienale crociato. ” … tu lo sai zingaro che un vale un cazzo vero? te l’avrei lasciato anche per trenta euri solo per vedertelo caricare ” gli mando un sorriso amaro mentre mi rassegno all’unica soluzione possibile… sederlo a cavallo del sellino posteriore ed il piccolo portapacchi.

Adesso la moto è alta due metri e mezzo e dietro la schiena sono sovrastato da un imponente croce nera di legno di noce. Mi rimetto la giacca nera, indosso gli occhiali neri e mi infilo il casco nero dal quale sbuca la mia fluente barba bianca. Contento e sazio del mio affare, faccio rientrare il cavalletto e giro la chiave… il bicilindrico da la solita scossa che fa traballare l’alta croce. Con un cenno della testa saluto Maurizio che come un ratto rientra nella sua tana, do un po di gas e camminando piano piano mi immetto nel traffico di San Giovanni. Al mio maestoso incedere la gente resta ammutolita sui marciapiedi o al volante delle macchine che mi vengono incontro o che mi sorpassano. La povera gente della Valdarno torna dal lavoro in questo pomeriggio di primavera mentre io butto via il mio tempo in cazzate inutili. La processione della grande croce con seduta rossa attraversa mesta tutto il paese e finalmente, con mio sollievo, imbocca la strada delle colline del Chianti. La croce comincia a salire ed ora svetta tra le cime degli ulivi, si confonde tra lecci e querce dei primi boschi che abbraccio, ascolto il canto d’amore di fagiani e ghiandaie. Ora che posso rilassarmi torna nei miei pensieri il povero Woizec… poveraccio sarà ‘briaco da qualche parte sul Brennero, la mia roba chiusa nel furgone in qualche deposito di tribunale. Ogni tanto qualche grossa macchina tedesca, lucida come un altare, mi affianca, mi osserva per bene, sorride, forse commenta “italianen” e poi mi sorpassa correndo verso la ricca e lussuosa pasqua in agriturismo che il Chianti promette. Povero Woizec, si sarebbe fatto pasqua insieme con una bella bottiglia, come quell’anno che tentò di uccidermi perché non cantavo assieme a lui un inno sacro in polacco, come cazzo facevo a sapere le parole? era così ‘briaco che alla fine cercando di colpirmi cadde immobile per terra, accertato che non era morto lo infilai sotto il furgone dove dormì per un giorno ed una notte.

Mentre la Guzzi arranca con il suo traballante carico spirituale, mi torna alla mente anche la bella e triste signora di San Giovanni, che gusto ci sarà mai ad essere una topa a quella maniera se si è anche sfigati? in fondo io e Woizec quando riuscivamo a piazzare qualche bel colpo si era più felici. E’ proprio vero che la vita è un mistero. Una macchina familiare mi affianca incrocio prima il viso sano e giovane di una tedesca che mi sorride, al suo fianco nell’aria condizionata un marito sportivo ride incredulo alla mia visione, un po mi stanno sul cazzo… che cazzo avranno da ridere? un po mi rendo conto che in effetti non capita tutti i giorni di trovare un mostro gigante che porta a passeggio in moto un inginocchiatoio. La macchina tedesca avanza quel che basta e adesso sono all’altezza del faccino del piccolo figlio che gesticola e cerca di dirmi qualcosa. Ma tra il rombo della Guzzi e i finestrini chiusi non sento un bel niente, così mi
limito a guardarlo minaccioso con la mia barba bianca ed i miei occhiali neri. Il padre gli fa scendere il vetro giusto quattro dita “…was ist das?… herr… …was ist das?”.

Was ist das?. Fermai la moto al lato della carreggiata mentre la macchina si allontanava accelerando, il bambino mi guardava dal lunotto continuando a ripetere “was ist das?”…”was ist das?” Rimasi in silenzio a guardare la mia moto con la piccola Madonnina davanti e la grande croce dietro, osservai il parafango scolorito, presi in considerazione anche la mia giubba sdrucita con le decine di toppe Moto Guzzi scolorate e scucite. Was ist das? “Cos’è questo” mi chiesi? avevo più di cinquanta anni e non solo non avevo una macchina ne una moglie giovane ma neanche un lavoro ne un impegno serio. Cos’è questo?. Non trovai una risposta, rimisi in moto e andai per la mia strada.

Rinaz (2006).