di Giovanni Rizzardo
Qualcuno non originario dalla scaligera città si chiederà cosa voglia dire “far berna”. Qualcun altro, stavolta sì di origini scaligere, si chiederà il perché un concetto tipicamente scolastico nonché infantile, venga utilizzato in ambito lavorativo, ancorché professionale.
Diciamo subito, onde sgomberare il campo da strane idee di edificazioni di città elvetiche, che “far berna” vuol semplicemente dire “marinare”. Laddove, ovviamente, il termine “marinare” venga associato a “scuola”.
Bene. Sulla soglia dei 40 anni, con un discreto cammino scolastico alle spalle che mi ha condotto attraverso conoscenze in campi economici, giuridici per giungere a mete “manageriali”, mi è tornata quella sana voglia di far berna. Sì. Però a cavallo di una bella rossa di 24 anni. La V65SP dell’82.
Da convintissimo abitante della Bassa che sono, quale miglior ambito per far berna di un sano giretto al Lago di Garda?
Bene. Ore 14,30. Voglia di lavorare saltami addosso, che mi sposto prima!! Chiedo ai ragazzi dell’ufficio di coprirmi mentre mi assento per qualche ora in uno dei primi splendidi pomeriggi del 2006, e subito dopo mi sentono turisticamente passare prima di loro (una volta tanto) la soglia del fine lavoro insieme alla bella Rossa di Mandello.
Imboccata la 434 in direzione Verona raggiungo un altro centauro. Ma che mi sembra? Sì: è proprio il retrotreno di una Guzzi!
Una fiammante 750 Nevada condotta da un teutonico omone! Dopo una ventina di chilometri i nostri rispettivi itinerari ci separano al suono maestoso delle trombe anni ’70 di equipaggiamento reciproco! Ciao, compagno di un momentaneo viaggio!
Proseguo tranquillo in questa strada che, per noi abitanti confinanti del Polesine, è come un profondo solco che taglia in due il Sud della provincia di Verona, avvicinandoci da un lato al capoluogo scaligero, e dall’altro al capoluogo palesano. Strada che, purtroppo, in troppe occasioni si è rivelata maledetta ladra di affetti talvolta vicinissimi!
Lambisco la cintura sud di Verona per immettermi sulla SS11, tristemente nota per le sue caratteristiche notturne, e giungere così alla meta di Affi. Quasi d’un fiato giungo ad Albisano, da dove è bello fotografare uno scorcio di lago in controluce: si nota la traccia di un traghetto ormai approdato a Torri del Benaco. E’ lì, mentre faccio un saluto a quel Cristo che troppo spesso dimentichiamo come spirituale sostegno, per ben ricordarlo in pesanti sequele, nella bella chiesetta di Albisano, che squilla il telefono (la mia croce, appunto!!)
E’ una telefonata di lavoro per farmi tornare bruscamente alla realtà: è un amico di una notissima ditta cliente che mi chiama per farmi gli auguri di buona Pasqua. Ciao, Sandro! Auguri a te!! A presto! (Meno male che non erano rogne…)! Di certo sto meglio io, una volta tanto!!
Esco dalla chiesetta e risalgo sulla mia amata Rossa per riprendere il cammino che mi porterà giù fino al ristoro dell’oasi benacense. Torri si profila come splendida cittadina mittleuropea: i giovani ormai parlano almeno anche il tedesco, oltre al brenzonal! Ecco allora approfittare della scarsità di turisti (e di controlli) per intrufolarmi lungo la spiaggetta antistante ad Aquefredde: quante nuotate il giorno prima degli esami! Da lì la vista del castello della cittadina regala sensazioni degne di uno scenario da film.
Lascio lo sdrucciolevole pietrisco della spiaggetta di Torri per incamminarmi alla volta di Garda, ed ecco profilarsi all’orizzonte lo sperone dietro al quale sappiamo ergersi la magnifica Rocca di Garda.
Quanto avrei voluto, in un tempo ormai andato ed impossibile da ricuperare, poter passare qualche giorno nella solitudine di questa grandissima realtà spirituale guidata dai Camaldolesi!! A me è stata fatta bensì la grazia di poter respirare qualche alito di questa vita che sembra così impossibile a viversi, ma che così tanto dà a chi riesce a slegarsi dalla materialità di un mondo alla deriva di principi.
Splendidi ricordi che affiorano alla mente quando ormai oltre tre lustri or sono, su un’altra gloriosa cavalcatura (Vespa PX125) transitavo per questi posti in compagnia di quella che sarebbe diventata la straordinaria ed impareggiabile compagna della mia vita: a te, Paola, dedico questo momento di evasione dalla frenesia dei comandamenti del nostro mondo, esclusivamente imperniato su valori materiali (e quindi passeggeri). Sì: in sella alla V65SP vivo momenti di totale immersione nella purezza di un angolo che così tanto ha segnato nella mia vita: durante gli studi prima, e con la persona della mia vita subito dopo. Dio ti ringrazio di farmi tornare in questo Venerdì Santo alle origini del percorso che mi sta portando alla maturità umana.
Mi giro e vedo lo splendido porticciolo di Garda che porta in cornice lo sfondo dell’aristocratica Punta San Vigilio, che per qualche estate vide la bella Lady Diana riposarsi (serena?) nella villa reale.
Mi giro ancora e non posso fare a meno di notare la bellezza dei cromatismi della chiesetta che sta di fronte al porto di Garda.
E’ difficile disgiungere la nostra natura umana dal forte senso di presenza del soprannaturale: ovunque ci si rivolga è presente una sorta di richiamo, direi quasi di richiesta di motricità che l’uomo, nelle sue espressioni artistiche, vuole fare all’Infinito.
Giunge ormai al termine anche questo Venerdì Santo 2006 e gli obblighi e le responsabilità familiari e professionali impongono di collimare la via del ritorno a questo strano pellegrinaggio.
Grazie, Dio, per la possibilità che mi hai dato di vivere qualche ora in modo splendido, e di saper cogliere il momento; grazie ai miei carissimi collaboratori che riescono a crearmi questa possibilità; grazie alla mia amata Paola che mi lascia gli spazi (ergo: vita) per me indispensabili per queste gite e grazie a Moto Guzzi: un sogno-realtà che possiamo godere appieno nella modestia dei nostri mezzi quotidiani.