di Andrea (wvilla)
Una volta un amico mi disse che si inizia ad invecchiare quando si incomincia a ricordare con nostalgia il passato. Ora dopo questa mia esperienza che mi sto accingendo a raccontare credo invece che il passato, se ricordato con gioia e piacere, ci aiuti a vivere meglio il presente e ci dia la spinta per affrontare il futuro.
Inizio queste mie righe con il ringraziare prima di tutto la Moto Guzzi , senza la quale non ci sarebbe stata nemmeno la partenza di questa lunga storia e in secondo luogo Anima Guzzista che mi ha dato quel carburante per continuare il viaggio, o meglio riprenderlo dopo un lungo periodo di appisolamento.
Ieri ho partecipato ad un incontro tra guzzisti dopo circa 7 anni di quasi inattività motociclistica ed ho rivissuto momenti dimenticati, immagini che si erano affievolite nella memoria e che sono tornate a galla grazie ad alcuni di voi.
Tutto comincia agli inizi degli anni 80, io ero un ragazzino un po’ rompi, ma appassionato di moto come pochi, eravamo in due in quella strada , io ed un certo Davide, ed entrambi non vedevamo che moto, solo moto. Passavamo molto tempo insieme, come si dice dalle nostre parti, abbiamo fatto i bambini insieme ed insieme abbiamo coltivato la nostra passione per “e mutor”.
A me in particolare piacevano le Moto Guzzi, non so dire il perchè, ma il rombo che usciva da quegli scarichi, il colore rosso, le persone che giravano attorno a quella officina mi facevano fantasticare, immaginare motociclette in gara oppure lunghi viaggi alla scoperta di luoghi lontani, solo io e la mia Guzzi, io e la mia anima.
Allora la Moto Guzzi aveva ancora un largo seguito senza contare che tutte le forze dell’ordine erano dotate di Guzzi, in officina trovavi sempre qualche poliziotto municipale, noi li chiamavamo “i Falconi” (anche se ormai avevano abbandonato quella moto) con il quale scambiare quattro chiacchiere oppure un carabiniere con il quale soddisfare le nostre curiosità a volte impertinenti. C’era un gran giro attorno a quella officina un via vai di moto, rombi che si allontanavano e rombi che si avvicinavano in un susseguirsi di atterraggi e decolli, come solo delle vere aquile possono e sanno fare.
Rompevo il concessionario quotidianamente, tutti i giorni ero da lui, tutti i giorni guardavo e riguardavo le moto, le conoscevo a memoria, il California 2, il Le Mans 1000, il V75, il Lario, l’Imola, le custom, di loro ormai conoscevo ogni particolare ogni pregio ed anche ogni difetto, parlando con il meccanico mi spiegava cosa non andava, cosa si doveva fare per risolvere i problemi, ed anche se io sono stato sempre imbranato nella meccanica lo ascoltavo e fantasticavo come solo a 14 anni si fa.
Poi grazie ad un amico di famiglia sia io che Davide iniziammo a fare qualche giro in pista sugli 80 cc, cavolo per noi era il massimo ci sentivamo dei campioni arrivati, a scuola facevamo gli sboroni con le ragazze, perchè noi correvamo in pista con le moto, le invitavamo a venire a vederci e come capita di solito a qualunque maschio osservato da una femmina , andavamo ancora più forte, rischiavamo ancora di più e volavamo su quelle gomme strette strette iniziando ad imparare sin da giovani le dure leggi dello sport, e della vita, la vittoria e la sconfitta.
Piano piano quelle gomme si sono allargata e qualche soddisfazione me la sono tolta, sicuramente molte di meno di quante non se ne sia tolte Davide, ma abbastanza per ricordare quegli anni (fino ai primi 90) come favolosi.
Voglio però parlare della Moto Guzzi, della moto come passione, del lato ludico della motocicletta e non di quello pistaiolo (che è ludico pure, ma sotto altre vesti).
Nel 86 mi presi la patente e mi comprai la prima moto, finalmente Vittorio (il conce) vedeva coronati tutti quegli anni di disponibilità, quelle tonnellate di depliants regalati e quelle interminabili, per lui, ore che passavo nell’officina.
Proprio per staccare nettamente con la pista e per convincere mio padre, mi presi una custom, una Floriduccia 350, ricordo ancora la lotta con mio padre che non voleva assolutamente che oltre alla pista andassi in moto anche per strada, arrivò a promettermi una Lancia Beta Zagato (ce n’era una in vendita sotto all’ufficio dove lavorava) rossa e cabrio; io però ero inflessibile ed in fondo i soldi li avevo guadagnati io (il bello della riviera era che in una stagione da aiuto bagnino ti compravi una moto) ed io dovevo decidere come spenderli.
Quindi Florida 350 comprata come tutte le mie moto in pieno inverno. L’anno dopo primi viaggi, prima sperimentai un raduno a La Spezia per farmi le ossa e capire un po’ meglio le dinamiche dei viaggetti su due ruote, poi mi misi in testa di valicare le Alpi, il mio primo vero viaggio iniziò lungo la statale del Brennero, quindi arrivai ad Innsbruck, poi Garmish e dopo lungo la Romantische Strasse arrivai al lago di Costanza ritornando per la Svizzera via Lucerna, fu in quel viaggio che iniziai ad imparare cosa vuole dire essere motociclista, a salutare chi si incrocia, a valutare la moto non solo per quanto va, ma anche per dove va.
Partivo sempre solo, tanto sapevo che lungo la strada avrei sempre trovato qualche altro motociclista che per un pezzo di viaggio mi avrebbe fatto compagnia, e così i viaggi si moltiplicavano; anche in autunno sentivo il bisogno di partire, stavo a casa da scuola una settimana e me ne andavo in Yugoslavia (allora c’era ancora), oppure in Francia o in Italia stessa a zonzo per il bel paese, idem in primavera e via così.
Gli anni passavano ed appena fu possibile cambiare moto, cambiai solo cilindrata, prendendomi un Florida 650, ma non cambiarono le mie abitudini si partiva sempre io e lei, anche quando la morosa c’era (e non era purtroppo una costante) me ne partivo solo, magari anche per 4 o 5 giorni, ma solo.
Con una cilindrata più corposa iniziai ad osare un po’ di più, ed allora Francia, Spagna, Austria, Germania diventarono mete molto più accessibili, è impossibile raccontare tutti gli episodi vissuti, ma alcuni sono talmente vivi nella mia mente da sembrare accaduti ieri, come quello di un trasportatore tedesco che fermandosi e vedendomi senza benzina, chiamò al cb un suo collega che venne con rimorchio cisterna e mi riempì il serbatoio o come i due gendarme francesi che mi inseguirono sulla statale tra Besancon e Dijon, andavo talmente forte che non me ne accorsi e mi presero solo quando , a detta loro dopo venti minuti, mi fermai a fare rifornimento, erano tanto stanchi che dopo avermi chiesto i documenti mi dissero che il mio nome non era Andrea, ma che avrei dovuto chiamarmi gasgas e ridendo mi lasciarono andare; sono decine gli episodi occorsi, alcuni dei quali non raccontabili in un sito pubblico frequentato anche da bambini, e tutti hanno lo stesso comune denominatore il piacere di vivere ed il piacere di andare in moto.
I viaggi mi appassionavano sempre di più, ero quasi drogato dai viaggi e dalle moto, quindi decisi che era momento di cambiare anche il tipo di moto e presi la SPIII (moto che ancora possiedo), con quella bestiolina coronai i miei sogni, Olanda, Danimarca, Svezia, Portogallo, Grecia, per ogni viaggio serbo dei ricordi, in ogni occasione ho trovato degli amici; solo Capo Nord non riuscii mai ad agguantare, forse più per pigrizia che per reale impossibilità, ma tant’è ci si deve accontentare ed il gusto di viaggiare era sempre come la prima volta, ogni partenza aveva il brivido della novità.
Che bello fermarsi in una osteria e fare amicizia con delle persone che come te condividono una passione, la moto; che bello parlare per ore con degli sconosciuti come se facessero parte della tua vita da decine di anni, aiutare ed essere aiutati, soccorrere ed essere soccorsi per il solo motivo di essere motociclisti, di vivere sulla e per la strada emozioni che non si possono raccontare ne si possono capire senza averle mai vissute; in più la Moto Guzzi ti da quello che altre marche non ti danno, ti da uno spirito di appartenenza incredibile, i guzzisti amano la loro moto ed amano il loro motore, amando ognuno la stessa cosa è come se un po’ ci amassimo tra di noi, ci stimiamo senza conoscerci in virtù di scelte condivise.
Gli anni avanzavano e come si usa dire si doveva mettere la testa a posto, pensare alla famiglia, sposarsi e vivere più tranquillamente, ed è questo che anche io feci, la moto (sempre la SPIII) fu un po’ dimenticata , mai abbandonata, ma lasciata in disparte sì, sempre curata, come quando si serba una cosa per un evento, un qualcosa che non si sa quando accadrà ma di cui si è certi che, prima o poi, ci sarà.
Ieri grazie ad un incontro organizzato dalle anime guzziste siciliane, a cui ho partecipato, il primo dopo tanti anni, ho rivissuto emozioni sopite, piaceri che avevo dimenticato, gioie che solo l’essere motociclisti (specie se guzzisti) può fare provare, quell’evento tanto atteso sulla cui esistenza ero certo è finalmente arrivato.
Ho ritrovato la moto, ho ritrovato i motociclisti, ho ritrovato il piacere di condividere una passione, ognuno di loro ha dei ricordi più o meno indietro nel tempo, ognuno di loro ha delle esperienze ed ognuno di loro ha voglia di condividerle, ci siamo ritrovati da ogni angolo della Sicilia (alcuni hanno fatto più di 500 chilometri) per partecipare a questo incontro e con ognuno di loro, ma veramente con ognuno, era come se ci si conoscesse da una vita, come se ci si ritrovasse dopo un tempo trascorso in lontananza.
Gli aneddoti si sono sprecati e la cosa strana, ma poi non così tanto, è che ad ognuno di noi sono spesso capitate le stesse cose, spesso abbiamo vissuto le medesime esperienze a testimoniare che la vita di un motociclista passa per ben determinati passaggi, è connotata da strade assai simili seppure provenienti da angoli opposti
Ad una prima lettura il mio entusiasmo potrà esservi sembrato esagerato, ma è la verità, ho ripercorso con la mente tanti anni passati, sono riaffiorati decine di ricordi, ed il fatto di avere utilizzato ancora quella moto, la SPIII , mi ha veramente riportato indietro negli anni, certo il raffronto è impietoso, i pochi capelli rimasti ed i 20 chili in più sono tutti lì a testimoniare che il tempo è passato, ma in alcuni momenti della giornata mi sono sentito tornare un ragazzino, un ragazzino pronto a scrivere dei suoi primi 40 anni e dei suoi oltre 250.000 chilometri vissuti sulle Moto Guzzi.
Grazie a tutti.