Di Vladimiro Corbari
Non ha smesso di piovere un momento da ieri sera.
Questo pensiero continua ad affacciarsi nella mia mente mentre preparo le cose per la partenza.
Sono le 6.30, la citta’ e’ ancora silenziosa e visto che e’ sabato mattina, nemmeno il traffico degli uffici e’ gia’ cominciato.
Nel silenzio, anche per non svegliare i figli e la moglie, mi metto alla ricerca dei guanti pesanti, delle scarpe impermeabili e della tuta antipioggia.
Ma dove cazz…qui no. Qui nemmeno. Tiro giu’ le borse nello sgabuzzino, le apro. Niente. Ah, che scemo, le avro’ messe nell’armadio!
Dopo mezz’ora che mi aggiro come un ladro per casa, alla fine, trovo tutto… meno i guanti.
Ok, vuol dire che andro’ con quelli estivi. Ma si, quelli da fighetto, di pelle nera coi buchini per far passare l’aria sul dorso. Quelli di pelle nera e lo “strèp” sul polso…
Però siamo a dicembre e andando in montagna con la moto, forse, un pò freschetto farà!
Vabbè, visto che diluvia, pure, metterò sotto dei guanti di lattice. Si, quelli monouso che si vedono anche alle mani dei dottori mentre operano…
Grande! Così la mia guida precisa, pulita e “chirurgica” ne verrà esaltata…
Ma perchè mi dico ‘ste cazzate alle 7.00 che non ho preso nemmeno il caffè?
Inizia la vestizione. Tuta intera di micropile. Sembro la brutta copia di diabolik…però tiene un caldo…
Poi i jeans. La tuta pesante non la metto, che con l’imbottitura che ha, giusto all’Elefantentreffen andava bene…
Camicia felpata alla boscaiolo e poi il giubotto di goretex con l’imbottitura (il pezzo sopra dei calzoni che dicevo prima, per intenderci).
Niente maglione. Però il pile me lo porto e lo tengo nella borsa che non si sà mai…
Poi è il turno dei calzoni impermeabili. Sante cose nuove… si infilano con tutti i scarponi e in un attimo sono belli che infilati, con le cerniere chiuse e belli stretti sulle caviglie.
Per ultimo il giubotto impermeabile (abbinato ai calzoni) lo indosso sopra al giaccone che con gli anni il goretex non tiene più e mi entra l’acqua…
Ok. Sono pronto. Sudato come ad agosto, ma pronto per uscire.
Scendo e arriva Fabio col V11. Cinque minuti, e anche Attilio si unisce a noi. Chiudere lampo. Indossare casco. Guanti. Mettere in moto.
Si parte! Il caffè lo prenderemo all’appuntamento con gli altri…
La pioggia continua iperterrita, un pò di traffico c’è e dopo mezz’ora siamo al distributore, luogo dell’appuntamento.
Andrea è già lì. Ci accoglie con un sorriso e una battuta delle sue “Ahò! Mortacci vostra e del Tagliacòzzentreffen! Ma proprio oggi ‘o dovevamo fà?!”
Gli rispondo a tono “Ci sono momenti in cui un uomo deve andare. Quel momento è…mò!”.
Scoppiamo a ridere e ci avviamo verso il bar per un caffè.
Fuori, mentre…indovinate?…piove!, arrivano gli altri.
Il Comandante col Cazzillo, Ettore e Nello con l’SP dal serbatoio ancora sbafato dalla benzina persa in Atlantide…ormai un’icona.
Siamo in sette. Dovevamo essere in 16 ma…
L’amico del Comandante col Bmw non viene perchè piove (sic!), Fange ha detto che viene, ma in auto (poveri noi!), Alme non s’è fatto nemmeno sentire, le mogli (visto che piove…) e il Berghella come le mogli…
L’unico è Massimo che mi ha già telefonato dandomi appuntamento direttamente a Tagliacozzo.
Ok. Allora, “benzina ragazzi! Chi deve, faccia il pieno così partiamo!”. Dieci minuti dopo usciamo dal distributore in fila indiana. Il Comandante in testa che fa l’andatura col Cazzillo e noi a seguire.
Intanto piove che “Dio la manna…”
Le mani sono zuppe ma addosso sono asciutto. Gongolo al tepore che il pile rilascia mentre guido in autostrada a 100 all’ora. Non ho freddo e il cappuccio dell’antipioggia l’ho indossato sotto al casco. Nemmeno un pò d’umido dietro al collo. Sapete, quel simpatico ritorno, quei schizzetti, quell’aria molto umida che in velocità riporta delle miiiiinuscole goccioline d’acqua…proprio tra casco e colletto della tuta, sulla nuca?
L’unico inconveniente è la visiera che s’appanna. La alzo e torna la visibilità…ma anche gli schizzi d’acqua che la velocità mi porta direttamente in faccia…
O asciutto e col nebiùn o limpido ma bagnato. Non c’è scampo.
I cento all’ora del Cazzillo diventano centoventi nei falsopiani in discesa, il Comandante non si fa pregare ad aprire il gas, ma il povero V35 fa quello che può soprattutto col quintale più che abbondante del Comandante in sella.
La colonna di moto, inondata da Giove Pluvio senza sosta, arriva al casello di Vicovaro. Si esce dall’autostrada e si prosegue sulla Tiburtina.
Finalmente, dopo anni, anche le moto possono usare il Telepass. Ok è un pò da frocetti. Volete mettere, specie se piove, tirar fuori con le mani vizze, appena tolte da quella paccottiglia di guanti, quel biglietto umidiccio e spiegazzato e passarlo al casellante con un sorriso alla “ti piace èh? Vorrei vedere te dopo duecento chilometri in moto sotto st’acqua!”.
Ma, almeno per me, è un toccasana. Non solo non devo aprile la lampo della tasca, cercare il biglietto tra le chiavi di casa, il coltellino svizzero e gli spiccioli ma nemmeno aprire il giaccone e tirare fuori il portafoglio, cercare la banconota e aspettare il resto…cercando di rimettere tutto a posto con una mano sola e completamente bagnato…
Quindi, dicevo, al casello di Vicovaro un brivido di compiacimento, ma anche di profonda comprensione, mi assale mentre guardo, immobile sotto la pioggia scrosciante, i miei fratelli fermi ad armeggiare con biglietti, portafogli e resti davanti alla barra chiusa del pedaggio.
La Tiburtina. Finalmente qualche curva. Non è esattamente il clima migliore per guidare una moto, ma la passione, la voglia e la compagnia istigano il pilota che è in me. L’asfalto bagnato richiede una guida pulita e solo spostando il corpo all’interno della curva si riesce a percorrerla a velocità “decente”.
Seguo sempre il Comandante. Mi diverto un mondo vederlo da dietro a spostare il suo culone sulla sella ad ogni curva. Gli altri li perdiamo subito negli specchi. Solo Attilio, per un pò rimane in scia. Piuttosto, ma Andrea, prima di salire in moto, si ingoia una scopa? Capisco che piove e non ci si muove volentieri, ma la rigidezza (da non confondere con la compostezza) mal si sposa con la guida sul bagnato. Vabbè, pure Ettore e il Reverendo non osano nulla e le medie orarie crollano. Solo Nello, confondendomi da dietro con Ettore (ma sono così grasso? :)))))) rimane in coda peplesso dall’andatura, per come mi conosce, insolitamente pacata…
Da Arsoli inizia un bel pezzo di misto che ci porta verso Carsoli. La guida è brillante e anche potendo superare agevolmente il Comandante (lui sul V35 io sul LeSPans 1000 twin spark, OSS, ecc, ecc, ecc,…) resto dietro a godermi la guida tonda e pulita da “bagnato”.
Passiamo Carsoli e poi verso Tagliacozzo. Questo pezzo di Tiburtina è, o meglio sarebbe, velocissimo. Curvoni in salita e gas spalancato fino a che la pompa regge…ma non è il caso.
In salita il Cazzillo ulrla la sua fatica e a 90 all’ora “fissi” arranca col Comandante che ripetutamente si muove avanti e indietro a mò di spinta. Non c’è niente da fare. Povero V35 più di così non ce la fa. Complice la velocità ridotta la fila rimane compatta. e negli specchi imperlati di gocce e semiappannati dall’umidità vedi i fari degli altri. Ma la montagna, di solito, ha due versanti, così se da una parte si sale dall’altra?…si scende! E allora ecco che la media passa ai centoventi e anche più…col Cazzillo che ruggisce come un leone e il culone del Comandante che pendola di qua e di la… I fari negli specchi sono spariti, piove ancora parecchio ma l’asfalto è ben drenato e in curva, nonostante gli angoli di piega limitati, teniamo le stesse velocità del rettilineo. Niente male.
Arriviamo a Tagliacozzo. Ci aspettiamo ma Ettore e Fabio non ci sono. Aspettiamo un pò e poi ci avviamo verso il bar “istituzionale” per l’aperitivo.
Ettore ci raggiunge il Reverendo, completamente zuppo, con l’acqua negli stival, nei guanti e perfino nel giaccone tira dritto fino al ristorante per asciugarsi un pò.
Diurno giorno. Bar. Bancone, cassa, caramelle e schedine del superenalotto. Vecchietti seduti che parlottano guardandoci. Entriamo così gocciolando nell’esercizio pubblico deputato all’erogazione alcoolica precedente al pasto. L’aperitivo appunto. Ci spogliamo di qualche “strato” e faccio il giro per gli ordini…nessuno vuole il prosecco, nè il Campari…propongo, quindi, l’aperitivo dell’alpino infreddolito che già feci conoscere a Filippo e a Gianni er Clavicola Cesaroni. La China Martini calda. Una bomba di alcool, zucchero e china calissaia che riporta l’estate dentro di voi. Sigaretta, sorso di china, chiacchiera. Altra sigaretta, altro sorso…riprendiamo un colorito umano sul volto e qualche sorrisetto, all’inizio, forzato lascia il posto a qualche sana, sguaiata, sincera risata. Aspettiamo che il mix faccia effetto e ripartiamo alla volta del ristorante. Ci rimettiamo l’antipioggia, i guanti zuppi d’acqua e via in direzione Colli di Montebove!
Mancano ancora 7 chilometri ma ci avviciniamo ad uno dei pezzi di curve che solo in Atlantide ce n’è. Al bivio aspetto l’ultimo (Andrea!!!!!) e poi vado…
I colori della pioggia non cambiano questa strada. Mi sento quasi euforico. La conosco curva dopo curva. Vado. Sorpasso Andrea (ci vuole poco, no?:)))) e aumento la velocità. Il LeSPans, dopo la cura ricostituente, non richiede grandi cambi di marcia per salire rapido. La terza è perfetta, abbastanza lunga da tenere velocità giuste e sufficientemente corta da non “strappare” in uscita.
2000 giri entro in curva e mi sporgo all’interno. Azz! Mi stò piegando quasi come sull’asciutto!…e tiene! Apro il gas e mi allargo per impostare la prossima. 3500 giri. 4000. 5000. Chiudo. Il rombo sordo degli scarichi si sovrappone al rumore della pioggia sul casco. Favoloso! Curva a destra, rettilineo e curva a sinistra. Il fanalino rosso degli altri mi appare poche curve più avanti. Mantengo il mio ritmo e in poco li raggiungo. Li supero in un lampo alla prima curva e mi accodo al Comandante. Gli altri erano stati facili da sorpassare ma Stefano col Cazzillo in salita sparisce dagli specchi in un attimo. Non pensavo di poter guidare così con tutta quest’acqua…ehi! Ma chi c’è lì davanti?…Apro il gas a velocità warp sul rettilineo e mi avvicino ad una sagoma inconfondibile. E’ Nello! Anche lui sembra aver mangiato una scopa ma a differenza di Andrea riesco a stargi dietro solo con molta concentrazione e pulizia di guida. St’infame dell’Aniello sembra che vada a passeggio mentre attorno alla strada appare la neve. Prima qualche chiazza e poi, nel giro di pochissimo, veri e propri mucchi lasciati lì dalla pulizia della strada. La velocità non diminuisce ed è strano guidare tra il grigio della strada, il bianco della neve e il cielo piovoso e plumbeo. Vista dal casco sembra di essere in un cinema d’essai. La cornice della visiera racchiude le immagini di un film in bianco e nero. Se non fosse per la moto che mi precede potrebbe essere un film russo.
Ecco il ristorante. Parcheggiamo le moto mentre Fabio e Massimo, che già erano lì, si affacciano sorridendo.
Entriamo sgocciolando dappertutto e la scena che segue resterà negli annali del “pietoso”. Scatta la caccia al termosifone acceso nel ristorante vuoto. Gente che si spoglia di qua e gente mezza nuda di là. Ettore si toglie perfino la camicia e la maglietta davanti al camino…’ bagnato e tremante. Gli presto il mio pile. Dopo cinque minuti il locale pubblico sembra un bivacco di rifugiati. Guanti, giacce e maglioni occupano tutti i caloriferi. Gente scalza lascia impronte bagnate in giro e accanto al nostro tavolo in un laghetto creato dallo sgocciolio delle tute nuotano i salmoni.
A turni ci avviciniamo al fuoco del camino per scaldarci un pò. Finalmente Attilio tira fuori la bottiglia di grappa e (rigorosamente a digiuno) ci facciamo un sorso ciascuno.
Finalmente ci sediamo a tavola. Ehi! Ma Fange? Almerico? Che fine hanno fatto?
Immediatamente scatta la telefonata dal cellulare. Di Alme nessuna
traccia…bho’? Fange, invece, e’ passato a prendere Claudio. Si, Claudio Petrassi in arte CP Racing.
I tre (c’e’ anche un amico di Claudio) stanno per arrivare in…Mondeo! Che figuraccia Fabri’!
Noi bagnati, con le mani vizze e i piedi a mollo nelle scarpe ormai “fraciche” e tu in macchina…
Vabbe’ ‘sta storia te la porterai dietro per un po’…e lo sfotto’ avra’ un altro elemento da sfruttare.
Arrivano gli antipasti. Per un attimo cala il silenzio. Solo rumore di ganasse e di vino versato nei bicchieri.
Le finestre appannate mostrano la montagna (il ristorante e’ a quota 1200 metri) con i boschi e i prati imbiancati di neve nonostante la pioggia a catinelle che viene giu’.
Affettati. Mozzarelline. Fagioli con le cotiche. Peperoni. Carciofi. Impossibile resistere a qualche fetta di pane per accompagnare il saporitissimo antipasto. Le bicchierate di vino rosso vanno giu’ come l’acqua. Burp!
Ed ecco il primo. Uno “scifo’ a testa… Cos’e’ uno scifo? Ve lo faccio spiegare dal poeta Remo Fagiolo (un nome un arte!) in dialetto Segnino (Segni paese vicino a Colleferro la cui strada e’ famosa per le corse in salita…azz! Che cultura eh?)
I cazzacci
Farina de rano setacciata
‘n cima alla spianatora a ffuntanella;
coll’acqua chiara i ppoàcuteco salata
ammassa fice’gravenno a ppantan’egravella.(1)
Quanno la pasta è bbe’gravene lavorata,
pe ffa’ i cazzacci è pronta i ppreparata.
Stacca la pasta a fforma de n’oacuteci
i cce’graverca d’allongà comme ‘no spido;(2)
‘ntanto jo suco se finisci còci.
Stira jo cazzaccio non tanto fino;
ma ta remanì ruzzo i ggrossolano
da sentiglio struppià’ sotto la mano.
Quanno de cazzacci ne si ffatti tanti
i ll’acqua coménza a ffa’ la tarantella,
e’gravettaj trénto, non tené’ rimpianti
i dde scifa (3) capa la ppiu bbella.
Venuti ggalla, scòacutelaj per bene:
si repacata la fatica e ppéne.
Suco i ccaso come se ppiovésse;
rapi la a’cutecca i smòacutevi le canasse.
(1) fice’gravenno a pantane’gravella= mescolare la farina con l’acqua alla
stesa maniera del ragazzino che gioca scavando piccole fosse nel terreno,
le riempie d’acqua e poi continua impastando terra e acqua.
(2) spido= spiedo
(3) i dde scifa= recipiente di legno più o meno profondo e lungo. Qui il
poeta usa un termine “scifa” o “scifo”, che normalmente serve a contenere
il cibo per i maiali; il trògolo.
Insomma un piccolo trògolo ciascuno con sopra: Polenta e sugo con spuntatura, tonnarelli ai funghi porcini, raviolone con ricotta e gnocchi al sugo (almeno mi pare, che con la fame che c’avevo…la bocca e’ stata piu’ rapida dell’occhio!). La fame, quella vorace che t’assale quando ti siedi a tavola dopo un bel giretto in moto e’ passata. restiamo in attesa del secondo quando…ecco materializzarsi una Mondeo! Sono loro. Fange, Claudio e il suo amico (aho’! non mi ricordo il nome…sara’ l’eta’?).
Entrano nella saletta che il gestore (previdente) ci aveva riservato e dopo aver attraversato il laghetto, scansato i salmoni ma soprattutto evitato gli orsi appostati sulla riva, si siedono al tavolo. (con voce alla Fantozzi che racconta) E subito una rafficona di battutacce da osteria
accolse i tre poveracci giunti in auto…
Tra gente che sfotteva o si alzava per andare davanti al camino a controllare il maglione fradicio sul termosifone o il guanto poggiato accanto alla brace…e ancora bagnato! Passa il tempo che ci porta al secondo. Scamorzina, salciccia, braciola di maiale e abbacchio e al centro tavola un bel piattone di patate al forno.
Altro giro di bottiglie di vino. Risate. Vetri appannati e fuori tanta pioggia. Arriva il caffe’. L’amaro. Il conto. Inizia il rito della rivestizione. Sorrisi a denti stretti rimettendo il maglione ancora umido, smorfie da tortura chiudendo i calzoni col cavallo bagnato, mugolii (di piacere?) nell’infilare i guanti zuppi…e le moto, imperterrite, ferme e stoiche da piu’ di due ore sotto la pioggia battente.
Paghiamo il conto e Fabio ci delizia con la scoperta di aver lasciato il portafoglio nella tasca chiusa male. Uno strano oggetto di pelle marrone che lascia dietro un “pisciarello” d’acqua e’ quello che resta del denaro e i documenti del Reverendo. Non vi dico la faccia del gestore quando con “noscìalàns” li buon Fabio gli ammolla 50 Euro gocciolanti dicendo: Mi scusi ha da cambiare?
Asciutti o bagnati, cinquanta euro, sò sempre buoni, quindi il resto (in banconote asciutte) fu reintrodotto nel portafogli assorbendo l’acqua che era restata dentro…quando si dice che il portafogli del Reverendo è pieno di liquidi!
Inizia l’accensione delle moto di fronte agli “autodotati” che da sotto la pensilina guardano con…invidia? Commiserazione?…’stardi!
Partono tutte meno la mia. Claudio sorride (è già un evento!). Fange guarda interdetto. Alla fine un solo cilindro si avvia. Gli altri, intanto partono, solo Ettore e Massimo mi aspettano.
Ancora a uno. Porcoqquà e porcollà!!!!
Già lo sapevo. E’ l’acqua nei carburatori. Mi è già successo. Quando piove il carburatore dx si riempe di pura, chiara, incombustibile (?) H2O. Spengo la moto. Apro la sella e prendo la chiave Guzzi (quella 22/24 con i due occhi tondi che serve per smontare le ruote, i dadi dell’olio,…bellissima! Oddio…simpatica! Ecco.).
I carburatori da 36, che monto sul leSPans, hanno il dado da 22 per togliere la vaschetta.
Sotto una pioggia battente, col vento che trasporta le gocce sul viso nonostante il casco con la visiera semichiusa, smonto la vaschetta.
Impetositi, a quel punto (‘stardi e asciutti!) si avvicinano i tre automobilastri alla moto. Fange, subito, dice “lascia faccio io”…Grazie! la vaschetta l’avevo già levata e il guantino da fighetto s’era già riempito di benza per benino…comunque, meglio tardi…
Appena rimontata la vaschetta la moto parte a due… finalmente vado! Ettore e Massimo (con l’Honda Africatwin…bella moto, peccato i colori! :)))))) mi seguono.
Seguono un corno! Abbiamo deciso di passare da Colli di Montebove, cioè per la montagna, accorciando di una decina di km. Il percorso, sotto tutta quell’acqua non perde il suo fascino. Un susseguirsi di curve da lasciare senza fiato! Ma dopo le prime tre… negli specchi “quei due” sono già spariti!
La legge della fratellanza motociclistica impone pazienza. Loro hanno aspettato me, io aspetto loro. Non c’è cazzi.
Un pò allungo, un pò aspetto.
La strada è spesso tagliata da fiumi d’acqua che trasportano terra e fogliame. Più che misto di curve sembra un misto di entro-fuoristrada.
Però la conosco a menadito. Curva a sinistra, questa non chiude, il motore singhiozza un pò…però và. Allora dai de’ gas! 3000, 4000 giri, chiudi e imposta. Piega. Pelo il gas e mi sporgo fuori. ‘Ste cacchio di gomme tengono!…Vaiiiiiiiii!!!! 4000, 5000…singhiozzo, 5500, brat! Sput!
Curva. Piega. Rallento e aspetto. Vedo i fari che si avvicinano. Riapro. Aprire visiera.
Passare dito su visiera e togliere le gocce. Ok, s’è spannato. Vado. Curva. 3000 giri. Mi sposto. Piega. Carsoli. Con Ettore e Massimo percorriamo gli ultimi chilometri fino al casello assieme.
Faccio un cenno di saluto e allungo.
Oh, non piove più! L’asfalto a tratti inizia ad asciugarsi. I due binari lasciati dalle impronte delle auto diventano la traiettoria ideale mentre il motore sale di giri. 4000. 5000. 6000. 120. 145. 180. Sorpasso tutte le auto che incontro. Ma due fari mi appaiono dallo specchietto. Azz! E’ Fange con Claudio!
Apro deciso il gas. Sput! Brat! Porc… ma cazz… la moto singhiozza. C’è ancora acqua nei carburatori.
Tengo spalancato. I fari della Mondeo mi seguono a poca distanza. Sento le loro voci. Guarda ‘stò matto quanto cammina (Ah, se potessi farlo davvero!). Le battute di Fange e i silenzi eloquenti di Claudio.
Non stò eccedendo. La moto vola a velocità ben oltre il codice ma allunga soltanto. Ad ogni apertura del gas il motore singhiozza e riprende a fatica.
La spinta brutale del LeSPans agli alti regimi si stempera con la miscela acqua/benzina che gli arriva.
Tunnel. In uscita la sagoma di un motociclista è sulla corsia di sorpasso.
E’ Fabio col V11. Gli piombo alle spalle a velocità warp e mentre lui accenna a spostarsi…zac! lo brucio passandolo a destra. Lo so che Fabio non s’arrabbia per queste cose, ci conosciamo da troppi anni. E’ solo il mio modo di salutarlo.
Inizia una serie di curvoni in discesa. Li conosco bene. Mi allargo e negli specchi vedo la Mondeo che si fa sotto. Ma quanto cazzo cammina ‘sta macchina?
Il mio contachilometri segna 170. Entro in curva e apro il gas quel tanto che serve a far accucciare la moto sulle sospensioni. Ma…orc…brat!
Sput!…niente da fare il motore non spinge e sono costretto ad allargare… la Mondeo passa. Rettilineo. Scalo in quarta. 170. Quinta. 190. Sorpasso l’auto di Fabrizio (avrà alleggerito sul pedale?) il motore allunga di più. Forse un pò d’acqua è stata aspirata via dai carburatori.
Allungo. Vedo i 7000 giri. Il contachilometri segna 200. 210.
Certo è un pò ottimistico. Filo come il vento ma non a 210! Ma che figurone!
Vabbè ecco il tunnel prima di Tivoli. Discesona e curva sulla destra e poi il rettilineo in falsopiano in discesa. Non ho mai allungato tutto il LeSPans col nuovo motore. Vediamo un pò se il vecchio guzzone bastona ‘sta cacchio de Mondeo quà dietro come Fange fece col Comandante (il rettilineo è lo stesso).
Allungo in discesa. 6500. 7000. Brat! Splut!…Azz! Tengo aperto. Faccio il curvone a 190 indicati. Sorrisetto beffardo. Inizia il rettilineo e la discesa…210…220…7500 giri (mi sembra…non è che a 210 mi metto a guardare per bene il contagiri eh?). La velocità, anche a “pelle” è notevole. Le auto spariscono dietro in un attimo. Roma apare in fondo al rettilineo. Siamo a casa.
Passo il casello col Telepass e non vedo nessuno (poi ho saputo che il Comandante e Andrea ci hanno aspettato…forse stavano facendo “roba” dietro una siepe!).
Il traffico di Roma è una pacchia senza pioggia e dopo aver parcheggiato sotto casa…mi sono ricordato di quello che mi aspettava. La doccia calda. Ahhhhhhhhh! Libidineeeeee…..
L’ho preannunciato, la prossima volta…alle terme!
Tenetevi pronti!